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I limiti della trasformazione netcentrica: l’esempio americano

Nel documento The Transformation of the Armed Forces (pagine 44-49)

L

ESEMPIO AMERICANO

I vantaggi della trasformazione sono chiari, la sua necessità è acquisita, e il percorso che renderà possibile l'introduzione delle capacità NCW è tracciato. Occorre tuttavia essere coscienti che restano numerose diffi-coltà da superare, e che la Network Centric Warfare non rappresenta una “formula magica” in grado di sgomberare il teatro delle operazioni da tutti i possibili problemi. Il ricorso a NCW, EBO e alla superiorità in-formativa non è sufficiente a garantire il successo nelle operazioni che restano, al di là di ogni trasformazione dottrinaria e tecnologica, un fe-nomeno dinamico estremamente complesso, il cui esito non può essere determinato a priori, ma solo governato e spinto nella direzione voluta sfruttando i fattori favorevoli.

I principi che governano l’azione di una forza netcentrica non hanno soppiantato i criteri classici su cui si fonda la condotta delle operazioni

LE NUOVE ESIGENZE E LA NETWORK CENTRIC WARFARE

militari: massa critica, obiettivi, manovra, unità di comando etc Tuttavia essi forniscono quel “di più” necessario per un’efficace condotta delle operazioni nell’era dell’informazione, sia nel settore strettamente mili-tare che in quelli strettamente collegati e interdipendenti della sicurezza interna, delle PSO, delle operazioni di soccorso umanitario, e dell'eserci-zio della deterrenza contro varie forme di minaccia.

Gli stessi sforzi di adeguamento e trasformazione che vengono intra-presi dall’Italia e dai Paesi Alleati sono d’altra parte all'attenzione anche degli antagonisti e dei potenziali avversari, inclusi quelli determinati a sfruttare il potenziale dei conflitti asimmetrici, del terrorismo e delle armi di distruzione di massa. In altre parole, se da un lato si cerca di uti-lizzare i vantaggi del concetto NCW, dall’altro si lavora con altrettanto impegno per sfruttarne i punti deboli e le limitazioni. Non va infine di-menticato che, nel momento in cui tutti dovessero disporre di capacità NCW, si tenderà a ricreare una situazione di equilibrio, nella quale il vantaggio residuo deriverà dalla capacità di adattare, assimilare e cam-biare dottrine, organizzazioni e tecnologie ad un ritmo maggiore di quel-lo dell'avversario.

Quanto all’esperienza degli Stati Uniti, Paese guida in questo delicato processo, nel 2003 lo US Army – fedele ai dettami della dottrina NCW – aveva avviato il programma Future Combat System (FCS), certamente il più ambizioso progetto di ammodernamento di un Esercito. Il pro-gramma statunitense si proponeva di trasformare completamente lo US Army con applicazioni estendibili al corpo dei Marines. Il Pentagono a-veva scelto un approccio molto innovativo e coraggioso: di fatto aa-veva appaltato la gestione del programma ad un team industriale, guidato da Boeing e Saic, sia pure con diversi problemi tecnici e gestionali, polemi-che e cambiamenti in corso d’opera, il polemi-che è anpolemi-che comprensibile data la rilevanza e l’ampiezza del progetto. I due contraenti globali erano re-sponsabili per la fornitura del sistema FCS nella sua interezza, nel ri-spetto dei tempi, dei costi e dei requisiti operativi, ma in compenso ave-vano la possibilità di scegliere liberamente i propri subfornitori (25 quelli principali, mentre erano in tutto 600 le aziende coinvolte) e per-sino i singoli sistemi, sottosistemi e tecnologie. Naturalmente c’era da parte del committente una verifica puntuale e scadenzata nel tempo dei progressi ottenuti, con un controllo anche gestionale, finanziario e

tec-nico, ma di fatto il pacchetto era molto vicino ad un approccio “chiavi in mano”, mai adottato per una fornitura così costosa, complessa ed ambi-ziosa. Procedendo in questo modo si sperava di ottenere i risultati desi-derati più in fretta ed a costi complessivamente inferiori rispetto a quanto sarebbe stato possibile con un approccio tradizionale.

Tuttavia l’FCS era un programma troppo grande, che stava assorben-do risorse immense: solo per le attività di ricerca e sviluppo della prima fase del programma, che si doveva svolgere tra il 2003 ed il 2014, era prevista una spesa di 21 miliardi di dollari, mentre i costi stimati per ri-costituire e ri-equippaggiare, secondo lo schema FCS, una prima tranche di 15 Brigate del US Army avrebbero superato i 150 miliardi di dollari. Si trattava di cifre talmente elevate da indurre il Pentagono a rimodulare più volte il programma per risparmiare fondi, ad esempio riducendo il ritmo di riequipaggiamento/trasformazione dei reparti, o posticipando lo sviluppo e l’introduzione in servizio di alcuni elementi del sistema complessivo, che inizialmente doveva comprendere 18 sistemi principa-li, più il sistema soldato e il network che costituiva l’ossatura dell’intero FCS. Nel 2009 infine, di fronte all’incremento delle spese per le opera-zioni in Iraq ed in Afghanistan ed ai tagli di bilancio, il Pentagono si vide costretto a chiudere definitivamente il programma FCS, avviando in al-ternativa una serie di programmi meno ambiziosi inseriti nel cosiddetto Army Brigade Combat Team Modernization Program.

Tale nuova iniziativa enfatizza maggiormente il ruolo delle esperien-ze raccolte nei teatri operativi per la definizione dei requisiti e delle priorità, e prevede, partendo dalle ceneri dell’FCS, di aggiornare 73 Army Brigade Combat Team. Ciò sarà ottenuto mediante l’introduzione di una serie di pacchetti capacitivi, il primo dei quali dovrebbe essere di-stribuito tra il 2013 ed il 2014. In pratica si procede con una parte dell’FCS: in particolare vanno avanti i lavori di realizzazione della “rete”

(FCS Network), di sviluppo del soldato futuro (Future Force Warrior) cioè di quegli equipaggiamenti destinati ad incrementare le capacità del singolo fante, e infine i lavori sui sistemi senza pilota, siano essi Unman-ned Aerial Vehicle (UAV) o Unmanned Ground Vehicle (UGV). La nuova famiglia di veicoli meccanizzati leggeri, ribattezzata MGV, è stata com-pletamente abbandonata, rimpiazzandola con un nuovo programma de-nominato Ground Combat Vehicle Program (GCV), che prevede la

realiz-LE NUOVE ESIGENZE E LA NETWORK CENTRIC WARFARE

zazione di un nuovo veicolo da combattimento per la fanteria/multi-ruolo cingolato, molto più pesante rispetto all’MGV con un parziale ri-pensamento rispetto alle teorie iniziali, destinato a rimpiazzare l’M-113 ed il BRADLEY.

In generale, l’intero concetto alla base dell’FCS è stato rivisto e in par-te abbandonato. Il dogma della trasformazione par-tecnologica dell’era Rumsfeld prevedeva anche la proiezione delle forze dal Continental Uni-ted States (CONUS), da basi che in larga misura dovevano essere quelle degli Stati Uniti continentali, smantellando la rete di basi avanzate in Europa, in Corea, in Giappone etc. che tradizionalmente ha sostenuto e reso credibile la capacità statunitense di intervento globale. Ovviamente, per dare significato alla pretesa di proiettare potenza in tempi minimi, e ovunque nel mondo, occorreva che le forze fossero estremamente legge-re, per consentire alle limitate risorse per il trasporto strategico aereo e navale di muovere significativi pacchetti di forze a distanza di migliaia di chilometri nel giro di pochi giorni. Solo che “leggerezza” non si coniuga-va, né tuttora si coniuga, con “protezione”, come si è appreso amaramen-te sui campi di battaglia in Iraq prima ed in Afghanistan poi. Al punto che il Pentagono ha speso decine di miliardi di dollari per dotarsi di flot-te di mezzi superproflot-tetti, nonché super pesanti e spesso poco stabili, e per potenziare le protezioni di tutti i veicoli e i mezzi da combattimento.

Il programma MRAP (Mine Resistant Ambush Protected), nelle sue varie declinazioni, ne è il simbolo. Ma ovviamente aumentando pesi, volumi e dimensioni, la mobilità strategica è sparita. E il pre-posizionamento e le basi avanzate sono tornate in auge, in attesa che la tecnologia riesca a superare gli ostacoli che oggi rimangono insormontabili.

Il problema del peso e della autonomia dei vari apparati, alimentati a batterie ricaribili, e degli equipaggiamenti che si vanno a distribuire ai soldati è altrettanto critico. Come è stato affermato da un ufficiale ame-ricano sul campo, “200 libre di equipaggiamento ‘leggero’ pesano sem-pre 200 libbre”. Ed oggi i soldati dovrebbero portarsi al seguito carichi molto impegnativi di materiali, corazze, armi, computer, munizioni etc.

Il soldato così affardellato sarà anche tecnologicamente molto superiore al nemico, ma talvolta si può trovare in serie difficoltà di fronte ad un guerrigliero che corre e si muove agilmente portando solo un fucile d’assalto, munizioni e un po’ di cibo, mentre una sorta di “starship

troo-per” NATO sembrerebbe un astronauta che a malapena riesce a cammi-nare. E non sono pochi i soldati che preferiscono riacquistare mobilità rinunciando a portarsi al seguito parte del costosissimo e sofisticato kit tecnologico assegnato. Una delle sfide principali da vincere è proprio quella dei pesi. L’altra è quella dei consumi energetici, perché computer e visori, radio e sistemi di puntamento se si spengono per mancanza di batteria e diventano inutili, anzi diventano un peso inutile.

Ancora, quando fu concepito negli USA la NCW rispondeva alle esi-genze di conflitti convenzionali ad alta intensità, che avrebbero dovuto essere combattuti e vinti in tempi brevissimi grazie al vantaggio tecnolo-gico, si parlava addirittura di “guerra dei 5 minuti”. Si pensava inoltre che sarebbero bastate forze relativamente poco consistenti per ottenere il successo contro avversari più numerosi, ma peggio equipaggiati, peggio armati e guidati, e con dottrine superate. Per molti la guerra in Iraq nel 2003 avrebbe dovuto rappresentare il test decisivo della validità dei nuo-vi concetti, sebbene la Grande Unità statunitense più “avanzata”, la 4a Di-visione di Fanteria, non avesse preso parte alle operazioni in quanto bloc-cata davanti ai porti turchi per il veto di Ankara allo sbarco di uomini e mezzi per attaccare l’Iraq da nord. Ciò malgrado, il successo di forze tec-nologicamente più avanzate, ma inferiori per numero, contro l’esercito iracheno fu travolgente e relativamente rapido. Le polemiche però nac-quero subito sul numero troppo limitato di soldati impegnato e sul con-seguente protrarsi di combattimenti spesso anche molto aspri. Dopo la guerra iniziò un dopoguerra molto più difficile e sanguinoso a causa della guerriglia, compresa quella in ambiente urbano, ed il numero di truppe sul terreno è tornato a farsi decisivo a dispetto dei vantaggi tecnologici.

Gli USA hanno imparato dalle lezioni dei teatri operativi ed hanno quindi riadattato i concetti NCW, considerando che operazioni di contro-guerriglia su vasta scala e di durata indeterminata potranno essere neces-sarie anche in futuro, a dispetto della voglia di disimpegno statunitense.

La NATO e i Paesi alleati hanno a loro volta adattato la loro visione ed i lo-ro obiettivi. E di “guerra dei 5 minuti” per fortuna non si parla plo-roprio più.

2.

Il caso italiano

1. L

A RIFLESSIONE DELLE

F

ORZE

A

RMATE

I

TALIANE

Nel documento The Transformation of the Armed Forces (pagine 44-49)