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L’ospitalità linguistica e narrativa e il senso della colpa

Capitolo 5 – Il logos pedagogico tra fenomenologia ed esistenziali-

5.3. Paul Ricœur: l’ermeneutica tra testo, azione e storia

5.3.3. L’ospitalità linguistica e narrativa e il senso della colpa

In tale percorso Ricœur affronta il fenomeno della tradizione nella sua dimensione propriamente dialettica attraverso le esigenze etiche della traduzione, ospitalità linguistica, e attraverso quelle dello scam- bio delle memorie, ospitalità narrativa. In questo orizzonte ermeneuti- co di ospitalità, sia linguistica che narrativa, egli colloca il legame con la tradizione come processo ininterrotto di reinterpretazione. È qui che si dipana la revisione dei racconti del passato e la lettura plurali- stica degli eventi fondanti. È un processo di ricostruzione che ricono- sce i limiti appartenenti alla stessa tradizione e rappresenta al con- tempo il conflitto di interpretazioni aperto dal processo interpretativo in una dialettica di sedimentazione e costante innovazione. La rilet- tura e la revisione delle tradizioni trasmesse comporta l’essere con- sapevoli delle promesse inadempiute del passato876. Il passato non è

solo ciò che è compiuto, ciò che ha avuto luogo e non può essere cambiato, ma è attuale nella memoria grazie alle «frecce di futuro» che non sono state scagliate o la cui traiettoria è stata spezzata877. La

parola ‘tradizione’ in questo senso guarda avanti e non indietro. Non è qualcosa di indiscutibile, un’assunzione dogmatica, ma un processo dialettico che si rimodella, citando Benjamin878, in funzione di un

presente critico e consapevole. Coerentemente a questa impostazio- ne, la coscienza della propria storicità nell’ottica di una temporalità, tipicamente agostiniana, scandita nella nostra presente attualità, ri- scuote senso nella misura in cui è un processo che conduce l’individuo a farsi carico della capacità di dare senso al proprio pas- sato, in modo che questo non lasci «solo delle tracce inerti, dei resi-

meccanismo pigro (o economico) che vive sul plusvalore di senso introdottovi dal de- stinatario […]. E in secondo luogo perché, via via che passa dalla funzione didascalica a quella estetica, un testo vuole lasciare al lettore l’iniziativa interpretativa, anche se di solito desidera essere interpretato con un margine sufficiente di univocità. Un testo vuole che qualcuno lo aiuti a funzionare» (U. Eco, Lector in fabula. La cooperazione inter- pretativa nei testi narrativi, Bompiani, Milano 201012 (1a ed. 1979), p. 52).

876 Cfr. P. Ricœur, “Quel éthos nouveau pour l’Europe?”, in P. Koslowski (ed.), Ima-

giner l’Europe. Le marché intérieur européen, tâche culturelle et économique, Cerf, Paris 1992, pp. 107-116; trad. it. di I. Bertoletti, “Quale nuovo ethos per l’Europa?”, in Id., La tradu- zione. Una sfida etica, a cura di D. Jervolino, Morcelliana, Brescia 3a ed. 2007 (1a ed. 2001),

p. 84.

877 Cfr. ibidem.

878 W. Benjamin, “Über den Begriff der Geschichte”, in T. W. Adorno, M. Horkhei-

mer (ed.), Walter Benjamin zum Gedächtnis, Institute of Social Research, Los Angeles 1942; trad. it. e cura di G. Bonola e M. Ranchetti, Sul concetto di storia, Einaudi, Torino 1997.

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dui, ma anche delle energie dormienti, delle risorse inesplorate, ap- punto delle promesse non mantenute»879. La memoria, in quanto

componente temporale dell’identità, unitamente alla valutazione del presente e alla proiezione nel futuro, rappresenta dimensione costitu- tiva essenziale del processo formativo in quanto implica un’autoriflessione del narrato, ossia una riflessione sulla propria sto- ria, che permette al contempo di conoscere e riconoscere l’altro con una sua storia di vita che merita di essere ascoltata. Già a livello in- dividuale, dispieghiamo e configuriamo la nostra temporalità per mezzo dei racconti su noi stessi e sugli altri880. In questo tragitto, sono

principalmente gli aspetti che hanno particolarmente segnato il corso della nostra vita e gli eventi fondanti di una comunità storica che bi- sognerebbe sottomettere al vaglio della critica, così da liberarne dire- zionalità nascoste, inespresse o tradite, considerando che le memorie personali e, in misura maggiore, quelle collettive sono delle memorie ferite, malate, sofferenti881. La liberazione del futuro non compiuto

del passato non costituisce solo forse la parte più ricca di una tradi- zione, ma il beneficio più intenso che ci si può attendere dall’incrocio delle memorie e dallo scambio dei racconti882. Ciò acquista un senso

ancora più intenso, in prospettiva interculturale, attraverso ciò che Ricœur definisce «irraggiamento incrociato delle culture»883, nel solco

della riproposizione dell’ideale di «riconoscimento» proprio dell’idealismo tedesco (l’Anerkennung) visto nella sua dimensione narrativa884 sia in riferimento all’individuo che alla comunità.

La costituzione narrativa di ciascuna identità personale e l’intreccio di vite e di avventure personali nelle storie raccontate da- gli uni e subite dagli altri, confluiscono nel modello etico dello scam- bio delle memorie, consistente nell’assumere, in forma immaginativa o

879 P. Ricœur, Le Juste II, Éditions Esprit, Paris 2001; trad. it. a cura di D. Iannotta, Il

Giusto, vol. 2, Effatà, Torino 2007, p. 219.

880 Cfr. P. Ricœur, “Quel éthos nouveau pour l’Europe?”, trad. it. cit., p.80.

881 Cr. P. Ricœur, “Identité fragile: respect de l’Autre et idéntité culturelle”, in Euro-

pe 2000: Le droits de la personne en question, publication FI.ACAT; intervento letto dall’autore al Congrès de la Fédération Internationale de l’Action des Chrétiens pour l’Abolition de la Torture, tenutosi dal 5 all’8 ottobre 2000 a Praga; trad. it. “Fragile iden- tità: rispetto dell’altro e identità culturale”, in Id., Ermeneutica delle migrazioni, op. cit., p. 83.

882 Cfr. P. Ricœur, “Quel éthos nouveau pour l’Europe?”, trad. it. cit., p.85.

883 Cfr. P. Ricœur, “Culture, du deuil à la traduction”, trad. it. cit., p. 102. Scrive Ri-

coeur: “Mi immagino la carta culturale del mondo come l’intreccio di una serie di ir- raggiamenti, originati da centri e focolai, non definiti dalla sovranità dello Stato- nazione ma dalla loro creatività e capacità di influenzare e generare negli altri dei foco- lai di risposte” (ivi, pp. 101-102).

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simpatetica, la storia dell’altro attraverso i racconti di vita che lo ri- guardano885. È ciò che impariamo a fare nella nostra relazione con i

personaggi narrativi con i quali ci identifichiamo attraverso la lettu- ra886. Queste identificazioni mobili contribuiscono alla rappresenta-

zione del nostro proprio passato e a quello degli altri, attraverso una ricostruzione continua di storie che raccontiamo gli uni sugli altri887.

Ma il passaggio dal piano della narrazione a quello della realtà storica comporta un impegno più profondo888. Non si tratta certo di rivivere

gli avvenimenti realmente accaduti agli altri, il carattere unico delle esperienze di vita rende impossibile questa illusoria identificazione empatica (intropathie); semplicemente si tratta di scambiare e com- prendere le memorie sul piano della narrazione889. Attraverso la

comprensione applicata all’intreccio, gli uni negli altri, dei racconti nuovi che strutturano e configurano questo incrociarsi di memorie, si configura nuovo ethos890. «La narrazione incrociata […] è l’unico mo-

do per aprire la memoria degli uni su quella degli altri»891. Tale con-

figurazione storica della narrazione incrociata si sforza di realizzare un modello di soggettività interculturale chiamata a coniugare identità e alterità, uguaglianza e differenza, memoria, attualità e potenzialità di futuro, dialogo tra persone, tra nazioni e tra generazioni. Ciò che im- pedisce alle culture di lasciarsi raccontare diversamente è il ruolo e- sercitato sulla memoria collettiva dai cosiddetti eventi fondatori, la cui commemorazione tende a fissare la storia di ciascun gruppo cul- turale in una identità non solo immutabile ma intenzionalmente e ri- gorosamente incomunicabile892. L’ethos europeo, che si ricerca affan-

nosamente, non pretende sicuramente che ci si distacchi da questi ri- ferimenti storici significativi, ma richiede piuttosto una lettura plura- le di questi eventi, come nel caso del dibattito degli storici francesi sul significato della rivoluzione francese e degli storici tedeschi sul significato delle azioni criminali compiute durante la seconda guerra mondiale893. Le situazioni interculturali sono, spesso, caratterizzate

da conflitti di memoria, da opposte concezioni e interpretazioni del passato, dal conflitto tra molte categorie di valori, in particolare i 885 Cfr. ivi, p.81. 886 Cfr. ibidem. 887 Cfr. ibidem. 888 Cfr. ivi, pp. 81-82. 889 Cfr. ivi, p. 82. 890 Cfr. ibidem. 891 Ivi, p.90. 892 Cfr. ivi, p.83. 893 Cfr. ibidem.

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credo religiosi. L’elaborazione di una narrazione storica comune può rivelarsi un aspetto fondamentale nelle strategie di prevenzione dei conflitti e per la gestione dei postconflitti, nel lavoro comune di co- struzione della pace, guarendo e risanando le ferite del nostro passa- to. La possibilità del mutuo riconoscimento delle culture va ricercata nel rapporto tra la rimemorazione e la perdita. La riconciliazione con la perdita si realizza attraverso l’elaborazione del lutto, concetto ri- cavato dalla psicoanalisi, che ci spinge sempre a raccontare diversa- mente le nostre storie di vita, individuali o collettive, in particolare gli eventi fondatori di una tradizione perché si tratta di elaborare il lutto del fondamento e dell’assolutezza della fondazione storica: la- sciarci raccontare dagli altri nella loro cultura significa elaborare il lutto del carattere assoluto della nostra tradizione894. Qui entra in

gioco il perdono, evocato come una forma specifica di revisione del passato e, attraverso esso, dell’identità narrativa di ognuno; il suo frutto più prezioso è la liberazione delle promesse inadempiute del passato895. In questo percorso, prima di riflettere sulla propria soffe-

renza, è necessario comprendere la sofferenza degli altri nel passato e nel presente, per cui lo scambio delle memorie include anche quello del- le sofferenze inflitte e subite896. La potenza poetica del perdono sta

nello spezzare l’irreversibilità del tempo, per poter cambiare il signi- ficato del passato per gli uomini del presente, togliendo il peso della colpa, meccanismo che paralizza i rapporti tra gli uomini, soggetti at- tivi e sofferenti della loro storia897.