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2. Le conseguenze sul ruolo e sul funzionamento della Corte

3.2 La motivazione e il dispositivo

Tra gli elementi in grado di reagire sull’istituto dell’opinione dissenziente, quello che più degli altri ha condizionato il modo di intendere la pronuncia e insieme il rilievo da attribuirsi all’eventuale previsione dell’istituto, è la presenza della motivazione. Essa rappresenta la parte forse più significativa, almeno da un punto di vista logico, dell’atto emanato dal giudice ed è per questo che l’obbligo di motivazione, non meramente formale, assume un’importanza fondamentale. Nella prassi, invece, un problema che è dato riscontrare consiste proprio nell’esistenza di motivazioni insufficienti, incomplete e addirittura incoerenti. In questo contesto, l’opinione dissenziente è stata considerata, non unanimemente, un elemento in grado di migliorare, sul piano del percorso argomentativo, i caratteri della motivazione. La presenza dell’istituto costituirebbe, cioè, uno stimolo per la maggioranza ad impegnarsi nel rendere una motivazione il più possibile completa, sufficiente, lineare. Se è vero che il dissent può contribuire alla realizzazione di queste finalità, non tutte le sue utilizzazioni conducono necessariamente all’esito auspicato. Bisogna infatti tenere presente che fenomeni come quello delle plurality opinions potrebbero incidere solo negativamente sulla motivazione. Diffuso nel sistema nordamericano e in

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S. Panizza, L’introduzione dell’opinione dissenziente nel sistema di giustizia costituzionale, Giappichelli editore-Torino 1998, 257

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crescita anche in altri ordinamenti, il fenomeno consiste nel ricorso costante ed eccessivo all’opinione dissenziente e, ancor di più, a quella concorrente: ne risulta l’approvazione di una decisione, senza che essa sia condivisa, in realtà, dalla maggioranza dei componenti del collegio giudicante. Il frequente ed incontrollato ricorso alla facoltà di esprimere opinioni concorrenti, fino quasi a sfiorare la pratica delle seriatim

opinions, può condurre, quale estrema conseguenza, all’incapacità della

corte di esprimere con chiarezza la ratio decidenti e la stessa soluzione della controversia ad essa sottoposta. Il rischio che questo possa avvenire, richiederebbe, nella eventuale disciplina positiva dell’istituto, una specifica e puntuale regolamentazione della facoltà di esprimere opinioni concorrenti, escludendone l’esercizio allorché dalla loro formulazione derivi il venir meno del sostegno della maggioranza assoluta dei votanti ai motivi che accompagnano il dispositivo. Del resto, è necessario che anche la motivazione della sentenza o dell’ordinanza sia condivisa dalla maggioranza del collegio giudicante, soprattutto alla luce delle nuove categorie decisorie adottate dalla Corte costituzionale. Per le sentenze interpretative, ad esempio, la motivazione non rappresenta un mero sostegno logico al dispositivo, ma ne è parte integrante e la sua efficacia è <<totalmente collegata al grado di consenso ricevuto presso gli altri operatori giuridici>>210.

Con riguardo alla natura da riconoscere al ragionamento giuridico svolto dal giudice nella motivazione del provvedimento, che da sempre vede contrapposta la tesi descrittiva a quella giustificativa, l’opinione dissenziente pare doversi ritenere compatibile con entrambe. Da un lato, infatti, la presenza dell’istituto induce l’opinione della maggioranza ad un maggiore rigore giuridico, e l’iter logico da questa seguito potrà svilupparsi senza forzature e compromessi, attraverso un pieno svolgimento delle premesse accolte; dall’altro lato, proprio il fatto di

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rendere immediatamente più esplicita l’esistenza di una contrapposizione tra due o più differenti punti di vista potrà favorire l’irrigidimento sulle reciproche posizioni e insieme la ricerca, da parte di tutti, di argomenti prettamente persuasivi, in un’ottica, dunque, strettamente giustificativa. Il tema dei riflessi dell’opinione dissenziente sul dispositivo delle pronunce della Corte richiede una premessa che riguarda i diversi tipi di giudizio che possono istaurarsi dinanzi al Giudice costituzionale. Salvo l’attuale espressa esclusione della dissenting opinion per il giudizio d’accusa, non sembrano esserci ragioni particolari per limitare l’istituto ad alcune soltanto delle competenze della Corte; né per adottare l’istituto secondo un modello differente da quello che si potrebbe definire tipico, caratterizzato dalla piena conoscibilità delle opinioni, siano esse concorrenti o dissenzienti. Anche con riguardo alle forme che può assumere il provvedimento, sembra da escludere che le opinioni separate trovino applicazione nelle sentenze e non invece nelle ordinanze, o viceversa, senza quindi che rilevi, a tal fine, la distinzione tra le due forme. Né parrebbe fondata una distinzione tra questioni di merito e questioni processuali, potendosi ammettere in entrambi i casi la facoltà di manifestare opinioni dissenzienti. Con la differenza, però, che una

dissenting opinion su aspetti processuali <<potrebbe rischiare di essere

ripetuta, nella stessa forma e contenuto, per un numero rilevantissimo di occasioni ed a breve distanza di tempo o addirittura a proposito di diverse questioni affrontate e decise nella stessa camera di consiglio>>211; inoltre, l’insorgere di contrasti di questo tipo all’interno del collegio, potrebbe, al limite, suggerire l’opportunità di una puntuale positivizzazione degli aspetti controversi mediante apposite disposizioni regolamentari.

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R. Romboli, L’introduzione dell’opinione dissenziente nei giudizi costituzionali: strumento normativo, aspetti procedurali e ragioni di opportunità in A. Anzon. Cit., 84

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Per quanto riguarda i tipi di dispositivo, la manifestazione di opinioni dissenzienti e concorrenti ben potrebbe essere ammessa con riguardo a ciascuno, senza particolari riserve. Si tratti, dunque, di inammissibilità o di restituzione degli atti, di infondatezza semplice o interpretativa, di

accoglimento totale o parziale, semplice, interpretativo, o

consequenziale, ovvero di uno qualunque degli altri dispositivi, alcuni anche molto recenti, frutto dell’evoluzione della giurisprudenza costituzionale. La differente tipologia decisoria può invece rilevare con riguardo agli effetti che le opinioni dissenzienti o concorrenti sono in grado di produrre. Così, tendenzialmente, nelle ipotesi di decisione di accoglimento, sarà soprattutto il legislatore a ricavare dalle opinioni separate elementi per colmare le eventuali lacune che si siano prodotte, e in ogni caso per orientarsi nella sua successiva attività normativa in quel settore; nelle ipotesi di rigetto, saranno piuttosto i giudici ordinari a trarre indicazioni per la riproposizione della medesima o di analoghe questioni di costituzionalità; nella restituzione degli atti, il giudice a quo per primo potrebbe essere sollecitato a ripresentare la questione all’esame della Corte; nel caso di sentenze interpretative, siano esse di rigetto o di accoglimento, mentre le opinioni dissenzienti invocheranno una lettura opposta delle disposizioni impugnate, quelle concorrenti potranno restringere od allargare la portata dell’interpretazione adottata dalla maggioranza del collegio e analoga considerazione può farsi per le sentenze additive e manipolative. Naturalmente, gli effetti che le opinioni separate sortiranno, dipenderanno da vari altri fattori, non prevedibili a

priori, come la stessa efficacia della decisione e le ripercussioni legate al

tasso di politicità manifestato nella sentenza o nell’ordinanza.

Per concludere sul rapporto tra l’eventuale introduzione del dissent e le diverse tipologie decisorie, un’attenzione particolare meritano le decisioni di manifesta inammissibilità e di manifesta infondatezza. L’aggettivo che le accomuna, sembrerebbe suggerire una contraddizione

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tra il carattere, appunto, “manifesto” della decisione e la possibilità che uno o più componenti del collegio esprimano un’opinione concorrente o, addirittura, dissenziente. Eppure una conclusione del genere non è affatto scontata e valida per tutte le ipotesi che possono verificarsi. È certamente probabile che in questi casi la percentuale di opinioni separate possa essere fisiologicamente ben inferiore alla media, ma questo non vuol dire che debba essere, a priori, negata ai giudici la facoltà di esprimere le proprie posizioni. Il carattere manifesto della decisione esprime il punto di vista della Corte come organo, al quale le determinazioni sono imputabili, secondo regola generale, sulla base delle disposizioni che consentono di ritenere formata la volontà quando la maggioranza del collegio giudicante concorsi sul dispositivo e sulla motivazione di quella decisione. Pertanto, l’esistenza di eventuali opinioni dissenzienti o concorrenti non va ad alterare la natura manifesta che la Corte ha ritenuto di dovere assegnare all’inammissibilità o all’infondatezza riscontrata212.