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Il contesto italiano

3.2 Pari opportunità nella legge

La principale risposta fornita dalle istituzioni per affrontare la questione delle disparità di trattamento, in nome del principio democratico dell'uguaglianza, è l'introduzione di una normativa regolatrice. Le leggi per la tutela contro le discriminazioni puniscono chi è colpevole di adottare atteggiamenti e misure non

29 Per una lettura dei dati più dettagliata si rimanda alla pubblicazione dell'Istat (Istituto nazionale di statistica), Rapporto annuale 2016. La situazione del Paese (riferito all'anno 2015), Roma, 2016.

paritarie ed ingiustificati nei confronti di alcune persone, in base alla categoria di appartenenza e alle caratteristiche possedute dai soggetti. Si tratta di un intervento che cerca di garantire legalmente pari condizioni di godimento dei diritti e di evitare forme di esclusione attraverso azioni positive. L'Italia ha accolto il progresso della normativa comunitaria in materia di diritto antidiscriminatorio adeguandosi con leggi apposite in difesa delle diverse categorie comunemente oggetto di discriminazione, in supporto alle dichiarazioni di principio presenti nel testo della Costituzione.

In Italia, l'impegno giuridico per le pari opportunità tra uomo e donna ha una lunga storia rispetto all'attenzione posta su altri fronti di discriminazione. Considerando le novità introdotte nel nuovo millennio, su questo ambito in primo piano si trova il D.Lgs. 198/2006, conosciuto come “Codice delle pari opportunità tra uomo e donna”, un provvedimento che riordina le disposizioni già presenti in materia e precisa la giusta condotta antidiscriminatoria nei differenti ambiti della vita sociale, tra cui la sfera lavorativa. Il decreto, integrato dalle disposizioni del D.Lgs. 5/2010 in recepimento della normativa europea, prevede sanzioni severe contro chi viola i principi esposti, in difesa di una retribuzione paritaria tra uomo e donna, e del pari trattamento nell'accesso al lavoro, nella formazione, nelle condizioni lavorative e nella progressione di carriera. Nel 2009 è stato avviato il piano ministeriale “Italia 2020 – Programma di azione per l'inclusione delle donne nel mercato del lavoro”, che prevede lo stanziamento di finanziamenti con l'obiettivo di favorire l'occupazione femminile e la conciliazione vita- lavoro. Inoltre, altra misura adottata per raggiungere la parità di accesso tra generi negli ambienti professionali è stata l'introduzione delle cosiddette “quote rosa” nei consigli di amministrazione con la Legge n.120/2011.

Per quanto riguarda i soggetti con disabilità, le disposizioni attualmente in vigore per la loro tutela nei luoghi di lavoro si riferiscono alla Legge n.68/1999; tale provvedimento prevede forme di collocamento mirato e quote di assunzione obbligatorie. Nel nuovo millennio sono stati recepiti altri principi internazionali e disposizioni comunitarie relativi a questo tema, a dimostrazione di un accresciuto riconoscimento, seppur in termini meramente legislativi e quantitativi, del valore delle risorse disabili ancora troppo spesso discriminate.

216/2003 ed integrazioni, l'Italia ha recepito le direttive comunitarie del 2000. Si tratta di due provvedimenti con struttura comune, il primo riferito al pari trattamento indipendentemente dalla razza e dalle origini etniche, il secondo riguarda specificamente il settore lavorativo e si riferisce a diversi fattori discriminanti. In entrambi i decreti, la presenza di alcune omissioni del legislatore rispetto alle direttive originarie fanno risultare il quadro italiano maggiormente soggetto a dubbie interpretazioni, sulle quali è aperto il dibattito tra gli esperti30. Nei due provvedimenti sono previste delle eccezioni in alcuni settori, trattamenti diversificati accettati sulla base di un principio di ragionevolezza e limitazioni nell'applicazione del diritto alle azioni collettive.

Una novità introdotta nel D.Lgs. 215/2003 è l'istituzione dell'Unar (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali). Tale organo, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, opera nell'ambito del Dipartimento per le Pari Opportunità al fine istitutivo di contrastare le forme di discriminazione basate sui criteri della razza e dell'origine etnica. La consapevolezza dell'esistenza di discriminazioni multiple, derivate dall'intrecciarsi di vari fattori soggettivi, oltre all'influente vicinanza operativa agli Uffici per la parità e le pari opportunità, hanno reso più complessa l'azione dell'Unar, con il coinvolgimento anche delle altre dimensioni di discriminazione in una lotta comune in difesa dei diritti. L'Ufficio Antidiscriminazioni agisce in supporto giuridico alle segnalazioni delle vittime di comportamenti discriminatori, promuove tramite campagne e progetti informativi la sensibilizzazione di soggetti pubblici e privati sui temi della parità di trattamento e sostiene attività di ricerca. L'azione spesso richiede il coordinamento con le parti sociali, gli enti pubblici e i media, per raggiungere in maniera efficace l'opinione pubblica, diffondendo una maggiore conoscenza dei diritti di ogni individuo e del valore delle differenze attraverso progetti e linee guida per le politiche d'inclusione. Perciò, a fianco delle operazioni di assistenza legale, la diffusione di una cultura del rispetto di tutte le diversità con l'adozione di azioni positive da parte di soggetti pubblici e privati, costituisce l'altra fondamentale area operativa dell'Ufficio nazionale.

Normativa sulla parità e azioni positive sono la via percorsa dall'Italia per la

difesa del principio dell'uguaglianza. Pare quindi che la disparità di trattamento si possa risolvere unicamente facendo in modo che si conosca e venga rispettata la legge in materia di antidiscriminazione e di pari opportunità. Purtroppo però, lo conferma la realtà dei fatti, le leggi antidiscriminatorie non bastano. Rimanendo in ogni caso un sistema strutturato sulla diversificazione, porre dei vincoli di natura giuridica è sicuramente fondamentale per guidare correttamente l'azione. Servono però anche altre misure più concrete per realizzare l'effettiva uguaglianza di pari dignità nei vari ambiti della vita quotidiana, essendo questo un processo lungo che interviene molto più a fondo nel de-costruire gli schemi di pensiero e di azione comuni, riconoscendo validità a nuovi valori e considerazioni.

Porre l'attenzione anche sulla valorizzazione delle specificità di ciascuno, dando peso alle diversità tra gli individui, ma come tratto comune che rende tutti meritevoli di uguale considerazione e di rispetto delle proprie capacità, potrebbe contribuire a raggiungere l'obiettivo. Le politiche d'inclusione lavorativa proposte dall'orientamento del diversity management si pongono su questa linea, come passo successivo al riconoscimento di pari diritti per tutti, lungo il cammino verso un'uguaglianza sostanziale. Focalizzando l'attenzione sulle diversità, c'è il rischio che le politiche a difesa delle differenze si sostituiscano a quelle egualitarie contro le disuguaglianze. Questo è ciò che sta accadendo nel dibattito pubblico e nella letteratura scientifica, dove il tema delle disuguaglianze sembra essere stato superato dalla logica dell'inclusione/esclusione delle diverse identità, questione quest'ultima probabilmente meno problematica da affrontare, visto il carattere sistemico dell'altra31. Se però, nell'affermare l'importanza della valorizzazione delle differenze si orienta l'attenzione sui diversi contesti di vita sociale, come su quello professionale ad esempio, a lungo andare potranno esserci vantaggi che vanno oltre il versante identitario dei diritti civili. Prendendo tale direzione, infatti, si contribuisce ad attivare anche quel profondo cambiamento culturale desiderato, perché è proprio nei contesti plurali di convivenza quotidiana che si innescano, senza filtri deformanti, dinamiche solidali e si legittimano realtà differenti. Senza aver pretese di voler prospettare alcuna trasformazione strutturale verso una società priva di disuguaglianze, tuttavia tale orientamento andrebbe

31 F. PEROCCO, Trasformazioni globali e nuove disuguaglianze. Il caso italiano, Milano, FrancoAngeli, 2012, pp.76-77.

ad agire facendo vacillare le rappresentazioni sociali tradizionali, iniziando ad abbattere le barriere pregiudiziali, uno dei motori di discriminazione sociale.