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4.1 I destinatari degli interventi di diversity management

4.3 Quando l'impresa si fa attore sociale

Great Place to Work® Institute38 è una realtà internazionale che da più di trent'anni indaga su quali sono le caratteristiche che rendono eccellente un posto di lavoro, accompagna le organizzazioni a migliorare l'ambiente lavorativo con attività di consulenza e pubblica periodicamente online delle liste sulle migliori aziende, dopo aver raccolto le opinioni dei dipendenti e aver analizzato le politiche aziendali. Secondo l'istituto, in base all'attività di ricerca su un bacino d'indagine annuale di circa 6000 organizzazioni, ciò che i lavoratori ricercano nel posto di lavoro si riassume nel concetto di “fiducia” nei confronti della direzione e dei colleghi. Riporre la propria fiducia nei vertici significa riconoscere in loro il ruolo di guida capace e giusta, che risponde all'impegno dei propri collaboratori rispettando i loro diritti e trattandoli in modo equo. In tale condizione si rafforza l'interesse del singolo a collaborare per il buon andamento dell'attività e si consolida la cooperazione con i colleghi, ritenuti essi stessi fondamentali per il loro contributo professionale. Dal punto di vista della direzione, l'ambiente di lavoro perfetto è quello che vede impegnati al massimo i collaboratori in un eccellente lavoro di squadra al fine di raggiungere ottimi risultati per la crescita dell'azienda. Per assicurarsi un totale coinvolgimento dei dipendenti, le politiche aziendali promosse dall'alto devono quindi favorire un ambiente strutturato su relazioni

38 Le informazioni provengono dal sito ufficiale della sezione italiana: http://www.greatplacetowork.it.

di fiducia reciproca. Un'organizzazione che riuscirà in questo intento, sarà anche in grado di attrarre facilmente lavoratori qualificati alla ricerca di un ambiente di lavoro promettente, interattivo ed inclusivo.

L'importanza di garantire un miglior clima aziendale, per rafforzare la responsabilità, il senso di appartenenza e l'atteggiamento collaborativo, in prospettiva di vantaggi economici per l'azienda, comporta necessariamente da parte dei vertici una maggiore considerazione della condizione del personale dipendente. A questo proposito, l'adozione di politiche di diversity management permette di definire un contesto lavorativo in cui le differenti personalità professionali si sentono considerate e libere di esprimersi, contribuendo così a sostenere positivamente l'organizzazione nell'arena competitiva del mercato economico. Nella realtà italiana della gestione delle diversità, orientata principalmente, come si è visto, alle pari opportunità e ad evitare trattamenti discriminatori, usufruendo spesso di attività formative sui temi d'interesse, si sta affermando pian piano un'altra leva per andare incontro alle esigenze dei lavoratori: si tratta del cosiddetto welfare aziendale.

I tradizionali modelli di welfare state volti ad intervenire, tramite politiche pubbliche di assistenza e di protezione per fronteggiare i problemi di natura sociale che colpiscono le persone nelle diverse fasi di vita, oggigiorno hanno visto mutare lo scenario originale. In un contesto di crisi strutturale che richiede una maggiore austerità con riduzione dei costi ma che al contempo mostra una situazione di crescita dei bisogni sociali diversificata, l'intervento pubblico è stato affiancato da un nuovo sistema di welfare che trova coinvolti vari soggetti privati nel comune obiettivo di raggiungere un miglior benessere collettivo. La ristrutturazione della forma tradizionale nella nuova prospettiva definita di secondo welfare, in cui è presente una commistione tra pubblico e privato nell'affrontare le questione sociali, vede in prima linea attori privati come fondazioni, sindacati, associazioni, cooperative e aziende che si sostituiscono in parte all'attore pubblico nell'erogare servizi e prestazioni di natura sociale, in un'ottica integrativa alla funzione pubblica.

Nell'ambito delle imprese il concetto a cui fare riferimento è il welfare

aziendale. In questo contesto le iniziative attivate a favore dei dipendenti possono

(RSI). Secondo tale orientamento promosso dall'Unione Europea le aziende sono incoraggiate a tenere degli atteggiamenti socialmente responsabili nel corso delle proprie attività economiche, dal momento che detengono un ruolo decisivo nella società. Esse infatti sono da considerare soggetti attivi nel territorio, in grado di sviluppare relazioni interpersonali e politiche di sostenibilità sociale ed ambientale, contribuendo così allo sviluppo della comunità locale. I vantaggi che derivano dal mantenere uno sguardo attento al contesto nel quale si opera, non ricadono solo nella comunità nel suo insieme, ma nell'azienda stessa, che ne ricava un potere attrattivo, un guadagno d'immagine e conseguentemente di business.

Ad un livello d'impatto sociale ristretto nell'immediato alla realtà della singola azienda, l'attivazione di misure di welfare aziendale rappresentano innanzitutto uno strumento strategico per la gestione del personale. Andando incontro alle esigenze diversificate dei collaboratori e migliorando così la relazione tra vita privata e lavorativa, si ottiene infatti un clima di lavoro più sereno basato su rapporti di fiducia e persone maggiormente soddisfatte e motivate. In Italia le aziende ad aver in atto azioni consolidate di welfare aziendale sono soprattutto quelle di grandi dimensioni, in possesso di maggiori risorse economiche e gestionali. Tuttavia la grande sfida nazionale sta nel diffondere tale politica nel tessuto imprenditoriale italiano costellato di PMI, per le quali si tratterà, a lungo andare, di una vera e propria strategia di sopravvivenza per aumentare la propria competitività nel mercato economico. Il processo di trasformazione del welfare si sta già realizzando, come dimostra la recente Legge di Stabilità 2016 che prevede un potenziamento degli sgravi fiscali per le aziende che intendono introdurre misure di welfare aziendale, oltre a favorire i premi di produttività tramite detassazione. I limiti organizzativi incontrati dalle PMI potranno essere risolti attuando reti d'impresa, non solo tra aziende ma, nella logica del secondo welfare, anche con altri enti e con soggetti pubblici.39 Ciò che viene richiesto alle aziende è maggiore responsabilità, partecipazione e cooperazione per ottenere risultati utili sia in ambito lavorativo che sul piano sociale.

39 Informazioni tratte dall'intervento di Franca Maino, direttrice di “Laboratorio Percorsi di Secondo Welfare” e ricercatrice dell'Università degli Studi di Milano, all'incontro organizzato da

DonneImpresa di Confartigianato Veneto intitolato “Il welfare aziendale e la crescita delle Pmi”, tenutosi il 1° aprile 2016 presso il Centro Congressi di Confartigianato di Vicenza.

Le aree interessate dalle azioni di welfare aziendale riguardano soprattutto il sostegno al reddito, la tutela della salute, le politiche per la famiglia, la formazione professionale, le agevolazioni di natura commerciale e le misure di conciliazione vita- lavoro, dette di work-life balance. Ciò che distingue le pratiche di welfare da altre forme di benefit aziendali40 è il fatto che esse agiscono nella sfera dei bisogni primari dell'individuo e dovrebbero rivolgersi a tutti i lavoratori, o a determinate persone che presentano necessità specifiche, in ogni caso non in base alla posizione lavorativa individuale, come invece accade ad esempio nel caso dell'auto e del telefono aziendale. L'obiettivo infatti è quello di venire incontro alle differenti esigenze essenziali dei lavoratori cercando di creare un ambiente il più possibile equo. In Italia, secondo i dati forniti dall'Istat nel Rapporto annuale 201541, relativi al 2014, i principali campi d'interesse dei manager aziendali sono, dopo la salute e la sicurezza negli ambienti di lavoro, la formazione professionale e il miglioramento della comunicazione interna. Solo la metà delle imprese indagate sull'adozione di misure di welfare aziendale dichiarano invece di intervenire sul tema della flessibilità degli orari di lavoro e sul

work-life balance. Circa il 30% si impegna ad erogare servizi di asili nido, di assistenza

e di sostegno, e si apre ad una maggiore partecipazione dei collaboratori alle decisioni dell'impresa. Una simile distribuzione in percentuale si ritrova anche nella più recente indagine dell'iniziativa Welfare Index PMI42, a cavallo tra il 2015 e il 2016, che ha coinvolto un campione rappresentativo di più di duemila aziende di piccole e medie dimensioni sul tema del welfare aziendale. Ancora una volta agli ultimi gradini della scala si trovano l'area delle pari opportunità e delle politiche genitoriali (es. flessibilità di orario, congedi, telelavoro, asili nido), seguita dalle azioni di responsabilità sociale d'impresa rivolte al territorio (es. supporto al volontariato, eventi culturali), gli interventi relativi all'integrazione e al sostegno di persone disabili e straniere (es.

40 G. MALLONE, “Capitolo 2. Il welfare aziendale in Italia: tempo di una riflessione organica”, in F. Maino e M. Ferrera (a cura di) Secondo rapporto sul secondo welfare in Italia 2015, Torino, Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi, 2015, pdf, p.5. Agg. 07.2016.

http://www.secondowelfare.it/rapporti/2r2w/capitolo-2.html?lc=1&co=1873

41 Le informazioni provengono dalla pubblicazione dell'Istat (Istituto nazionale di statistica), Rapporto

annuale 2015. La situazione del Paese, Roma, 2015, pdf., pp. 172-173. Agg. 07.2016.

http://www.istat.it/it/files/2015/05/Rapporto-Annuale-2015.pdf

42 Indagine promossa da Generali Italia, Confindustria, Confagricoltura, Il welfare aziendale fa crescere

l'impresa. Rapporto 2016. Welfare Index PMI, p. 20 e pp. 39-51. Agg. 07.2016.

sostegno all'occupazione, supporto burocratico, formazione linguistica) ed infine le misure di conciliazione vita-lavoro (es. iniziative per il tempo libero, convenzioni con centri sportivi e trasporti locali, attività ricreative).

Nell'ottica del diversity management l'adozione di pratiche di welfare aziendale può contribuire a migliorare il clima lavorativo dimostrando l'interesse da parte dei vertici al benessere dei propri dipendenti, che vengono accompagnati nella vita professionale vedendosi rispettate le esigenze personali. Intervenendo con azioni sussidiarie di welfare, le aziende investono nelle proprie risorse, aumentano la produttività grazie ad un ambiente appagante e rafforzano la fidelizzazione dei collaboratori, rimanendo allo stesso tempo al passo coi tempi. Incentivare i congedi di paternità, offrire servizi di asilo aziendale, organizzare corsi di lingua straniera sono esempi di decisioni che vanno incontro alle necessità dei dipendenti, forniscono a ciascuno le condizioni per potersi esprimere al meglio sul posto di lavoro e le opportunità per una crescita professionale. Sono scelte che hanno un riscontro non solo sul piano sociale ed etico ma anche sul profitto aziendale e si traducono in benessere organizzativo. Nell'interesse del diversity management, quindi, l'attuazione di pratiche di welfare aziendale non risponde solo a disposizioni normative, ma risulta funzionale ad un processo di cambiamento organizzativo profondo attento ad ottimizzare il contributo offerto dalle risorse umane e ad equilibrare i bisogni e i vantaggi dell'impresa con quelli delle persone che ne fanno parte, nella prospettiva di una crescita collettiva.