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Il testo definitivo del Proemium alla costituzione conciliare “Dei

Filius”

448

subì importanti modifiche rispetto a quello presentato inizialmente

anche a causa delle ripercussioni dello “scandalo” suscitato dall'intervento

di Strossmayer. Per Acton questo risultato fu “merito di Strossmayer”.

449

446 La lettera di protesta Strossmayer l'aveva recapitata al Presidente De Angelis. In essa

faceva la richiesta di una pubblica riparazione per il modo con cui era stato trattato nella congregazione del 22 marzo, e aggiungeva di non essere più sicuro se il suo posto fosse ancora al Concilio considerato che era venuta meno la libertà dei vescovi, cfr LAJOS

PÀSZTOR, « Il Concilio Vaticano I: Diario di Vincenzo Tizzani (1869-1870)», p. 470; I.

SIVRICH, Bishop J.G.Strossmayer ..., pp. 221; ANGELO TAMBORRA, Imbro I. Tkalac e l'Italia, p. 255.

447 Msi, 51 201-202; ANGELO TAMBORRA, Imbro I. Tkalac e l'Italia, p. 255. 448 Sulla I Costituzione gli studi di: ALFRED VACANT, Études Théologiques sur les

constitutions du concile du Vatican d'après les actes du concile: la constitution “Dei filius”, 2 vols. Paris 1895; WILHELM BARTZ, « Zur Geschichte der Constitutio dogmatica de fide catholica des Vatikanums », Theologie und Glaube 39 (1949) pp.

275-277; ROGER AUBERT, Le problème de l'acte de foi, Louvain 1950; ENRIQUE BARÓN, La racionabilidad de la fe en el Concilio Vaticano I. Esquema de Franzelin, Granada

1966; IDEM, « La racionabilidad de la fe en el Kleugten y en el Vaticano I », Estudios eclesiàstios 45 (1970) pp. 457-489; HERMANN JOSEF POTTMEYER, Der Glaube vor dem Anspruch der Wissenschaft. Die Konstitution über den Katholischen Glauben “Dei Filius” des I. Vatikanischen Konzils und die unveröffentlichten theologischen Voten der vorbereitenden Kommission, Freiburg 1968; JACQUES GADILLE, « La phase decisive de

Vatican I: mars-avril 1870 », Annuarium historiae conciliorum 1 (1969) pp. 336-347; LEO SCHEFFCZYK, « Die dogmatische Konstitution “Über den Katholischen Glauben”

des Vatikanum I. und die Bedeutung für die Entwicklung der Theologie », Münchener

theologische Zeitschrift 22 (1971) pp. 76-94.

449 C. BUTLER, The Vatican Council, 1869-1870, p. 240. Cfr anche Briefwechsel, II, p. 275;

Le votazioni sullo schema furono aperte il 12 aprile. In tale occasione ci

furono alcune proteste dei vescovi della minoranza, soprattutto degli Inglesi,

sull'uso dell'espressione Romana in apertura del primo capitolo, e che

precedeva la definizione dell'Ecclesia.

450

La ragione della recriminazione dei

suddetti padri conciliari, verteva sul fatto che l'espressione “catholica”

risultava di fatto ridimensionata dall'enfasi posta sull'espressione “romana”

che la precedeva.

451

Anche Strossmayer era dello stesso parere, motivo in

più che lo ha portato ad esprimere il suo placet iuxta modum allo schema,

452

dopo aver comunque cercato nei giorni precedenti di persuadere i vescovi

della minoranza a dare un voto negativo. Il motivo della contrarietà del

vescovo croato era dovuto anche all'esortazione finale contenuta nello

schema, e che in qualche modo faceva allusione all'infallibilità papale.

453

Nelle discussioni del Comitato Internazionale dei giorni precedenti era

prevalsa alla fine una linea moderata, sostenuta dai cardinali Rauscher e

Schwarzenberg.

454

che la maggioranza era disposta a cedere su quasi tutti gli aspetti delle discussioni a patto che non venisse compromessa la definizione dell'infallibilità papale, cioè sulla questione primaria del Concilio nelle intenzioni del papa.

450 VSVI, pp. 350-365: “Sancta Romana Catholica Ecclesia”.

451 Cfr G. G. FRANCO, « Appunti storici sopra il Concilio Vaticano » p. 269: “[...]

emendamento proposto dai vescovi inglesi, i quali non vogliono che nella Costituzione dommatica da promulgarsi, si dica Ecclesia Romana catholica, perché gli anglicani ne potrebbero prendere appiglio, per confermare la loro storta teoria di Chiesa cattolica con tre rami, Romano cattolica, Greco cattolica, Anglicano cattolica. Non furono ascoltati, come si vede dalla Costituzione pubblicata nella sessione pubblica, il giorno di domenica in albis. Quivi non fu messa la virgola da loro desiderata”.

452 Ibidem.

453 ROGER AUBERT, Storia della Chiesa, p. 517: “Poiché l'esame dei 281 emendamenti da

parte della deputazione ebbe luogo contemporaneamente alle discussioni, il voto sull'insieme del progetto così ritoccato poté aver luogo il 12 aprile. Ancora in occasione della votazione furono proposti alcuni emendamenti da 83 padri, che dettero voto condizionato: Placet juxta modum. Alcuni, con a capo lo Strossmayer, pensarono per un momento di dare voto negativo, perché la deputazione si rifiutava di togliere

l'esortazione finale in cui essi intravedevano un'allusione all'infallibilità pontificia, e soprattutto perché temevano, votando Placet, di dare l'impressione di approvare il tanto criticato regolamento”.

454 ROGER AUBERT, ibidem: “I cardinali Rauscher e Schwarzenberg riuscivano però a far

comprendere quanto fosse inopportuno un simile atteggiamento, che avrebbe dato l'impressione di una opposizione sistematica. In tal modo il 24 aprile, nella terza sessione pubblica, i 667 padri presenti votarono all'unanimità la prima costituzione del concilio”.

La costituzione venne approvata con il voto unanime domenica 24 aprile.

455

Quel giorno però, Strossmayer non era presente in aula.

456

Alcuni giorni

prima della votazione si era aperta una discussione nel Comitato

Internazionale riguardo alla posizione da tenere; la linea ora veniva stabilita

dal vescovo francese Dupanloup e Clifford, e sulle decisioni del Comitato

Strossmayer aveva sempre meno peso e influenza.

457

Dopo le varie

discussioni quella dei vescovi della minoranza era divenuta nuovamente una

“linea moderata”,

458

sulla cui base si richiedeva a tutti i vescovi

dell'opposizione di esprimere il proprio placet allo schema. In

quell'occasione venne presentata una dichiarazione scritta da Strossmayer

459

che porta le firme di otto vescovi. In essa i padri della minoranza venivano

455 Msi 41, 429-436; Gam 2010, pp. 181-191. Cfr G. G. FRANCO, « Appunti storici sopra il

Concilio Vaticano », p. 282: “Mgr Vetta mi disse che nella Sessione pubblica egli pianse quanto mai in vita sua. Temeva che l'opposizione desse lo scandalo di qualche non

placet , come nell'ultima Congregazione generale privata, nella quale quasi quaranta

padri persistettero nel non placet. Ma quando sentì il card. Schwarzenberg dire placet, gli si allargò il cuore, perché capì da questo, che l'opposizione si era rassegnata”.

456 CUTHBERT BUTLER, The Vatican Council, 1869-1870, p. 247; W. B. TOMLJANOVICH, Biskup Josip Juraj Strossmayer …, pp. 361-362; G. G. FRANCO, « Appunti storici sopra

il Concilio Vaticano », p. 282: “Erano nella Sessione pubblica di ieri da 667 padri; ne mancava una trentina o assenti da Roma, o infermi. Mi dicono che Mgr Strossmayer fosse visto pel Corso, in abito secolare, nell'ora della sessione. Altri nega il fatto. Fu detto che egli mandò avvertire infermità, ma collo spirito accedere alla maggioranza. Mgr Fessler disse al P. Piccirillo, sé non avere ricevuta cotale ambasciata”. Già in precendenza Strossmayer era stato rimproverato dal papa per questa questione. Annota nel suo diario Tizzani: “Mi diceva questa mattina il card. Capalti avere il papa

rimproverato al vescovo di Sirmio di non portare per Roma l'abito vescovile, ma un abito piuttosto secolaresco” - e a ciò aggiungeva una sua personale considerazione - “Ma riflettendo alle abitudini di lui, all'amore da lui nudrito per le belle arti (a vantaggio del culto cattolico nella sua diocesi) e per i gloriosi monumenti dell'antica Roma (meritevoli di essere ammirati con piena libertà), gli è perdonabile quel contegno, né meritava che un papa si occupasse di tali inezie. Con quell'abito gli era lecito di visitare, senza eccitare la curiosità di alcuno, le nostre basiliche, i templi dei gentili, il foro romano, gli archi trionfali degl'imperatori, i musei, le pinacoteche, le ville, le

catacombe, le biblioteche. Al contrario, colle insegne episcopali o anche semplicemente presbiterali gli era d'uomo privarsi di una libertà che per gli studiosi e per gli uomini di

genio è sempre carissima”, in L. PÀSZTOR, « Il Concilio Vaticano I: Diario di Vincenzo

Tizzani (1869-1870)», p. 65.

457 Briefwechsel, II, p. 336, n.1. 458 Ibidem

459 Šuljak sostiene che Strossmayer l'autore unico di questo testo, a differenza della

contessa Arco, moglie di Acton malato in quei giorni, che ne aveva attribuito la paternità al vescovo Place; Briefwechsel, II, p. 336, n.1. Nel Mansi essa viene attribuita al vescovo Kenrick: Msi 51 425-426, n1; mentre Conzemius riporta che venne redatta insieme da Strossmayer e Kenrick: VSVI, p. 365.

altrettanto invitati a esprimere il proprio placet alla costituzione dogmatica,

però con la sottolineatura che il consenso dovesse riguardare esclusivamente

le “parti essenziali della dottrina”

460

contenute nella costituzione, e su cui vi

era un consenso generale,

461

non doveva riguardare invece per la

conclusione del capitolo IV come per i tanti anatemi esposti.

462

Ai lavori del

Comitato venne presentata un'ulteriore dichiarazione, la più radicale, che fu

immediatamente respinta; curiosamente anche questa era stata redatta da

Strossmayer.

463

Vi si ribadiva che l'espressione del placet alla costituzione

non era in alcun modo vincolante e che non impediva ai padri conciliari di

votare successivamente contro il dogma dell'Infallibilità.

464

Šuljak ha

scoperto il testo originale di questa seconda dichiarazione nell'archivio

diocesano; trattandosi di un documento importante viene qui riportato per

intero.

[…] Davanti a Dio e alla chiesa dichiariamo una, da noi essa [costituzione] sarà mantenuta integra, eterna e immutabile, integra, antica e nella chiesa di Dio sempre osservata invariabilmente della fede e della tradizione cattolica riguardo la norma del comune consenso di tutti; e infine integre le leggi di tutti i concili ecumenici e le prerogative dei vescovi.465

Da questo passaggio emerge chiaramente come il punto centrale della

seconda dichiarazione sia il tema dell'unanimità morale nelle decisioni

riguardanti la materia di fede, che era peraltro l'argomento principale di

Acton e Döllinger, come anche di Strossmayer. Si comprende bene come il

vescovo croato, pur essendo autore di entrambe le dichiarazioni, fosse

460 VSVI, p. 365.

461 VSVI, ibidem. 462 Ibidem. 463 Ibid. 464 Ibid.

465 VSVI, ibidem. In lingua originale: “... una coram Deo et Ecclesiae declaramus a nobis

id fieri salva aeterna et immutabilis Ecclesiae catholicae constitutione; salva prisca et in Ecclesiae Dei inviolabiliter semper observata fidei et traditionis catholicae de communi

omnium consensu norma ; salvis tandem omnibus conciliorum oecumenicorum iuribus

propenso a seguire ancora una volta una linea decisamente più radicale

rispetto a quella assunta dal Comitato Internazionale. Lo storico italiano

Angelo Tamborra annota come Strossmayer non fosse soddisfatto né della

dichiarazione del 23 aprile approvata dal Comitato Internazionale, né della

decisione presa in quella sede in base alla quale tutti dovevano votare placet

a prescindere:

466

dopo una serie di consultazioni con alcuni colleghi vescovi

decise di seguire il consiglio del suo caro amico Tkalac, astenendosi dalla

votazione.

467

Strossmayer riteneva infatti che le votazioni del 24 aprile e la

linea cosiddetta “moderata”, scelta dal Comitato, fossero una vera e propria

“sconfitta dell'opposizione”,

468

la resa definitiva alle pretese della

maggioranza. Per lui, ormai, l'unica soluzione era l'abbandono del

Concilio.

469

Lo stato d'animo di Strossmayer ci è testimoniato anche da

queste sue amare parole:

Qui la corruzione è immensa. Contro di me a Roma ora si usano

quelle stesse armi che venivano usate dai Tedeschi e Ungheresi quando avevano provato a distruggere il mio influsso politico.470

Anche Acton considerava il 24 aprile il punto di svolta dell'opposizione e,

471

parimenti, riteneva che l'unica speranza per un successo della minoranza

consistesse nella salvaguardia del principio di unanimità morale. Per questo

motivo continuava a proporre al Comitato di redigere una dichiarazione da

leggersi pubblicamente, e che doveva essere rivolta ai presidenti del concilio

e al papa. Nella dichiarazione si doveva ribadire che la minoranza avrebbe

466 ANGELO TAMBORRA, Imbro I. Tkalac e l'Italia, pp. 69-70.

467 Ibidem.

468 VSVI, pp. 366-368. 469 Ibidem.

470 W. B. TOMLJANOVICH, Biskup Josip Juraj Strossmayer ..., p. 363, il corsivo nel testo è

mio. In lingua originale: “Ovdje je neizmjerna korupcija. Prot meni se sad u Rimu vojuje onim istim oružjem, kojim su se Nemci i Madžari služili, kad su htjeli moj politički upliv uništiti”.

471 VICTOR CONZEMIUS, Die Römische Briefe vom Konzil, in Theologische Quartalschrift n°

60, 1965, p.13 maggio 108. Letteralmente: “kaudinische Waffenstreckung”. Si veda anche lo studio di JACQUES GADILLE, « La phase decisive de Vatican I: mars-avril 1870

», Annuarium historiae conciliorum 1 (1969) pp. 336-347. Sulla svolta di marzo/aprile:

abbandonato i lavori conciliari sic et simpliciter, se tale principio, cioè

quello dell'unanimità, non fosse stato ripristinato.

472

Tre giorni dopo, il 27 aprile, i presidenti del Concilio annunciarono che, su

richiesta di alcuni padri conciliari, l'ordine delle discussioni assembleari era

stato modificato, e che il Concilio avrebbe avviato prima la discussione

finale sull'infallibilità e in seguito le altre.

473

E così in data 9 maggio fu

distribuito all'assemblea uno schema con una nuova intitolazione,

474

che in

verità altro non era che una rielaborazione del vecchio capitolo XI “De

Ecclesia”:

475

un altro colpo durissimo alla minoranza e un chiaro segnale

della volontà del papa, e della sua cerchia di fedelissimi, di accelerare sulla

strada della definizione del Dogma. Lo sconcerto e la preoccupazione della

minoranza furono grandi, e sono ben rappresentatati dalla parole che il

vescovo parigino Darboy usò durante il suo discorso in questa fase del

Concilio.

[…] Lo dico gemendo: la Chiesa è dappertutto in ritirata. E se il mondo rigetta la verità quando gli è presentata dall'intero corpo della Chiesa docente, quanto più non la rigetterà quando gli sarà presentata da un dottore dichiarato infallibile […]!476

Ancora una volta il Comitato Internazionale, in data 8 maggio,

477

aveva

redatto una protesta per questa decisione ritenuta ingiusta, chiedendo il

ripristino immediato dell'ordine prestabilito delle discussioni assembleari: e

ancora una volta non ottenendo alcuna risposta da parte dei presidenti del

Concilio. Questa volta l'azione del Comitato

478

era stata coordinata dal

472 VSVI, p. 369.

473 VSVI, p. 385; I. SIVRICH, Bishop J. G. Strossmayer. New Light on Vatican I, p. 209 474 Gam 2010, pp. 195-212: “De Romani pontificis infallibili magisterio”.

475 Supra

476 ROGER AUBERT, Storia della Chiesa, p. 537, maggio del 1870; Msi, A.C. C. 52, col. 161. 477 VSVI, p. 386.

478 “Tra la fine di aprile e inizi maggio i gruppi della minoranza si vedevano quasi tutti i

vescovo Ketteler e il documento veniva firmato da 71 vescovi della

minoranza di tutti i gruppi nazionali.

479

Inizialmente Strossmayer non

partecipò neppure alle discussioni del Comitato:

480

non vedendo più nessuna

via di uscita alle discussioni conciliari, egli si sentiva “profondamente

scoraggiato e deluso”.

481

Per lui, ormai, l'unica soluzione era quella di

ritornare nella propria diocesi,

482

anche se, annota Šuljak, tra i padri della

minoranza era il solo a pensarlo.

483

Tuttavia se da un lato nessuno dei

vescovi del Comitato lo contestava, dall'altro nessuno incoraggiava”.

484

Così

dunque, con questa disposizione d'animo ormai del tutto rassegnata,

Strossmayer si stava preparando per il suo quinto e ultimo discorso al

Concilio.