Il 22 febbraio venne comunicata ai padri la modifica del
Regolamento dei lavori conciliari con la Bolla papale Apostolicis Litteris.
310Esso prevedeva una serie di modifiche sostanziali che anche alcuni padri
conciliari della minoranza,
311ad esempio il card. di Vienna Rauscher,
ritenevano buone.
312In primo luogo veniva richiesta una formulazione scritta
307 VSVI, p. 297.
308 Ibidem. Il corsivo nel testo è mio. 309 VSVI, p. 302.
310 W. B. TOMLJANOVICH, Biskup Josip Juraj Strossmayer ..., p. 352.
311 Può essere forse utile specificare che il regolamento originario era stato emanato
direttamente dal papa, e questo in contrasto con la tradizione ecclesiastica e conciliare. Ad esempio al Concilio Lateranense ( 1512-1517) dove il Regolamento venne
approvato dai vescovi, e anche al Concilio di Trento dove addirittura furono gli stessi vescovi a stabilirlo. Già nel regolamento emanato dal papa si poteva comprendere che direzione si voleva imprimere al Concilio. Tra le varie norme esso prevedeva il divieto di discussione in gruppi ridotti, la proibizione di stampa dei discorsi conciliari, e l'obbligo – su minaccia di peccato mortale – di mantenimento del silenzio su quanto accadeva in aula; A. B. HASLER, Come il papa divenne infallibile.... pp. 46-76. 312 VSVI, p. 308.
delle eventuali obiezioni ad uno schema conciliare, formulazione che
doveva essere necessariamente corrisposta entro e non oltre i dieci giorni
dalla presentazione del medesimo; inoltre, si attribuiva ai presidenti del
Concilio la potestà di chiudere anticipatamente le discussioni, qualora fosse
giunta una richiesta scritta di almeno dieci padri assembleari.
313Fu
soprattutto questa modifica che introduceva il voto a maggioranza
semplice
314a suscitare forti reazioni di molti padri conciliari
315e a causare tra
loro una lacerazione così netta, da essere definita come “irrimediabile” da
parte di alcuni storici.
316L'introduzione del principio di maggioranza semplice per le decisioni in
materia di fede e magistero era per Strossmayer inaccettabile, un vero
affronto.
313 ROGER AUBERT, Storia della Chiesa, pp. 510-515: “quattro modifiche: invece di limitarsi
a critiche generali, i padri avrebbero dovuto proporre una redazione scritta degli emendamenti che desideravano fossero introdotti; il voto su questi emendamenti avrebbe avuto luogo col sistema dell'alzata in piedi; i presidenti erano autorizzati a sottoporre a votazione la chiusura anticipata della discussione di una questione, se questa fosse stata chiesta almeno da dieci padri; infine la maggioranza dei voti sarebbe stata sufficiente per l'approvazione di una costituzione”. Cfr. anche W. B.
TOMLJANOVICH, Biskup Josip Juraj Strossmayer ..., pp. 352-354.
314 I. SIVRICH, Bishop J.G.Strossmayer. New Light on Vatican I, pp. 205-206.
315 ROGER AUBERT, Storia della Chiesa, pp. 510-515: “Nell'insieme questo regolamento non
era mal fatto, e la prima reazione di molti padri fu favorevole. Ma i capi della
minoranza si mostrarono molto preoccupati delle due ultime misure. L'abbandono del
principio della necessità di unanimità morale dei votanti, principio da loro considerato,
con una certa esagerazione, come il solo tradizionale”. Il corsivo è mio. Il tono del
commento di Aubert appare anche qui tendenzialmente apologetico, particolarmente per il passaggio “con una certa esagerazione”. E' da considerarsi come minimo ingeneroso il ritenere una sorta di capriccio dei vescovi della minoranza l'aver difeso il principio di unanimità morale della tradizione conciliare in materia dogmatica, cfr. Polemica della
unanimità del concilio nei decreti dommatici, in “La Civiltà Cattolica”, serie VII, X
(1870), pp. 100-111.
316 Molti storici considerano questa modifica del 22 febbraio 1870 come un “colpo di
mano”, cfr. Msi, 50, coll. 854 sgg.; KLAUS SCHATZ, Kirchenbild und päpstliche Unfehlbarkeit bei den deutschsprachigen Minoritätsbischöfen auf dem I. Vatikanum,
Roma 1975, pp. 169-188; ROGER AUBERT, Vaticanum I..., Paris 1964, pp. 76-84; 161-
169; I. SIVRICH, Bishop J.G.Strossmayer. New Light on Vatican I, pp. 102-103. A tale
modifica seguirono tre lettere di protesta: una del 1 marzo 1870 con le firme di 30 vescovi francesi e altri vescovi di diverse provenienze nazionali, cfr. Acta et decreta S.
Conciliorum recentiorum. Collectio Lacensis, t. VII, Acta et decreta concili Vaticani,
Freiburg im Breisgau 1892, coll. 961-969. La seconda lettera di protesta del 2 marzo 1870 con le 14 firme vescovi di area germanofona, incluso Ketteler (ibid., coll. 967 s), e l'ultima del 4 marzo con le firme di 22 vescovi altrettanto di lingua tedesca, come il card.di Praga Schwarzenberg (ibid., Coll. 963-967).
In questi giorni hanno distribuito il “decretum” che ci depreda del
tutto della libertà e che al posto dell'antico “communis consensus”
introduce “maioritatem numericam”.317
Il suo sconcerto e la delusione per questo atto unilaterale della maggioranza
e del papa furono così grandi, che giunse al punto di ritenere quella
decisione la definitiva “pietra tombale”del Concilio.
318Quando fu comunicata la modifica del Regolamento Strossmayer era fuori di sé. Per lui essa fu il motivo soddisfacente per la lotta decisiva contro l'ecumenicità del Concilio. In essa egli vedeva la
soppressione della libertà dei padri, il colpo mortale per la speranza
della minoranza e praticamente la fine del vero Concilio.319
317 F. ŠIŠIĆ, Korespondencija Rački-Strossmayer, voll. I, JAZU, 1928, p. 101, il corsivo è
mio. Nel testo originale: “Ovih dana izdadoše ovd 'decretum', koji nam otimlje sasvijem slobodu i koji mjesto staroga 'communis consensus' uvađa 'maioritatem numericam'”.
318 Šuljak annota il commento autografato di Strossmayer sopra il titolo del decreto in
questione: “Haec omnia cum constitutione «Multiplices inter» sunt tumulus sepulturalis concilii...” VSVI, p. 309. Trad.“Tutte queste cose assieme alla costituzione «Multiplices inter» sono il tumulo sepolcrale del concilio”.
319 VSVI, p. 308. Il corsivo nel testo è mio. Il problema della libertà al Concilio è stato
affrontato dagli storici in modi diversi. Roger Aubert ad esempio nel suo studio sul Concilio pur riportando ampi stralci dal diario di Icard Henri, attento osservatore dei lavori conciliari e che dopo il Concilio sarà il vicario della diocesi di Parigi, ha tralasciato i passaggi in cui Icard mette in dubbio l'effettiva libertà del Concilio: “cosa succederebbe all'autorità della Chiesa qualora si potesse mettere in discussione la validità dei decreti conciliari?”. Lo storico della Chiesa di Friburgo Remigius Bäumer ha difeso la libertà del Concilio minimizzando o tacendo alcuni fatti, sostenendo che la libertà del Concilio è stata sì “danneggiata” ma in misura molto più forte dalla potenze politiche che dalla Curia romana. Similmente il suo collega di facoltà, lo storico August Franzen, il quale confermava una grande franchezza del dibattito conciliare e vedeva una prova della libertà del Concilio nel fatto che molti vescovi abbiano votato Non
placet. Questo per quanto riguarda la storiografia “ortodossa”. Si è sviluppata fin da
subito anche una “storiografia indipendente”. La figura che ha dato avvio a questo filone è lo storico della Chiesa di Monaco Johann Friedrich (autore dell'importante Storia del Concilio Vaticano). A questo filone fanno riferimento anche altri storici cattolici come Joseph Hubert Reinkens di Breslavia, e Johann Friedrich von Schulte di Praga, che entreranno nel tempo a far parte della comunione veterocattolica. Fuori dal contesto cattolico abbiamo tra le figure più illustri a essersi occupate del Concilio, il teologo protestante Theodor Fromman; cfr. A. B. HASLER, Come il papa divenne infallibile. Retroscena del Vaticano I , p. 126.
Alcuni documenti, conservati nell'archivio diocesano di Đakovo e reperiti
da Šuljak, contengono i commenti originali di Strossmayer sul decreto in
questione. Al paragrafo undici:
320“
[…]Fatto ciò facciano ciò che vogliono
in potere della presente costituzione
[…]”.
321Al paragrafo tredicesimo:
322“
[…]davvero valido principio per cui la maggioranza.... tutte le cose saranno
fissate come vogliono”.
323E infine sull'ultimo paragrafo che riguardava il
metodo del voto.
Questa messa in pubblico dei suffragi nelle circostanze aggiuntesi è infatti assai pericolosa […] coloro che si tengono lontani dalla Curia romana, nolenti volenti, dovevano votare secondo il voto desiderato dal Papa. Perché persistevano, e dove, le condizioni che erano state scritte? […]
.
324Alla luce delle sue parole si può davvero dire che nel nuovo Regolamento
Strossmayer vide soltanto “la libertà soppressa, la troppa centralizzazione
del papa manifestatasi nel troppo potere affidato ai presidenti”;
325nella sua
ottica l'abbandono del principio dell'unanimità morale
326non era però più
320 Che introduceva la possibilità di interruzione di una discussione con sole dieci firme dei
padri conciliari.
321 VSVI, pp. 308-310. Nel testo originale: “Hoc facto facient penes praesentem Concilii
constitutionem quidquid voluerint”.
322 Introduzione del principio di maggioranza semplice nelle votazioni conciliari.
323 VSVI, ibidem. Nel testo originale: “immensum principium quo maioritas....est,...omnia
definient quae voluerint”.
324 VSVI, ibidem. Nel testo originale: “Haec suffragiorum publicitas in praesentibus adiunctisvalde pericolosa est nam....qui...defendent a Curia romana, nolentes volentes, debebant suffragari iuxta votum desideratum a Papa. Cur conditiones scriptae et ubi eadem manebant?”
325 VSVI, p. 313. Abbastanza emblematica è l'osservazione del noto filosofo russo Sergei
Bulgakov riguardo alla libertà del Concilio. Scriverà negli anni Venti del '900: “Il Concilio Vaticano può pretendere di chiamarsi un «concilio» con lo stesso diritto con cui le attuali riunioni dei delegati delle repubbliche sovietiche possono venire
considerate come libera espressione della volontà popolare”, cfr. A. B. HASLER, Come il papa divenne infallibile..., p. 127.
326 Si veda la testimonianza del mons. Tizzani a riguardo: “[...] l'8 aprile mi visitò
l'arcivescovo di Reims, unitamente al prof.canonico Audisio. Parlavan essi della necessità di avere, per una definizione dogmatica conciliare, la unanimità morale de' padri. Discorrendo io alcuni giorni dopo (il 13 aprile) col gesuita Perrone, che mi volea persuadere doversi considerare la maggioranza dei padri quale unanimità morale, restò invece da me convinto esser la maggioranza diversa dalla unanimità morale. Si
grave della libertà soppressa o del centralismo, infatti egli vedeva una
tragedia in quasi tutti i paragrafi, perché tutti erano indirizzati contro i diritti
dei vescovi.
327E' forse questo il momento più critico, si potrebbe dire di
crollo, per il vescovo croato, al punto che “perduta dunque quasi ogni
speranza pensava di ritornare a casa”.
328Che questa sua volontà fosse reale
lo si evince anche dallo scambio epistolare con Franjo Rački, che in quei
giorni aveva espresso il desiderio di venire a trovare il proprio vescovo a
Roma, ottenendo però in risposta il consiglio di restare a Zagabria perché
Strossmayer intendeva “tornare a breve”.
329Fu nuovamente l'amico Lord
Acton a far desistere Strossmayer dall'idea, convincendolo a rimanere a
Roma fino alla fine del Concilio.
330Credo sia significativo constatare come
a fine febbraio, ben prima dei suoi ultimi e famosi discorsi, Strossmayer
ritenesse che “i giochi” del Concilio erano ormai fatti.
Per Acton, come anche per Döllinger, il problema centrale del nuovo
regolamento era la soppressione dell'unanimità morale nella definizione di
un dogma: la loro convinzione era che solo salvaguardando tale antico
principio si potesse avere ancora qualche speranza sul buon esito del
Concilio. Questo, dunque, fu il nuovo argomento forte da utilizzare nei
dibattiti conciliari, e Strossmayer l'aveva accolto fin da subito andando a
presentare quest'idea ai vescovi della minoranza.
331Come per altre
precedenti, anche su questa mozione, posta da Strossmayer e da Acton nei
termini di una conditio sine qua non, non ci fu il consenso trasversale tra i
padri della minoranza; anzi, quasi tutti i vescovi francesi,
332ma anche alcuni
papato. Il dotto arcivescovo di Reims […] mi citava vari testi latini corrotti, come ei diceva, dalla Curia Romana, per esaltare l'autorità del papa. Che fosser quei testi corrotti, io il sapeva, non poteva perciò prenderne la difesa”, L. PÀSZTOR, Il Concilio Vaticano I: Diario di Vincenzo Tizzani (1869-1870), p. 295.
327 VSVI, p. 313. 328 Ibidem
329 FERDO ŠIŠIĆ, Korespondencija Rački-Strossmayer, voll. I (06.10.1860 – 20.12.1875),
JAZU, 1928. p. 100. Sul medesimo episodio cfr. Briefwechsel II, pp. 179-189.
330 VSVI, p. 313. 331 VSVI, p. 314.
332 Sul gruppo nazionale francese si veda lo studio di KLAUS SCHATZ, « Die französichen