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Identità fluttuante e doppio

Nel documento MATTHEW BARNEY E IL CINEMA (pagine 191-194)

I personaggi che affollano gli universi barneyani e lynchiani sono caratterizzati da un‟identità incerta, mutevole, fluttuante, in Barney, ad esempio, nel corso del ciclo

Cremaster un personaggio diventa più personaggi.

22 M. Chion, David Lynch, Torino, Lindau, 2000, pg.133

23 M. Artibani, Il cinema del multiple self. Lynch-Cronenberg. Mulholland Drive-La promessa dell’assassino, Bologna, InEdition, 2009, pg.7

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In Lynch, come abbiamo visto, si insiste molto sul tema del doppio. Ed infatti: “di una cifra, quella lynchiana, appunto, da decifrare: o destinata a rivelarsi indecifrabile proprio attraverso la straniante cinetica di una realtà che si sdoppia nella sequenza delle immagini,

lungo la linea d‟ombra tra materiale e immateriale, veglia e sonno, corpo e fantasma” 24

. Flusso delle immagini come pratica di sdoppiamento e di svelamento della caratteristica più profonda della poetica di Lynch, il quale si muove in un limbo, come Artibani molto giustamente evidenzia, in un misterioso punto di convergenza, in uno spazio segreto dell‟immagine, dove il materiale e l‟immateriale si ibridano: Barney fa qualcosa di diverso, poiché il videoartista americano corporeizza l’incorporeo e l’immateriale, in Barney tutto passa attraverso il corpo, tutto si fa corpo, che in questo modo assurge anche a simbolo assoluto dell‟universo barneyano e della possibilità di moltiplicazione dei mondi.

Il filosofo Giacomo Marramao, nella introduzione al libro da me sopra citato, dice una cosa molto interessante che svela il sostrato filosofico del cinema di Lynch (e di riflesso anche della videoarte di Barney).

Marramao scrive: “ci troviamo, dunque, al cospetto di uno dei motivi conduttori della riflessione contemporanea, costituito dalla presa d‟atto, non solo nella filosofia, ma anche nella scienza e nella letteratura, nelle arti figurative e nel cinema, della dissoluzione dello statuto sostanzialistico del Sé, e della conseguente riscoperta della radicale contingenza inerente alla doppia natura relazionale dell‟identità: ogni identità si costituisce tramite una relazione interna fra l‟io presente e l‟io passato, fra la percezione e la memoria, e tramite una relazione esterna fra il Sé e l‟altro” 25

.

Sia in Barney che in Lynch la statuto del Sé è venuto meno, l‟identità umana si sfalda, ma mentre Lynch è, in qualche modo, il cantore di tale disorientamento, Barney ne è il prodotto oggettivo ma non soggettivo, prende atto della situazione e crea, conseguentemente, un esistenza polimorfa ed alternativa a quella comune e quotidiana. Quindi, una rifrazione dell‟identità umana, un irruzione dell‟identità polimorfa, sdoppiata, fluttuante.

Un‟identità plurale, come Marramao giustamente sottolinea, sempre nella sua introduzione: “una volta congedate le tradizionali vedute „essenzialistiche‟, una tale costituzione perderà ogni sembianza unitaria e omogenea, per apparire, nella sua intrinseca pluralità, inesorabilmente fragile e precaria: „l‟idea che la persona individuale possa essere considerata, o sia effettivamente un insieme di io sottoindividuali relativamente autonomi

24 Ibid.

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ha una lunga storia‟. Con questa affermazione Jon Elster introduceva, oltre un ventennio fa, una raccolta di saggi dal titolo tanto programmatico quanto provocatorio: The multiple

self” 26.

Jon Elster è un filosofo norvegese. Il Sé plurale, l‟Io polimorfo batte la strada al concetto di

unheimlich (perturbante), concetto da me già approfondito trattando dei rapporti fra Barney

e il film Shining di Kubrick. Quindi Barney e Lynch, con la loro opera, polverizzano l‟identità umana, pluralizzandola: in Lynch tale prassi artistica si muove all‟interno di spazi onirici e surreali, e comunque mentali, in Barney si fa corpo. Il carattere utopico, da me ripetutamente messo in luce, di Barney, è assente dall‟opera di Lynch, opera venata di pessimismo, tra l‟altro i film di Lynch sono famosi per i loro finali ambigui ed enigmatici. Comunque, ho accennato alla pluralizzazione del Sé come battistrada all‟inconscio ed al perturbante, questo punto lo segnala bene anche Marramao, il quale scrive: “la scena influente della scomposizione e della pluralità costitutiva del Sé continua a persistere anche una volta che il teatro della mente di Hume si è trasformato, grazie alla Traumdeutung freudiana, nel teatro dell‟inconscio, aprendo definitivamente il varco a quella duplicazione straniante dell‟identità che troverà poi espressione nella categoria di Unheimlich: dove l‟estraneità è coinvolta in un plesso indistricabile a ciò che si presenta a prima vista più intimo e “familiare” (heim)” 27

.

Videoarte di Barney e cinema di Lynch come spazio dell‟inconscio, come gran palcoscenico dell‟inconscio, come libero flusso di immagini svincolate da qualsiasi coerenza narrativa. Ribellione al concetto stesso di narratività, visto come gerarchico principio razionale ed autoritario, estroflessione dell’Es e dell’inconscio.

David Lynch appartiene sicuramente alla schiera degli artisti ribelli, egli è un artista istintivamente eversivo.

Comunque la citata Traumdeutung freudiana non è altro che l‟interpretazione dei sogni. Lynch fa pratica di sdoppiamento per rendere straniante ciò che a prima vista sembra familiare (proprio in questo risiede il carattere perturbante delle sue opere). Il perturbante, se vogliamo, è una forma di manipolazione dell’identità, in campo artistico si può configurare anche come rielaborazione a-logica dell‟identità e degli equilibri quotidiani e familiari.

In Lynch proprio la dimensione familiare svela il suo carattere più cupo, minaccioso e violento. La pluralizzazione del Sé e dell‟identità come processo di saldatura degli opposti,

26 Ibid.

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come processo di saldatura di materiale ed immateriale, ad esempio. Sempre Marramao scrive proprio a tale proposito: “l‟identità è sempre una formula insatura: una serie non lineare e un tabulato a entrature multiple, intessuto di intrecci e scomposizioni, sdoppiamenti e transiti incessanti. Lungo la barriera di contatto tra materiale e immateriale, corpo e fantasma, realtà e sogno” 28

.

Barney, da parte sua, materializza l’immateriale, e corporeizza la dimensione

fantasmatica, proprio in questo modo salda le polarità opposte, tramite la matericità del

corpo: il corpo come supremo strumento (e luogo) di sintesi degli opposti.

Quindi, tema del doppio (Lynch) o sdoppiamento “figurativo” e perfette simmetrie visive (Barney) (ed io credo che in questo topos figurativo Barney declini in modo personale ed inedito la tematica del doppio) di un identico ma diverso altro da sé.

Ambiguità del reale e del discorso sul reale (Lynch) o creazione del tutto autonoma e demiurgica di una realtà ambigua ed evanescente, dal significato inafferabile e non verbalizzabile (Barney), esistenza di un confine labile tra realtà ed artificio (Lynch) ed ibridazione di realtà ed artificio, di umano e meccanico, di umano ed animale (Barney) tratteggiando in tal modo una realtà completamente avulsa da quella quotidiana, sdoppiamento della personalità (Lynch) ed identità polimorfa e mutante (Barney), moltiplicazione dei mondi possibili (Lynch) o creazione di un unico universo dalle mille facce (Barney).

In questo modo possiamo notare con una certa facilità le divergenze nelle convergenze fra i due autori, le somiglianze e le differenze.

Nel documento MATTHEW BARNEY E IL CINEMA (pagine 191-194)