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La riflessione delle Forze Armate Italiane

Nel documento The Transformation of the Armed Forces (pagine 49-54)

ha visto la sua consacrazione a livello di policy con il “Nuovo concetto strategico” del Capo di Stato Maggiore della Difesa (2005)1, che chiara-mente affermava:

La capacità di raccogliere, gestire e condividere l'informazione ac-quisita, mediante un robusto sistema di C4I2 a carattere netcentri-co, renderà possibile la trasformazione delle strutture organizzative delle unità, delle formazioni e dei Comandi per renderle più idonee ad affrontare le operazioni future. Uno degli elementi chiave di suc-cesso poggia quindi sul pieno sfruttamento delle opportunità che le tecnologie emergenti possono offrire, quali moltiplicatori di forze e quali strumenti per la rapida riconfigurazione dei dispositivi, al fi-ne di mantefi-nere un chiaro vantaggio tecnologico ed operativo in grado di produrre l'effetto desiderato nel momento richiesto3.

Al termine del “Nuovo concetto strategico” veniva poi richiamato il ruo-lo della netcentricità fra gli “obiettivi di lungo termine” delle Forze

1 Stato Maggiore della Difesa (SMD), Il Concetto strategico del Capo di Stato Maggiore della Difesa, Piedimonte Matese, Imago Media Editrice, 2005.

2Command, Control, Communications Computers and intelligence.

3 SMD, Il Concetto strategico del Capo di Stato Maggiore della Difesa, cit., pp. 38-40.

mate4. È chiaro che questa trasformazione del sistema militare non po-teva nascere se non in un ambito e con una prospettiva interforze, capa-ce cioè di “mettere a sistema” le future capacità militari, integrandole nel contempo con i progetti in corso e con gli assetti e piattaforme già pre-senti (asset legacy).

L’anno successivo al “Nuovo concetto strategico”, lo Stato Maggiore della Difesa (SMD) completava la pubblicazione del documento “La tra-sformazione net-centrica: il futuro dell’interoperabilità multinazionale e interdisciplinare”, dedicata, nelle parole dell’allora Capo di SMD, l’Ammi-raglio Giampaolo Di Paola, non “al ‘se’ dovremo acquisire capacità NCW/

NEC, ma ‘quando’, ‘come’ e ‘in che misura’ saremo in grado di acquisirle5”.

Nel maggio del 2006 sempre l’Ammiraglio Di Paola dichiarava che “la tra-sformazione netcentrica delle Forze Armate Italiane, operante in analogia a quanto avviene nei principali Paesi alleati, rappresenta un’esigenza as-solutamente prioritaria e, al tempo stesso, ineludibile”, al fine di evitare di

restare inesorabilmente tagliati fuori dalla possibilità di interope-rare nelle missioni multinazionali, che sempre più costituiranno il focus del contributo della componente militare all’azione del no-stro Paese nell’ambito delle iniziative della comunità internazio-nale per la stabilità e la sicurezza.

Uno strumento militare contemporaneo senza capacità idonee ad af-frontare i nuovi ambiti di operazione costituirebbe un impedimento in-vece che un mezzo per il conseguimento degli obiettivi politici di un Pa-ese. Per questo l’affermazione programmatica del Capo di Stato Maggio-re della Difesa delineava l’ineluttabile esigenza di avviaMaggio-re con tempesti-vità il processo di trasformazione in senso NEC delle Forze Armate Ita-liane, al fine di “mantenere e rafforzare l’interoperabilità dello strumen-to militare italiano con i dispositivi alleati” estendendo

l’approccio netcentrico all’intero ambito di applicazione del concet-to di homeland security – ovvero alle strutture degli altri dicasteri

4 SMD, Il Concetto strategico del Capo di Stato Maggiore della Difesa, cit., p. 81.

5 SMD, La trasformazione net-centrica, cit., p. 2.

IL CASO ITALIANO

che contribuiscono alla funzione sicurezza – e, più in generale, alle organizzazioni che operano nel campo della sicurezza e degli aiuti umanitari, interagenzia dell’intera amministrazione dello Stato.

Trasformazione in senso NEC, ovvero in senso netcentrico, significa per le Forze Armate Italiane, come del resto anche per le altre forze armate dei Paesi NATO, riuscire ad interconnettere in rete i sensori, le apparec-chiature o i soldati che percepiscono e rilevano attività naturali e umane, i decisori, ovvero coloro i quali, sulla base delle informazioni disponibili, assumono una decisione, e gli attuatori, cioè i sistemi che mettono in pra-tica una decisione siano essi armi o soldati, formando un’unica struttura, complessa ed integrata. In questo modo è possibile sfruttare sinergica-mente informazioni e capacità operative allo scopo di conseguire gli ef-fetti desiderati. La superiorità ottenuta con il dominio delle informazioni, che permette di acquisire la Shared Situational Awareness, rappresenta un importante moltiplicatore di forza e un fattore chiave per il successo, specialmente nell’ambito di operazioni interforze e multinazionali.

La tecnologia, in particolare l’Information Technology, è basilare per creare il “sistema”, ovvero la “rete” tra sensori, decisori e attuatori. Oprare in rete implica componenti coordinati e sinergici di persone e di e-lementi organizzativi, quali ad esempio Comandi, Unità, strutture di supporto, etc. che, applicando una nuova dottrina e avvalendosi di ap-propriate procedure, si relazionano sfruttando le capacità della rete stessa per la raccolta, analisi, trattazione e distribuzione delle informa-zioni, trasformandole in un vantaggio decisivo nella condotta delle ope-razioni. Nell’ambito di questo innovativo e complesso approccio volto al-la trasformazione dello strumento militare, al-la digitalizzazione rappre-senta la base di partenza, o meglio il punto di passaggio obbligato per la realizzazione e l’acquisizione di capacità “rete-centriche”. Il concetto di digitalizzazione risiede infatti nella applicazione di sistemi e tecnologie digitali nell’ambito del dominio operativo al fine di acquisire, scambiare, correlare e utilizzare tempestivamente le informazioni.

La “digitalizzazione dello spazio di manovra” rappresenta quel pro-cesso in grado di consentire l’elaborazione ed il trasferimento in tempo reale, real time, o quasi, near real-time, di molteplici informazioni fra i diversi attori sul campo. Queste informazioni, opportunamente riferite

alla specificità del contesto, consentono ai Comandi ai vari livelli di man-tenere una accurata e chiara visione della situazione, in supporto alle at-tività di pianificazione e condotta della missione. In sintesi, potremmo definire il concetto di digitalizzazione come l’applicazione di tecnologia digitale atta ad abilitare la raccolta e l’utilizzo di dati attraverso una rete di sensori, posti Comando (decisori), sistemi d’arma e soldati (attuato-ri). Inoltre, trasformazione netcentrica e digitalizzazione non sono sol-tanto elementi tecnologici, ma richiedono in primis un salto di mentalità ed una partecipazione attiva e convinta dell’uomo, motore principale della Trasformazione.

Proprio il fatto che tutti i Paesi europei si stavano incamminando sul-la via netcentrica e l’ineludibilità di questa scelta spingevano anche le Forze Armate Italiane in tale direzione, individuando l’esigenza di avvia-re un progetto di digitalizzazione, in particolaavvia-re dell’Esercito Italiano (EI). Quindi, nel gennaio del 2007 veniva avviato il programma Forza NEC, per realizzare uno strumento adatto ad operare in ambienti inter-forze e multinazionali, inserendo a pieno titolo l’Italia tra i principali partner europei. Il progetto mira alla completa messa in rete di tutte le Forze Armate configurandosi di fatto come un programma interforze a guida dell’Esercito. La filosofia netcentrica pone infatti sfide tecniche particolarmente difficili per l’EI, che deve mettere in rete il singolo fante e quindi decine di migliaia di elementi, cosa tutt’altro che semplice, ri-spetto alla messa in rete di decine di navi della Marina Militare (MM) o alle centinaia di velivoli dell’Aeronautica Militare (AM).

È questo uno dei punti più critici a livello concettuale, dei quali l’Esercito si è subito reso conto. In fin dei conti una nave è un sistema complesso integrato, una rete. Le flotte sono da decenni reti integrate connesse via data link per creare una organizzazione complessa. In cielo le cose vanno diversamente, solo oggi l’AM conduce operazioni di com-battimento sfruttando pienamente le potenzialità del sistema di scambio dati Link-16, e comunque anche le campagne aeree a carattere interfor-ze, ovvero joint,e multinazionale, cioè combined, non prevedono la con-nessione di più di qualche centinaio di elementi. Elementi che però si spostano a velocità di centinaia di chilometri all’ora, fattore che compli-ca le cose e rende indispensabile la “connessione”, quanto meno per po-ter gestire il tempo/spazio aereo. L’Esercito doveva affrontare una sfida

IL CASO ITALIANO

ancora più difficile partendo da una base di “connettività” relativamente modesta. Il problema era reso più difficile dal numero enorme di ele-menti, i c.d. nodi, da connettere, sia dalla natura dello spazio di manovra, nel quale le comunicazioni non sono mai state semplici. Infatti, un conto è comunicare negli spazi marittimi o in cielo, altro è farlo tra le monta-gne, nelle foreste o in ambiente urbano.

L’Esercito in un certo senso ha fatto tesoro degli errori altrui. Ha se-guito con attenzione il fallimento cui è andato incontro lo US Army, par-tito lancia in resta con il programma FCS risoltosi in una costosissima debacle, senza che il soldato americano potesse ricevere e beneficiare in tempi ragionevoli delle decine di miliardi di dollari investiti in progetti troppo ambiziosi, complessi e tecnologicamente rischiosi. Questa “espe-rienza a distanza” ha spinto l’Esercito a procedere con cautela e verifi-cando continuamente i risultati ottenuti e i progressi compiuti con la propria iniziativa, adottando anche quell’approccio omnicomprensivo che ha portato ad affrontare il cambiamento tenendo conto di ogni ri-svolto a livello dottrinale, operativo, organizzativo, addestrativo, logisti-co etc., il tutto logisti-continuando nel logisti-contempo ad effettuare operazioni reali.

Per una volta, partire con un qualche ritardo rispetto ai “primi della classe” ha consentito di evitare errori che, nel contesto nazionale, sareb-bero risultati letali. In fatto di defence procurement gli USA possono permettersi, fino ad un certo punto, di sbagliare, cancellare e ricomin-ciare, l’Italia no. L’EI e l’industria nazionale hanno messo a frutto le “le-zioni apprese”, non solo quelle derivanti dalle esperienze operative, ma anche quelle industriali, gestionali, tecniche e tecnologiche. Le Forze Armate Italiane hanno dunque la consapevolezza di non essere davvero in ritardo rispetto ai partnerNATO più all’avanguardia in questo settore, a patto adesso di muoversi a passo regolare sulla strada intrapresa.

Va anche osservato che la Marina Militare è stata fin da subito pie-namente coinvolta nel processo di digitalizzazione dell’EI, grazie alla pe-culiare natura delle forze anfibie italiane che hanno carattere joint es-sendo costituite da reparti sia dell’Esercito sia della Marina. Reparti che devono ovviamente essere totalmente integrati, così come devono esse-re interfacciati/integrati con le unità navali che trasportano, sbarcano, supportano e recuperano i reparti da assalto anfibio.

2. L’

ESPERIENZA ITALIANA NELLE MISSIONI

Nel documento The Transformation of the Armed Forces (pagine 49-54)