Capitolo 5 – Il logos pedagogico tra fenomenologia ed esistenziali-
5.3. Paul Ricœur: l’ermeneutica tra testo, azione e storia
5.3.2. Identità narrativa e circolo ermeneutico
L’identità narrativa è il processo in cui si risolve poeticamente il circolo ermeneutico859. Questa risoluzione significa dare senso alla
successione degli eventi come un racconto e tramite dei racconti, dando così voce all’esperienza esistenziale della temporalità. Il sé trova e costruisce la sua identità nella sua capacità di narrarsi: «Una vita è solo un fenomeno biologico finché non viene interpretata»860. Il
narrarsi è un’esperienza altamente curativa, un’avventura che apre un ventaglio di possibilità per esplorare l’esperienza umana. È un processo ermeneutico-fenomenologico di costruzione di identità, nell’articolarsi di testo e azione, che Ricœur spiega in rinvio al con- cetto aristotelico di mimesis inteso in una triplice accezione:
855 Cfr. ivi, p. 112 (corsivo mio). 856 Cfr. ibidem.
857 Cfr. P. Ricœur, Le Conflit des interpretations, trad. it. cit., p. 31.
858 P. Ricœur, Du texte à l’action. Essais d’herméneutique II, trad. it. cit., p. 349
859 P. Ricœur, Temps et récit III. Le temps raconté, Éditions du Seuil, Paris 1985; trad. it.
di G. Grampa, Tempo e racconto III. Il tempo raccontato, Jaca Book, Milano rist. 1994 (1a ed.
1988), p. 378.
860 P. Ricœur, “La vie: un récit en quête de narrateur”, conferenza tenuta a Napoli
nel gennaio 1884; trad. it. “La vita: un racconto in cerca di un narratore”, in Id., Filosofia e linguaggio, a cura di D. Jervolino, Guerini e associati, Milano 1994, p. 179.
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‒ il primo livello (mimesis I) si riferisce alla prefigurazione, alla struttura pre-narrativa (precomprensione del mondo dell’azione): è l’orizzonte dell’azione umana, già intrisa di lin- guisticità, che permette di comprendere e raccontare il mondo; ‒ il secondo livello (mimesis II) concerne la configurazione del
racconto in rinvio a quel che Aristotele chiama mithos (costru- zione dell’intrigo, l’ordinamento dell’azione, l’integrazione, in una storia intera e completa, di eventi molteplici e dispersi861)
la cui funzione è la connessione dei fatti;
‒ il terzo livello (mimesis III) segna l’incontro del mondo del te- sto con il mondo dell’ascoltatore o del lettore, cioè l’intersezione tra mondo configurato del racconto e il mondo nel quale l’azione effettivamente si dispiega e dispiega la sua specifica temporalità in una opera di rifigurazione di senso862.
In rinvio alla Filosofia delle forme simboliche di Cassirer, Ricœur de- finisce la mimesis narrativa in termini di «mediazione simbolica», ov- verosia come quei processi culturali o forme simboliche attraverso cui è possibile articolare narrativamente l’esperienza863. L’identità
narrativa non è una struttura fissa, ma è esposta a continue riscritture e ridefinizioni, partecipa alla dinamicità del racconto, alla sua logica di ordine e disordine: noi ricostruiamo in maniera sempre diversa il nostro passato e la nostra vita, rileggendone il percorso in chiavi di volta in volta diverse. È un’arte formativa di esistenza, la possibilità di entrare in un processo di costruzione di se stessi. A volte l’obiettivo del narrarsi non è altro che il recupero di frammenti di vi- ta della propria storia864, ma non è possibile una ricostruzione solita-
ria, c’è sempre una comunanza, una circolarità. L’identità narrativa è mescolata a quella degli altri: noi siamo letteralmente aggrovigliati nelle storie, cosicché la mia propria storia di vita è un pezzo delle storie di vita degli altri: genitori, amici, nemici, ecc. L’identità narra- tiva non è definita dal medesimo e dall’identico, ma dall’ipse e dal mutevole865, quest’ultimo costitutivamente impregnato di alterità. Il
861 Cfr. P. Ricœur, Temps et récit, tome I, trad. it. cit., p. 8. 862 Cfr. ivi, p.117.
863 Cfr. ivi, p.98.
864 “La trama della nostra vita, scandita in capitoli, titoli, paragrafi, asterischi e rinvii,
una volta dispiegata in una pazienza rara, è l’unico premio al quale accedere. Sempre da conquistare, sempre da affidare come compito adulto a noi stessi: così come ci è co- stato vivere, ci deve costare riscrivere i nostri vissuti salienti, cercando nessi e spiega- zioni” (D. Demetrio, Pedagogia della memoria. Per se stessi, con gli altri, Meltemi, Roma 1998, p. 29).
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concetto di «identità narrativa» media i poli della medesimezza e dell’ipseità in cui è imbrigliata l’identità personale, aprendo all’ego nuove possibilità di senso offerte dal mondo dell’opera (la cosa del testo in Gadamer866) che sono le «variazioni immaginative»867. È il mo-
mento eminentemente creativo dell’interpretazione che, in un movi- mento più o meno simile all’idea gadameriana di gioco, offre all’immaginazione i figurativi della liberazione868, segnando l’entrata
in scena della soggettività del lettore869. Contro la tradizione della fi-
losofia riflessiva, la fruttuosità della narrazione è data dal fatto che rivela l’alterità fondamentale del soggetto. Si tratta allora di legare insieme nello svolgimento della storia raccontata queste due dimen- sioni dell’identità che formano la trama dell’intrigo. Ogni testo è co- me una «metafora del nostro vivere», una «innovazione semantica», che sgorga da un lavoro di sintesi sul reale870. L’identità narrativa che
si costruisce nel confronto con il mondo aperto dal testo, grazie alla distanziazione, riceve nuove possibilità più proprie di abitare il mondo, forse ancora sconosciute o celate, inespresse871. L’interprete
entra allora in scena come soggetto, intraprende il tragitto di pensie- ro indicato dal testo, decontestualizzandolo e rimodulandolo in stret- ta relazione alla ricerca del suo sé mediante l’atto della lettura. Nella lettura si completa il destino del testo872, il suo fine non è tanto quello
di riprendere l’intenzione esatta dell’autore quanto quello di mettersi in ascolto del testo, confrontarsi con esso come in un dialogo a di- stanza873. Il soggetto riceve dal testo un io più vasto874, in modo che
l’attribuzione di significato, ossia ciò che il testo significa per il letto- re, è più importante di quello che voleva dire consapevolmente e de- liberatamente l’autore quando lo scrisse875.
monde il 24 maggio 2004; versione rivista di un intervento fatto agli “Entretiens du XXi siècle” (“Colloqui del XXi secolo”), il 28 aprile 2004 all’Unesco; trad. it. “Culture, dal lutto alla traduzione”, in Id., Ermeneutica delle migrazioni. Saggi, discorsi, contributi, a cura di R. Boccali, Mimesis, Milano 2013, p. 102.
866 Cfr. P. Ricœur, Du texte à l’action. Essais d’herméneutique II, trad. it. cit., p. 112 (cor-
sivi nel testo).
867 Cfr. P. Ricœur, Soi-même comme un autre, trad. it. cit., p. 240.
868 Cfr. P. Ricœur, Du texte à l’action. Essais d’herméneutique II, trad. it. cit., p. 129. 869 Cfr. ivi, p. 111.
870 Cfr. P. Ricœur, Soi-même comme un autre, trad. it. cit., p.36. 871 Cfr. ivi, p.23.
872 Cfr. P. Ricœur, Du texte à l’action. Essais d’herméneutique II, trad. it. cit., p. 154. 873 Cfr. P. Ricœur, Soi-même comme un autre, trad. it. cit., p. 36.
874 Cfr. P. Ricœur, Du texte à l’action. Essais d’herméneutique II, trad. it. cit., p. 112. 875Impostazione corroborata da Umberto Eco il quale ha affermato: «Il testo è […] in-
tessuto di spazi bianchi, di interstizi da riempire e chi lo ha emesso prevedeva che essi fossero riempiti e li ha lasciati bianchi per due ragioni. Anzitutto perché un testo è un
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