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2.3 Alimentazione Fili SME

2.3.1 MosFet e PWM

I kit per l’alimentazione citati sono equipaggiati con un MosFet IRF520 (Appendice C per il datasheet), in grado di applicare correnti elevate ad un carico, utilizzando un transistor ad alta potenza; a differenza di un relay meccanico, esso consente uno swich ad alta velocità per utilizzo in PWM (Pulse Width Modulation).

Il PWM è una tecnica per ottenere risultati analogici con mezzi digitali: il controllo digitale è utilizzato per creare un’onda quadra, ovvero un segnale alternato tra acceso e spento. Questo pattern può simulare un qualsiasi voltaggio tra 0 e il massimo applicato, semplicemente variando la quantità di tempo che il segnale passa allo stato accesso piuttosto che spento: tale durata è definita “Ampiezza d’Impulso” (Pulse Width), ed è l’inverso della frequenza di PWM. In Arduino, la frequenza è di circa 500 Hz, ovvero la massima durata d’impulso è di 2 ms.

Figura 2.14: Modulo MosFet TinkerKit per Arduino UNO.

Come si può intuire dal grafico riportato in Figura 2.15, con un duty cycle pari a 0%, la potenza trasferita è nulla, mentre al 100% essa corrisponde al massimo valore trasferito nel caso non vi fosse il circuito di modulazione. Ogni valore intermedio determina una corrispondente fornitura di potenza: questa viene impostata fornendo un valore analogico da 0 (0%) a 1023 (100%) al MosFet tramite Arduino.

Con questo espediente è possibile alimentare i fili SMA in maniera non continua, ma con impulsi ad una frequenza di 500 Hz, e a tutti voltaggi desiderati: è ammissibile quindi un controllo della transizione di fase sem- plicemente modificando la tensione d’alimentazione per mezzo di un valore analogico.

Caratterizzazione Fili SMA

2.4 Conclusioni

In questo capitolo si è proposta una caratterizzazione dei fili a memoria di forma disponibili in laboratorio, evidenziando alcune loro caratteristiche fondamentali. Tra queste meritano di essere ricordate la forte dipendenza dalla temperatura dell’ambiente in cui essi sono utilizzati e l’isteresi propria della transizione di fase. Tale transizione è stata indotta per effetto Jou- le; a questo proposito è bene ricordare anche il suggerimento, da parte del costruttore, di correnti massime che evitino un surriscaldamento ed una con- seguente smemorizzazione: per questo motivo è opportuno alimentare i fili shape memory con impulsi ad alta frequenza.

I risultati qui proposti sono da ritenersi puramente indicativi di un com- portamento generale: per avere una validità occorrerebbe una campagna più approfondita a diverse temperature, che prevedesse anche l’impiego di una macchina di prova opportuna. Tuttavia non era questo l’intento primo della caratterizzazione ivi presentata.

Per minimizzare gli effetti esterni e per garantire una ripetibilità sugli impulsi di carico, si rende infatti necessario collegare i fili ad un circuito di controllo e modulazione. In questo caso, la scheda Arduino ha rappresentato una comoda alternativa ai sistemi più complessi, grazie alla semplicità di utilizzo e alla disponibilità di kit dedicati all’alimentazione di carichi in alta tensione (moduli MosFet).

In ultima analisi, si è evidenziato come, variando i diametri, sia possibile raggiungere un ampio range di forze imponibili; questo, tuttavia, si riflette in un peggioramento dei tempi di attuazione, dovuto alla maggiore inerzia termica.

Quello che appare ora interessante è definire un layout di attuatore, ca- pace di sfruttare, a diversi stadi, la contrazione dei fili a memoria di forma, onde raggiungere forme e ampiezze di movimento differenti.

Capitolo 3

Sviluppo di un Attutatore a

Memoria di Forma

A differenza dei tradizionali attuatori, i fili a memoria di forma hanno un vantaggio particolarmente notevole, ovvero la loro possibilità d’integrazione all’interno di strutture, in maniera quasi del tutto non invasiva. A parità di forza erogabile, infatti, i materiali shape memory occupano un volume nettamente inferiore, grazie all’elevata densità di energia per unità di peso.

Quello che appare interessante, a questo punto, è definire la configura- zione ideale di un attuatore che sia un tutt’uno con la struttura stessa da movimentare. Com’è risultato evidente dal Capitolo 2, vi è una forte tenden- za nell’evitare l’aggiunta di sistemi di richiamo esterni, quali molle o altro, a favore di strutture più semplici ed integrate. Il punto di partenza, dunque, sarà quello di sfruttare la rigidezza intrinseca del sistema per consentire il ritorno del materiale nella configurazione originale. Tale rigidezza potrà fa- cilmente essere vinta scegliendo opportunamente il diametro del filo: tanto maggiore sarà la forza richiesta, più aumenterà la sezione, con conseguenti peggioramenti riguardo lo scambio termico e la velocità di attuazione.

In questo capitolo verranno presentate due possibili soluzioni: la prima ve- de la realizzazione di un composito rinforzato con fili SMA, capace di attuare e, conseguentemente, modificare una forma; la seconda, l’ideazione e concre- tizzazione di un attuatore che sfrutti sempre la tecnologia d’interesse per conferire una manipolazione di geometria. Quest’ultima sarà l’opzione scelta per lo sviluppo concettuale del prototipo definitivo di struttura a geometria variabile, che verrà discussa nel prossimo capitolo. In entrambi i casi saran- no mostrati criticamente pregi e difetti delle soluzioni affrontate, proponendo anche ipotesi migliorative che andranno indagate più approfonditamente in futuro.

3.1 Concetti di Base

In questa sezione, saranno presentati i concetti fondamentali per l’idea- zione di un attuatore basato sulla tecnologia dei fili memoria di forma, ovvero la sua funzione utile e la disposizione dei fili nella sezione per sfruttarne a pieno le proprietà.

3.1.1 Funzione Utile

L’obiettivo di questo capitolo è giungere alla definizione di un attuatore che sia in grado, attraverso l’alimentazione di fili a memoria di forma, di mo- dificare la propria geometria. Per far questo, può venire utile la modellazione Substance-Field (Su-Field) [13][14] del processo ideale:

Figura 3.1: Modellazione Su-Field dell’attuazione mediante fili SMA.

Partendo da questo schema, è possibile stabilire il ruolo funzionale degli attori in gioco:

• Tool: filo SMA;

• Object: struttura a geometria variabile;

• Main Useful Function (MUF): manipolare una forma; • Product: struttura deformata.

Con queste informazioni è ora possibile costruire il minimo sistema tecnico [14] necessario all’ottenimento della funzione desiderata.

Ovviamente il sistema non può prescindere da una logica di controllo che fornisca, ai fili SMA, la corrente (o tensione) necessaria a raggiungere la posizione desiderata.

Sviluppo di un Attutatore a Memoria di Forma

Figura 3.2: Minimo Sistema Tecnico per l’attuatore SMA.

3.1.2 Disposizione dei Fili SMA

Distanza dall’Asse Neutro

Un altro concetto fondamentale riguarda la disposizione dei fili nella strut- tura: quando si pensa alla modifica di una superficie, una delle prime idee che passano per la mente è l’imposizione di una curvatura differente alla stessa. A tal proposito, torna utile la teoria sulla curvatura conseguente all’ap- plicazione di un momento flettente ad un profilo.

Figura 3.3: Schema di curvatura conseguente all’applicazione di un momento flettente su di un profilo continuo.

Nello schema di Figura 3.3, la lunghezza della fibra indeformata è definita dalla relazione 3.1:

l0 = dx = ds = ⇢d✓ (3.1)

mentre quella della fibra contratta:

lf = (⇢ y)d✓ (3.2)

dove y rappresenta la distanza dall’asse neutro.

La deformazione assiale conseguente è esprimibile in funzione della cur- vatura, secondo l’equazione 3.3:

✏x = lf l0 l0 = y ⇢ = y (3.3) con la curvatura.

Come appare evidente dal risultato proposto, qualora si volesse aumentare la curvatura, la distanza della fibra deformata dall’asse neutro della sezione dovrebbe essere la minore possibile.

Questa trattazione è valida per le fibre di un materiale, ma il concetto risultante è estendibile ad altre casistiche. Giacché i fili shape memory su- biscono un accorciamento all’atto della transizione di fase, esso può essere visto come una deformazione proporzionale alla lunghezza iniziale (proprio secondo la definizione di deformazione nominale). Nel caso dei fili a memoria di forma disponibili, tale deformazione è sempre negativa (per come è stato memorizzato e, ovviamente, per questioni geometriche), ed assume un valore massimo noto (all’incirca 5%). Per aumentarne il modulo è dunque necessa- rio incrementare la lunghezza del filo di partenza: questo, per quanto visto, si traduce in un incremento della corsa utile e, quindi, della curvatura.

Quanto appena esposto, tuttavia, è in contrapposizione con il concetto di forza: diminuire la distanza dall’asse neutro, infatti, provoca una riduzione della percentuale di forza, generata dall’attuazione del filo, che la struttura è in grado di sfruttare per vincere un carico esterno. Il tutto si basa banalmente sul braccio di leva che il filo avrebbe rispetto all’asse.

Disposizione Antagonista

Un’importante considerazione da farsi, riguarda la disposizione antagoni- sta dei fili: qualora si volesse una condizione di equilibrio statico orizzontale di una struttura e, contemporaneamente, la possibilità di attuarla in due versi opposti lungo una stessa direzione, l’idea più semplice è di utilizzare due fili SMA posti simmetricamente rispetto all’asse neutro della stessa.

Il concetto è stato testato su una lamina di plexiglass; i fili a memoria di forma sono stati vincolati ad essere solidali alla struttura stessa, pre- vio incollaggio mediante silicone per alte temperature, come mostrato in Figura 3.4.

Il risultato è stato scoraggiante: come si nota dall’immagine 3.4(b), l’am- piezza di moto appare notevolmente ridotta rispetto al caso in cui un solo

Sviluppo di un Attutatore a Memoria di Forma

(a)

(b)

Figura 3.4: Comparazione di ampiezze di moto di lamina in plexiglass azionata con filo singolo (a) e con due fili antagonisti simmetrici (b).

filo sia vincolato alla piastra. Il motivo risiede proprio nella configurazione geometrica scelta: quando una fibra si accorcia, la simmetrica deve subire una trazione; trattandosi di fili metallici, la forza esercitata da quello in con- trazione non è sufficiente a deformare la struttura e, parallelamente, il suo antagonista.

I concetti sin qui esposti sono di basilare importanza per lo sviluppo del concept definitivo di un attuatore, che sarà proposto a seguire. In particolare, la scelta della disposizione fili riveste un ruolo centrale nell’ideazione, giacché da questo dipendono le performance finali del dispositivo ideato.

3.2 Soluzione A:

Superficie Manipolabile

La prima strada percorsa è stata quella di integrare direttamente fili a me- moria di forma all’interno di una superficie manipolabile, rifacendosi all’idea proposta nel brevetto della Lockheed [30].

Il materiale di cui è composta tale superficie deve, tuttavia, possedere del- le caratteristiche particolari, che lo rendano adatto allo scopo. In particolare, esso dovrebbe essere:

• elettricamente isolante, per evitare di disperdere la corrente di alimen- tazione;

• termicamente conduttore, per asportare rapidamente calore dal filo in fase di raffreddamento e recupero;

• resistente alle alte temperature, in maniera tale da non subire rammol- limento o fusione durante il riscaldamento dei fili;

• deformabile, per assecondare la contrazione del filo e ritornare alla configurazione iniziale indeformata;

• adesivo, per inglobare i fili al proprio interno.

In prima analisi, si è dato molto peso alla facilità di realizzazione: da una ricerca, svolta presso i principali produttori di materiali polimerici e plastiche presenti alla fiera Mecspe 2013 di Parma, molti materiali sarebbero idonei per quanto concerne le proprietà ricercate; tuttavia la loro produzione non può prescindere dall’impiego di macchinari appositi per la pressofusione o l’iniezione a caldo. La scelta è perciò ricaduta su due materiali facilmente manipolabili, ovvero il silicone e la resina polibutadienica. In entrambi i casi si rende necessaria la costruzione di stampi dedicati, che permettano l’inserimento dei fili a memoria di forma in una fase antecedente a quella di colata.