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I riflessi sulla Corte come organo complessivamente inteso

2. Le conseguenze sul ruolo e sul funzionamento della Corte

2.2 I riflessi sulla Corte come organo complessivamente inteso

In Italia, come in altri ordinamenti, la discussione sull’opportunità o meno di adottare l’istituto del dissent è stata condizionata dal concreto atteggiarsi della forma di governo e dei rapporti tra le forze politiche in un determinato momento storico. Tra gli aspetti su cui l’opinione dissenziente andrebbe ad incidere, infatti, vi sono il tasso di politicità delle pronunce e il grado di legittimazione dell’organo nel sistema. Non pare casuale che tanto i favorevoli quanto i contrari all’introduzione dell’istituto, abbiano spesso fatto riferimento alla circostanza della (supposta) maturità o meno dei tempi per la sua adozione, evidenziando come la scelta dovesse tener conto del grado di inserimento della Corte nella dinamica dei rapporti tra gli organi di vertice e del nascente sentimento popolare nei confronti della giustizia costituzionale201. E fu proprio sulla base dell’inadeguatezza rispetto agli sviluppi della società politica italiana, che fu la stessa Corte, in passato, a respingere le proposte di introduzione del dissent. Venendo alla situazione attuale, sembrano doversi ritenere superate le preoccupazioni legate alla novità dell’organo, ai rischi di indebolimento dell’autorità delle pronunce o al pericolo di un appiattimento sulle posizioni politiche dei partiti. Eppure,

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Tra gli altri, A. M. Sandulli, Intervento in G. Maranini, La giustizia costituzionale, , Firenze, Vallecchi, 1966, 365; A. Sorrentino, Intervento, in AA. VV., la Corte costituzionale: interpretazione e difesa della Costituzione, in Rass. Parlam., 1969, 193 ss.

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come si è visto, il rischio della strumentalizzazione delle opinioni dissenzienti dei giudici costituzionali, da parte delle forze politiche, sembra rappresentare, ancor oggi, il deterrente principale all’adozione dell’istituto.

Un altro aspetto da approfondire riguarda le conseguenze che il dissent produrrebbe sulla deliberazione delle pronunce e, in particolare, sul concetto di unanimità. L’assoluta segretezza delle deliberazioni assunte in camera di consiglio, che ispira l’ordinamento italiano, genera un tipo di unanimità che può definirsi solo “apparente”; ciò perché, all’esterno, non è possibile distinguere i casi in cui la decisione sia stata approvata con il voto di tutti i membri, da quelli in cui, invece, sia stata approvata con il voto della maggioranza prescritta. Al contrario, nei sistemi in cui ai giudici è riconosciuta la facoltà di manifestare opinioni dissenzienti, laddove nessuno dei componenti del collegio si avvalga di tale facoltà, si avrà unanimità effettiva, “reale” e non meramente formale202. Si può affermare che un tipo di unanimità siffatta rafforzi la decisione di fronte all’opinione pubblica e conferisca un particolare rilievo alle pronunce adottate con il consenso di tutti i componenti del collegio.

Anche i tempi del procedimento decisorio potrebbero subire delle modifiche. La presenza del dissenso sembrerebbe venire in considerazione sia con riguardo al momento in cui si rende manifesta la volontà, da parte di uno o più giudici, di esprimere una opinione dissenziente o concorrente, sia in relazione ai ritmi di lavoro dell’organo. Per quanto concerne il primo punto, verrebbe a configurarsi una sfasatura temporale tra l’approvazione del dispositivo, da un alto, e la stesura e l’approvazione del testo completo del provvedimento, dall’altro. Una considerazione peculiare può farsi per le opinioni concorrenti, che, a differenza di quelle dissenzienti, potranno essere

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S. Panizza, L’introduzione dell’opinione dissenziente nel sistema di giustizia costituzionale, Giappichelli editore-Torino 1998, 243

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prospettate e formalizzate in una fase normalmente più avanzata del procedimento decisorio, successiva alla predisposizione, ad opera del giudice redattore, della bozza di motivazione. Per entrambe invece si pone il problema se stabilire o meno termini rigorosi e perentori per l’esercizio del dissenso da parte dei singoli componenti della Corte. Da un lato vi è, infatti, la necessità di evitare che il dissent ritardi in modo eccessivo l’emanazione della decisione, e di permettere agli altri componenti del collegio di conoscere per tempo le posizioni divergenti, ed eventualmente le argomentazioni a supporto. Dall’altro lato, vi è la consapevolezza del’inopportunità di imbrigliare oltre misura la volontà dei singoli giudici, e quella dell’importanza della ricerca della mediazione e del compromesso. Se si ritenesse di non affidarla al senso di responsabilità e di autodisciplina dei giudici, l’eventuale indicazione di un termine, non dovrebbe, comunque, assumere i caratteri della perentorietà, essendo più opportuna, al contrario, una formula elastica. Il sistema tedesco, ad esempio, adotta una soluzione per cui chiunque intenda consegnare un voto separato, ha l’obbligo di <<comunicarlo alla Sezione appena l’emendamento della discussione lo consente>>. Più rigorosa potrebbe invece risultare l’indicazione del termine entro cui l’opinione, dissenziente o concorrente, debba essere compiutamente formalizzata e presentata; anche in questo caso, tuttavia, sarebbe preferibile escludere il carattere perentorio, trattandosi pur sempre di situazioni che restano affidate, per loro natura, più alla sensibilità di ciascun membro del collegio203.

Con riguardo alle conseguenze che dalla presenza del dissent potrebbero derivare ai tempi dell’attività del Giudice costituzionale, è da considerare un certo appesantimento dell’impegno di ciascun componente e, conseguentemente, un presumibile rallentamento dei ritmi di lavoro

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S. Panizza, L’introduzione dell’opinione dissenziente nel sistema di giustizia costituzionale, Giappichelli editore-Torino 1998, 246

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dell’organo. Per questo si è parlato dell’opportunità di riconoscere al Giudice costituzionale una certa qual discrezionalità nel selezionare i casi da decidere. Posto che il dissent accentuerebbe la problematica, essa è percepibile a prescindere dal tema dell’opinione dissenziente; tanto che, all’esigenza di una selezione delle questioni, la Corte avrebbe già da tempo cominciato a dare una risposta, in via di fatto, soprattutto attraverso l’uso della motivazione. Si potrebbe comunque stabilire, traendo spunto dalla disciplina vigente per la Corte Suprema degli Stati Uniti, che solo nei casi più importanti possa giungersi ad una sentenza corredata dal complesso delle eventuali opinioni individuali, riservando agli altri casi <<una decisione per curiam, sommaria ed anonima>>204. In questa prospettiva, allorché si determinino applicazioni giurisprudenziali costanti in una data materia, la soluzione di affidare ad uno dei componenti della Corte il compito di ribadire, semplicemente, la posizione dell’organo – mediante, magari, una sorta di meccanismo di silenzio-assenso sulla bozza del provvedimento – poi trasfusa in un sommario documento (al limite) impersonale, consentirebbe un minore dispendio di energie, senza alcuna alterazione sostanziale degli attuali principi ispiratori del sistema, né delle regole concretamente invalse, e significherebbe, anzi, procedere alla formalizzazione di una prassi che già oggi è presente, ma spesso celata dietro lo schermo della collegialità205.

3. Le conseguenze sulla giurisprudenza costituzionale

La questione relativa all’introduzione dell’opinione dissenziente, oltre a coinvolgere le modalità di organizzazione e di funzionamento della

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A. Pizzorusso, Osservazioni sullo strumento normativo richiesto per l’introduzione del dissenso nelle motivazioni delle decisioni della Corte costituzionale, in A. Anzon, L’opinione dissenziente, cit., 58

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S. Panizza, L’introduzione dell’opinione dissenziente nel sistema di giustizia costituzionale, Giappichelli editore-Torino 1998, 248

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Corte, lo status di giudice costituzionale e, come si vedrà, alcuni aspetti della pronuncia, <<tocca la stessa concezione della giustizia costituzionale la quale, a sua volta, è funzione della concezione della costituzione come tale>>206. Se si parte dalla funzione principale della giustizia costituzionale, che è quella di preservare e garantire il rispetto della costituzione, al passo con la mutevolezza della realtà sociale, la scelta tra segretezza ovvero pubblicità delle posizioni dei giudici costituzionali, non è affatto irrilevante. Le opinioni dissenzienti, infatti, scalzano l’idea della univocità della Costituzione, introducendo un pluralismo di punti di vista ugualmente legittimi e presuppongono l’ammissione del mutamento giurisprudenziale come evento del tutto fisiologico nella vita della Costituzione. <<Se tutte le opinioni sono legittime, la Costituzione potrà sempre di nuovo essere interrogata di fronte ai casi della vita costituzionale>>207 e nessuna questione costituzionale potrà dirsi mai, definitivamente o “dogmaticamente” chiusa. La prospettazione di diverse soluzioni interpretative, offrirebbe utili elementi di riferimento per il progressivo adattamento dell’ordinamento costituzionale all’evoluzione della realtà sociale. Proprio nella sua capacità di esprimere la dialetticità del giudizio costituzionale, sembra potersi individuare il senso, forse più profondo, della presenza dell’istituto. Quanto più risulterà flessibile l’interpretazione del testo costituzionale, tanto più esso potrà rappresentare il punto di riferimento nel mutevole assetto dei rapporti sociali. Un’ impostazione siffatta, ovviamente, presuppone un’idea della costituzione come qualcosa di fisiologicamente destinato a svilupparsi e a inverarsi nel tempo. E allora, se si condivide una simile concezione della carta fondamentale e del conseguente ruolo del Giudice costituzionale, il dissenso non potrà che rappresentare uno strumento positivo, in grado di

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G. Zagrebelsky, Intervento, in A. Anzon, L’opinione dissenziente, cit. 156

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allontanare il pericolo di cristallizzazione della giurisprudenza costituzionale.