• Non ci sono risultati.

3. La trattazione della causa: l’istruzione

3.2. Lo standard probatorio del nesso causale

Un altro aspetto importante da esaminare in tema di istruzione riguarda lo standard probatorio che il nesso causale deve raggiungere ai fini della condanna sanzionatoria. Le due soluzioni possibili prospettate dalla dottrina sono state quella sancita dal legislatore nel processo civile, la regola del “più probabile che non”, e quella più gravosa disposta in materia penale dell’“al di là di ogni ragionevole dubbio”. I due parametri valutativi sono tra loro molto differenti e l’alternativa prescelta dall’interprete incide pesantemente sui risultati pratici del processo, nel presupposto che sia sempre rispettata la garanzia del contraddittorio.

In ambito civilistico, infatti, non si applicano alcuni fondamentali principi della responsabilità penale quali la presunzione di non colpevolezza, la tutela della libertà personale e la funzione rieducativa della pena. In tale settore vige l’obiettivo della ripartizione delle conseguenze danno patrimoniali dell’illecito, ove si assiste ad

86 Querzola, L., L’efficacia dell’attività processuale in un diverso giudizio, op. cit., p. 80, 81.

87

Cass. civ., Sez. I, sent. 13 febbraio 2009, n. 3640.

88

un’equivalenza delle parti in giudizio, in contrapposizione alla diversa posizione

ricoperta da accusa e difesa nel processo penale89.

L’opinione maggioritaria della dottrina ha sposato la tesi che si allinea al modello del processo civile, condividendo la posizione dell’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione. Quest’ultimo motiva tale interpretazione in termini di maggior coerenza e funzionalità pratico – applicativa, considerando la scelta di perseguire tali illeciti nel processo civile e la centralità degli interessi privati fatti valere dalle parti cui è

informato il processo civile90. Inoltre, è stato rilevato che, nonostante la natura

sanzionatoria, punitiva ed afflittiva della condanna in questione, l’adozione del criterio probatorio civile non lede alcun diritto costituzionale e si presenta pertanto rispettoso della clausola di compatibilità cui è sottoposta l’applicazione delle disposizioni del codice di rito. Peraltro le sanzioni civili, sebbene condividono con le sanzioni penali la comune riferibilità alla categoria della “materia penale”, non presentano ad ogni modo la loro stessa natura particolarmente gravosa, pertanto la tesi prospettata risulta anche rispettosa dell’interpretazione sistematica e dell’intento del legislatore che guardano

ancora una volta al settore in cui esse sono state trasferite, quello civile91.

Il giudice civile, infatti, è tenuto ad utilizzare il criterio della probabilità logica prevalente, decidendo secondo il proprio libero apprezzamento in funzione delle prove acquisite al processo, non dunque in maniera arbitraria. Il suddetto criterio si compone di due regole, quella del “più probabile che non”, in virtù della quale il giudice deve decidere quale delle due ipotesi, l’una positiva e l’altra negativa, sia logicamente più confermata dell’altra sulla base delle prove disponibili; e quella della “preponderanza dell’evidenza”, secondo la quale quando emergono due o più ipotesi confermate

89

Tartaglia, A. F. – Tramontano, L., Il nesso di causalità. Prassi e orientamenti, Milano, 2012, p. 69.

90

Rel. n. III/01/2016, Gli interventi di depenalizzazione e di abolitio criminis del 2016: una prima lettura, p. 25; Gargani, A., La depenalizzazione bipolare: la trasformazione di reati in illeciti sottoposti a

sanzioni pecuniarie amministrative e civili, in Dir. pen. e proc., vol. 5, 2016, p. 598; Martini, R., L’avvento delle sanzioni pecuniarie civili, op. cit.

91

positivamente dalle prove disponibili, il giudice sceglie quella che ha ricevuto il grado

maggiore di conferma92.

Parte della dottrina ha ipotizzato, tuttavia, due soluzioni intermedie a quelle sopra menzionate. La prima diversifica lo standard probatorio richiesto in ragione delle diverse tipologie di illecito rilevanti nel caso concreto e del tipo di rito percorso a fronte

della pluralità di riti ammessi anche per lo stesso illecito93, lasciando ampi spazi di

incertezze applicative e di possibili discriminazioni pratiche. La seconda ipotizza, invece, una differenziazione dello standard probatorio applicabile nel medesimo

processo94, richiedendo l’adozione nel nesso civilistico ai fini della condanna

risarcitoria, e di quello penalistico ai fini della condanna sanzionatoria. La pretesa pubblica del processo, dunque, necessiterebbe di un assolvimento dell’onere probatorio più rigido, potendosi verificare nella prassi processi che conducono alla condanna risarcitoria dell’autore dell’illecito ma non anche a quella sanzionatoria, per la quale non risulterebbe integrato il presupposto afferente all’elemento oggettivo.

L’ultima teoria illustrata viene criticata da chi95

sostiene che l’adozione di un diverso standard probatorio per i due capi condannatori della sentenza produrrebbe una discrasia interna alla decisione stessa, in quanto il giudice dovrebbe svolgere due diversi accertamenti del nesso causale, separando anche le prove necessarie o sufficienti alle differenti condanne e contrastando la ratio dell’economia processuale sottesa alla collocazione delle due pretese in un unico procedimento con un’unica trattazione. Al contrario, si sostiene che la scelta dell’ambito extra – penale come campo di applicazione della sanzione, a fronte di interventi di depenalizzazione, giustifica un’attenuazione delle garanzie che rimangono in ogni caso superiori a quelle previste nel settore amministrativo, ove l’applicazione della sanzione è rimessa all’autorità

92

Berti, L., Il nesso di causalità in responsabilità civile. Nozione, onere di allegazione e onere della

prova, Milano, 2013, p. 320, 321.

93

Palazzo, F., Nel dedalo delle riforme recenti e prossime venture, op. cit., p. 1721.

94

Bove, M., Sull’introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie dal punto di vista del processualcivilista, op. cit.

95

amministrativa e non ad un giudice. Peraltro, mentre in passato si negava la possibilità che sussistessero due diverse versioni della causalità tra il settore civile e quello penale, invocando le difficoltà che questo avrebbe causato sugli effetti del giudicato penale in

sede civile, a seguito della sentenza Franzese del 200296 la Cassazione civile distingue

definitivamente lo standard probatorio nei due settori, alla luce dei diversi valori in gioco per accusa e difesa che caratterizzano il processo penale, rispetto agli equivalenti interessi protagonisti invece del processo civile, ove si parla di causalità “debole” per la

minor rigorosità dello standard probatorio97.

Ad ogni modo, mentre le leggi civili non dettano statuizioni generali in materia di nesso causale, la legge penale dedica ad esso due norme specifiche, gli artt. 40 e 41 c.p., volendo disciplinare con maggior certezza il tema. I principi dettati da tali norme sono senz’altro ben più rigorosi di quelli che fondano la responsabilità civile, in virtù della sanzione cui permettono di condurre, ben più severa di quella civile. Esse sono dettate per il settore penale e non appaiono pertanto suscettibili di essere applicate analogicamente in ambito civile, tuttavia se risulta provato il nesso causale tra condotta ed evento tale da legittimare l’assoggettamento del reo alla sanzione penale, a maggior ragione esso deve considerarsi sufficiente anche ai fini civilistici, secondo quanto si desume dall’art. 185 c.p. Non può dirsi invece il contrario, per cui la sussistenza del nesso che comporta una responsabilità civile non è sempre sufficiente ai fini della

responsabilità penale98.

Mentre in ambito penale si scontrano da un lato l’esigenza di prevenzione, dall’altro quella di non punire chi non risulti certamente colpevole, in ambito civilistico le due esigenze di risarcire il danno e di non condannare chi non lo ha causato si equivalgono. Per tale ragione si differenziano i due criteri da applicare, nel primo caso quello del “oltre ogni ragionevole dubbio”, nel secondo del “più probabile che non”. Ai fini della sanzione penale è necessario dimostrare la causalità individuale, quale specifico

96

Cass. pen., Sez. Un., 10 luglio 2002, n. 30328.

97

Piergallini, C., “Civile” e “Penale” a perenne confronto: l’appuntamento di inizio millennio, in Riv. It.

di dir. e proc. pen., vol. 55, n. 4, 2012, p. 1322 ss.

98

rapporto eziologico in un singolo caso, ai fini della condanna civile è sufficiente la prova della causalità generale, quale generale idoneità di un antecedente ad essere causa di un evento. In ambito civile, infatti, è privilegiata la tutela del danneggiato rispetto a quella dell’autore dell’illecito ed è applicabile l’interpretazione analogica che consente

di ampliare l’ambito di applicazione della responsabilità civile99

.

Tuttavia il doppio standard del nesso causale, diversificato in ambito civile e penale, si riduce necessariamente ad uno nel momento in cui il giudice penale, condannato l’imputato, è anche chiamato a pronunciarsi sulla pretesa civile avanzata nel processo. Il giudice penale applica in questo caso le norme penalistiche, tanto processuali che sostanziali, pertanto lo standard di causalità da integrare ai fini della condanna civili diventa quello del “più probabile che non”, aggravando il presupposto in esame con evidente vantaggio per l’autore dell’illecito e svantaggio della persona offesa. Questa, d’altra parte, si avvantaggia dell’attività istruttoria compiuta dal PM, pertanto non sopporta i maggior costi necessari per soddisfare tale onere probatorio, ma corre il rischio che esso non venga raggiunto con l’attività del solo organo pubblico.

Quando, infatti, la condotta di un soggetto integra gli estremi di un reato, l’art. 185 c.p. attribuisce al danneggiato il diritto al risarcimento del danno e lo stesso giudice civile, in tal caso, potrebbe accertare incidentalmente, nel giudizio civile, la sussistenza degli

elementi del reato per condannare l’autore al risarcimento causato dal fatto illecito100

. In particolare, “il diritto per il danneggiato dal reato di esperire l’azione civile in sede penale non è oggetto di garanzia costituzionale”101, ma è solo una delle modalità con cui il legislatore ha scelto di attuare il diritto alla tutela giurisdizionale, da bilanciare con gli altri interessi quali quello della speditezza del processo penale.