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GRAVINA A NAPOL

C. III 3 A Il cantiere architettonico

cardina le gli aspetti tecnic i e gestional i del cant iere di Napol i; porta i disegni del portale e di alcune f inestre del palazzo, elaborati dopo il primo sopral luogo al l’immobile456.

La fase immediatamente successiva è deducibi le dalla documentazione ricordata, dato che la corrispondenza tra il card inale Ors ini e Mario Gioffredo riprende nell’otto bre del 1758, dopo che l’architetto si era trattenuto per qualche tempo a Roma, come si è visto, prima di recars i a Vasto457, in Abruzzo, dove seguiva i lavori de lla chiesa del Carmine da lui progettata e costruita tra il 1758 e il 1766458.

Le motivaz ioni che spinsero il card inale a sce gliere Mario Gioffredo come architetto di fiducia , sono in parte deducibil i dal carteggio intercorso tra i due personaggi e da alcune considerazioni fondate sull’evoluz ione della vicenda. In una lettera a nostra disposiz ione, infatt i, il Maestro di Casa de l card inale Ors ini riferisce al marchese di San Giorgio459 che fu l’abate Leone - così viene chiamato nel document o - a segnalare il nome dell’arch itetto napoletano al cardinale460. Allo stato attuale delle ricerche, non è stato possibile individuare l’abate citato, ma la notiz ia appare interessante, in qua nto riconduce il contatto fra mecenate e artista a ll’ambiente ecc lesiastico, con i l quale il Gioffredo ave va già collaborato.

Un’altra considerazione può essere avanzata, tenendo presenti le affinità di gusto tra Mario Gioffredo e il suo mecenate. Il card inale, la cui competenza artistica emerge in ogni parte di quest o studio, sceglie di fatto un professionista erudito, che conosceva bene anche l’arte class ica e rinascimenta le, grazie alla lettura dei magg iori trattat i e alla conoscenza delle opere,

sottolineata da studiosi diversi461. La frequentazione del colto ambiente romano, unita alle

456 Appendice documentaria 3: doc. 66. 457 Appendice documentaria 3: doc. 45, 48.

458 La chies a gli fu commissionata dal marchese d’Avalos del Vasto nel 175 1. Per lo stesso committente il

Gioffredo eseguì a Napoli il rifacimento del palazzo cinquecentesco che si trovava appena fuori la porta di

Chiaia (Venditti 2000, pp. 118-119).

459 Il personaggio che verrà citato anche in altre occasioni, è da identificare con il nobile Giacomo Francesco Milano (Polistena 4 maggio 1699 – 28 novembre 1780), Patrizio Napoletano e Grande di Spagna di prima classe dal 1740, ambasciatore napoletano in Svezia e a Parigi dal 1741. Giacomo Francesco Milano fu allievo del famoso musicista napoletano Francesco Durante, dedicandosi alla composizione e divenendo uno dei più acclamati clavicemb alisti di Napoli. Durante la perma nenza a Parigi si fece onore alla corte di Francia come organista, tanto da essere citato, nel 1767, nel di Jean-Jacques Rousseau (ediz. 1832, p.

433). Compose alcune opere ( Napoli 1734; , Napoli 1735), l’azione profana (1740), pezzi p er clavic embalo, cantate, mess e e lamentazioni (Pitarresi 2001, p. 45). 460

Appendice documentaria 3: doc. 16.

461 Venditti 200 0, p. 122; Jappelli 2002, pp. 125 -140; Divenuto 2 002, pp. 81 -108. Dictionnaire de Musique

La betul ia liberata, Gioas re di Giuda Angelica e Med oro

cono scenze appe na elencate, consentì poi al Gioffredo di operare nel palaz zo di Napoli con un

adeguato bagagl io cultura le e st ilistico.

Come si vedrà meg lio in seguito, l’architetto manifesta fort i tendenze classicistiche, tanto da opporsi in maniera programmatica alla trad izione napoletana barocca e rococò; tendenza che

aveva mani festato fin da giovane, quando aveva frequentato lo studio di Francesco Solimena, pittore incline al gusto arcadico462. D’altra parte anche il card inale Ors ini, appartenev a all’Accademia dell’Arcad ia, confermando quindi le assonanze con l’architetto napoletano. Lo stesso prelato, inoltre , ne ll’affidare l’incar ico al Gioffredo, si sarebbe ga rantito il rispetto del le preesistenze presenti nell’edificio di Napol i, viste le caratter istiche dell’arch itetto e il suo

percorso professionale463.

È da tener presente che al mome nto della dec isione del card inale di interven ire sul suo

palazzo, a Napol i era presente Ferd inando Fuga, il quale era già entrato in contatto con il prelato a Roma. Le ragioni per cu i il card inale non abbia richiesto all’architetto romano di seguire tutto l’inter vento a palazzo Gravina, sono forse da individuarsi nei numerosi incarichi allora affidati al Fuga, oppure per contenere l'impegno economico. In seguito, il ricorso a Fuga si renderà tuttavia necessar io per risolvere i problemi struttural i che si evidenzier anno nel palazzo. La sce lta di questo professionista da parte del cardina le è poi probabilmente motivata dalla volontà di affidare l’incar ico a un architetto napoletano, in grado cioè di colloquiare con l’ambiente e di intuire le modif iche da apportare all’immobile in un prec iso contest o urbanistico. È necessario analizzare, quindi, questa realtà partenopea per compre ndere appieno il valore e le caratte ristiche de ll’azione professionale d i Gioffredo. La produzione architettonica barocca napoletana, infatt i, nel 1734, anno in cui era salito al trono di Napoli Car lo III, aveva come prota gonisti indiscussi Domenico Antonio Vaccaro (1678-1745) e Ferd inando Sanfelice (1675-1748)464. Il giovane re, educato alle corti di Madrid e Parma, forse perché riteneva troppo provinciale l’architettura barocca napoletana o, più probabilmente, perché voleva rappresentare nel gusto architettonico il nuovo corso politico, trascurò i maestr i napoletani , rivolgendosi prima a Giovanni Antonio Medrano (1703-post 1738) e Antonio Canevari (1681-1751)465, e poi ai due maggior i esponenti della

462

Jappelli 20 02, p. 12 2.

463

Mario Gioffredo, infatti, dimostra un approccio “conservatore” anche in altri episodi della sua attività e valga come esempio il parere negativo da lui espresso nel 1770, nei confronti della demolizione della cupola della chiesa napoletan a del G esù Nuovo, volu ta invece da Vanvitelli e Fuga (Russo 2 005, pp. 153 -155).

464

De Fusco 19 71, pp. 3-4; Blunt 200 6, pp. 243.

465

Giovanni Antonio Medra no, architetto di origini siciliane, fu incaricato da Carlo III della costruzione del teatro San Carlo (1737) e dei nuovi appartame nti del palaz zo Reale. Nel 173 7, Carlo III affida al Medrano i

scuola romana, Luig i Vanv itelli e Ferdinando Fuga, chiamat i a Napol i nel 1751, per ese guire i ben n oti incar ichi de lla reggia di Caserta e l’alber go dei Pove ri di Napol i466.

La secon da metà del Settecent o, considerata una delle stag ioni più felici della produzione artistica napoletan a, con opere d’interesse europeo, fu do minata, come appena visto, da a rtisti formatisi altrove: Medrano, Canevar i, Vanv itelli, Fuga467. L’unica eccez ione era il napoleta no Mario Gioffredo che sopravanzò la schiera deg li architett i minor i locali, come Giusep pe Astarita (1707-1775), i fratelli Barto lomeo e Luca Vecchione e Fel ice Bott iglieri.

Gioffredo incarnò di fatto la nascente tendenza al classicismo come reazione al barocco e al

rococò, riscontrabile non solo in artisti “stranier i” come Vanvitel li e Fuga, ma anche nella nuova generazione di architett i napoletani; si posiz ionò quindi in quel clima di elevata qual ità che contrad distinse la produzione napoletana del second o Settecent o468. Lo stesso Gioffredo , benché avesse dato prova fin da giovane delle sue capacità , fu in parte oscurato nella sua attività dai due più quotati maestri contemp oranei, i già citati Vanv itelli e Fuga469.

Formato si nello studio dell’arch itetto Mart ino Buonocore, esponente dello stile rococò,

studierà poi disegno e prospettiva nella bottega di Francesco Solimena (1657-1747), figura preminente nel panorama artistico napoletano, per la sua azione innovatrice, tendente al gusto arcadico470: in un passo della documentazione qui pubblicata, conferma questo suo contatto

con la pittura ricordand o di “ ”471.

La critica sottolinea in particolar modo la formazione autodidatta di Gioffredo, basata sullo

studio dei di Andrea Palladio, de l di

Vitruv io472 e dei mag giori trattat i di età rinascimental e. Allo studio, l’architetto affianca esperienze come l’esame dei templi di Paestum, che fu il primo a visitare e a dise gnare, insieme ai vari viaggi di formaz ione a Roma: esperienze con cui consoliderà la sua

lavori per il nuovo palazzo di Capodimonte, nella cui progettazione e costruzione fu presto affiancato dall’architetto romano Antonio Canevari (1681-1751). I due architetti collaboreranno poi nella realizzazione della villa reale di Portici (1738), voluta dal sovrano allo scopo di ospitare la collezi one Farnese (Pane 193 9, pp. 202-206; Blunt 20 06, p. 24 3).

466 De Fusco 19 71, pp. 3

-4; Blunt 200 6, p. 243.

467

De Fusco 1971, p. 3. Per uno studio più completo dell’architettura napoletana di questo periodo vedi Pa ne 1939; De Fusco 1971; Blunt 1975, pp. 233-257; Blunt 1979a, pp. 60-71; Blunt 1979b, pp. 254-259; De Seta 1981; Garms 200 0, pp. 260 -293; Grava gnuolo 2 010.

468

De Fusco 19 71, p. 3; Blunt 200 6, p. 233.

469

Venditti 200 0, p. 122.

470

Jappelli 2002, p. 122; Venditti 20 00, p. 11 8.

471

Appendice documentaria 3, doc. 222.

472 Nell’edizione del 1556, curata da Daniele Barbaro e illustrata da Andrea Palladio. esser s tato ne primi miei tem pi anc he pittore

formazione fondata sulla “r icerca classicistica in rapporto all’uso degli ord ini architettonic i”473.

La sua carriera di architetto iniziò presto: nel 1741, a soli vent itre anni, aveva già concluso il percorso formativo per accedere alla professione e si cimentò poi nella progettaz ione di alcune opere effimere474. Il primo lavoro importante per Gioffredo fu l’inter vento nel palaz zo della fam iglia Coscia , poi Partanna, che diresse dal 1746 al 1752; l’immobile fu trasformato in forme sontuose tramite la trasformaz ione di strut ture preesistenti, soprattutt o il vest ibolo, le scale e il salone, nonché la ricostruzione della facciata, caratte rizzata dal nuovo portale475. In

quest o, l’architetto elabora un ingresso fianchegg iato da due colonne ioniche con sopra mens ole disposte tra le due sporgenze della trabeazione, compo sizione che verrà ripresa anni dopo sia a palaz zo Gravina, s ia a palaz zo Cava lcanti476.

La carriera di Gioffredo, in questi anni è in positiv a evoluz ione, testimoniata ad esempio dall’incarico ricevuto agli inizi degli anni cinquanta del Settecento dal re di Napoli , per la progettazione del la reggia di Caserta. La proposta di G ioffredo, considerata troppo s ontuosa e ampia, non piacque e, mentre l’architetto era impegnato a rivisitare il suo progetto, pervennero a Napoli i disegn i di Luigi Vanv itelli che furono scelti dal re477. L’intervento per Caserta di Mario Gioffredo è testimoniato da una serie di dise gni conservat i nelle Biblioteca Nazionale di Napol i478, tramite i quali è possibil e compren dere la sintesi progettual e: la reggia

473

Divenuto 20 02, p. 81.

474

Tra le prove di questi primi anni di attività sono da ricordare nel 1742 il disegno per il , macchi na da festa per la processione della Congr ega di Montecalv ario, i dise gni per apparati funebri e altri p er la festività di San Gennaro. A queste esperie nze si affianca no quelle di progetta zione di cortine stra dali, rilievi e

direzione di lavori, tra cui vale la pena di menzionare un interve nto del 1745 nell’Arciconfraternita della S.S. Trinità dei Pellegri ni di Napoli e, nel 174 9, insieme a Nicola Tagliacozzo Canale e Giovanni Antonio Medrano, la costruzione di alcune case vicino porta Medina. Tra le prime prove del Gioffredo si annoverano anche il teatrino del palazzo D’ Afflitto, nei quartieri spagnoli, e il nuovo Sedile di Porto, entrambi perduti e datati al 1748. L’anno successivo l’architetto è impegnato nella progettazione di una strada, l’attuale via Tomm aso Carovita, per dare un passaggio diretto alla chiesa del Real Monastero di Monteoliveto (Venditti 200 0, pp. 118 - 119; Japp elli 200 2, pp. 121 -123).

475

Attualmente il portale è l’unico eleme nto superstite dell’interv ento di Mario Gioffredo. Il palazzo, infatti, fu rimaneg giato più tardi da A. Niccolini che gli die de le forme neoclassich e che attualmente lo car atterizzano.

476

Pane 1939, p. 310; De Fusco 197 1, p. 430; Russo 1 974, pp. 63-68; Colletta 1 975, pp. 337-340; Venditti 2000 ,

pp. 119-120; Jappelli 200 2, pp. 123-124.

477

De Fusco 19 68, 18 0; Venditti 200 0, 11 9; Jappelli 2002, 125.

478

Sul dibattito inerente l’attribuzi one a Mario Gioffredo di questo gruppo di disegni conservati nelle Biblioteca Nazionale di Napoli cfr. Chierici 1937, p. 31; Pane 1939, p. 311; Schiavo 1952, pp. 160-170; De Nitto 1975, pp. 183-188.

di Gioffredo, in questo senso, appare concepita come un edificio fortificato, di vaste dimensioni, compost o dalla residenza reale e vari dicaster i, l’unive rsità, la mag istratura, un teatro e una biblioteca pubblica , nonché un seminario con una cattedrale ed altre costruzioni annesse. L’ampia compo sizione si sviluppava su mod uli organizzati secondo uno schema estremamente ordinato, con al centro nove strutture quadrate, delle qual i la centra le ospitava un vestibolo ottagonale, coperto da una cupola sulla quale converge vano gli elementi verticali479.

Come è stato rilevato dalla critica, il caratter e d’insieme testimonia uno studio delle fabbriche antiche e soprattutto tematiche peculi ari alla cultura rinasc imentale, come l’adozione del modulo quadrato e l’idea le de lla central ità480. Dai progett i, tuttav ia, è possibi le riscontrare richiami ad alcuni episodi significativi de l barocco: la proposta per la ristrutturazione del Louvre di Gian Lorenzo Bernin i (1655) e, soprattutto nel piano della cattedral e, rimandi a S. Agnese in Agone a Roma e S. Maria Egiziaca a Napol i, con richiami evidenti a Francesco Borromini (1599-1667) e Cosimo Fanzago (15 91-1678)481.

Con il progetto per la reggia di Caserta Mario Gioffredo, a trent’anni, diede una notevole prova della sua abilità, tanto che alcune sue soluzioni furono riprese da Luigi Vanv itelli482. D’altra parte il progetto gioffred iano, malgrado alcune debolezze, si proponeva già come superame nto del gusto barocco e, come è stato sottolineato, al contrario dell’ideazione

vanv itelliana, che si inseriva nell’ambito di simili esper ienze tipolog iche, il progetto dell’arch itetto napoletano si presenta al contempo moderno, ma con precise conn otazioni riferibili a modell i classici e rinascimenta li483.

Francesco Milizia ricorda un viaggio a Roma dell’arch itetto, nel 1750, durante il quale “dette saggi di un gran talento e di molta abilità nell’arte sua” e accrebbe “quel buon gusto dalle migliori opere antiche e moderne”484. Nella capita le dello Stato Pontificio, Gioffredo ricevette

il titolo di Cava liere e Conte Palatino e, come già visto, un suo progetto vinse il concorso per la ristrutturazione della chiesa di S. Giacomo degli Spagnol i; la proposta del Gioffredo, non attuata, si impose tuttavia su quelle fornite da Ferd inando Fuga, Luigi Vanv itelli e Giuseppe Sardi, a rchitett i molto ben inser iti nel mond o roma no485.

479 Venditti 200 0, p. 119; Jappelli 2002, p. 12 5. 480 Jappelli 20 02, p. 12 6, p. 143 n. 46. 481

Schiavo 195 2, p. 166; Venditti 200 0, p. 11 9; Jap pelli 200 2, p. 127.

482

De Fusco 19 71; Schiavo 195 3, p. 164; Venditi 197 3.

483

De Fusco 19 73, pp. 30-31. 484

Milizia 178 1, p. 145; Jappelli 2002, p. 13 0.

A questi rapporti con Roma ora, graz ie alla docume ntazione rinvenuta nel corso del la presente ricerca, si posson o aggiungere almeno altri tre viaggi effettuati da l Gioffredo nella città capitol ina, svolt i nell’ottobre 1758, nel dicembre 1761 e nel novembre 1762, allo scopo di definire con il cardina le Orsini i lavori da effettuare a pa lazzo Gravina. Queste esper ienze, come si vedrà in segu ito, saranno sfruttate dall’artista a livello formati vo e lavorat ivo, al fine di cerca re nuovi incarichi.

Nel 1751 il marchese d’Avalos commissiona a Mario Gioffredo la chiesa del Carmine a Vasto, che venne poi costruita tra il 1758 e il 1766. L’architetto ideò una pianta a croce greca, con due cappelle ai lati dell’ingresso e progettò la decorazione interna, caratter izzata da eleganza e armonia del disegno, secon do principi basati sul control lo accurato degli equilibri plastic i e formal i486. Gli anni di costruzione della chiesa coinc idono con quelli de i lavori a

palazzo Gravina, sempre dirett i da Mario Gioffredo; nei documenti qui pubblicati, infatt i, vengono molto spesso citati i viaggi che l’architetto effettuava a Vasto per controlla re il cantiere487.

Gioffredo, nel 1751, riceve dallo stesso marchese d’Avalos l’incarico del rifacimento del suo

palazzo napoletano edificato nel Cinquecento. Come è stato messo in evidenza, l’arch itetto riesce a mantenere l’armonia e l’effetto unitar io della facciata, attra verso l’uso modulare dei timpani delle finestre dei due piani superior i, posti sopra un leggero bugnato uniforme che caratter izza la facciata. Nel piano terra, connotato da un rivestimento bugnato listato, Gioffredo inserisce poi coppie di colonne toscane a serrare l’arco del portale488.

Tra i lavor i affidati in questi anni all’architetto napoletano, fi gurano quell i per il restauro del la Regia Dogana, da l 1750 al 1753; ne l 1751, l’ampliamento dell’Ospedale dei Pellegrini, seguit i dalla progettaz ione e la direzione dei lavori del pa lazzo per il consigl iere di Stato Latilla, dal 1754 al 1758 circa489. Nell’immobile, destinato ad inglobare il prees istente

palazzo De Ruggero, Gioffredo realizza un volume contrad distinto dall’a lternars i dei moduli uniformi di finestre e balconi; il basamento risulta caratter izzato da botteghe, con alle estremità due originali portal i di piperno ad arco segmentato, a bugne piatte con riquadrature

486

Lancetti 1905, p. 137; Pane 1939, p. 131; Robotti 1 984, pp. 59-66; Robotti 1 993, pp. 35-59; Jap pelli 200 2, p. 128.

487

In particolare vengono citati quattro viaggi, uno a ottobre e l’altro a novem bre del 1758; uno nel giugno del 1760 e uno nell’ ottobre del 1761 (Appen dice documentaria 3, doc. 45, 48, 76, 123, 131).

488

Pane 1939, p. 317; Catalani 1979, p. 80; Jappelli 200 2, p. 129. Attualmente la paternità dell’interve nto settecentes co di Gioffredo a palazzo d’Avalos è stata mes sa in discussione dal ritrovamento di alcuni pagamenti fatti dal marc hese d’Avalos a Fer dinando Fuga cfr. D’ Antonio 199 7, p. 111 -117.

489 Venditti 200 0, pp. 120

verticali; al centro viene invece conservato l’antico portale. Di rilevante interesse architettonico è l’ideazione nel cortile di una scala aperta nel corpo occidentale dell’edificio, contrad distinta da vo lte e archi in successione pros pettica che si affacc iano sul corti le490.

Il 1754 è un anno intenso per Mario Gioffredo, che assumerà la direzione dei lavori per la

trasformazione di palazzo Casacalenda, in piazza S. Dome nico Maggiore, di proprietà del duca Lutio di Sangro. Alla trasformaz ione di questo edificio, Gioffredo lavorerà fino al 1761 quan do, a causa di pesanti controversie insorte con la duchessa Marianna di Sangro, venne sostituito con Luigi Vanv itelli; allo stato attuale de lle ricerche, risulta pertanto difficile individuare gli intervent i de i due architett i. La facciata de l palazzo è caratte rizzata da un piano nobile rivest ito in cotto, con una piacevole bicromia determinata dalla pietra scura usata nelle membrature; nel basamento in piperno si distinguono i due portali, con colonne tuscaniche in marmo bianco, che sorreggono i balconi del piano nobile; dalla medesima base nasco no paraste ioniche di ordine gigante che segnano il paramento murario con il loro plastico a ggetto491.

Quasi contemp oraneamen te alla costruzione di palazzo Casacal enda, l’arch itetto napoletano riceve l’incar ico dai medesimi committenti di progettare e dirigere i lavor i per l’edificazione

della loro residenza estiva: villa Campolieto a Erco lano. Gioffredo ne fu responsabile fino al 1761; dopo, a causa delle divergenze con la committente, fu allontanato da entrambi i lavori affidatigli dai di Sangro. N el 1761 i lavori di villa Campolieto furono assegnatiall’arch itetto Miche langelo Giustinian i, al quale ne l 1763 subentrò Luig i Vanv itelli492.

Nel 1754, Mario Gioffredo vinse il concorso per la costruzione della chiesa de llo Spirito Santo, ritenuta l'opera più rilevante della sua carriera. I lavori, iniziati ne l 1758 e conclusi nel 1774, inglobarono la preesistente chiesa tardo-cinquece ntesca in una costruzione nuova e originale493. L’interno è caratterizz ato da un’unica navata molto ampia, con colonne corinzie di ordine gigante tra le qual i si apron o archi, che immetton o nelle cappel le laterali. Agli estremi de lla navata , neg li intercolunni, sono realizzati spazi arch itravati sopra i qual i vengono inserite ba lconate sorrette da mens ole. Come è stato sottolineato da De Seta, di grande preg io è la scen ograf ica soluz ione absidale , contraddistinta dall’alta cupola decorata

490

Gambar della 1985, pp. 11-15; Venditti 200 0, p. 121; Jappelli 200 2, p. 131.

491

Pane 1939, p. 276-278; De Fusco 197 1, p. 67; Fiengo 1976, pp. 63 -94; Catalani 197 9, p. 77; Venditti 200 0, p. 120; Japp elli 200 2, pp. 133 -134.

492

Per una completa ricostruzione della storia di Villa Campolieto cfr. Fiengo 197 4.

da fasce a motivi ste llari e illuminata da dodici finestre a timpani alterni494. L’unità d’insieme interna è ottenuta grazie ad un’impo stazione classica, misurata e al contemp o monumentale,

alla quale si aggiunge una luminosità interna accentuata dal colore chiaro de lle membrature e degli stucchi, superand o di fatto il color ismo barocco tipico delle ch iese napoletane495. La chiesa fu esa ltata dag li scrittori di tendenza neoclassica come Francesco Milizia, anche se nell’abside si ritrovano ancora limitati accenti barocchi496.Nella facciata, sobria e imponent e, Gioffredo conserva inoltre il portale seicentesco progettato da Simone Moccia, inquadrato