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Una rivoluzione semiotica ed ermeneutica

Nel documento MATTHEW BARNEY E IL CINEMA (pagine 184-186)

Comunque io definisco Lynch come Barney (ma anche come Kubrick e Cronenberg) un autentico rivoluzionatore semiotico ed ermeneutico, lui e gli altri autori citati modificano le strutture di significato in modo anche radicale e di conseguenza l‟approccio interpretativo dello spettatore.

Questo atteggiamento non va sminuito o sottovalutato, ma al contrario preso in seria considerazione e visto come leva in grado di scardinare assunti e luoghi comuni del pensiero estetico degli ultimi decenni.

Ed infatti, come si scrive sempre nel sito citato: “agli occhi dei più, la rivoluzione semiotica in ambito cinematografico attuata da Lynch è vista come una goliardica presa per i fondelli ai danni dello spettatore, ma per Umberto Eco un tale comportamento scettico e disfattista non rappresenta altro che la massima espressione di quella che viene intesa come economia dell‟interpretazione: l‟interprete/spettatore assimila solo quelle condizioni che confermano la propria tesi, mentre sorvola sui dettagli chiaramente incompatibili con l‟ipotesi sostenuta, ossia con la propria visione della realtà” 7

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Non esiste goliardia in Lynch o in Barney, ma seria e propositiva rivoluzione semiotica (ma non solo rivoluzione semiotica, ma anche rivoluzione dell‟approccio spettatoriale): intendo dire che in tali autori non esiste uno sterile compiacimento nel rappresentare qualcosa di enigmatico e sfuggente.

Lynch nei suoi ultimi due film (vale a dire in Mulholland Drive, del 2001, di cui tratteremo comunque più approfonditamente in seguito, e in Inland Empire, del 2006) raggiunge davvero il sublime, se il sublime è come una volta ha scritto Edmund Burke “il desiderio, la passione di essere sottomessi, sino a sfiorare l‟annientamento. L‟esperienza del sublime, in una parola, è l‟esperienza di un potenziamento dell‟io” 8

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Il cinema di Lynch, così come la videoarte di Barney potenziano la nostra percezione spaziale e temporale e la nostra consapevolezza del mondo (anche se in modo pre-logico ed immaginifico) e aiutano a crearci un immaginario.

Il film Inland Empire costituisce un‟autentica provocazione per lo spettatore dagli assunti logici e razionali, poiché il film rappresenta un vero rincorrersi di immagini deliranti, senza più alcun nesso logico.

7 Ibid.

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Il film lambisce davvero i territori della videoarte, e come si scrive sempre in Ondacinema “girato interamente in digitale, Inland Empire neutralizza ogni minima regola o convenzione cinematografica in modo ancora più evidente di quanto già avvenuto in

Mulholland Drive. Racchiuso nell‟ermetismo più esasperante, lo spettatore che non sta alle

regole di Lynch rischia di scivolare in una angolazione di lettura diretta, logica e ragionevole a tutti i costi, in una prospettiva in grado di spiegare, e non piegare, il testo.

Ammesso e non concesso che un testo debba essere spiegato” 9

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Assistiamo, proprio per i motivi sopra descritti, sia in Lynch che in Barney (ma anche in Cronenberg o in Kubrick) ad una de-logicizzazione dell‟angolazione di lettura, ad un rifiuto del Logos come principio filosofico e di visione della realtà.

Tale atteggiamento estetico eversivo non è assolutamente da sottovalutare.

Nel sito Ondacinema si evidenzia ad esempio il debito estetico che Lynch ha contratto con un autore cinematografico come Kubrick, laddove si dice: “in un mondo dove tutto deve essere spiegato e ostentato, David Lynch ha sempre rifiutato nella sua carriera qualunque commento o spiegazione riguardo alle sue opere sottolineando che l‟emozione si percepisce, non si capisce, è un cinema quello di Lynch che eleva all‟ennesima potenza gli insegnamenti di maestri precursori quali Kubrick, Fellini e Bunuel” 10.

Poco dopo viene evidenziata la rivoluzione estetica lynchiana (evidenziata anche da me in precedenza, e messa in relazione alla poetica di Barney), quando si scrive: “il grande merito di Lynch è quello di aver creato un nuovo modello di fruizione, uno “spazio filmico” tanto per usare un concetto prettamente hitchcockiano) sperimentale e trasgressivo rivolto al grande pubblico, merito per lo più della sua grande poliedricità in campo artistico e della sua fervida e immaginaria creatività che spazia dalla letteratura kafkiana alla pittura baconiana degli esordi, dagli spot pubblicitari ai video musicali, senza dimenticare gli ultimi lavori in campo fumettistico e musicale” 11

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Lo stesso Marco Senaldi nel suo Doppio sguardo. Cinema e arte contemporanea, testo da me molte volte citato nel corso di questa mia ricerca mette in luce il carattere di rottura del cinema lynchiano degli ultimi sedici anni, diciamo dal 1997, e il ruolo sempre maggiore che riveste la frantumazione delle strutture narrative, tant‟è vero che Senaldi scrive: “senza dubbio il cinema dell‟ultimo Lynch (teniamo presente che il libro di Senaldi è del 2008, n.d.a) segna una differenza di regime rispetto a quello delle prove precedenti. Se nei

9 Ibid.

10 Ibid. 11 Ibid.

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film che vanno da Eraserhead-La mente che cancella (1977) a Velluto blu (1986) i rimandi alle avanguardie storiche dall‟espressionismo al surrealismo (si pensi solo al tema del

corps morcelè o dell‟insetto, in Velluto blu) erano ancora apertamente dichiarati, in questi

ultimi film non esistono più rimandi tematici precisi e l‟opera si regge su palesi violazioni della norma narrativa (il che per inciso spiega da un lato l‟accresciuto interesse dei teorici di cinema verso questo secondo Lynch e la sua diminuita fortuna di critica e di pubblico)”

12

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Il cinema di Lynch rappresenta quindi una completa ristrutturazione dello spazio creativo ed una completa riformulazione degli schemi narrativi, i quali vengono in qualche modo eliminati.

Lynch, come Barney, non fornisce appigli interpretativi allo spettatore e dissolve qualunque tipo di rimando tematico: io parlerei, più che di violazione delle norme narrative, di vero e proprio dissolvimento delle forme narrative, di dissoluzione della

narratività (sotto questo aspetto Lynch può essere facilmente inserito nel discorso

affrontato da me al capitolo 4 sui rapporti fra Barney ed un film come 2001 Odissea nello

spazio ed il concetto da me espresso di anti-narratività).

Forse più che di anti-narratività bisognerebbe parlare per tutti questi autori (Barney, Kubrick, Lynch etc.) di pre-narratività: uso questo termine, poiché sembra quasi che i suddetti artisti tentino di ripristinare forme creative antecedenti ad una sistematizzazione logico-razionale dei processi creativi (che rimangono comunque intuitivi) e degli approcci spettatoriali.

In più sembra quasi che vogliano rilanciare in territorio artistico arcaiche pratiche creative antecedenti alla vittoria del Logos, della razionalità, della ragione discorsiva.

Si riaffaccia quindi la tematica dell‟aspetto arcaico della poetica di Barney, da me già trattata in precedenza nel corso di questo scritto.

Nel documento MATTHEW BARNEY E IL CINEMA (pagine 184-186)