Capitolo 5 – Il logos pedagogico tra fenomenologia ed esistenziali-
5.4. Pedagogia e fenomenologia
L’apporto del metodo ermeneutico-fenomenologico, in termini pedagogici, configura la necessità di fornire un senso al processo for- mativo: non basta solo spiegarlo in riferimento a riscontri empirici diretti. Ne risulta un metodo di indagine che postula la necessità di mediare tra ontologia esistenziale ed epistemologia, stabilendo una stretta correlazione tra conoscenza oggettiva e conoscenza soggetti- va.
Husserl aveva intuito la necessità di interrogarsi sul «problema del senso d’essere peculiare e costante»910 del mondo della vita, già
sempre dato: il mondo della vita (dóxa) che gli scienziati naturalisti disconoscono o che, forse, non hanno ben compreso. È la Lebenswelt, come ci ricorda Ricœur, che suggella l’unità profonda di fenomenologia ed ermeneutica, infatti ogni logica in Husserl è logica del mondo e non solo una logica formale911. Un punto di incontro tra
908 Cfr. ivi, pp.78-79. 909 Cfr. ivi, p.79.
910 Cfr. E. Husserl, Die Krisis…, trad. it. cit., p. 148.
911 Cfr. P. Ricœur, La sfida semiologica (traduzione delle lezioni tenute da P. Ricœur a
Catania dal 20 al 23 marzo 1973 e di alcuni saggi dell’Autore su questioni legate alla fi- losofia del linguaggio), a cura di M. Cristaldi, Armando, Roma 2006, Fenomenologia ed
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pedagogia ed ermeneutica-fenomenologica è costituito dall’indirizzare la ricerca del senso educativo in riferimento alla Lebenswelt in una prospettiva abbracciante la spiegazione (paradigma positivistico) e l’interpretazione (paradigma ermeneutico). Nel caso del paradigma positivistico i fatti, le esperienze concrete, precedono la teoria (metodo induttivo), la teoria precede l’esperienza (metodo deduttivo); nel paradigma ermeneutico-fenomenologico elaborazione teorica e ricerca empirica procedono intrecciate. Il che richiede negli ambiti formativi uno sforzo maggiore, un compito personale, globale e senza tempo, già posto con forza nel pensiero latino classico912, dove il connubio ermeneutica-formazione si traduce in
un lavoro continuo di comprensione e interpretazione diretto a catturare il senso della vita nel concreto esistere. L’educazione è situata, si svolge in un luogo e in un tempo, risponde a un appello che proviene dalla cultura e dalla tradizione di una comunità come contesto di produzione e interpretazione di significati e guarda al riconoscimento e alla ricostruzione di tutti i tracciati di vita e di cultura dell’educando-interprete, preparando ad attraversare con maturità e responsabilità il mondo della vita con la mente spalancata (piuttosto che dogmaticamente chiusa) verso ogni forma di alterità.
A una pedagogia per il mondo della vita corrisponde una pedagogia radicata nel farsi della vita e della storia. Il soggetto di educazione è invitato ad agire come soggetto ermeneutico nella cosa attiva e vissuta sia essa di vita che educativa. È nella sfera d’azione della temporalità e della storicità, seguendo il percorso di Ricœur, che si può diventare se stessi in un lavoro di rielaborazione di fatti e tratti dalla vita, affinché divengano elementi nuovi, organici, armonici, ricchezza vitale del poter essere di ogni persona. E questa dimensione temporale, storica strutturale è essenzialmente esperienza linguistica. La lingua parla il linguaggio ideale del pensiero e del sentimento universale di una intera comunità. È il linguaggio, come insegna Gadamer, che ci forma e ci mette in relazione, contribuendo a creare un processo di comprensione e interpretazione attraverso il dialogo, attraverso la fusione di orizzonti, cioè «la capacità di recuperare i concetti di un passato storico in modo tale che essi includano in sé anche il nostro proprio modo di pensare»913 e il movimento della domanda e della risposta.
ermeneutica, p. 110. «La “Lebenswelt” ha […] una dimensione culturale, storica e lingui- stica e costituisce l’area fenomenologica dell’ermeneutica» (ibidem).
912 «[…] a vivere bisogna imparare per tutta la vita […]» (Seneca, De brevitate vitae, a
cura di A. Cesareo, introd. di A. Nizzi, Morlacchi, Perugia 2008, p. 21).
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In campo educativo, seguendo il paradigma ermeneutico gadameriano, abbiamo un concetto di formazione come prassi, la si vede cioè nella temporalità e nella storicità, sul piano della problematizzazione, nel confronto dialogico tra presente e pretese di validità della tradizione da perfezionare mediante l’interpretazione applicativa914. Il carattere prassico che le assegna Gadamer fa sì che
la si consideri un processo immanente all’agente stesso in costante avvenire, infatti «nell’autentica cultura, […], ciò in cui e mediante cui ci si forma viene, come tale, fatto interamente proprio»915. Il tratto
peculiare di questa concezione risiede nel collocare ogni uomo in una prospettiva storica concreta, indicazione che nel processo formativo implica il divenir coscienti del carattere storico di questa nostra situazione. Il soggetto, coinvolto in una continua attività interpretante che si sviluppa linguisticamente e dialogicamente, ha modo di realizzarsi nell’educazione della coscienza storica, che ci obbliga a riconoscere i nostri limiti ma anche le nostre aspettative, i nostri interessi, nella dialettica tra sedimentazione e innovazione, cioè nello scontro/confronto tra una tradizione già interpretata in distinti pregiudizi e un presente, che oltre ai pregiudizi, dispone di attese, speranze, con le quali la coscienza si dirige al passato. In questo nesso dinamico si esplica la storicità del mondo in cui abitiamo, al quale apparteniamo, nel quale viviamo come un’eredità trasmessa e nel quale progettiamo il nostro poter-essere. L’Erlebnis, il vissuto temporale, secondo Ricœur, rimane per un verso un fatto privato del soggetto, ma il suo significato, il suo senso, diventa pubblico attraverso il discorso. È nella dialettica di senso e riferimento che si attua la relazione tra il linguaggio e la condizione ontologica dell’essere nel mondo. Il linguaggio in Ricœur si oggettiva come segno e come testo rendendo possibile, in tali forme, il riferimento al mondo (con le sue risorse simboliche e con il suo carattere temporale) ove si trova ogni senso. Il linguaggio è «ricco e pieno di enigmi che gli uomini hanno nello stesso tempo inventato e ricevuto per esprimere la loro angoscia e la loro speranza»916 e che
914 Cfr. K.-O. Apel, K.-O. Apel, “Regulative Ideen oder Wahrheits-Geschehen? Zu
Gadamers Versuch, die Frage nach den Bedingungen der Möglichkeit gültigen Verste- hens zu beantworten”, in Id., Auseinandersetzungen - In Erprobung des transzenden- talpragmatischen Ansatzes, Suhrkamp, Frankfurt a. M. 1998, pp. 569-607; trad. it. di M. Borrelli, “Idee regolative o accadimento di verità? Sul tentativo di Gadamer di rispon- dere alla domanda intorno alle condizioni di possibilità della comprensione valida”, in K.-O. Apel, Ermeneutica e filosofia trascendentale in Wittgenstein, Heidegger, Gadamer, op. cit., p. 176.
915H.-G. Gadamer, Wahrheit und Methode, vol. I, trad. it. cit., p.34. 916 P. Ricœur, De l’interprétation. Essai sur Freud, trad. it. cit., p. 541.
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possono essere colti solo all’interno del simbolo inteso come interpretante. È il simbolo che attua una donazione di senso, edificandosi nella radura (Lichtung) del linguaggio, in cui il senso al tempo stesso si svela e cela in sé qualcosa di non disvelato (Heidegger). Ciò significa aprirsi al mondo alla ricerca del senso o di quel surplus di senso che già da sempre accompagna l’esperienza del mondo, delle cose, di sé. Il che implica, per l’educando-interprete, la capacità di saper comprendere e interpretare quegli ambiti psicologici, esistenziali, culturali, narrativi, resi abitabili dal simbolo. Un tale autochiarimento, che include in pieno il linguaggio e l’utilizzo del simbolo quale correlato dell’interpretazione, permette all’originale personalità di autocomprendersi nel discorso. Importante in questo processo di autocomprensione, che è fondamentalmente un processo ermeneutico, è la nozione di “archeologia del soggetto” (che ha il suo correlato nel progetto psicoanalitico freudiano) diretta «verso la riemergenza di significazioni arcaiche appartenenti all’infanzia dell’umanità e dell’individuo»917, da porre, però, in stretta complementarità con una
“teleologia del soggetto” (che ha il suo modello nella Fenomenologia dello spirito di Hegel) diretta «verso l’emergenza di figure anticipatrici della nostra avventura spirituale»918. «Ha una arché
soltanto quel soggetto che ha un télos»919. È attraverso la mutua
interazione tra arché e télos, in una spirale interpretativa al contempo analitica e regressiva verso l’inconscio e sintetica e progressiva verso lo spirito, che si realizza il processo di autorealizzazione del soggetto. Il discorso è l’ambito in cui tale autorealizzazione si traduce in realtà. Interpretazione è il discorso stesso: «solo il discorso mira alle cose, si applica alla realtà, esprime il mondo»920. Il suo correlato oggettivo è il
mondo del testo. Nel confronto con il testo l’interprete percorre una strada esistenziale nella quale si riconosce, dispiega la sua attività liberatoria, catartica e critica e, nel contempo, ha la possibilità di liberare emozioni, tensioni, conflitti, ecc. Il mondo della vita, che Ricœur chiama “mondo del testo” è qualcosa che continuamente si rinnova in un dinamismo interpretativo legato alla temporalità e che si completa nell’intersecamento con il mondo dell’interprete (mimesis III). Come spazio di esperienza per la formazione, il mondo del testo riscuote senso nella misura in cui è un orizzonte d’esperienza che
917 Ibidem. 918 Ibidem.
919 P. Ricœur, Le Conflit des interpretations, trad. it. cit.,p.188.
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conduce l’individuo a farsi carico della sua capacità di riflessione, autoformazione e costruzione di identità e, inoltre, della possibilità di relazione e riconoscimento. Si può elevare così la facoltà di narrare a territorio privilegiato di formazione in prospettiva interculturale perché realizza l’autorappresentazione di sé, la costruzione simbolico-memoriale, la rielaborazione dell’esperienza, soprattutto quando si incrocia (narrazione incrociata) con altre storie e culture, anche lontane tra loro, sviluppando flessibilità di pensiero, riposizionamenti psicologici e interpretativi, capacità di ascolto, empatia, ospitalità. Per Gadamer, come per Ricœur, il lavoro ermeneutico, che la traduzione comporta, è l’articolazione stessa del tema dell’alterità. Nel lavoro ermeneutico di traduzione si sintetizzano progetti universali e molteplici eredità. Nel panorama attuale caratterizzato da intensi flussi migratori, soprattutto nell’area mediterranea, dalla compenetrazione tra le esigenze etiche della traduzione (ospitalità linguistica) e quelle dello scambio delle memorie (ospitalità narrativa) può scaturire un laboratorio di confronto e di comprensione volto ad attivare il reciproco scambio tra culture, tradizioni, religioni e forme politiche diverse. Ciò richiede lo sforzo di renderci interpreti dell’altrui diversità e di vivere, in forma immaginativa e simpatetica, questa relazione. Tutti i diversi aspetti di una cultura non sono spazi chiusi e incomunicabili, ma al contrario sono come tante ramificazioni di una unità esistenziale, in cui si agita il ‘mondo della vita’ che rappresenta l’afflato vivificante dell’unità dell’esistenza umana. Ognuno di noi è interprete della propria tradizione e al contempo interprete di se stesso nella ricerca e nell’articolazione della propria identità personale. Tanto per Ricœur come per Gadamer, quanto per Husserl e per Heidegger, il confronto con la tradizione è importante per individuare i pregiudizi e le visioni di parte, ma anche per potersi liberare delle sofferenze della vita e della storia (e della violenza forse della stessa ragione921) e collocarsi in un esistenza dignitosa e
rispettosa dell’uomo come singolo rispetto a un uomo come categoria universale che annulla le singolarità e, di conseguenza, le differenze.
921 Si vedano al riguardo: M. Horkheimer, Eclipse of reason, Oxford University Press,
New York 1947 (ed. tedesca: Zur Kritik der instrumentellen Vernunft, S. Fischer Verlag GmbH, Frankfurt am Main 1967); trad. it. di E. Vaccari Spagnol, Eclisse della ragione. Cri- tica della ragione strumentale, Einaudi, Torino 1969; Th. W. Adorno, Negative Dialektik, Suhrkamp, Frankfurt am Main 1966; trad. it. di C. A. Donolo, Dialettica negativa, Einau- di, Torino 3a ed. 1982 (1970).
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