Capitolo 5 – Il logos pedagogico tra fenomenologia ed esistenziali-
5.2. Hans-Georg Gadamer: l’ermeneutica come luogo della com-
5.2.2. La linguisticità e il ruolo della traduzione come comprensione
La linguisticità indica che il nostro comprendere è sempre segnato dalla precomprensione, ossia da pre-giudizi, pre-supposizioni, attese che possono influenzare o orientare la nostra capacità di interpreta- zione. È necessario avere consapevolezza «delle proprie prevenzioni perché il testo si presenti nella sua alterità e abbia concretamente la possibilità di far valere il suo contenuto di verità nei confronti delle presupposizioni dell’interprete»791. Gadamer situa, cioè, la compren-
sione in una ontologia della finitezza e in questa prospettiva l’io è in balìa del linguaggio trasmesso dalla tradizione e non può far valere
791 H.-G. Gadamer, Wahrheit und Methode, vol. I, trad. it. cit., p. 316. È nello scritto che
il linguaggio, che sempre ci precede e dal quale siamo giocati, «acquista la sua vera spi- ritualità, poiché di fronte alla tradizione scritta la coscienza comprendente perviene nella sua posizione di piena sovranità» (ivi, p. 449).
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la sua attività riflessiva792. Solo nel linguaggio sono possibili il pen-
siero (il nostro pensiero) e ogni nostra espressione e articolazione su noi stessi e il mondo793. Linguaggio è sempre anche storia, tradizione
«e nel dialogo con la storia (tradizione) e nell’aprirsi dell’essere», os- sia nell’archiviare «la nostra soggettività per rimetterci all’accadere linguistico (alla pretesa di verità della tradizione) o all’evento dell’essere (Heidegger) che viene alla luce la verità e noi diventiamo partecipi di essa»794. In altri termini: in Gadamer il luogo della verità
è la storia (la tradizione) e non l’uomo; nel suo maestro, Heidegger, il luogo della verità è l’essere, di cui noi dovremmo prenderci cura, di- ventarne pastori e porci in suo ascolto795. In Heidegger
«l’interpretazione dell’esserci è dominata dalla quotidianità, da ciò che in genere si crede e si tramanda dell’esserci e della vita umana; è dominata dal Si, dalla tradizione»796. Per Heidegger si tratta di sfug-
gire dal primato del linguaggio razionale-logico, dal momento che il suo dominio tecnico deforma e copre non solo l’interpretazione dei testi, ma soprattutto quella “relazione originaria” tra essere e uomo che si sviluppa nel movimento dell’Ereignis e di ripensare il nostro rapporto con l’essere attraverso la parola (in particolare la parola po- etica797). Lo stesso vale per Gadamer per il quale comprendere «è
sempre un fatto del linguaggio»798. Linguaggio in cui si dischiude ogni
senso e che ha tratti del Winke (cenno o accenno), una indicazione, un sentiero-dimora799 di ospitalità per le cose, l’essere e l’alterità del te-
792 Come spiega Michele Borrelli: «[…] l’ontologia del linguaggio, come semplice
mediazione linguistica di un contenuto (hegelianamente?) oggettivato, rischia di tra- dursi in oggettivazione di uomo e conoscenza. […]. Partire dalla finitezza e condiziona- tezza storiche significa, gadamerianamente, escludere non solamente ogni istanza tra- scendentale (metafisica) che possa precedere l’esperienza, ma anche eliminare ogni con- trapposizione tra tradizione e appropriazione del suo contenuto, di conseguenza, ogni scioglimento dai contenuti della tradizione storica» (M. Borrelli, “La paradossalità dell’ontologia post-ontologica delle ermeneutiche fenomenologiche e deboli”, in Id. (a cura di), Quaderni Interdisciplinari. Metodologia delle Scienze Sociali - Teoria sistemica, Er- meneutica fenomenologica, Ermeneutica trascendentale, Pellegrini, Cosenza 1998, p. 130, corsivo nel testo).
793 Cfr. M. Borrelli, “La fine della Bildung e della Paideia occidentale. Hommage an
Jörg Ruhloff”, in Topologik - Polylogikon Paedagogikon Wuppertal - Festschrift für Jörg Ruhloff - Scritti in onore di Jörg Ruhloff per il suo settantesimo compleanno, n.8/2010, p. 10.
794 Ibidem. 795 Cfr. ibidem.
796 M. Heidegger, Der Begriff der Zeit, trad. it. cit., p. 35.
797 Cfr. M. Heidegger, “…dichterisch wohnet der Mensch…”, trad. it. cit., p. 127. 798 H.-G. Gadamer, Wahrheit und Methode, vol. I, trad. it. cit., p. 441 (corsivo nel testo). 799 «Nessuno dei sentieri può essere preso senza aver preso anche gli altri. Nella loro
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sto. Cenni, infatti, sono per Gadamer, i “sentieri interrotti” del suo maestro, cioè segnali, tracce, nell’intreccio di velamento e disvela- mento, in un lavoro ermeneutico sempre in divenire800. Il paradigma
della traduzione offre un emblematico viatico, definitorio, per il la- voro ermeneutico-fenomenologico. Il linguaggio inteso come medium della comprensione trova, infatti, un esplicito riscontro nel caso della traduzione801. L’atto di comprensione, come accadere storico, nel rin-
vio alla finitezza dell’esperienza umana e alla storicità costitutiva dell’essere del soggetto, ci invita a un compito costante di mediazio- ne con il mondo, così che si può parlare dell’esperienza ermeneutica come una sorta di traduzione, un processo di mediazione che implica interpretazione e applicazione di senso e significato tra diverse situa- zioni culturali e linguistiche802. L’approccio ermeneutico emerge
chiaramente nella traduzione in quanto le lingue sono come dei vet- tori della nostra identità e delle nostre esperienze, dei nostri spazi in- tellettuali e culturali, delle nostre visioni del mondo, delle nostre di- namiche di relazione, del nostro senso di appartenenza oggettivo e soggettivo, ecc. La situazione del traduttore e quella dell’interprete sono fondamentalmente identiche803. Il delicato compito di superare
la distanza tra le lingue, rimesso al traduttore, mette bene in luce il rapporto reciproco che si instaura tra interprete e testo e che corri- sponde al rapporto di reciprocità specifico del processo di compren- sione che si attua nel dialogo804. Ogni traduttore è, appunto, un inter-
prete. La struttura dell’atto linguistico emerge in modo particolar- mente significativo là dove il dialogo, svolgendosi in due lingue di-
da Essere e tempo. Essi vanno fuori traccia / Ma non perdono la traccia» M. Heidegger, “Holzwege (‘Dem künftigen Menschen’)”, trad. it.: “Sentieri interrotti (‘Per l’uomo dell’avvenire’) (1949), in Id. Denkerfahrungen, trad. it. cit., p. 83.
800 Si veda: H.G. Gadamer, Heideggers Wege, Mohr, Tübingen 1983; trad. it. di R. Cri-
stin e G. Moretto, I sentieri di Heidegger, Marietti, Genova 1987. “Wege, nicht Werke”, “Sentieri non opere”, così la dedica che Heidegger volle dare alla propria Gesamtausgabe (la raccolta completa dei suoi scritti).
801 Cfr. H.-G. Gadamer, Wahrheit und Methode, vol. I, trad. it. cit., p. 442.
802 Qui è evidente il valore positivo, nel senso dell’idealismo romantico, della diver-
sità culturale e linguistica che si può esemplarmente rinvenire, per esempio, nella se- guente concezione humboldtiana secondo cui «le differenze tra le lingue non si limita- no ai suoni diversi usati da esse, ma implicano differenze nel modo con cui coloro che le parlano interpretano e comprendono il mondo» (W. Von Humboldt, Über die Ver- schiedenheit des menschlichen Sprachbaues und ihren Einfluss auf die geistige Entwicklung des Menschengeschlechts (1830-1835), in Werke in fünf Bänden, Band III, hrsgg. von A. Flitner e K. Giel, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 1960-1981; trad. it. di D. Di Cesare, La diversità delle lingue, Laterza, Bari 1991, p. 26).
803 Cfr. H.-G. Gadamer, Wahrheit und Methode, vol. I, trad. it. cit., p. 445. 804 Cfr. ibidem.
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verse, è reso possibile solo dalla traduzione805. Il traduttore deve tra-
slare il significato del discorso nel contesto in cui vive l’interlocutore a cui si rivolge806. Ciò non significa naturalmente che egli possa falsa-
re il senso che l’altro interlocutore ha voluto conferire al discorso807.
Tale senso deve essere custodito, ma dovendo essere compreso in un differente mondo linguistico, va come riedificato in modo nuovo808.
«La traduzione, come ogni interpretazione, è una chiarificazione en- fatizzante»809, ovverosia è il compimento dell’interpretazione che il
traduttore ha dato della parola che si è trovato di fronte. «Una tradu- zione è fedele solo se le sue parole parlano il linguaggio della cosa in causa»810, avverte da parte sua Heidegger. Il tradurre, rimarca Ga-
damer, non ha, infatti, i caratteri di una copia perfetta, ma procede per approssimazioni successive che sono rifinite con successive in- terpretazioni e reinterpretazioni. Un traduttore riesce nel suo compi- to solo quando porta a espressione nel linguaggio il contenuto che gli si dà nel testo, cioè quando trova un linguaggio che non è solo il suo, ma è anche adeguato rispetto all’originale811. Il traduttore è costretto,
non di rado, a prendere atto della distanza della traduzione dall’originale812. Il testo in lingua straniera rappresenta un caso di ac-
cresciuta difficoltà ermeneutica, ossia un caso di specifica distanza e estraneità da superare813. Estranei o stranieri, in tal senso, sono in so-
stanza tutti gli oggetti con cui l’ermeneutica tradizionale ha da fare814.
Il lavoro del traduttore non si distingue qualitativamente ma solo per il diverso grado di intensità dal compito ermeneutico generale che ogni testo ci propone815. È così possibile un approccio all’alterità lin-
guistica e culturale che nella considerazione dell’ermeneutica come pra- 805 Cfr. ivi, p. 442. 806 Cfr. ibidem. 807 Cfr. ibidem. 808 Cfr. ibidem. 809 Ivi, p. 444.
810 M. Heidegger, “Der Spruch des Anaximander”, trad. it. cit., p. 300.
811 Cfr. H.-G. Gadamer, Wahrheit und Methode, vol. I, trad. it. cit., p. 445. A ulteriore
conferma di questo punto di vista è interessante quanto afferma Umberto Eco: «[…] il concetto di fedeltà ha a che fare con la persuasione che la traduzione sia una delle for- me dell’interpretazione e che debba sempre mirare, sia pure partendo dalla sensibilità e dalla cultura del lettore, a ritrovare non dico l’intenzione dell’autore, ma l’intenzione del testo, quello che il testo dice o suggerisce in rapporto alla lingua in cui è espresso e al contesto culturale in cui è nato» (U. Eco, Dire quasi la stessa cosa. Esperienze di traduzione, Bompiani, Milano 2010 (1a ed. 2003), p. 16).
812 Cfr. H.-G. Gadamer, Wahrheit und Methode, vol. I, trad. it. cit., p. 444. 813 Cfr. ivi, p. 445.
814 Cfr. ibidem. 815 Cfr. ibidem.
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tica traducente, ci invita continuamente a superare i muri linguistici e a operare trasferimenti di senso in un movimento che fonde insieme linguaggio e mondo.
5.3. Paul Ricœur: l’ermeneutica tra testo, azione e storia