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2.3 Alimentazione Fili SME

3.2.3 Ideazione dello Stampo

Il progetto di massima dello stampo per produrre provini con annegati all’interno fili shape memory è presentato in Figura 3.5.

Come si evince dall’immagine, lo stampo risulta essere completamente scomponibile: ogni parte costituente la struttura è semplicemente ottenuta tagliando un laminato o un foglio del materiale prescelto. Nella definizione della geometria definitiva, infatti, si è dato molto peso alla facilità realizzativa e di assemblaggio, con l’obiettivo di ridurre al minimo i piazzamenti sulle macchine utensili e, conseguentemente, i tempi realizzativi.

Figura 3.5: Idea di massima dello stampo per realizzazione provini in silicone o resina polibutadienica, con annegati fili SMA.

Per gestire un ampio range di disposizione fili all’interno del provino (al fine di manipolare diversamente la superficie), si sono proposte delle piastri- ne intercambiabili, forate in maniera differente secondo la necessità (feature azzurra in Figura 3.5). Tali piastrine sono tenute in battuta sullo spallamen- to (realizzato sovrapponendo due elementi a spessore differente) dalla spinta esercitata dal fluido presente nello stampo. Il materiale con cui verranno realizzate dovrà essere sufficientemente omogeneo da garantire una buona accuratezza dimensionale dei fori: se si vuole elevata curvatura, infatti, i fili devono distare il meno possibile dall’asse neutro; ogni errore di posiziona- mento potrebbe provocare un comportamento diverso da quello atteso, con conseguente spreco di risorse.

Qualora occorresse modificare la geometria del provino, restringendola o variandone la forma, è possibile usufruire di sagome interne (elemento rosso in Figura 3.5).

Sviluppo di un Attutatore a Memoria di Forma

La tecnologia ideale di produzione di tali componenti varia a seconda del materiale utilizzato per realizzare lo stampo e quello colato al suo interno. Nel caso in cui si scelga di operare con il silicone, esso presenta una viscosità particolarmente elevata, che ne rende difficoltosa l’estrusione. Con una pro- blematica del genere appare evidente come la messa in pressione del sistema aiuti ad ottenere una distribuzione più omogenea del polimero, evitando bol- le d’aria e vuoti. A tal proposito si renderebbe utile avere un negativo della sagoma introdotta nello stampo: la tecnologia ottimale sarebbe, dunque, un taglio waterjet o laser, che consentisse l’ottenimento di due componenti da una sola lavorazione (il piatto cavo e l’elemento interno). Viceversa, qualora si utilizzasse una resina polibutadienica, una fresatura del profilo basterebbe per assolvere la funzione: essendo liquida, la resina occuperebbe in maniera efficace tutta la superficie interna dello stampo, rendendo inutile l’utilizzo di un negativo (che sarebbe a perdere).

L’ideazione dello stampo, tuttavia, non può ritenersi conclusa, in quanto la scelta del materiale è fortemente condizionata dal fluido di lavoro.

Il silicone, stando a quanto riportato a catalogo, presenta un’ottima ade- sione sulla maggior parte dei materiali da costruzione: vetro, ceramica, ac- ciaio, alluminio, alcune materie plastiche e legno. Il problema in questione merita di essere indagato più approfonditamente; in particolare si rende utile la modellazione Su-Field dell’azione dannosa:

Figura 3.6: Modellazione Su-Field dell’azione dannosa che il silicone svolge sullo stampo.

Dalla teoria TRIZ è possibile ricorrere ad uno Standard Inventivo di classe 1.2 (eliminazione di azioni dannose) per risolvere la questione [13]; tra questi, due risultano essere pertinenti:

• Standard 1.2.1 : se azioni utili e dannose coesistono tra due sostanze e non vi è alcun motivo per mantenerle in diretto contatto, il problema è risolto introducendo una terza sostanza tra queste;

• Standard 1.2.2 : se azioni utili e dannose coesistono tra due sostanze e non vi è alcun motivo per mantenerle in diretto contatto, il problema è risolto introducendo una terza sostanza tra queste, che sia una modifica di una delle due.

(a)

(b)

Figura 3.7: Modellazione Su-Field delle soluzioni proposte con gli Standard 1.2.1 (a) e 1.2.2 (b).

Con il primo Standard si fa riferimento ad una terza sostanza, che eviti il contatto diretto tra il silicone e lo stampo a cui potrebbe attaccarsi irre- versibilmente: a questo proposito è possibile coprire le superfici interessate con uno spray distaccante, come ad esempio uno aerosol di PTFE (teflon), talco od olio (il catalogo fa riferimento a superfici di applicazione pulite ed asciutte, esenti da polvere ed unto).

Sviluppo di un Attutatore a Memoria di Forma

Con il secondo Standard, invece, la terza sostanza è una modifica del- le due interagenti: l’idea sarebbe quella di creare uno stampo in materiale distaccante, in maniera tale da prevenire a priori il problema.

Con i dati a disposizione e le idee appena proposte, si è deciso quindi di eseguire dei test su stampi di prova realizzati con materiali diversi, ovvero:

• legno;

• acciaio ed alluminio; • policarbonato.

Tali prove sono state eseguite solamente con la finalità di indagare più approfonditamente il fenomeno che ci si accinge a proporre. Si reputa per- tanto inutile un dimensionamento preciso delle forme e delle dimensioni degli stampi.

Stampo in Legno

Una delle possibili scelte sul materiale per definire lo stampo è ricaduta sul legno, per la facilità di lavorazione. Il problema di fondo nell’utilizzo di tale materiale riguarda l’accuratezza dimensionale ottenibile: essendo un composto non omogeneo, ricco di venature e nodi, vi è il forte rischio che i fori per l’inserimento dei fili a memoria di forma risultino non ben posi- zionati, sfociando in un comportamento differente da quello atteso. Questo comporterebbe un inutile spreco di risorse, quali fili e matrice.

Per i test, lo stampo è stato coperto con un film distaccante di teflon e, nella prova successiva, con talco. In entrambi i casi, il legno si è dimostrato essere il migliore per quanto concerne la polimerizzazione del silicone: trat- tandosi di un materiale “vivo”, esso permette una maggior traspirazione con l’aria esterna e l’assorbimento dell’umidità necessaria. Tutto questo si tradu- ce in un indurimento completo dello stampato in tempi abbastanza contenuti, approssimativamente una settimana per un centimetro di spessore.

Stampo in Altri Materiali

Per eseguire i test, sono stati costruiti altri due stampi: uno in acciaio e alluminio ed uno in policarbonato. Come per il legno, si sono eseguite due prove per stampo, rispettivamente con aerosol di PTFE e talco. La scelta di variare lo stampo mira a studiare il problema evidenziato in precedenza circa la precisione di realizzazione fori.

I risultati, per quanto concerne il silicone, sono stati particolarmente de- ludenti: il tempo di polimerizzazione si è rivelato essere inaccettabile (oltre

Figura 3.8: Stampi di prova realizzati in legno, acciaio ed alluminio, policarbonato.

le due settimane) e, spesso, il cuore centrale rimaneva fluido, come anche parte del provino a contatto con il fondo dello stampo (dove minore era il contatto con l’aria).