• Non ci sono risultati.

I processi cognitivi nella fruizione dell’audiovisivo sottotitolato

Alla luce di quanto detto sinora, l’obiettivo finale di qualunque modalità di traduzione audiovisiva può essere riassunto come il voler dare la possibilità di fruizione di un prodotto audiovisivo ad un pubblico appartenente ad una linguacultura diversa da quella nella quale è stato concepito tale prodotto. Nel caso specifico della sottotitolazione, attuando un salto di canale semiotico dall’orale allo scritto, diventa fondamentale conoscere come cambino i meccanismi cognitivi coinvolti nella fruizione di questa specifica forma di traduzione audiovisiva rispetto alle altre modalità. Uno degli strumenti più utili che ha permesso di stilare delle regole ben precise cui attenersi durante la sottotitolazione di un prodotto audiovisivo è stato il tracciamento oculare, una tecnica che consente di registrare i meccanismi del sistema visivo umano: attraverso la registrazione dei movimenti dell’occhio durante la lettura è possibile determinare dove l’utente stia guardando, in che direzione si muova il suo sguardo e quali aree del testo, dell’immagine o della scena in movimento siano ispezionate con maggiore intensità (Perego e Taylor, 2012). Il tracciamento oculare nasce in relazione alla curiosità e all’interesse verso i meccanismi e la natura fisica dei processi di lettura, con i primi studi che risalgono addirittura al XIX secolo, ma si applica anche allo studio delle strategie di fruizione delle immagini e dei filmati, risultando di conseguenza ideale ai fini di uno studio approfondito riguardo ai processi cognitivi coinvolti nel testo audiovisivo sottotitolato, un prodotto multisemiotico che sfrutta tutti i canali possibili per trasmettere un messaggio: sapere come l’audiovisivo viene fruito è decisivo per guidare chi lo realizza nella sua realizzazione, in modo tale che risulti il più

56

gratificante possibile per gli utenti ai quali si rivolge. La prima osservazione degna di nota è che l’utente tende a concentrare le fissazioni – e pertanto almeno una parte della sua attenzione visiva – sugli elementi maggiormente informativi del video. Per esempio: nel caso di una voce fuori campo, lo spettatore alternerà momenti di lettura del sottotitolo a brevi fissazioni sulla situazione globale su schermo; nel caso invece di una conversazione concitata tra più personaggi, l’utente si concentrerà su chi parla, con una spiccata tendenza a fissarne la bocca, nel tentativo istintivo di trarre informazioni ulteriori dalla lettura labiale. È stato poi dimostrato come uno spettatore esposto ad un sottotitolo ne inizierà istintivamente la lettura a prescindere dall’età (D’ydewalle et al., 1989), dalla presenza di deficit uditivi (Verfaillie e D’ydewalle, 1987), o dal grado di familiarità col metodo traduttivo in questione (D’ydewalle e Gielen, 1992).

[...] reading the subtitle at its onset presentation is more or less obligatory; it is unaffected by major contextual factors such as the availability of the soundtrack and important episodic characteristics of actions in the movie (D’ydewalle, 2002).

La lettura del sottotitolo appare dunque automatica ogni qual volta questo appaia sullo schermo, indipendentemente da stimoli interni al prodotto audiovisivo o esterni ad esso cui lo spettatore possa essere sottoposto. Pur risultando corretta l’affermazione che gli stimoli audiovisivi (colonna sonora, immagini, genere, conoscenza della lingua source, ecc.) possono rallentarne il tempo di lettura o le strategie di fruizione del video stesso, essi non hanno comunque l’effetto di deviare l’attenzione dell’utente dal sottotitolo (D’ydewalle e Gielen, 1992). È dunque possibile affermare, alla luce di quanto esposto, che alla lettura del testo scritto lo spettatore alterna continuamente la lettura dell’immagine, senza prediligere un canale informativo a discapito di un altro (Perego et al., 2010). Questo significa che tutti i canali vengono utilizzati indistintamente per la comprensione e la decodifica del messaggio dell’audiovisivo, sottoponendo l’osservatore ad un carico cognitivo complesso. Risulta oltremodo importante valutare l’ampia varietà di fruitori di film con sottotitoli – aventi età e capacità cognitive ben diverse tra loro – così da poter adattare alle esigenze specifiche di un determinato tipo di spettatore il sottotitolo

57

finale. Esistono quindi tutta una serie di aspetti tecnici che devono necessariamente caratterizzare la sottotitolazione come forma di traduzione audiovisiva, a cui Gottlieb (1992, pp. 164-5) si riferisce come a dei vincoli (constraints) che il sottotitolatore deve rispettare durante il suo lavoro di elaborazione di sottotitoli per poter giungere alla redazione di un prodotto finale ad alta usabilità.

Each Translation type has its specific set of constraints. These may be caused by a host of different agents in the communicative process from production of the original to reception of the translated version (Gottlieb, 1992, p. 164).

Questi vincoli si dividono rispettivamente in formali (o quantitativi) ed in testuali (o qualitativi).

2.2.1. Vincoli formali o quantitativi

In merito ai così definiti vincoli formali o quantitativi, le restrizioni dei sottotitoli riguardano la loro collocazione su schermo e lo spazio occupabile su di esso, la lunghezza delle battute e il tempo di esposizione al sottotitolo stesso. Per quanto riguarda collocazione e spazio, il sottotitolo si pone solitamente nella parte inferiore centrale dello schermo30, andando ad occuparne non più dei due terzi per estensione. Un’ulteriore possibilità è quella dell’allineamento dei sottotitoli nella parte inferiore sinistra, collocazione giustificata dal fatto che in questa maniera non si va a sovrapporre il testo all’immagine filmica e ai dettagli più significativi di questa, che generalmente si trovano, appunto, nella parte centrale dello schermo (Perego, 2005). Tuttavia, ad oggi tale pratica risulta ormai obsoleta (Vitucci, 2016), preferendo la collocazione centrale. I sottotitoli sono altresì condizionati da regole rigide riguardanti la loro lunghezza e la loro permanenza su schermo, in quanto è necessario che questi rispettino i tempi di elaborazione dell’utente che deve decodificare simultaneamente tutti i canali semiotici di cui si compone il prodotto audiovisivo sottotitolato (Tab. 1). Si è osservato, ad esempio, non solo come la

30 Diversa può essere invece la collocazione di sottotitoli in lingue orientali come giapponese e

cinese, in quanto questi talvolta seguiranno l’orientamento verticale di scrittura dall’alto verso il basso, essendo dunque posti al lato destro dello schermo. Ma recentemente, a tale modalità di collocazione è preferita quella classica occidentale.

58

velocità di lettura aumenti proporzionalmente alla lunghezza del sottotitolo, ma anche che tanto più questo risulta denso di parole, tanto meno il cervello umano si sofferma su ognuna di esse. Si è dunque cercato di stabilire una tempistica media che possa rispondere alle caratteristiche di una più larga fetta di utenti possibile: un sottotitolo deve rimanere impresso sullo schermo il tempo sufficiente affinché possa essere fruito nella sua interezza, ma non così a lungo da permetterne la rilettura (Perego e Taylor, 2012). Infatti, una volta terminata la lettura del sottotitolo e nel caso questo rimanga troppo a lungo sullo schermo, lo spettatore avvia in maniera automatica un processo di rilettura del testo (D’ydewalle, et al., 1987; 1991; D’ydewalle e Gielen, 1992), interrompendo così la propria concentrazione e perdendo il suo ritmo di lettura abituale. Sebbene si possa pensare che ad una eventuale rilettura del sottotitolo corrisponda una maggiore quantità di informazioni acquisite, in realtà tale fatto non comporta nessun vantaggio per l’osservatore, andando non solo a disturbare quest’ultimo, ma anche a guastare la compattezza d’insieme dell’opera e minacciando la fluidità della fruizione (Braghetta, 2015). Per esempio, nel caso specifico di sottotitoli molto brevi, formati da esclamazioni o singole parole, si è potuto constatare come il tempo medio richiesto affinché l’occhio umano possa registrarli sia di un secondo e mezzo, soglia oltre la quale la permanenza della stringa di testo su schermo diventa non solo superflua, ma anche di possibile disturbo per l’osservatore (Petillo, 2012). Là dove possibile, risulta altresì importante la necessità di inserire tra un sottotitolo ed il successivo una pausa di qualche secondo, in modo tale da evitare un sovraccarico cognitivo nello spettatore (Vitucci, 2016). Il quadro tende invece a complicarsi nel caso del tempo medio di fruizione di sottotitoli disposti su due righe di 32 caratteri ciascuna – spazi compresi. Per rispondere alla necessità di evitare il momento di rilettura del sottotitolo, è stata definita la così detta “regola dei sei secondi” (D’ydewalle et al., 1987), essendo questo il tempo medio necessario non solo affinché il cervello umano possa elaborare i vari stimoli che gli giungono simultaneamente attraverso il doppio canale visivo e uditivo (Petillo, 2012), ma anche ritenuto ideale per la lettura e comprensione di un sottotitolo disposto su due righe di 32 caratteri ciascuna. Tuttavia, non è ancora ben chiaro se questa sia effettivamente una tempistica ottimale, con alcuni studi che mettono in dubbio la validità della succitata convenzione, secondo cui la velocità di lettura media di uno

59

spettatore è identificabile tra i 10 e i 12 caratteri al secondo. Per esempio, in Ivarsson (1992) e Ivarsson e Carroll (1998) troviamo alcune delle più approfondite analisi sui sottotitoli, tra le quali spiccano gli studi sulla velocità di lettura dell’occhio umano, identificata tra le 200 e le 300 parole al minuto31, con la possibilità – secondo gli autori – di velocità perfino maggiori. Allo stesso modo, in Diaz Cintas (2001; 2012) e Diaz Cintas e Remael (2007) viene riconosciuto come le convenzioni e le norme nell’ambito della sottotitolazione siano in una continua e rapida evoluzione, soprattutto grazie all’avvento di supporti video recenti e interattivi come il DVD o la TV digitale, nei quali sta sempre più frequentemente diventando la norma considerare la velocità di lettura media intorno alle 180 parole al minuto32. Se ne deduce quindi che l’occhio umano abbia capacità che vadano ben oltre quelle teorizzate inizialmente, sulle quali ci si è basati per la definizione dello standard dei 32 caratteri per riga stabilito con la “regola dei sei secondi”: è possibile così giungere alla conseguente convenzione secondo cui sono ammissibili per ogni riga del sottotitolo un massimo di 33-40 caratteri (Petillo, 2012; Perego, 2005), richiedendo al traduttore un adeguamento non solo della durata, ma anche della brevità nella formulazione del testo alle sempre nuove teorie sulle esigenze di tipo cognitivo.

2.2.2. Vincoli testuali o qualitativi

I vincoli qualitativi fanno innanzitutto riferimento alla leggibilità del testo, indubbiamente uno dei fattori fondamentali per la buona ricezione del sottotitolo da parte dello spettatore. Questa può essere ottenuta attraverso la scelta di un carattere chiaro e semplice da distinguere e grazie al posizionamento del sottotitolo su di uno sfondo il più scuro possibile, per facilitarne il contrasto con il carattere di colore bianco (Vitucci, 2016)33. Anche la segmentazione del testo è da sempre stata ritenuta fondamentale nella fruizione di un prodotto sottotitolato, con il presupposto che, se esistesse la possibilità di produrre un sottotitolo di una sola riga

31 Tra i 20 e i 30 caratteri al secondo.

32 Circa 15-17 caratteri al secondo

33 Esistono soluzioni che prevedono l’inserimento dei caratteri in un riquadro opaco (opaque

box), ma a questa modalità – che va a coprire gran parte dei dettagli dell’immagine a cui è sovraimpressa e che può risultare di maggior disturbo alla fruizione del film – viene oggi sempre più spesso preferita quella di editing del font utilizzato, andando a lavorare su bordi e ombreggiatura di questo per ricreare il contrasto con lo sfondo e rendere il sottotitolo meglio fruibile.

60

che condensi un unico concetto, questa soluzione sarebbe comunque da preferirsi. Tuttavia, non essendo questo sempre possibile, si è cercato di formulare delle strategie precise per la resa di un sottotitolo distribuito su due righe. Per molto tempo si è ad esempio ritenuto che per rendere il sottotitolo più facilmente fruibile fosse necessario che la segmentazione seguisse le regole base della sintassi e mantenesse intatti i principi di costituenza (Ivarsson e Carroll, 1998). Ciò significa che i gruppi sintattici funzionali all’interno delle frasi non andrebbero scompattati, ottenendo così un sottotitolo concluso anche dal punto di vista grammaticale e semantico (Vitucci, 2016). In realtà, sembra che il sottotitolo sia decodificato in modo efficace a prescindere dal fatto che questo sia stato correttamente o incorrettamente spezzato. La qualità dello spezzamento non appare dunque avere effetto alcuno sulla comprensione del film o sulla velocità di lettura degli spettatori, la cui attenzione nei confronti delle tracce audio e video non risulta essere minimamente disturbata o ostacolata: capiscono il contenuto del film, ricordano sia la traccia visiva che le parole dei sottotitoli, e non si trovano nella scomoda posizione di dover scegliere tra immagini e testo scritto (Y’dewalle e De Bruycker, 2007; Y’dewalle e Gielen, 1992; Perego et al., 2010).

Infine, sebbene la sottotitolazione non richieda una così rigida sincronizzazione come quella del doppiaggio, una temporizzazione (timing) accurata tra colonna sonora, contenuti del sottotitolo e immagini del film è tuttavia di cruciale importanza: permette di mantenere intatto l’equilibrio audiovisivo, favorendo la comprensione della storia vissuta dai protagonisti nella finzione filmica e consente di trasferire nell’originale il valore linguistico della lingua target (Perego, 2005). In mancanza di tale sincronia, il risultato sarebbe quello di creare confusione, andando a compromettere la corretta fruizione e comprensione del prodotto audiovisivo da parte dell’utente.