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Postumano e teriomorfismo

Nel documento MATTHEW BARNEY E IL CINEMA (pagine 128-131)

Certo, balza agli occhi anche una disposizione post-umana dei due autori, oltre ad esplicite rappresentazioni teriomorfiche (pensiamo solo per un attimo a The Order in Cremaster 3), ed infatti sempre Stefano Ricci dichiara: “Ecco allora il futuribile sublunare tendere verso un mondo post-umano nel flusso inarrestabile e irreversibile di un darwinismo deviato e deviante, visione post-apocalittica di un‟evoluzione teriomorfa, sicuramente assai gradita agli autori cyberpunk, che si fa al tempo stesso irriverente utopia di trionfo del Diverso e del Mutante, in barba ai purismi di razza e alla sindrome di Zelig” (8) (Ibid., pg.11). In questa affermazione Ricci mette in luce una caratteristica interessante della poetica di Cronenberg, ovvero uno spirito utopico che passa attraverso la rappresentazione di una

evoluzione teriomorfica, in questo senso potremmo inquadrare anche l‟arte di Cronenberg

come arte utopica, senz‟altro.

Rimangono comunque alla mente i finali disperati disperanti e nichilistici di molti suoi film, calati in un‟atmosfera del tutto reale e realistica.

In questo senso io parlo di visione distopica cronenberghiana, che però si muove fra due poli, e l‟altro polo rappresenta comunque una forma di utopico evoluzionismo.

In Cronenberg, comunque, proprio come in Barney assistiamo ad una glorificazione della diversità, del bizzarro, dello scarto rispetto alla regola ed a un‟esaltazione, in qualche modo dell‟irregolarità.

7 Ibid.

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E ancora: “L‟ Homo Cronenbergus , in definitiva, non è che l‟anello mancante fra l‟Homo

Sapiens del presente e il Superuomo (uomo bionico, uomo-macchina) del futuro.” 8.

In questo caso Ricci parla espressamente di Homo Cronenbergus, come uomo nuovo della catena evolutiva, citando anche l‟uomo bionico, anche qui le convergenze con Barney risaltano fortemente.

Io stesso ho parlato nella parte finale di questa mia ricerca di uomo bionico riguardo alla poetica di Barney, e comunque entrambi gli autori si muovono in quello spazio culturale che è stato definito post-umano.

Il concetto di post-umano ridefinisce il concetto di umano, prospetta un oltre-uomo, e questo aspetto, come abbiamo visto, appartiene sia a Barney che a Cronenberg.

Certo, se prendiamo in considerazione l‟affermazione sopra riportata, ci accorgiamo che Cronenberg non rappresenta un oltre-uomo, bensì un essere nuovo, punto di raccordo fra l‟uomo e l‟oltre-uomo (quello che anch‟io ho definito uomo bionico, pensando a Barney). Comunque la differenza essenziale fra Barney e Cronenberg, a mio avviso, rimane:

l‟uomo nuovo di Cronenberg è piuttosto il prodotto di “tracotanti” esperimenti scientifici, l‟uomo nuovo cronenberghiano è figlio del senso di onnipotenza della scienza contemporanea, ci continuiamo a muovere quindi nello spazio distopico.

Anche la sessualità, come vedremo, in Cronenberg non è improntata al principio di piacere pre-genitale e non riproduttivo (oppure, non tanto a quello) ma si trasforma in furore violento e distruttivo.

Ed ecco perché insisto sugli aspetti distopici della poetica di Cronenberg, l‟uomo nuovo di Barney, l‟oltre-uomo barneyano, proprio come il feto astrale di Kubrick, rappresenta

semplicemente un uomo nuovo, alternativo all‟Homo Sapiens, retto da un proprio diverso

equilibrio interno.

Certo, questo è un discorso fatto in linea generale, un altro conto è esaminare gli aspetti più precisi degli universi di Barney e di Cronenberg, solo in questo modo ci possiamo accorgere maggiormente di tanti altri aspetti che potrebbero anche in parte contraddire questi miei assunti comunque generici e sempre un poco astratti.

Nell‟universo di Barney la scienza esiste molto meno rispetto all‟universo di Cronenberg, nel cinema cronenberghiano la scienza è una presenza costante.

Cronenberg sembra essere affascinato dalla stessa iconografia medica, in un atteggiamento quasi feticistico di riproduzione spasmodica di quella realtà.

8 Ibid.

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Cronenberg inoltre sembra riconoscersi nei personaggi scientifici rappresentati, ma ascoltiamo comunque Ricci, il quale dichiara: “L‟interesse di Cronenberg verso l‟iconografia medica e scientifica è in parte legato all‟inevitabile ma rammaricata interruzione dei suoi studi di biochimica e in parte alla sua pur guardinga fiducia nel progresso. Solo sugli abusi e costumi della psichiatria moderna si consente talvolta di fare dell‟ironia; facendo riferimento al libro del medico protagonista di The brood, infatti, si compiace di affermare: mi sarebbe piaciuto scrivere La forma della rabbia. Sono sicuro che sarebbe stato un grande bestseller. Come sempre ho detto, se non riesco nel business cinematografico posso sempre aprire una clinica di Psicoplasmica a nord di Los Angeles”

9

.

Una guardinga fiducia nel progresso, mi viene da dire, che soprattutto nei primi due film trascende in un nichilismo di fondo con conseguente rappresentazione di finali negativi e pessimistici, disperati e disperanti, e dai toni apocalittici.

Quello che Ricci afferma nel suo saggio anche secondo me rappresenta una parte di verità, ma ho l‟impressione che venga comunque sminuita e troppo ridimensionata la componente pessimistica della poetica di Cronenberg.

Ma continuiamo: “Per il resto asserisce: nei miei film, gli scienziati sono sempre degli eroi che tentano di spingere lontano i limiti del sapere umano e si avventurano nell‟ignoto, correndo dei rischi considerevoli di cui subiscono le conseguenze insieme al loro entourage. Io mi sento molto vicino a loro.

Sta di fatto che le creazioni dei mad doctors cronenberghiani sono o finiscono per essere comunque sempre più complesse- e dunque più protagoniste- dei loro artefici (Shivers,

Rabid, The brood, Scanners, Videodrome, The fly, eXistenZ) lasciando questi ultimi un

poco in ombra, forse per una sorta di iperprotagonismo autoriale di un regista ormai da molti sospettato di preveggenza” 10

.

In un certo senso, possiamo affermare quindi che anche Cronenberg come Barney valuta positivamente un atteggiamento umano improntato alla hybris, alla ribellione ai limiti imposti.

Proprio questa ribellione ai limiti imposti costituisce un altro collante posto fra i due autori, anche in questo caso assistiamo ad un superamento del limite.

Il limite del sapere umano, della conoscenza, il limite di concepire la realtà, l‟uomo ed il corpo umano in modo unidimensionale.

9 Ibid.

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Nel documento MATTHEW BARNEY E IL CINEMA (pagine 128-131)