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I referendum in materia di variazioni territorial

GLI ISTITUTI DI PARTECIPAZIONE POPOLARE NEGLI E NTI L OCAL

2.2. I referendum in materia di variazioni territorial

Gli unici referendum lato sensu locali previsti nella Costituzione sono quelli relativi alle variazioni territoriali, disciplinati dagli artt. 132 e 133. Più precisamente, l'art. 132 fa espresso riferimento a consultazioni referendarie, mentre l'art. 133 richiede semplicemente che siano “sentite le popolazioni interessate” relativamente all'istituzione di nuovi Comuni.

Come noto, l'art. 132 disciplina, al primo comma, l'istituzione di nuove Regioni, mentre, al secondo comma, il distacco di Comuni e Province da una Regione ad altra. In entrambi i casi è richiesta – come condizione per la successiva adozione, rispettivamente, della legge costituzionale o della legge ordinaria dello Stato – l'approvazione dell'iniziativa di variazione territoriale mediante referendum.

In particolare, per l'istituzione di una nuova Regione o per la fusione di più Regioni preesistenti, a seguito della richiesta effettuata da “tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate” è necessario che la proposta “sia approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse”. Si tratta, nel caso de quo, di un referendum obbligatorio di tipo approvativo i cui effetti sono sicuramente vincolanti, ma con una portata diversa a seconda dell'esito (positivo o

negativo) della consultazione.

Infatti, mentre in caso di esito negativo la procedura si interrompe e non può quindi proseguire, in caso di esito positivo sarà comunque necessaria una legge Costituzionale (e la decisione finale, che deve quindi seguire l'iter previsto all'art. 138 Cost., dipende dalla volontà alle Camere e può anche essere rimessa all'intero popolo italiano).

Singoli Comuni o Province, possono poi richiedere, ai sensi del secondo comma dell'art. 132, il distacco dalla Regione di appartenenza per essere accorpati ad altra Regione. Anche in questo caso, il disposto costituzionale, nel testo oggi vigente, richiede che la proposta sia previamente sottoposta alla “approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante referendum”91.

Si tratta anche qui di un referendum obbligatorio avente effetti vincolanti, il cui esito positivo consente l'accesso alla successiva fase dell'approvazione della proposta (questa volta) con Legge della Repubblica (ordinaria, quindi).

L'art. 133, invece, prevede la consultazione delle popolazioni solo nell'ipotesi (disciplinata al secondo comma) dell'istituzione di nuovi Comuni o del mutamento della loro circoscrizione o denominazione, mentre non è previsto alcun coinvolgimento delle popolazioni per il mutamento di circoscrizioni provinciali o per l'istituzione di nuove province (disciplinata al primo comma) per cui si richiede, invece, che la legge statale segua un'iniziativa da parte dei Comuni interessati ed un parere della Regione.

L'istituzione di nuovi Comuni, che avviene mediante Legge regionale, necessita, come si anticipava, che siano previamente “sentite le popolazioni interessate92”. Nulla si dice, tuttavia, rispetto alle modalità con le quali

91 Ma l'inciso “approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante” è stato inserito dall'art. 9, L. cost. 11 ottobre 2001, n. 3.

92 Sulla problematica questione di quali siano le “popolazioni interessate”, la Corte costituzionale, dichiarando l'illegittimità dell’art. 10, comma 3, della legge della Regione Lombardia 7 settembre 1992, n. 28 (Norme sulle circoscrizioni comunali), con la sentenza n. 47 del 2003, ha precisato che “spetta alla legge regionale dare attuazione all’art. 133, secondo comma, della Costituzione, individuando le

debba avvenire tale consultazione, sebbene la forma del referendum, anche in analogia con i casi disciplinati all'art. 132 Cost., sembri la più plausibile.

Ad ogni modo la Costituzione non attribuisce, in questo caso, alcun effetto vincolante alla consultazione delle popolazioni, la quale assume invece il valore di un mero “parere obbligatorio”, non diverso da quello che deve essere richiesto, in tutti gli altri casi regolati dagli artt. 132 e 133, alle Regioni. La procedura, pertanto, potrà proseguire a prescindere dall'esito della consultazione popolare, sebbene ne conseguano comunque effetti giuridici e sia evidente il valore politico della stessa. In questo senso, sarà difficile che gli organi Regionali possano discostarsi da una consultazione popolare che sia stata fortemente partecipata e che abbia portato ad una “vittoria netta” di una delle alternative in gioco93.

popolazioni interessate alla variazione territoriale; [...] che, in linea di principio, anche le popolazioni della restante parte del Comune che subisce la decurtazione territoriale possono essere interessate alla variazione, così che il legislatore regionale, nello stabilire i criteri per individuare l’ambito della consultazione, non può escludere tali

ulteriori popolazioni se non sulla base di elementi idonei a fondare ragionevolmente una valutazione di insussistenza di un loro interesse qualificato in rapporto alla variazione territoriale proposta (sentenza n. 94 del 2000; e cfr. anche sentenza n. 433

del 1995)” (corsivo mio). Si possono, pertanto, individuare (almeno) due categorie di popolazioni interessate.

In primo luogo, quelle che sono “direttamente” interessate, in quanto il territorio su cui sono residenti andrà a formare un nuovo Comune o sarà trasferito ad altro Comune esistente: sul coinvolgimento di queste popolazioni nella consultazione sussiste in un un vero e proprio obbligo costituzionale. Il parere espresso da tali popolazioni assume comunque un significato differenziato e di maggior rilievo.

Vi sono poi le popolazioni che non sono “direttamente” o “immediatamente” interessate dalla variazione territoriale, ma che cionondimeno vivono in aree limitrofe o comunque all'interno del Comune che subirà la decurtazione territoriale. Per queste popolazioni, la legge regionale, potrà individuare le ipotesi in cui possano essere escluse dalla consultazione, che comunque dovrà essere valutata in concreto qualora si riscontri l'insussistenza di un loro “interesse qualificato”. Al di fuori di queste ipotesi, anche tali popolazioni dovranno comunque essere coinvolte nella consultazione. 93 Nel procedimento di approvazione della legge regionale istitutiva del nuovo Comune

(o di variazione circoscrizionale) dovrà comunque darsi atto della consultazione ed in particolare dovrà essere dato rilievo alla posizione espressa dalle popolazioni “direttamente” interessate. Nella sentenza n. 93 del 2000 (richiamata anche nella più recente sent. 47 del 2003) la Corte costituzionale ha rilevato che per le popolazioni

Tutte le consultazioni popolari appena descritte sono accomunate dall'avere un oggetto ben determinato: l'istituzione di nuovi enti territoriali o la modifica (delle circoscrizioni) di quelli esistenti.

Ognuno di tali referendum consente un'incisiva partecipazione del popolo – recte delle “popolazioni interessate” – rispetto ai procedimenti all'interno dei quali sono inserite: si tratta, infatti, di consultazioni sempre obbligatorie e che possono avere anche effetti vincolanti (nei casi di cui all'art. 132, primo e secondo comma, Cost.).

Cionondimeno, in virtù del loro particolare oggetto, non contribuiscono alla formazione dell'indirizzo politico degli enti di riferimento e non influiscono, quindi, sulle decisioni che attengono alla vita “ordinaria” della collettività. La loro ratio risiede, piuttosto, nell'intento di verificare la sussistenza di un legame tra una determinata popolazione ed un ente territoriale istituendo.

Più che la forma di governo, si potrebbe dire che questi referendum contribuiscano a caratterizzare la forma di Stato, in quanto attengono al rapporto tra cittadini e istituzioni, piuttosto che incidere su decisioni politiche. Ed infatti, l'esistenza di queste forme di consultazione garantisce un legame identitario e rappresentativo tra le popolazioni e gli enti territoriali, intesi come “esponenziali” dei loro interessi. La popolazione di un ente territoriale, dunque, non è considerata solo l'insieme di coloro che vi risiedono, in quanto singoli, bensì consiste in una “comunità94”.

“residenti nelle aree territoriali destinate a passare ad un Comune diverso da quello di cui attualmente fanno parte” sussiste un interesse circostanziato e particolarmente qualificato al punto che la loro posizione di popolazioni direttamente interessate “è tale che la volontà da esse espressa deve in ogni caso avere autonoma evidenza nel

procedimento, così che il legislatore regionale ne debba tenere conto quando adotta la propria finale determinazione, componendo nella propria conclusiva valutazione

discrezionale gli interessi sottesi alle valutazioni, eventualmente contrastanti, emersi nella consultazione”.

94 In tal senso, cfr. anche la costante giurisprudenza costituzionale che qualifica i comuni come “enti esponenziali” della collettività o della comunità locali (ex plurimis, Sentt. C.cost. nn. 27/2009, 520/2000, 141/1996, 103/1993) o che definisce gli “organi di governo delle comunità locali come organi rappresentativi degli interessi generali delle dette comunità viste nell'interezza della popolazione di cui si sostanziano” (C.cost. n. 97/1991).

In questo senso, è possibile inferire che, mentre questi referendum attengono alla possibile nascita di una comunità, tutti gli altri decidono su questioni rilevanti per il governo della comunità stessa.