Il cambio di tono venne subito fatto notare e fu riportato dagli
storici: “iniziò con tranquillità sorprendente, sembrava che chiedesse scusa
della sua ultima orazione e del suo comportamento al Concilio”.
486Le
primissime osservazioni di Strossmayer sullo schema riguardavano la sua
“illogicità”.
487479 Ibidem.
480 VSVI, p. 386: “Il 28 aprile si discuteva di come convincere il papa di ritirare la
questione dell'infallibilità, ma Strossmayer non partecipò nemmeno alle discussioni del Comitato (…) per esprimersi solo alla fine in modo scettico nei confronti di quelle considerava discussioni sterili e proposte inutili”. Il corsivo nel testo è mio.
481 A. TAMBORRA, Imbro I. Tkteralac e l'Italia, p. 271. Vedere la lettera di Tkalac del 28
aprile.
482 Ibidem. 483 VSVI, p. 386.
484 Ibidem. “Lo lasciarono solo”.
485 In data 2 giugno, nello stesso giorno in cui si era radunata la minoranza, cfr. W. B.
TOMLJANOVICH, Biskup Josip Juraj Strossmayer..., p. 363; J. OBERŠKI, Govori Strossmayerova Biskupa Djakovačkog na vatikanskom saboru …, pp. 89-120;C. BUTLER, The Vatican Council, 1869-1870, p. 313.
486 LEONE DEHON, Diario del Concilio Vaticano I, p. 157.
487 L. PÀSZTOR, Il Concilio Vaticano I: Diario di Vincenzo Tizzani (1869-1870), pp. 415-
Lo schema che ci si è proposto è venuto a noi ex abrupto ed è uno schema illogico […] Ex abrupto […] dovevamo infatti noi trattare altre materie indicateci dalla bolla di convocazione del concilio e non questa presentataci all'improvviso. Dico lo schema anche
illogico perché è una materia isolata, mentre dovrebbe far parte di un
tutto. La costituzione infatti della Chiesa non risulta da un elemento solo ma da più elementi, uno de' quali, il principale, è l'episcopato che, unito al romano pontefice, costituisce la unità del magistero della Chiesa.488
Nel suo intervento, ancora una volta, ribadiva il suo pensiero in merito
all'infallibilità papale, ripetendo che essa potrebbe venire esercitata dal papa
soltanto in comunione con i vescovi. Inoltre, richiamando l'autorità del
Concilio Tridentino, faceva notare come l'espressione contenuta nello
schema “giurisdizione ordinaria ed immediata del papa su tutta la Chiesa
universale” fosse in contrasto con il principio della giurisdizione dei
vescovi:
489[…] Nello schema propostoci, innalzandosi ad autorità ordinaria ed
immediata sopra le singole diocesi ed i singoli fedeli l'autorità
papale, si deroga con ciò all'autorità de' vescovi, perché essi vescovi
soli hanno quest'autorità ordinaria ed immediata sulle proprie diocesi e fedeli […] Saggiamente operò il Concilio Tridentino
quando non volle occuparsi di certe questioni dilicate, le quali cagionavano divisioni nel seno dell'episcopato. Oh quanto bene si farebbe alla Chiesa se questo Concilio Vaticano seguisse in tutto le vestiggia del Tridentino, ove i vescovi veramente erano liberi di
agire pel bene della Chiesa!490
488 L. PÀSZTOR, ibidem. Tizzani annota come alcuni padri erano usciti “indispettiti” dall'aula
appena Strossmayer era salito all'ambone, “per non voler udire questo prelato”.
489 VSVI, p. 395.
490 L. PÀSZTOR, Il Concilio Vaticano I: Diario di Vincenzo Tizzani (1869-1870), pp. 415-
A tal proposito, per rafforzare il suo argomento, citava le epistole e gli scritti
di alcuni padri della Chiesa e di alcuni papi: Ignazio di Antiochia, Cipriano,
Basilio, Giovanni Crisostomo, Celestino I e infine, specificamente, la lettera
di Gregorio Magno al patriarca di Costantinopoli, Giovanni, nella quale il
vescovo di Roma condannava la pretesa del patriarca al titolo di “episcopus
episcoporum”.
491Per Strossmayer il punto centrale era la giurisdizione dei
vescovi, perno teologico ed ecclesiologico attorno a cui aveva costruito la
propria opposizione allo schema del “De Romano Pontefice”.
492A partire da
questo punto egli aveva ribadito, puntualizzando, che i vescovi non soltanto
hanno la giurisdizione sulle proprie diocesi, ma godono di un “certo diritto
potenziale”
493insito nella forza del carattere dell'ordine episcopale in tutta la
Chiesa.
494A questa tesi, difesa da Strossmayer attraverso riferimenti puntuali
alla storia della Chiesa, è stato riconosciuto un grande valore da parte di
molti commentatori, poiché essa restituiva dignità, e propriamente dignità
teologica, all'istituto vescovile.
495Contro l'infallibilità personale del papa Strossmayer usò invece alcuni
argomenti specifici di natura teologica, storica e biblica.
496Il primo lo ricavò
dalla controversia tra Cipriano e il papa Stefano, del III secolo d.C.,
arrivando alla conclusione che in quell'epoca non vi era alcuna traccia di
una simile dottrina.
497Per rinforzare la propria argomentazione, Strossmayer
491 Tra le opere citate si contano: Lettere di Ignazio di Antiochia, lettera di Gregorio Magno
a Giovanni Confessore, e Epistole a Maurizio Imperatore Eulogio e Anastasio, De
Unitate Ecclesiae e Adversus haereses di Cipriano, di Celestino I lettera Ad Patres Ephesinos, Epistola di Leone Magno ad Flavianum.
492 Gam 2010, pp. 195-212. 493 VSVI, p. 395.
494 JEAN PIERRE TORREL, « La thélogie de l'episcopat au premier Concile du Vatican », Unam Sanctam 37, Paris 1961, pp. 138-139. In lingua originale: “...insitum est vi
characteris et ordinis episcopalis virtuale quoddam in reliquam Ecclesiam ius”. Il corsivo nel testo è mio.
495 J. P. TORREL, « La thélogie de l'episcopat au premier Concile du Vatican », ibidem. 496 Sulla storia del Primato papale cfr. KLAUS SCHATZ, Der päpstliche Primat. Seine
Geschichte von der Ursprüngen bis zur Gegenwart, Würzburg 1990.
497 W. B. TOMLJANOVICH, Biskup Josip Juraj Strossmayer …, p. 346. Strossmayer si riferiva
alla opera di Cipriano De unitate ecclesiae, cfr. J. OBERŠKI, Strossmayerovi govori na Vatikanskom saboru, p. 94. Sulla cosiddetta “controversia dei lapsi” CLAUDIO
MORESCHINI-ENRICO NORELLI, Storia della letteratura cristiana antica grece e latina, I
citò inoltre Agostino, che, riguardo a quella diatriba, difese Cipriano,
mostrando così – questo era l'intento di Strossmayer – che la questione
dell'infallibilità papale in quell'epoca storica era totalmente sconosciuta; di
più: mai discussa in un Concilio.
498Il secondo argomento poggiava invece sulla storia dei Concili Ecumenici.
Qui Strossmayer rivolse all'assemblea una domanda, non scevra di retorica,
sui motivi per cui questi concili venivano convocati se era in vigore già
un'autorità suprema ed infallibile.
499Se il papa fosse dichiarato infallibile senza i vescovi, si renderebbero inutili i generali concili. A che servirebbe che i vescovi, sebbene con mezzi facili di comunicazione, si partissero dalle loro diocesi quando un uomo solo può far tutto da sé.500
Il terzo argomento contro la dottrina dell'infallibilità personale del papa
Strossmayer lo derivava dalla storia ecclesiastica, e nello specifico
dall'epistola di Leone Magno al Concilio di Calcedonia. Da questo
documento, riportato fedelmente in tutti i manuali di storia ecclesiastica,
deriva quello che, a detta di Strossmayer, emergeva chiaramente, cioè il
pieno riconoscimento del papa alla suprema autorità dei padri conciliari in
materia di fede. E' risaputo come solo in seguito alla solenne approvazione
del concilio calcedonese il contenuto della missiva di Leone era entrato a
tutti gli effetti nel Depositum Fidei quale regola della fede ortodossa.
E
infine, l'ultimo argomento usato da Strossmayer riguardava il principio
Cartagine si veda la recente monografia: Cyprian of Carthage. Studies in His Life,
Language, and Thought, a cura di HENK BAKKER, PAULVAN GEEST-HANSVAN LOON,
Peeters, Leuven, 2010.
498 Si veda l'opera di Agostino De baptismo contra donatistos.
499 VSVI, p. 395; J. OBERŠKI, Govori Strossmayerova Biskupa Djakovačkog na
vatikanskom saboru …, p. 101. Nello specifico Strossmayer aveva fato riferimento al
Concilio di Costanza che aveva stabilito la superiorità del Concilio sul potere del papa, cfr. C. BUTLER, The Vatican Council, 1869-1870, p. 28.
500 L. PÀSZTOR, Il Concilio Vaticano I: Diario di Vincenzo Tizzani (1869-1870), pp. 415-
dell'unanimità morale
501nella definizione dei contenuti della fede,
riferendosi all'opera di Ireneo, di Tertulliano e, ancora, di Cipriano.
[…] Fu buon per la Chiesa che nulla si difinisse in Trento senza l'unanime consenso de' vescovi. Quivi per due soli vescovi, contrari in una questione, si sospese la difinizione finché non convennero tutti. Il consenso delle Chiese è la più potente autorità contro l'errore. Non si nega l'infallibilità della Chiesa, perché si ha per questa infallibilità il consenso universale. Di ciò giovasi S. Agostino contro i manichei, e noi potremmo giovarcene contro i manichei del nostro tempo. Il consenso infatti di tutte le Chiese è l'unico mezzo per proclamare con sicurezza dottrine e profligare gli errori […] Non è dunque il papa solo colui che costituisce la regola di fede, ma il papa unito ai vescovi, i quali non inventano dogmi e li constatano invece con la regola di Vincenzo Lirinese.502
Così Strossmayer concluse il suo discorso:
Mi sembra che (ciò) sia stato fatto perché la chiesa cattolica, in un periodo di 18 secoli ha preferito esercitare più che definire in quel modo la prerogativa divina della sua infallibilità
.
503Sulla base dello studio di questo quinto e ultimo discorso di Strossmayer,
con molta chiarezza Šuljak afferma che che non ci sia dubbio alcuno sulle
difficoltà storico-teologiche che portarono il prelato ad essere contrario “non
soltanto alla definizione del Dogma, bensì alla stessa dottrina
sull'infallibilità del papa”.
504E infine segnala di aver trovato nell'archivio
diocesano un'annotazione personale di Strossmayer, autografa, che a suo
avviso toglierebbe definitivamente ogni dubbio riguardo al suo effettivo
501 Supra502 L. PÀSZTOR, Il Concilio Vaticano I: Diario di Vincenzo Tizzani (1869-1870), ibidem. 503 VSVI, p. 396. In lingua originale: “Ideo mihi videtur factum esse, quod Ecclesia
catholica octodecim saeculorum decursu divinam infallibilitatis suae praerogativam maluerit exercere potius quam ullo modo definire”.
orientamento teologico al Concilio. Si tratta di una nota formulata secondo
il modello domanda/risposta.
Ma qual è il mezzo principale per esercitare la prerogativa dell'infallibilità? – si domanda Strossmayer – E' il magisterio dell'apostolo Pietro, è il consenso di tutti (dei papi), come anche i concili, locali ed universali, è la viva comunione, è infine il senso vivo della fede in tutti i fedeli