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II secondo discorso di Strossmayer: 24 gennaio 1870

Nella sua seconda orazione Strossmayer di nuovo prese le difese

delle prerogative dei vescovi in seno alla Chiesa, e di converso ribadì la sua

convinzione della necessità di una riforma del corpo cardinalizio ricordando

come “anche nel Concilio di Trento si domandò la loro riforma”.

252

Si parla nello schema degli offici de' vescovi e dei loro doveri, ma i doveri de' vescovi sono molto più alti, più grandi di quello siano i doveri espressi nello schema. Sono dessi di tan natura da non ingerire sospetti nel popolo cristiano, ma confidenza ed affetto. Son dessi imposti a noi non in destructionem ma in aedificationem […] I vescovi, quando si riuniscono nelle assemblee de' governi, non fanno il bene loro, ma quello della Chiesa. Ciò sia detto in risposta a quanto si insinuò da questo pulpito contro venerandi prelati ai quali niuno potrà negare il merito di aver reso grandi servigi alla Chiesa.253

medesimo parere a riguardo.

249 Della capacità oratoria di Strossmayer rimase colpito Lord Acton, il quale lo

considerava, insieme al vescovo Hefele, l'unico in grado di condurre con successo la battaglia contro il dogma dell'infallibilità, ANTE KADIĆ, « Bishop Strossmayer and the

First Vatican Council », The Slavonic and East European Review, luglio 1971, p. 391.

250 VSVI, pp. 158-168. 251 Ibidem

252 L. PÀSZTOR, Il Concilio Vaticano I: Diario di Vincenzo Tizzani (1869-1870), p. 135-

136.

Nello specifico qui si coglie la critica che Strossmayer ha mosso al vescovo

di Moulins che aveva precedentemente sminuito il ruolo dei vescovi, con

l'intento di affermare l'autorità “assoluta” del papato.

254

Infine Strossmayer

ha preso le difese del buon nome della Chiesa gallicana.

Ritornando alla riforma, noi vediamo questa reclamata dai padri del Concilio di Costanza e dai tridentini. Se i tridentini non la ottennero,

il secolo nostro la reclama, secolo in cui domina lo spirito di

associazione e di assemblee. Si mantengano le tradizioni della

illustre Chiesa gallicana per non turbare la unità della fede.255

Di questo secondo intervento di Strossmayer al Concilio era rimasto

254 Ibidem.

255 Ibid. Il corsivo è mio. Si noti il riferimento positivo allo “spirito assembleare” di chiara

derivazione liberale, o meglio proveniente dal liberalismo cattolico. Strossmayer era intervenuto ancor con più determinazione in difesa della chiesa gallicana nel suo quinto e ultimo discorso al Concilio: “[...] mi sia lecito vendicare la Chiesa gallicana dalle ingiurie scagliate ieri l'altro dal mons. Valerga, patriarca di Gerusalemme. Paragonò egli gl'illustri vescovi della Chiesa di Francia agli eretici monoteliti. Fu questo un

sanguinolento insulto, non meritato certamente dall'illustre Chiesa gallicana che ha dato tanti eroi della fede. Fu un insulto scagliato a quella Chiesa ch'ha dato e dà tuttora tanti missionari per propagare nelle più remote regioni del globo la fede di Gesù Cristo. Fu un insulto fatto a tanti uomini insigni per scienza e pietà cristiana. Fu un insulto a tanti vescovi che in questi ultimi tempi, dopo cioè il 1789, subirono confische di beni, privazioni di ogni genere, l'esilio ed una morte avarissima, lontani dalle loro greggie. E questo perché? Perché vollero mantenersi fedeli alla fede di Cristo ed ubbidienti alla cattedra di S. Pietro. Oh, se si scoverchiassero le tombe di tanti illustri vescovi della Chiesa gallicana, si vedrebbero le loro ceneri fremere per essere state insultate in quest'aula vaticana, vicino alla tomba di colui del quale la divina prerogativa del primato fu da codesti vescovi difesa col sagrificio persin della lor vita […] è carità forse questa di chiamare eretica una eletta parte dell'episcopato cattolico, solo perché non divide con altri le sue opinioni?”, L. PÀSZTOR, Il Concilio Vaticano I: Diario di Vincenzo Tizzani (1869-1870), pp. 415-419. Anche da quest'ultima arringa di

Strossmayer si vede fino a che punto egli fosse culturalmente ed ecclesialmente, si potrebbe dire perfino spiritualmente, vicino alla chiesa gallicana e quanto fosse profonda la sua ammirazione per la sua tradizione teologica ed ecclesiologica. Per questi motivi possiamo considerare benissimo anche Strossmayer come un afferente al cosiddetto “Neogallicanesimo”. Sul tema cfr. seguenti studi: ROGER AUBERT, « La

géographie ecclésiologique au XIXe siècle » L' ecclésiologique au XIXe siècle, Unam sanctam, 34, Les éd.du Cerf, Paris, 1960, pp. 11-55; JACQUES AUDINET, «

L'enseignement »De Ecclesia« à St. Sulplice sous le premier Empire, et les débuts du gallicanisme modéré », L'ecclésiologie au XIXe siecle, Unam sanctam, Les éd.du Cerf, Paris 1960, pp. 115-139.

entusiasta suo fidato amico Imbro Tkalac,

256

arrivando ad affermare che

dopo questo intervento: “la storia del Concilio sarà la storia di

Strossmayer!”.

257

Di uguale parere era anche Lord Acton, per il quale

quell'orazione era un “gioiello della retorica”.

258

Il giudizio degli storici del

Concilio sul secondo discorso di Strossmayer è vario e composito: se da una

parte Leone Dehon, che svolgeva la funzione di stenografo durante il

Concilio,

259

riporta l'accaduto senza esprimere un parere, invece Émile

Olliver

260

ha parole di apprezzamento e lode soprattutto per la capacità

oratoria di Strossmayer. Lo storico francese Fernand Mouret,

261

pur senza

256 Imbro Tkalac (1824-1912) era l'osservatore segreto del governo italiano, allora con sede

a Firenze. Anche lui di orientamento culturale “jugoslavista” come Strossmayer. Dopo gli studi fatti nelle più grandi e prestigiose sedi universitarie d'Europa era tornato in Croazia nel 1848 mantenendo sempre una stretta amicizia con il vescovo. Nello spirito austroslavista Tkalac auspicò la costituzione di una Jugoslavia, in quanto migliore garanzia per il futuro degli Asburgo. Rispetto agli altri illiristi/jugoslavisti, Tkalac fu davvero slavofilo e nella slavità orientale scorgeva un primordiale animo democratico, antidogmatico. Fu il primo a formulare l'ipotesi che il principato di Serbia potesse diventare il Piemonte degli slavi meridionali. Tra i croati fu uno dei pochi sinceramente ben disposti verso i serbi e in genere verso la cultura serba. Dal 1861 divenne redattore ed editore del quotidiano viennese Ost und West, rivista che doveva esssere l'organo di propaganda delle ragioni jugoslaviste, croate, serbe e slovene. In quest'impresa ebbe il sostegno del principe Mihailo e di Strossmayer. Dopo una serie di sventure abbandonò Vienna, deluso, e si trasferì in Italia dove fece carriera come funzionario presso il ministro degli affari esteri. Era stimato dal ministro italiano degli esteri Visconti Venosta e rimarrà un membro del ministero degli esteri fino al 1908. Ancora oggi Tkalac è ritenuto una delle più poderose menti che ebbe lo jugoslavismo, cfr. EGIDIO IVETIĆ, Jugoslavia sognata. Lo jugoslavismo delle origini, Ed. F. Angeli, Milano 2012, p. 113.

Tamborra ha compiuto alcuni studi sulla vita di questo croato fedele servitore dello Stato Italiano. Non è stata ancora compiuta una ricerca approfondita presso gli archivi romani di Bologna e dell'Accademia di Zagreb riguardo al ruolo di Tkalac nella politica italiana, del suo rapporto con il politico Marco Minghetti e ovviamente con lo stesso Strossmayer.

257 ANGELO TAMBORRA, Imbro I. Tkalac e l'Italia, Roma 1966. (123-144, 225-338), p. 234

(VSVI, p. 252 ). IDEM, Il Concilio Vaticano I e gli orientali «ortodossi». Illusioni e disinganni (1868-70), «Rassegna stor.del Risorgimento», LVII, 1970, pp. 507-19. 258 I. VON DÖLLINGER – J. E. LORD ACTON, Briefwechsel, a cura di Victor Conzemius, p.

253.

259 LEONE DEHON, Diario del Concilio Vaticano I, ed. Vincenzo Carbone, Città del

Vaticano 1962, p. 77.

260 ÉMILE OLLIVER, L'Eglise et l'E'tat au concile du Vatican, 2 voll., Parigi 1877, p. 12: “per

lui [Strossmayer] non si sa cosa vuol dire un discorso scritto perché tutti i suoi discorsi li pronuncia a memoria, sempre audace, abile, commosso...”.

261 FERNAND MOURRET, Le Concile du Vatican d'après des documents inédits, Paris, 1919,

p. 217. Lo storico Herbert Jedin considera quest'opera valida e annota come in essa viene usata come fonte il diario Icard, cfr. H. J. ICARD, Journal de mon voyage à Rome,

Archives Sant-Sulpice, Fonds Icard, Paris 1888: “il Concilio Vaticano, senza aver avuto una libertà piena e perfetta, ha senza dubbio avuto la libertà necessaria perché fossero validi i suoi atti. Ha avuto libertà di parola e libertà morale per le votazioni”, p. 298.

dare alcun giudizio specifico, paragona Strossmayer a Schwarzenberg,

sottolineando che entrambi i prelati, nei rispettivi interventi, affrontarono i

medesimi problemi: la riforma nella chiesa, le congregazioni romane, il

collegio cardinalizio, i concili ecumenici e provinciali, l'internalizzazione

della curia, le nomine vescovili, la residenza dei vescovi, il diritto canonico,

etc..

262

Diversamente Friedrich che considera il secondo discorso di

Strossmayer come “il più grande successo retorico del Concilio”,

263

aggiunge che al Concilio “nessuno aveva osato parlare «so scharf und

einschneidend» come Strossmayer”,

264

e annota la convinzione del vescovo

Dupanloup per il quale dopo quest'orazione di Strossmayer nessuno avrebbe

potuto più sopprimere la minoranza conciliare.

265

Nella sua opera Cuthbert

Butler

266

annota solo la lunghezza del secondo discorso di Strossmayer,

267

e

infine una citazione dal diario di Utto Lang.

268

Lo storico ufficiale del

Concilio, Theodor Granderath, è l'unico che analizza il contenuto del

discorso di Strossmayer, ripetendo però in continuazione che le singole

proposte e le critiche ivi contenute erano state già avanzate da questo o da

quell'altro oratore.

269

A tal proposito viene anche riportato un fatto curioso

262 Per uno studio sulle proposte di riforma del card. Schwarzenberg al Concilio: K.

ANDREA HUBER, « Kard. Schwarzenbergs Reformvorschläge für das I. Vatikanische

Konzil », Archiv für Kirchengeschichte von Böhmen, Mähren, Schlesien 4 (1976) 145- 162.

263 J. FRIEDRICH, Geschichte des Vatikanischen Konzils, 3 voll., Bonn 1877-1887. pp. 461-

465.

264 J. FRIEDRICH, Geschichte des Vatikanischen Konzils, ibidem. Trad. “così lucidamente e

in modo decisivo”.

265 J. FRIEDRICH, ibidem.

266 C. BUTLER – H.LANG, Das Vatikanische Konzil. Seine Geschichte von innen geschildert in Bischof Ullathornes Briefen, München, 1933, 2 edizione 1961 (“Il Concilio Vaticano.

La storia descritta nelle lettere del Vescovo Ullathorne”), p. 199. Versione inglese The

Vatican Council. The Story told from inside in Bp.Ullathorne's Letters, 2 voll., Londra

1930, ed.riveduta 1965.

267 GIOVAN DOMENICO MANSI, Sacrorum conciliorum nova et amplissima collectio, tt.

XLIX-LIII, a cura di JEAN BAPTIST MARTIN e LUDOVIC PETIT, Arnhem 1923-1927. Da ora

abbreviato in Msi.

268 PAUL MAI,« Das Tagebuch des Mettener Abtes Utto Lang über das Erse Vatikanische

Konzil » in, Studien und Mitteilungen zur Geschichte des Benediktinerordens und

seiner Zweige (“SMBG”) 84 (1973) 286-382.

269 T. GRANDERATH, Geschichte des Vatikanischen Konzil, p. 173. Opera venne pubblicata

tre anni dopo la Storia del Concilio di Friedrich. Secondo lo storico Herbert Jedin essa venne concepita in opposizione all'opera di Friedrich, allievo di Döllinger, e con un'impostazione chiaramente apologetica.

avvenuto subito dopo il discorso di Strossmayer: uno degli esponenti della

maggioranza conciliare era intervenuto in difesa del collegio cardinalizio,

che, secondo lui, sarebbe stato offeso da Strossmayer, però non dall'ambone,

come prassi conciliare, bensì “nelle vicinanze del vescovo croato”.

270

Nel

suo intervento il prelato della maggioranza aveva ribadito che le critiche di

Strossmayer mosse al Collegio cardinalizio erano inappropriate, in quanto il

Collegio “non seguiva più la logica dei secoli passati dove erano

prevalentemente i nobili a diventare cardinali e dove la carica cardinalizia

era quasi un titolo nobiliare sui generis,

271

mentre oggi, a detta del cardinale,

il corpo cardinalizio era “composto da uomini santi”

272

e che semmai vi

fosse necessità di una qualche riforma in tal senso, questa doveva essere

prerogativa del papa in persona e non certo del Concilio.

273

In conclusione,

sulle diverse considerazioni degli storici del Concilio, Šuljak scrive:

Gli storici hanno osservato il discorso di Strossmayer, però non gli hanno dato quella importanza, che Strossmayer, con il ruolo avuto nella preparazione della minoranza per questi dibattiti, avrebbe meritato […] ma il silenzio e la poca attenzione di questi storici per il vescovo Strossmayer è soprattutto il frutto dell'ignoranza dei preparativi per i dibattiti nei circoli della minoranza […]274

270 C. BUTLER – HUGO LANG, Das Vatikanische Konzil. Seine Geschichte von innen geschildert in Bischof Ullathornes Briefen, p. 201. Si trattava del card. Di Pietro che

con questo gesto avevacompiuto una scorrettezza del decoro assembleare. Egli avrebbe addotto come giustificazione per questa scorrettezza “la verifica dell'acustica

conciliare”, cfr. THEODOR GRANDERATH, Geschichte des Vatikanischen Konzil, pp. 167-

170.

271 VSVI, p. 247. 272 VSVI, ibidem.

273 Ibidem. Sull'intervento del cardinale italiano: “Strossmayer all'inizio dell'intervento

prese la carta e la matita per fare qualche annotazione del discorso, ma dopo qualche minuto depose sia l'una che l'altra, perché non aveva trovato nulla meritevole di essere annotato”, IGNAZ VON DÖLLINGER – J. E. LORD ACTON, Briefwechsel, a cura di Victor

Conzemius, II, p. 110. Da ora in avanti abbreviazione: Briefwechsel. Cfr. anche LAJOS

PÀSZTOR, « Il concilio Vaticano I nel diario del card. Capalti », Archivium historiae pontificiae 7 (1969) 401-489.