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IDENTITARIO COLLETTIVO: BARRIO SAN VICENTE (CÓRDOBA-ARGENTINA)

Nel documento The architecture of the indiscipline (pagine 49-51)

Roberta Falcone Borsista di ri-

cerca, Dipartimento di Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio e In- gegneria Chimica, Università della Calabria

Erminia d’Alessandro Assegnista

di ricerca, Dipartimento di Inge- gneria per l’Ambiente e il Territo- rio e Ingegneria Chimica, Universi- tà della Calabria

Pierfrancesco Celani Assegnista di

ricerca, Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Energetica e Gestiona- le, Università della Calabria

to a cui farà seguito un rafforzamento dell’intero sistema; l’inserimento di una quarta polarità avrà la funzione non solo di elemento di testata ma an- che di connessione tra il barrio e la città in una visione unitaria d’insieme.

L’obiettivo dell’intervento è quello di ripristinare la qualità urbana nel barrio mediante un mecca- nismo di trasversalizzazione dei servizi e di assi- curare la connessione all’intero sistema naturale della città mediante corridoi verdi, che attraversa- no l’area e pongono in relazione tra loro i punti di attrazione. Per far sì che l’intervento di rigenera- zione non risulti fine a se stesso, ma possa inne- scare un cambiamento nella visione collettiva, lo si integra in un progetto ad ampio spettro, colle- gandolo con l’intero sistema urbano. La strategia proposta, pertanto, consiste nel collegare il nuovo assetto verde del barrio, in un primo step, con il vicino Parque Sarmiento e, successivamente, con il parco proposto dalla Municipalidad nel nuovo

Plan Director.

Il progetto urbano quindi identifica nuove cen- tralità che dovranno portare qualità e servizi nel quartiere, costituendo una rete di connessioni tra le diverse parti del barrio.

La piazza perde l’accezione classica che da sem- pre l’ha contraddistinta, non è più solo il centro geometrico e gerarchico della forma urbis (Roseti, 1996) ma ritorna ad essere luogo di relazione e di incontro, condensatore sociale all’interno del quale il concetto di non-luogo lascia il posto ad un laboratorio comunitario. Ciò che può sembrare l’emblema del vuoto si riempie di nuove funzioni. Si riempie di gente.

Per riuscire ad ottenere tali obiettivi è necessario che la caratteristica principale di queste nuove centralità urbane sia quella di riunire al proprio interno funzioni diverse, nuove abitazioni ma so- prattutto uffici, servizi, attività commerciali, così da garantire che le nuove centralità siano vive e vissute a tempo pieno. Pertanto, lungo la calle San Jeronimo, asse strutturante del barrio, sono distri- buiti, all’incrocio con i boulevards verdi, i quattro punti focali del nuovo assetto di quartiere. Ciascu- no di essi ha lo scopo di differenziare l’offerta di servizi presenti migliorando la qualità urbana. Il tema progettuale centrale diventa la nuova imma- gine della “città pubblica”: il progetto e la rappre- sentazione degli spazi dei nuovi modelli di utilizzo dello spazio collettivo.

Lo spazio pubblico diventa quindi più attivo che rappresentativo, chiamato a rispondere all’esi- genza di una riutilizzazione ed una riconnessione di territori di margine, scarti, residui. Il margine, da sempre visto come barriera materiale e imma- teriale cambia aspetto, da realtà di separazione tra vuoto e pieno assume il ruolo di membrana osmotica tra il microsistema barrio e il macrosi-

stema città; per questa ragione appare evidente la necessità di rafforzare la relazione tra il nuovo sistema di piazze ed il lungofiume, andando a cre- are un unico network di spazi pubblici a servizio della collettività.

Gli spazi di interfaccia cosi definiti danno infat- ti una grande quantità di informazioni culturali: sono spazi di aggregazione, di densificazione, di attrazione. Interfacce pensate e inventate per po- tenziare la vita sociale.

È possibile visualizzare dunque un territorio ur- bano inserito in una rete naturale autorigenerante ed in questa trama complessa e diversificata si recupera il concetto di qualità.

In che modo però il concetto di vuoto può inserirsi nel disegno urbano?

All’interno del tessuto costruito i corridoi ecologici presentano una segno riconoscibile, diventando una vera e propria guida alla mobilità, riducendo gli impatti del traffico motorizzato privato a van- taggio di soluzioni meno inquinanti. Sovrapponen- do al reticolo urbano questa nuova maglia verde si ottiene un sistema complesso, ugualmente per- formante in tutta l’area. Il tema della connessione prende vita infatti secondo una duplice accezione: rete di spazi pubblici e rete di elementi naturali che si intrecciano e si sovrappongono per creare all’interno del barrio uno spazio dinamico e favo- rendo la connessione con la macroscala. La con- nessione con il sistema infrastrutturale e sociale della città fa sì, dunque, che l’attuale isolamento si trasformi in una nuova apertura attrezzata ad affrontare i cambiamenti e le nuove esigenze della popolazione, ristabilendo le relazioni ormai perse a causa anche di cattive politiche di gestione del territorio.

Lo scopo degli interventi è dunque quello di sta- bilire sinergie di prossimità tra le parti costituenti il sistema quartiere. Alla visione classica del pro- getto che si snoda lungo l’asse fluviale e si muove lungo il suo corso, è stata affiancata una visione che prende in considerazione i territori pertinenti al fiume, trasversalmente al suo corso, in modo da estendere l’azione del progetto all’intero ambito perifluviale, innescando un processo di riappro- priazione del ruolo dell’asta fluviale.

A monte di tale progettazione risulta però neces- sario un upgrade legislativo, che riconosca come priorità l’aggregazione delle piccole singolarità ac- comunate dallo stesso tipo di problematiche piut- tosto che la creazione di macroentità difficilmente gestibili; a tale scopo, e nella fattispecie per far fronte alle difficoltà di gestione di un territorio attraversato da un fiume, già nel 2000 il World Water Forum identifica i Contratti di Fiume come strumento idoneo al contenimento del degrado eco-paesaggistico e alla riqualificazione dei terri- tori dei bacini idrografici. Accogliendo l’utilizzo di

un tale strumento per rigenerare le nostre realtà, sarebbe opportuno tendere ad un modello quanto più lontano da un Titanic che affonda con facilità e propendere per un sistema di relazioni materiali e immateriali più simile ad una piccola flotta di barche a vela, leggere, veloci abili, complementari e astute. (Pesci, 2000).

Bibliografia

Folch R. (2003), El territorio como sistema, Con- ceptos y herramientas de ordenacion, CUIMPB, Barcellona.

Lynch K. (2006), L’immagine della città, Ed. Mar- silio, Padova.

Morandi M. (2004), Fare centro. Città europee in trasformazione, Babele - Meltemi editore, Roma. Pesci R. (2000), La vida como proyecto: Del Tita- nic al velero, La Plata: Ed.Ambiente y Fundacion

Keywords: Urban Design; Microclimate; Sustainable Design

Currently, actions in relation to sustainability in architecture are mainly concerned with buildings. Nevertheless, the influence of ur- ban form on local microclimate is largely ascertained, while it also has been demonstrated that local microclimates can significantly affect buildings’ energy performance and environmental impact (Carmeliet et al., 2013; Blocken, 2012; Steemers et al., 2006; Ratti et al., 2006; Givoni, 1998). In turn, these studies have informed the necessity to broaden the field of intervention towards the urban di- mension (urban block) (De Pascali, 2008; Fraker, 2013). As already suggested by the EU Commission during the 1970s, ‘urban design’ is the appropriate tool through which sustainability goals can be achieved (UN Habitat, 1976). However, complexities resulting from sustainability issues characterize the latest trends in ‘sustaina- ble urban design’ through the involvement of different interrelated disciplines. This interdisciplinary perspective has led to updated design processes by incorporating external contributions without being overwhelmed by them; thus, maintaining architecture at the heart of the process. In this context, Monserrato’s masterplan tests a methodology that integrates both environmental data and analy- ses, starting with the design’s initial phases. It has been supported by software, such as Heliodon and ENVImet, which act as useful ‘feedback’ tools able to verify –qualitatively- the environmental im- pact of the project’s concept. In particular, the environmental anal- yses have focused on microclimatic consequences of urban form, taking into consideration different climatic data and form param- eters. The initial urban proposal has been gradually modified and re-evaluated several times in relation to the main criticalities that emerged from the analyses’ results and the information contained with the bio-climatic diagrams (Olgyay). Nevertheless, the modifi- cations made have been in line with the masterplan’s fundamentals and contributed to the improvement in performance overall. The “Flowing Knowledges” involved in this work can mainly be sum- marized as: urban microclimatology, fluid-dynamics, human phys- iology and technical physics and computer engineering (CFD). The general aim of the masterplan is both to reconnect the Academic Citadel with the city, starkly separated by Highway 554, and con- tain the urban sprawl. The project has encircled the existing Citadel with a new urban district, arranging the blocks on the perimeter of the area. The Citadel and the new expansion are interconnected by a wide central park. The width of each block is between 50 and 200m, while the maximum height remains constant opposing to the increasing altitude of terrain. The inner courts of the ‘c-shaped’ blocks open out towards the park and their connectivity is made possible through a podium, which bends itself in order to define two

MONSERRATO’S URBAN EXPANSION.

Nel documento The architecture of the indiscipline (pagine 49-51)