• Non ci sono risultati.

3. La trattazione della causa: l’istruzione

3.3. I mezzi di prova nei singoli illeciti civili

99 Napoli, G. E., Il nesso causale come elemento costitutivo del fatto illecito, op. cit., p. 266, 267.

100

Napoli, G. E., Il nesso causale come elemento costitutivo del fatto illecito, op. cit., p. 274, 275.

101

La clausola di compatibilità più volte richiamata porta l’interprete ad interrogarsi su quali siano i mezzi di prova trattati dal codice di procedura civile utilizzabili nel processo oggetto della nostra attenzione e quali siano, viceversa, le disposizioni che li disciplinano bisognose di essere derogate. Lo studio in questione deve essere diversamente modulato in relazione ai singoli illeciti civili tipizzati dal legislatore, ognuno dei quali presenta sue peculiarità.

Per cominciare, gli illeciti di falso sono accomunati dal medesimo presupposto, ovverosia che la condotta tipizzata riguarda una scrittura privata per la cui contestazione gli artt. 2702 c.c. e 221 c.p.c. prevedono l’impiego della querela di falso. Questa risulta

proponibile, a detta della giurisprudenza102, “contro chi possa avvalersi del documento

per fondare su di esso una pretesa sia o meno l’autore della falsificazione”, pertanto anche contro la parte avversa che si sia già avvalsa del falso cagionando un danno all’attore in giudizio. Si ritengono compatibili con tale giudizio, dunque, gli artt. dal 221 al 227 c.p.c. che disciplinano il procedimento avente ad oggetto la querela di falso, dalla sua proposizione fino all’esecuzione della sentenza conclusiva, come anche l’art. 313 c.p.c. che dispone la sospensione del procedimento dinanzi al giudice di pace e la rimessione delle parti al tribunale quando il documento querelato sia rilevante per la decisione. Inoltre, è certamente ammessa l’applicabilità dell’ordine di esibizione del giudice alla parte o ad un terzo disposto dall’art. 210 c.p.c., nei casi in cui l’originale del documento falso non sia stato prodotto in quanto l’attore ne era sprovvisto. Non può considerarsi compatibile, al contrario, il disconoscimento disciplinato dall’art. 214 c.p.c., in quanto esso presuppone che il documento sia stato prodotto in giudizio contro una parte che, appunto, lo disconosce, tuttavia senza che sia ancora stato cagionato alcun danno. Il disconoscimento ed il riconoscimento hanno infatti la funzione di accertare l’autenticità della scrittura privata o della sottoscrizione disconosciuta per

consentire alla parte interessata di avvalersene in giudizio103. L’illecito civile, piuttosto,

ha tra i suoi elementi costitutivi la produzione di un danno, legato alla condotta falsificatoria del documento da un nesso causale, dunque presuppone che la scrittura sia già stata produttiva del danno. La persona offesa che vuole conseguire la condanna del

102

Cass. civ., Sez. I, 30 agosto 2007, n. 18323.

103

convenuto deve sempre provare, pertanto, la sussistenza di un danno conseguente all’illecito denunciato: per la prova del danno patrimoniale, qui integrante la perdita subita, è sufficiente produrre l’atto falso da cui si sarebbe potuto conseguire un guadagno; per quello non patrimoniale si deve ricorrere all’uso delle presunzioni, più difficoltose a causa dei limiti in cui siffatto danno rileva nelle fattispecie di illeciti di

falsi104. Infine, va ricordato che una volta accertata l’insussistenza dell’illecito il

giudice, piuttosto che condannare il convenuto alla sanzione pecuniaria civile, condanna l’attore querelante alla pena pecuniaria prevista dall’art. 226, c. 1 c.p.c.

Un altro illecito che merita particolare attenzione in termini di mezzi di prova è l’ingiuria, i cui elementi costitutivi impongono di avvalersi normalmente della prova testimoniale. Risulta certamente applicabile l’art. 244 c.p.c., che impone che la richiesta di prova testimoniale debba dedurre il fatto da provare in un capitolo specifico e

determinato, requisiti che la Cassazione105 ha esplicato nel senso che il capitolo deve

essere “collocato univocamente nel tempo e nello spazio, al duplice scopo di consentire al giudice la valutazione della concludenza della prova ed alla controparte la preparazione di un’adeguata difesa”. L’illecito di ingiuria impone la sostanziale nullità della deposizione de relato actoris, ove il testimone depone fatti e circostanze che non ha percepito direttamente, ma di cui è venuto a conoscenza da parte dell’attore stesso, in quanto evidentemente essa ha ad oggetto la dichiarazione di una parte e non il fatto oggetto dell’accertamento, mentre è ammessa la deposizione de relato in genere, ove le circostanze riportate dal testimone sono state apprese da persone estranee al giudizio,

secondo il disposto dell’art. 257 c.p.c.dunque applicabile al processo de quo. Tuttavia,

la forza probatoria di siffatte deposizioni deve giudicarsi attenuata a causa della loro natura indiretta, assumendo esse rilevanza solo quando siano surrogate da altri elementi

oggettivi e concordanti in concorso che ne suffragano la credibilità106. Risulta

compatibile anche la prova testimoniale scritta, ammessa dall’art. 257 bis c.p.c. in presenza di accordo delle parti, che secondo la giurisprudenza può essere disposta anche

104

Di Tullio D’Elisiis, A., Le nuove depenalizzazioni dopo i decreti legislativi 15 gennaio 2016 n. 7 e 8, Santarcangelo di Romagna, 2016, p. 217, 218.

105

Cass. civ., Sez. VI, 2 febbraio 2015, n. 1808.

106

dopo l’ammissione delle altre prove quando la sua esigenza ed opportunità emergono a seguito di sopravvenienze processuali, purché siano state rispettate le preclusioni che impongono che il testimone da escutere ed i capitoli di prova siano stati ritualmente ammessi con l’ordinanza ex art. 183, c. 7 c.p.c. La legittimità costituzionale della testimonianza scritta, in apparente contrasto con il requisito di immediatezza disposto dall’art. 111 Cost., viene ammessa dalla dottrina giudicando sufficiente la mera ripetibilità della testimonianza dinanzi al giudice per il rispetto del requisito secondo cui la prova testimoniale deve essere dedotta davanti al giudice, nonostante rimangano pericolosi abusi potenzialmente sottesi a tale forma di testimonianza. Ancora, risulta applicabile l’incapacità a testimoniare disposta dall’art. 246 c.p.c. per coloro che hanno un interesse nella causa tale da legittimare una loro partecipazione al giudizio, come delle altre norme in materia contenute negli artt. 245 ss c.p.c. e nell’art. 2721 ss c.c. Inoltre, risulta ammissibile anche l’audizione di testimoni a futura memoria sancita dall’art. 692 c.p.c. qualora vi sia un fondato timore che vengano a mancare uno o più testimoni le cui deposizioni siano strumentali ad una controversia futura. Infine, nell’ipotesi di una condotta ingiuriosa il danno ad essa conseguente non risulta sempre in re ipsa, come rilevato dalla Suprema Corte107, ma va provato con tutti i mezzi di prova ordinari, guardando alla condotta oggettiva tenuta dall’autore dell’offesa e non

alla particolare suscettibilità della persona offesa o ai suoi profili soggettivi108.

Gli illeciti di sottrazione di cose comuni e appropriazione di denaro, cose smarrite, tesoro e cose di cui si sia venuti in possesso per errore altrui o caso fortuito richiedono l’utilizzo, normalmente, della prova testimoniale, risultando compatibile anche in siffatto caso la disciplina ordinaria prevista dal codice di rito, e dell’ispezione, ammessa

infatti anche per le cose mobili dall’art. 258 c.p.c.109

Per l’illecito di sottrazione di cose smarrite appare ancora attuale il rinvio che il vecchio art. 647 c.p. faceva agli artt. 927 ss c.c., illecito per il quale la prova testimoniale appare di difficile successo. Se invece

107

Cass. civ., Sez. III, 27 luglio 2015, n. 16055.

108

Di Tullio D’Elisiis, A., Le nuove depenalizzazioni dopo i decreti legislativi 15 gennaio 2016 n. 7 e 8, op. cit., p. 224.

109

Di Tullio D’Elisiis, A., Le nuove depenalizzazioni dopo i decreti legislativi 15 gennaio 2016 n. 7 e 8, op. cit., p. 225 ss.

si tratta di cose di cui si è venuti in possesso per errore altrui o per caso fortuito appare più facile provare il titolo che legittimava la proprietà o la detenzione. Per quanto riguarda l’ispezione, inoltre, si ritengono applicabili le disposizioni ordinarie di cui agli artt. 258 ss c.p.c. ed il presupposto della loro indispensabilità per conoscere i fatti della causa sancito dall’art. 118 c.p.c., che ammette anche la possibilità di dedurre argomenti di prova se la parte rifiuta di eseguire l’ordine di ispezione senza giustificato motivo o la condanna ad una pena pecuniaria contro il terzo che sia autore del medesimo rifiuto. Anche per la prova di tale illecito, inoltre, è possibile instaurare un procedimento di istruzione preventiva ai fini di un accertamento tecnico o di un’ispezione giudiziale che siano necessari prima dell’inizio del giudizio, applicando gli artt. 696 e 698 c.p.c. La parte è chiamata anche in tale illecito a dimostrare la sussistenza del danno e la sua consistenza, per la quantificazione della quale ci si avvale normalmente di un consulente tecnico nominato dal giudice o dalla parte, ex artt. 61 e 201 c.p.c., i quali semplificano siffatta individuazione del quantum debeatur, sebbene il secondo tipo di

consulenza rimanga un atto difensivo privo di autonomo valore probatorio110. In

particolare, una volta che la parte ha provato la causazione di un danno, il giudice è chiamato a liquidarlo avvalendosi della ctu o, altrimenti, della liquidazione equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c.

Infine, anche l’illecito di danneggiamento impone, generalmente, l’impiego della prova testimoniale ai fini della verifica del fatto, essendo valevoli le medesime considerazioni sopra fatte sulla compatibilità delle norme che regolano tale mezzo di prova. La consulenza tecnica è impiegabile, invece, ai fini della determinazione del danno, considerata peraltro la più frequente ammissibilità per tale illecito del risarcimento in forma specifica ex art. 2058 c.c., che permette di reintegrare pienamente l’interesse specifico del danneggiato. Al contrario, se la somma necessaria per la riparazione dei danni supera notevolmente il valore di mercato del bene danneggiato, residua

meramente la possibilità di ottenere la condanna al risarcimento per equivalente111.

110

Cass. civ., Sez. I, 6 agosto 2015, n. 16552.

111