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Storicità, autorità, tradizione e circolo ermeneutico

Capitolo 5 – Il logos pedagogico tra fenomenologia ed esistenziali-

5.2. Hans-Georg Gadamer: l’ermeneutica come luogo della com-

5.2.1. Storicità, autorità, tradizione e circolo ermeneutico

Per Gadamer il terreno in cui si situa ogni interpretazione e comprensione è il linguaggio il cui vero essere è nel dialogo, cioè

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nell’esercizio dell’intendersi772. Tale intendersi «non è un puro metter

tutto in gioco per far trionfare il proprio punto di vista, ma un trasformarsi in ciò che si ha in comune, trasformazione nella quale non si resta quelli che si era»773. Interpretazione, dunque, non come

mera teoria della contemplazione ma come ricerca di senso. La fattualità dell’esistenza, il suo essere in un tempo e in un luogo, è ca- ratterizzata precisamente «dal fatto che anche l’autorità di ciò che ci è tramandato, e non solo ciò che possiamo razionalmente riconoscere come valido, esercita sempre un influsso sulle nostre azioni e sui nostri comportamenti»774.

Il romanticismo ha difeso l’autorità della tradizione, correggendone la defenestrazione operata dall’estremismo illuministico, affermando che, oltre alla motivazione razionale, anche la tradizione possiede un certo diritto e determina, in larga misura, le nostre posizioni e le nostre condotte775. La destituzione di ogni

autorità, consolidatasi con l’illuminismo, ne ha anche determinato una deformazione riducendola a cieca sottomissione776. In realtà,

secondo Gadamer, essa si basa su «un riconoscimento, e quindi su un’azione della ragione stessa, che, consapevole dei suoi limiti, concede fiducia al miglior giudizio di altri»777. L’autorità non è,

perciò, mai per Gadamer «cieca sottomissione a un comando»778,

piuttosto è «un atto della libertà e della ragione, la quale attribuisce fondamentalmente al superiore, in quanto ha una visione più vasta o è più esperto, una autorità […]»779. Il riconoscimento di una siffatta

autorità «è sempre connesso all’idea che ciò che l’autorità dice non ha il carattere dell’arbitrio irrazionale, ma può essere in linea di principio compreso»780.

In quanto esseri sociali e storici siamo legati a questo senso di appartenenza, cioè al momento della tradizione, che si avvera nella forma del comune possesso di determinati pregiudizi fondamentali e costitutivi per la comprensione781. La comprensione, che si realizza

nel circolo ermeneutico, è interazione tra movimento della trasmissione storica e movimento dell’interprete; l’anticipazione di

772 Cfr. H.-G. Gadamer, Wahrheit und Methode, vol. I, trad. it. cit., p. 510. 773 Ivi, p. 437. 774 Ivi, p. 329. 775 Cfr. ibidem. 776 Cfr. ivi, p. 327. 777 Ivi, p. 328. 778 Ibidem. 779 Ibidem. 780 Ibidem. 781 Cfr. ivi, pp. 344-345.

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senso che guida la nostra comprensione di un testo o un evento non è un atto della soggettività, ma si determina in base alla comunanza che ci lega alla tradizione; comunanza che è in continuo atto di farsi perché siamo noi a metterla in piedi, giacché comprendiamo e partecipiamo attivamente al suo sussistere ed esplicarsi e, in tal modo, la portiamo noi stessi avanti782.

Ne «deriva – come ha osservato Apel – la convinzione specifica di Gadamer che comprendere è perfezionamento-della-tradizione e che tutti “i pregiudizi”, che rendono possibile il comprendere, poiché costituiscono l’essere storico degli uomini, appartengono essi stessi alla tradizione da perfezionare, alla sua “fatticità” »783.

L’ermeneutica, come auto-interpretazione della vita, intesa come fatticità dell’esserci, in rinvio ad Heidegger, ci invita a questo compito costante di decifrazione del nostro essere nel mondo e nella storia sempre aperto a ulteriori approfondimenti.

In questo processo, l’autoriflessione e l’autobiografia, da cui Dil- they riteneva di poter muovere, non sono qualcosa di primario e non sono sufficienti a costituire una base per il problema ermeneutico, perché attraverso di esse la storia viene riprivatizzata; in realtà non è la storia che appartiene a noi, ma noi apparteniamo alla storia; molto prima di arrivare a una autocomprensione attraverso la riflessione esplicita, noi ci comprendiamo attraverso schemi automatici, «irri- flessi», che abbiamo inconsciamente ereditato nella famiglia, nella società, nello stato in cui viviamo e che influenzano la nostra vita784.

«La soggettività ‒ scrive Gadamer ‒ è solo uno specchio frammenta- rio. L’autoriflessione dell’individuo non è che un barlume nel com- patto fluire della vita storica. Per questo i pregiudizi dell’individuo sono costitutivi della sua realtà storica più di quanto non lo siano i suoi giudi- zi»785. L’io, in tal senso, appartiene ontologicamente e costitutivamen-

te alla storia, la sua essenza si esperisce come coscienza storica, nella particolarità della concretezza storica, assumendo la struttura di e- sperienza ermeneutica nel rapporto con la tradizione culturale e lin- guistica. La componente interpretativa del soggetto si esperisce nel circolo ermeneutico, ovverosia in una esperienza di interazione tra soggetto (interprete) e oggetto (interpretato). L’orizzonte del presente

782 Cfr. ivi, pp. 356-357.

783 K.-O. Apel, “Seinshermeneutik (Heidegger und Gadamer) versus ‘Transzenden-

talhermeneutik’ bzw. ‘Transzendentalpragmatik’”, trad. it. di M. Borrelli, Ermeneutica e filosofia trascendentale in Wittgenstein, Heidegger, Gadamer, Apel, Pellegrini Editore, Co- senza 2006, p. 249 (corsivi nel testo).

784 Cfr. H.-G. Gadamer, Wahrheit und Methode, vol. I, trad. it. cit., pp. 324-325. 785 Ivi, p. 325 (corsivo nel testo).

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non si costruisce in modo indipendente e separato dal passato, ma l’incontro ermeneutico è sempre fusione di orizzonti, mediazione tra testo e interprete, atto deliberato e consapevole portato avanti dalla coscienza della determinazione storica, consapevole della propria al- terità e, perciò, capace di distinguere l’orizzonte del dato storico tra- smesso dal proprio orizzonte786. In questa prospettiva, la formazione

è intesa nella sua dimensione storica, nella storicità dell’esserci e dell’agire necessari al raggiungimento dell’humanitas dell’homo hu- manus787. Si tratta di rendere consapevole l’educando della propria

«coscienza storica». La coscienza storica non si riduce all’ascolto del- la voce che le giunge dal passato, ma, riflette su di essa, riportandola nel contesto in cui si è impiantata, per coglierne il significato e il va- lore relativo più appropriato788. Questo modo riflessivo di compor-

tarsi dinnanzi alla tradizione si chiama interpretazione789. In riferimen-

to ai processi educativi l’accento passa dalla nozione a rapporti com- plessi e infiniti di comprensione intesa «come l’inserirsi nel vivo di un processo di trasmissione storica, nel quale passato e presente continua- mente si sintetizzano»790, il cui atto proprio è interpretazione e mai

giudizio definitivo.

Non si può non tener conto del vincolo inesorabilmente soggettivo dell’individuo con il suo carico di verità e la sua interpretazione. Il nostro personale punto di vista di una pedagogia ermeneutico- fenomenologica si innesta in una storia che è già in movimento. Un importante obiettivo educativo è quello di far comprendere all’educando di essere un soggetto storico costantemente dentro a delle tradizioni, in un costante dirigersi con le sue domande verso il passato.

Senza questo senso di appartenenza e di continuità storica, in un contesto come quello attuale di frammentarietà, di presentismo senza memoria, verrebbe a mancare il soggetto come “ente storico” attivo, costruttore, responsabile che agisce in mezzo agli altri e per gli altri.

786 Cfr. ivi, p.343.

787 Heidegger mutua la categoria di homo humanus dalla tradizione romano-latina, li-

berandola da ogni residuo metafisico per conferirgli un senso storico e finito. «In vista di questa più essenziale humanitas dell’homo humanus si dà la possibilità di restituire al- la parola umanismo un senso storico (geschichtlich) che è più antico del suo senso più antico calcolato dal punto di vista storiografico (historisch)» (M. Heidegger, Brief über den “Humanismus”, trad. it. cit., p. 77).

788 Cfr. H.-G. Gadamer, Le problème de la conscience historique, Publications Universi-

taires de Louvain Édition Béatrice-Nauwelaerts, Louvain-Paris 1963; trad. it. di G. Bar- tolomeo, Il problema della coscienza storica, Guida, Napoli 3a ed. 2004 (1a ed. 1969), p. 11.

789 Cfr. ibidem (corsivo nel testo).

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Per diventare soggetti consapevoli è indispensabile la coscienza della propria storicità, comprendere di essere inseriti in una tradizione sto- rica, nell’articolazione di sempre nuove appropriazioni e interpreta- zioni. L’educatore non fornirà all’apprendente teorie preconfeziona- te, ma lo abituerà a maturare un’autonoma capacità di interpretare, sviluppare, difendere, sostenere e discutere idee e opinioni. La rifles- sione ermeneutica esistenziale e storica, gadamerianamente, mette in campo una progettualità autoformativa che ci fa crescere e ci tra- sforma: si passa dai meri fatti alle interpretazioni, all’ascolto, al dia- logo, momenti attivi nella formazione della soggettività. Nell’ottica di una pedagogia ermeneutico-fenomenologica, per quanto riguarda poi l’insegnamento disciplinare, gli specifici contenuti di una disci- plina scolastica, la cui validità proviene dalla tradizione/ autorità, non sono mai verità assolute e conclusive. Nel percorso di formazio- ne il rapporto con la tradizione/autorità porta a immergersi nel vorti- ce della trasformazione, nell’esperienza umana, in un ambiente di cose e di eventi, il cui orizzonte di verità è il linguaggio, elemento configuratore della persona e segno della nostra finitezza. Tutto ciò che riguarda l’uomo si può interpretare, seguendo Gadamer (e il suo maestro Heidegger), solo perché si dà nel linguaggio e come lin- guaggio. È nel linguaggio che si avvera il colloquio tra il testo o l’evento e il lettore o educando-interprete la cui interazione promuo- ve il confronto continuo tra attualità e tradizione.

5.2.2. La linguisticità e il ruolo della traduzione come comprensione di sé