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Idiom Superiority Effect e Prevedibilità.

I principali modelli sulla comprensione degli idiomi sono fra loro diversi e propongono distinte prospettive, alcune superate, altre valide, ma hanno un punto in comune: tutti concordano sul fatto che le espressioni idiomatiche siano riconosciute più velocemente rispetto a espressioni letterali. Questo fenomeno è noto come Idiom Superiority Effect. Un importante lavoro che propone una spiegazione a questo fatto è stato realizzato da Tabossi, Fanari e Wolf (2009), dove sono testati i tre principali modelli: Lexical Representation Hypothesis (LRH), Idiom Decomposition Hypothesis (IDH) e Configuration Hypothesis (CH).

Secondo la LRH, le espressioni idiomatiche sono rappresentate come lunghe parole semanticamente vuote. Vengono elaborate più velocemente rispetto all’espressioni letterali perché il loro significato è recuperato e non computato. L’operazione di recupero richiede minor tempo rispetto alla computazione.

L’IDH divide le espressioni idiomatiche in decomponibili e non decomponibili; le prime presentano un’elaborazione e una comprensione più veloce perché può essere loro applicata un’analisi composizionale, diversamente gli idiomi non decomponibili, non potendo essere analizzati composizionalmente, sono elaborati più difficilmente e più lentamente rispetto agli idiomi decomponibili.

Infine la CH sostiene che le espressioni idiomatiche siano riconosciute più velocemente perché ben conosciute, ovvero perché familiari.

Lo studio non si concentra solo sulle espressioni idiomatiche, ma analizza anche i clichés, che fanno sempre parte della categoria delle multiword expressions ma, a differenza degli idiomi, sono composizionali. Riguardo alla comprensione degli idiomi e dei clichés, LHR prevede che quest’ultimi siano analizzati composizionalmente; il fatto che siano ben conosciuti fa sì che i processi di computazione sottostanti la loro

comprensione siano più veloci rispetto alla computazione di espressioni nuove. Nonostante questo, la loro analisi è più lenta rispetto all’analisi delle espressioni idiomatiche. Diversamente l’IDH sostiene che i clichés, essendo composizionali, si comportino esattamente come gli idiomi decomponibili. Infine la CH ritiene che gli idiomi, sia decomponibili che non, e i clichés siano elaborati velocemente allo stesso modo.

L’esperimento condotto per testare queste differenti ipotesi è stato realizzato con 36 studenti italiani. Sono state utilizzate 48 espressioni familiari: 16 idiomi decomponibili (8 letterali, 8 non letterali), 16 idiomi non decomponibili (8 letterali, 8 non letterali) e 16 clichés. Tutte queste espressioni sono state selezionate dal Dizionario dei modi di dire della lingua italiana. La letteralità e la decomposizione semantica sono state testate su due distinti gruppi di partecipanti. L’esperimento è stato condotto in questo modo: le varie espressioni apparivano sullo schermo di un pc e ai soggetti è stato chiesto di leggerle e di premere un pulsante con la mano dominante quando per loro si trattava di un’espressione significativa italiana. Ai soggetti è stato ricordato di essere accurati e veloci nelle risposte.

I risultati hanno dimostrato che gli idiomi e i clichés sono elaborati più velocemente rispetto alle espressioni di controllo e che non sussiste nessuna differenza fra idiomi decomponibili e non decomponibili. Quindi i dati hanno smentito la LRH che prevedeva una grande differenza nei processi di elaborazione fra idiomi e clichés: gli idiomi sarebbero processati olisticamente e quindi recuperati dal lessico mentale, mentre i clichés attraverso un’analisi computazionale più lenta rispetto al recupero, ma tale differenza non è emersa dai risultati.

Non c’è stata nessuna conferma sull’ipotesi dell’ IDH: non è stata sottolineata nessuna differenza fra idiomi decomponibili e non decomponibili. Questi ultimi presentano gli stessi vantaggi degli idiomi decomponibili e dei clichés.

I risultati ottenuti sono compatibili con la CH, spiegando l’idiom superiority effect in termini di familiarità. Ma un altro fattore che potrebbe

spiegare questo fenomeno è la prevedibilità: la parte iniziale della stringa può rendere prevedibile la conclusione idiomatica. Gli idiomi differiscono nel grado di prevedibilità: le espressioni prevedibili tendono a essere elaborate più velocemente rispetto alle espressioni meno prevedibili.

Tabossi et al. hanno quindi condotto un ulteriore esperimento per testare questa ipotesi: dalle espressioni utilizzate nel primo esperimento è stata rimossa l’ultima parola ed è stato chiesto a 11 soggetti italiani di completare i frammenti. I clichés sono risultati essere più prevedibili rispetto agli idiomi; questi sono più lunghi degli idiomi e quindi non è sorprendente il fatto che siano risultati più prevedibili, ma comunque è risultata una grande differenza fra clichès e idiomi e, soprattutto, fra le stringhe convenzionali e le stringhe di controllo (è emerso che le prime sono più prevedibili delle seconde). La prevedibilità potrebbe spiegare questa differenza fra idiomi e clichés e fra stringhe convenzionali e di controllo; è stata condotta un’ANCOVA, dove i tempi di reazione erano variabili dipendenti, i tipi di espressione e di stringa erano variabili indipendenti e la prevedibilità era la covariante. Secondo questa analisi, emergeva effettivamente una differenza rilevante fra idiomi e clichés e fra stringhe di controllo e stringhe convenzionali. L’analisi è stata replicata mettendo la familiarità come covariante e dai risultati non è stata più mostrata questa differenza fra stringhe di controllo e stringhe convenzionali. Questo dimostra che la prevedibilità non ha un forte ruolo in questo fenomeno, che è invece determinato dalla familiarità.

Se la prevedibilità sembra non spiegare il fenomeno dell’idiom superiority effect, sembra però influenzare la comprensione delle espressioni idiomatiche. Gli effetti della prevedibilità nell’elaborazione degli idiomi sono stati indagati da Titone & Connine (1994). Riprendendo la CH, la comprensione del significato idiomatico avverrebbe una volta attivata l’idiomatic key. Se questa è presente all’inizio della stringa, si parla di idiomi altamente prevedibili e il significato idiomatico viene appreso immediatamente, altrimenti se occorre dopo si parla di idiomi

poco prevedibili, il cui significato idiomatico viene attivato più tardi. Gli effetti della prevedibilità sono stati testati attraverso due esperimenti. Nel primo esperimento sono state selezionate 40 espressioni idiomatiche dal Longman Dictionary of English Idioms. Queste sono state presentate ai soggetti accompagnate da parole target, i quali dovevano stabilire se le stringhe fossero significative o meno. Sono stati misurati i tempi di reazione: non sono state trovate differenze che potessero dipendere dalla prevedibilità. Sia nel caso degli idiomi altamente prevedibili che nel caso degli idiomi meno prevedibili, l’attivazione del significato figurato avveniva all’offset della stringa. Questo però potrebbe dipendere dal fatto che gli idiomi erano molto familiari, quindi è possibile che la familiarità abbia contribuito all’immediata attivazione del significato idiomatico anche per quanto riguarda gli idiomi poco prevedibili. Le parole target forse non sono state presentate abbastanza presto per poter fare una distinzione fra idiomi altamente prevedibili e meno. Ciò è stato testato nel secondo esperimento, dove le parole target sono state presentate nella penultima posizione della stringa. Il secondo esperimento ha dimostrato che l’interpretazione idiomatica emerge più velocemente negli idiomi altamente prevedibili, mentre negli idiomi meno prevedibili emerge dopo l’offset della stringa (confermando anche i dati della CH). Questo dimostra che la prevedibilità gioca un ruolo importante nella comprensione delle espressioni idiomatiche.