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3.3 Soluzione B:

3.3.2 Modifica della Struttura Portante

Per aumentare le performance dell’attuatore progettato, si è deciso, in prima battuta, di sacrificare la rigidezza strutturale, diminuendo l’inerzia flessionale della sezione. Il sistema originale, costituito da quattro fili supe- relastici, è stato sostituito da uno molto più semplice: un solo asse centrale, di diametro 2 mm.

Figura 3.27: Modello digitale del secondo concept di attuatore a memoria di forma.

L’idea è di sfruttare la rigidezza flessionale del sistema e l’inerzia aggiun- tiva dei fili shape memory per garantire una corretta posizione di equilibrio orizzontale.

Per far questo, i fili attivi sono stati posizionati intorno quello centrale, ai vertici di un quadrato. Analogamente al caso precedente, il sistema è stato dotato di una serie di fori per permettere il distanziamento dall’asse neutro, onde aumentare la forza massima raggiungibile. Il nuovo prototipo assumerà le sembianze del modello in Figura 3.27.

La lunghezza del provino è rimasta invariata (150 mm), ma la minore rigidezza consente sicuramente ampiezze di moto maggiori. In aggiunta, è possibile anche un moto in diagonale del sistema, azionando semplicemente il filo a memoria di forma posizionato al vertice del quadrato. I precedenti movimenti, invece, sono resi possibili dall’azione simultanea dei fili collineari.

Figura 3.28: Sezione delle piastrine del nuovo attuatore a memoria di forma.

Il nuovo layout è stato testato a flessione, con una prova del tutto analoga a quella già svolta in precedenza sul primo provino.

Dal grafico di Figura 3.29, appare chiaro come la nuova idea sia meno rigida della precedente.

A questo punto, da un equilibrio dei momenti, è ancora una volta possibile stabilire la forza necessaria a flettere la struttura e, conseguentemente, il diametro di filo SME più adatto. Poiché il braccio minimo di leva è di 3 mm e vi sono due fili che lavorano in parallelo, la forza richiesta in questo nuovo concept è di 30 N: nuovamente, un diametro di 0,3 mm risulta essere la scelta più adatta.

All’atto della realizzazione pratica della struttura completa, tuttavia, il tensionamento corretto dei fili a memoria di forma è apparso particolarmen- te difficoltoso: trattandosi di una struttura meno stabile della precedente, qualora i fili presentassero una disparità a livello di tensione, l’asse centra- le risulterebbe flesso, con conseguente alterazione del moto risultante. Per evitare una simile problematica è stato previsto un sistema basato sulla con- trospinta di molle a compressione, realizzato sul fondo del provino: tutti i fili

Sviluppo di un Attutatore a Memoria di Forma

Figura 3.29: Prova al dinamometro della struttura ad un filo superelastico e confronto con la versione a quattro fili.

sono inizialmente montati con un leggero gioco (dell’ordine dei 3 mm); avvi- tando poi il dado corrispondente su di una vite, il filo viene progressivamente tensionato, grazie allo spostamento di una piastra di battuta aggiuntiva. In questo modo è possibile un maggior controllo sulla struttura risultante. Il modello definitivo è quello riportato in Figura 3.30.

Figura 3.30: Modello reale del secondo provino di attuatore, con sistema di tensionamento.

Ottenuto un provino regolabile con un certo grado di precisione, si è deciso di intraprendere un percorso di test analogo a quanto visto per la versione precedente. La piastrina munita del sistema di tensionamento fili è stata vincolata rigidamente ad una morsa, quindi, all’estremo opposto, sono stati

posizionati pesi crescenti con un passo di 15 grammi. Mediante un sistema di misura basato su di una scala graduata, è stato possibile ricavare la freccia statica conseguente all’applicazione del carico e quella residua all’attivazione degli SMA, a cinque posizioni differenti dall’asse neutro (da 3 mm a 15 mm con passo di 3 mm).

Figura 3.31: Layout della prova a pesi crescenti.

Figura 3.32: Freccia statica di un provino di lunghezza 150 mm con struttura ad un solo superelastico centrale, caricato a pesi crescenti, a cinque distanze (d) dall’asse neutro.

Sviluppo di un Attutatore a Memoria di Forma

Figura 3.33: Corse risultanti dall’attivazione dei fili a memoria di forma di un pro- vino di lunghezza 150 mm con struttura ad un solo superelastico centrale, caricato a pesi crescenti, a cinque distanze (d) dall’asse neutro.

Figura 3.34: Corse massime ottenute da un provino di lunghezza 150 mm con struttura ad un solo superelastico centrale, a cinque distanze (d) dall’asse neutro.

Dai grafici emerge un fenomeno alquanto strano: dopo una prima fase in cui il sistema risponde in maniera analoga alla prima versione di attuatore, si nota un crollo della freccia statica e un aumento relativo alle corse. Se a questo si aggiunge il fatto che il sistema, scaricato, non torni alla confi- gurazione iniziale di corsa nulla, la causa del problema risulta evidente: il carico applicato è stato eccessivo per la lega Nichel-Titanio, che ha iniziato a snervare. In questo modo ad una componente di deformazione elastica se ne è aggiunta una plastica che, tuttavia, viene recuperata attivando il filo.

✏tot = ✏el+ ✏pl (3.5)

Dalle equazioni di equilibrio ai momenti (viste nel Paragrafo 3.3), im- ponendo un carico assiale massimo di lavoro di 250 MPa (suggerito dal costruttore) è possibile ricavare i pesi imponibili in ogni configurazione.

Plim = lim· Af iloSM A· d

g· L (3.6)

Peso Applicato [g] Peso Limite [g]

P1 (d = 3 mm) 60 36

P2 (d = 6 mm) 180 72

P3 (d = 9 mm) 315 108

P4 (d = 12 mm) 555 144

P5 (d = 15 mm) 600 180

Tabella 3.4: Massimi pesi sollevati dall’attuatore e i relativi limiti di lavoro.

La serie di prove appena svolte ha evidenziato altre due problematiche, non emerse in precedenza, che andranno tuttavia formalizzate e risolte prima della realizzazione del sistema finale.

La prima di queste riguarda l’effetto lama calda che il filo svolgerebbe nei confronti della piastrina in policarbonato. Seppure quest’ultimo abbia una temperatura di transizione vetrosa particolarmente elevata (Tglass = 150 °C),

il filo al Nichel-Titanio è in grado di creare dei piccoli solchi in corrispondenza del foro entro cui è alloggiato; ovviamente l’effetto è apparso amplificato dall’aggiunta di pesi a gravare sul sistema.

Il problema, formalizzato in Figura 3.35, è stato ancora una volta risolto con il principio di separazione nello spazio, conseguente all’aggiunta di una nuova sostanza: un tondino in ottone del diametro esterno di 2 mm è stato forzato entro i fori di alloggiamento fili, con l’obiettivo di distribuire meglio il calore generato per effetto Joule, evitandone la concentrazione in un solo punto.

Sviluppo di un Attutatore a Memoria di Forma

(a)

(b)

Figura 3.35: Azione dannosa del filo azionato sulla piastrina in policarbonato (a) e possibile soluzione (b).

La seconda problematica è inerente all’incollaggio del filo superelastico alla piastrina estrema: questo sistema di vincolo, seppur si sia rivelato essere sufficiente nel primo provino, non lo è in questo nuovo modello.

La causa è da ricercarsi nella conformazione geometrica dei due attuatori: nel sistema con quattro fili superelastici, la struttura appariva essere più stabile, grazie all’inerzia maggiore; nel secondo caso, invece, il filo singolo permettere maggiori deformazioni. È sufficiente uno squilibrio nel moto dei fili attivi per creare una componente di torsione tale da vincere la resistenza dell’incollaggio.

A questo proposito si è pensato di risolvere il problema sfruttando l’attrito e la geometria dei morsetti elettrici già utilizzati per vincolare i fili.

L’attrito, che la vite genera sul filo, impedisce lo scorrimento assiale del superelastico; realizzando poi un foro ad hoc sulla piastrina, è possibile sfrut- tare lo spallamento ottenuto per impedire qualsivoglia forma di rotazione

torsionale della sezione. In questo modo si è riusciti a superare il problema dell’incollaggio fili.

Figura 3.36: Sezione modificata per l’inserimento del morsetto elettrico come sistema di bloccaggio.

Un ulteriore miglioramento a livello di bloccaggio può essere fatto sui fili shape memory: questi ultimi, soprattutto se di diametro ridotto, tendo- no a sfuggire dai mammut elettrici, perdendo la tensione meccanica impo- sta. Il motivo risiede nella geometria, ma anche nella forza generata all’atto dell’accorciamento (tale da vincere l’attrito).

Per questo motivo si è deciso di crimpare le estremità di filo uscenti dagli stessi morsetti, mediante la compressione di una sezione del tondino cavo di ottone già utilizzato precedentemente. Un tale accorgimento evita del tutto il problema appena esposto per due motivi principali:

• si adatta anche a diametri ridotti;

• qualora il filo vincesse l’attrito del morsetto, il crimp va in battuta sul stesso, evitando un’ulteriore perdita di tensione meccanica.

Riassumendo tutti i dati raccolti su questa seconda versione di attuatore a memoria di forma, è possibile stilare una nuova tabella delle performance raggiungibili (Tabella 3.5).

Come si evince dai valori di corsa, il nuovo modello consente escursioni anche doppie rispetto al precedente, a discapito, tuttavia, di una miglior stabilità strutturale. Ad ogni modo, la struttura consente l’ottenimento di forze di picco anche più elevate; la causa, probabilmente, è da ricercarsi nel fenomeno di instabilità di primo modo che avviene nella prima versione: la perdita improvvisa di resistenza provoca, come conseguenza, una diminuzione della forza utile.

Sviluppo di un Attutatore a Memoria di Forma

Provino Attuatore 2 Fili superelastici 1, centrale Diametro fili superelastici [mm] 2 Interasse fili superelastici [mm] -

Fili SME 4, ai vertici di un quadrato Diametro fili SME [mm] 0,3

Distanze dall’asse neutro [mm] 3 - 6 - 9 - 12 - 15

Corsa massima [mm] 60

Forza massima erogabile [N] circa 6

Tabella 3.5: Dati relativi al secondo provino di attuatore a memoria di forma.