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III 1 Il palazz o dal XVI all a metà del XVIII secolo

GRAVINA A NAPOL

C. III 1 Il palazz o dal XVI all a metà del XVIII secolo

Il piano nobile superiore è scandito da dieci lesene corinz ie in pietra lavica, interva llate da finestre rettango lari di marmo bianco che si stagliano sul fondo grigio, coronate da cartelle a loro volta rettangol ari; sopra, altrettante volute in rilievo, al culmine delle qual i sono posti oculi circolari circoscritt i da gh irlande di a lloro, contenenti busti marmorei raf figurant i antichi uomini illustri ancora non identif icati. A conclusione dell’edificio si erge una trabeazione in

piperno con leggere modanature e un cornicione non eccessivamente aggettante.

Il cort ile de l pa lazzo (figg. 54-55), all’interno, si presenta come un volume quasi cubico, con un porticato di pianta quadra ngolare, che mantiene nella facciata orienta le l’originaria impaginaz ione cinquecentesca, caratter izzata da cinque arcate a tutto sesto che si ergono su possenti pilastri di piperno a base quadrata (fig. 55). Nei pennacchi degli archi sono inseriti dei tondi di marmo, all’interno dei quali compaiono simboli araldici e allegor ici; sopra gli stessi archi si eleva una trabeaz ione sulla qual e si erge il piano nobile, caratter izzato da un secon do ordine di arcate, intervallate da lesene corinz ie.

Nei van i formati dall’alternarsi delle lesene, si trovano finestre aperte in marmo, uguali a quelle de lla facciata de l palazzo, e finestre cieche in pietra lavica con all’interno nicchie concluse da conchiglie. Anche tra gli archi del piano nobile sono inserit i dei medagl ioni marmorei simili a quelli già ricordati, con all’interno busti di avi de lla famiglia Orsin i. Le finestre neg li archi de l piano nobile sono volte ad illuminare il piano ammezzato realizzato nel XIX secolo.

L’impianto quadrangolare dell’edificio è un assetto raggiunto nel corso dei secol i e la conformazione originaria del palazzo rimane una questione irrisolta, nonosta nte gli studiosi abbiano cercato di ricostruire la tipolog ia cinquecentesca dell’edif icio tram ite le fonti iconograf iche dell’urbanistica del tempo.

Il principa le dato di riferimento per la costruzione dell’edi ficio è costituito dalla data di acquisiz ione dei terren i, 24 settembre 1513, su i qual i venne edificato il pa lazzo: la notiz ia è stata resa nota nel 1897 da G iuseppe Ceci, nel pr imo fondamentale sagg io sul monume nto381 e riguarda l’acquisto del giardino del monastero di Santa Chiara, effettuato da Don Ferdinand o Orsin i duca di Gra vina, condottiero e f igura d i rilievo nel panorama polit ico de l tempo382.

Il ruolo del nobile quale committente del pa lazzo, è confermato poi nell’iscrizione originaria, una volta incisa ne l marcapiano marmoreo dell’immobile , che recita “FERDINANDUS

381

Giuseppe Ceci (Ceci 1897, pp. 1-4, pp. 24-31) riporta che il documento è conservato nell’Archivio di Stato di Napoli, Carte dei Monasteri soppre ssi, vol. 2699.

382

Duca dal 1504 al 1549, si distinse per le sue scelte di autonomia nei confronti del Vicerè spagnolo Ugo di Mondac a, schiera ndosi insieme ad altri baroni dalla parte dei francesi durante la spedizione del Lautrec del 152 8 (Gravag nuolo 2004, p. 14 8).

URSIN US GENERE ROMAN US GRAVINENS IUM DUX AC NER ULANORU M COMES COSPICUAM HANC DOM UM SIBI SUISQ UE ET AMICIS OMNI BUS A FUNDAM ENTIS EREXI T”383.

Il luogo scelto dal duca Ferdinando per la costruzione della propria dimora risulta essere un punto strategico rispetto all’urbanistica della città nel primo Cinquecent o e al suo successivo sviluppo. Situato tra le antiche mura dell’XI secolo e quelle nuove realizzate ne l 1513, esso si trovava in una posizione di co llegamento tra il nucleo antico e le nuove zone di espansione, che sarebbero sorte nell’arco di pochi anni per l’iniziativa e la volontà del vicerè Don Pedro di

Toledo384, esplicitando così la volontà del committente di costruire il suo palazzo in un contest o centrale rispetto alla futura struttura urbanistica de lla città385. Nel 1549 vengono eseguit i i lavori di completamento del tetto sotto la guida dell’architetto Giovanni Francesco di Palma, lasciando presupporre la fine delle opere di edificazione del palazzo386. Manca in effett i il nome dell’arch itetto che progettò l’intero edificio, anche se una fonte del 1539387 assegna la paternità dell’opera all’architetto napoletano Gabriele D’Angelo388, attribuzion e poi ripresa in scr itti del XVII389 e XVII I secolo390.

In alcuni test i vengono tuttavia avanzati forti dubbi su questa assegnazione391, arrivando a proporre altre attribuzioni basandosi su basi stilistiche : tra i nomi proposti emerge quel lo

383

L’iscrizione è andata distrutta nel XIX secolo e ripristinata durante il restauro subito dal palazzo nel 1936 anche se i n una versione di versa dall’originale (Grav agnuolo 20 04, p. 147).

384

Don Pedro Álvarez de Toledo y Zuñiga (Salama nca, 1484 – Firenze, 22 febbraio 1553 ) fu marchese consorte di Villafranca e dal 1532 al 1553 fu viceré di Napoli per conto di Carlo V d'As burgo.

385 Divenuto 2004, p. 56; l’ingresso principale del palaz zo è attualmente su via Monteoliveto, l’antica via

dell’Incoronata, me ntre la p arte posteriore dell’immobile è delimitata da via dei Carrozzieri.

386 Secondo i documenti rinvenuti da Filangieri, tra il 154 8 e il 1549 l’architetto Giovan Francesco di Palma

dirige i lavori di ultimazione dell’opera. Oltre al tetto, infatti, vengono messe le imposte e le targhe con le insegn e di fa miglia (Filangeri 1891, p. 237; Gravagnuolo 2 004, p. 148).

387

Di Falco 153 9, p. 115. Come accertato da Gra vagnuolo, le altre guide del Ci nquece nto che citano palazzo Gravina trascurano di menzionare l’autore dell’edificio (Gravagnuolo 2004, p. 148).

388 Sono poche le notizie che riguardano la figura e l’attività di Gabriele D’Angelo derivate per di più da fonti

letterarie. Attivo a Napoli tra il XV e il XVI secolo, avrebbe trascorso un periodo di formazione a Roma volto allo studio dell’antico, per poi ritornare in patria dove svolse la sua attività influenzato soprattu tto dalle esperien ze architettoniche di Novello di San Luca no e del Morman do (Ceci 189 7, p. 25, p. 27; Ceci 1898, pp. 181-182). 389 Celano 169 2, p. 339. 390 De Dominici 1743, pp. 12 3 e sgg. 391

Per una completa riflessione su le ricostruzioni storiche e le divers e ipotesi attributive su palazzo Gr avina si veda il sag gio monografico di Bened etto Gravag nuolo (Gravagnuolo 2004, pp. 148-152).

dell’arch itetto Giovanni Donadio detto il Mormando392, per le analog ie riscontrabi li tra

palazzo Gravina e palazzo Capua, realizzato dallo stesso architetto; a maggior conferma si evidenzia il legame di parentela tra il Donadio e Giovan Francesco di Palma, al quale si deve, come già e videnziato, la conclus ione dei lavori a palaz zo Gravina393.

La dimora napoletana della fam iglia Orsini, in effett i, propo ne soluzioni stilistiche vicine al class icismo in via di elaboraz ione a Roma nel primo Cinquecen to, identif icabili principa lmente nel pa lazzo Caprin i, ideato dal Bramante.

È tuttav ia innegabi le che alla base de l progetto ci siano prec isi rimandi agli ed ifici del Quattrocento fiorentino, specialmente per il bugnato di base, modello ripreso anche

nell’ambito romano, come in palazzo Farnese394; le lesene corinz ie, presenti ne l primo piano, inoltre , rimandano in maniera molto ev idente al fiorentino palazzo Rucel lai.

La tipolog ia delle dimore nobili presenti a Napol i ne l XV e XVI secolo rimarc a i riferimenti all’ambito fiorent ino, ed anche palazzo Gravina si colloca in questo panorama partenopeo, pur

non dipendendo in modo pedissequ o da tale caratter izzazione. Lo stesso Di Palma, ad esempio, attinge a orizzonti più ampi quan do a palazzo Capua propone finestre tratte dai disegni eseguit i per la , conservati ne lla Galleria delle Mar che di Urbino.

Stand o alle deduzioni emerse da ll’anal isi delle rappresentazioni cinquecentesche che docu menta no l’immobile, l’originale fase costruttiva, risalente come già detto alla prima metà del Cinquecento, vedeva il pa lazzo compo sto da tre corpi di fabbrica, disposti intorno ad un cortile rettangola re; sul quarto lato del cortile, quel lo ad est, era posto un blocco di fabbrica più basso che lasciava vedere il giardino sul lato posteriore dell’edificio, realizzato sui terreni acquisit i dal monastero di Santa Chiara 395.

Per le diverse dissertazioni storiografiche sulla paternità del progetto di palazzo Gr avina vedi Ce ci 1897, p. 27; Chierici 193 6, p. 63; Pane 1937, p. 17 2; Pane 197 7, p. 251; Gravag nuolo 2004, pp. 148 -152.

392 Architetto calabres e nacque a Morma nno (CS) nel 1450 circa, attivo a Napoli dove giunse negli anni ottanta

del Quattrocento, dove si fece portatore delle tendenze dell’architettura fiorentina a Napoli. Una figlia sposò nel 1526 Giovan Francesco di Palma che poté così fregiarsi dello pseudonimo di Mormando (Ceci 1900, pp. 167- 172, pp. 182-185; Ven ditti 19 95; Valtier i 2003, pp. 135 -146; Grava gnuolo 2 004, p. 17 1 n. 16)

393

Pane 1937, p. 17 2; Pane 1977, p. 25 1.

394

Il parallelo tra palaz zo Gravina e palazzo Farnese è stato avanzato da Di Falco nel 1539 (Di Falco 1539; Gravag nuolo 2004, p. 14 8).

395

Gli studiosi si sono soffe rmati sull’analisi della tavola di Carlo Theti-Nicolò van Aelst del 1560, sulla mappa incisa da Stéfa n Dupérac ed edita da Antoine Lafrér y nel 156 6 e sulla veduta di van Stinemolen del 1582 (Marin 1990, pp. 163-189; De Seta 1969, pp. 122-123, pp. 137-138, p. 268; Funari 1999, pp. 74-76; per un’accurata trattazione delle fonti iconografich e su palazzo Orsini di Gr avina vedi Gr avagnolo 20 04, pp. 157-160 e Divenuto 2004, pp. 53-56).

Data la mancanza di fonti docume ntarie attendibi li, non è possibile stabi lire se questa iniziale conformazione sia stata frutto di un progetto preciso o causata dall’interruzione dei lavori dovuti alla morte del committente Ferdinando Orsini nel 1549396: alcune fonti letterar ie tra Cinquecent o e Settecento segnalano com unque l’incom piutezza del pa lazzo397.

Le docu mentazioni cartograf iche e planimetr iche mostrano che il cort ile avesse una corte chiusa a partire dal ‘600398. La facciata de l palazzo, tuttavia , non presenta proporzioni ed equilibri raggiunti compiutame nte, ma sembra incompleta nell’e levazione, elemento notato da

Jean-Jacques Bouchard nel 1632 e riportato nel suo diario di viaggio; sempre a questi anni risale la prima veduta del pa lazzo (fig. 56), esegu ita da Viviano Codazzi (1604 –1670) ne lla quale è possibile conoscere il prospetto del palazzo nella parte che si affaccia su uno slargo di via Monteoli veto399.

L’edifi cio è citato nei documenti di successione della fam iglia e appare protagonista nelle varie vicende di corte, ospitando in particola re feste, cerimonie ed eventi teat rali400. Gli avven imenti fastosi fanno corona in alcuni casi episodi meno piacevol i, come il saccheg gio subito dall’immobile durante i tumulti popolar i guidati da Masanie llo nel 1647, preso di m ira a causa del coinvolg imento del duca Ferdinan do nel sostenere e sovvenzionare, tra la seconda metà del Se icento e i prim i anni de l Settecento, la causa del vicerè d’Arcos401.

Il pa lazzo dovette subire un’affrettata modific a nel per iodo successivo, tanto che in una stampa del 1718 appare coronato da un mezzanino (fig. 57), giustificabile per la necessità di un ampliamento degli spazi . Nella stessa incisione, in una nota posta sotto l’immagine del

palazzo, si prec isa che lo stesso appare incompleto, ma il dise gno è tuttavia “considerabi le” e l’immobile viene giudicato “capace di r icevere varii personagi raguardevo li”402.

Dal 1728 sono attestati dei lavori di manutenzione e decorazione al palazzo voluti da Mondil lo Orsin i403, patriarca di Costantinop oli ed arcivescovo di Capua; tra questi figurano

396 Umberto Chierici ha sostenut o che la tipologia ad U è una soluzi one precoce per la prima metà del

Cinquecento, tuttavia Benedetto Gravagnuolo fa notare che anche se rara , è prese nte a Napoli nel palazzo

Marigliano, coevo a palaz zo Gravina (Chierici 1936, p. 24; Gravagnuolo 20 04, pp. 160) .

397 Grava gnuolo 2 004, p. 16 0. 398

Si tratta delle rappresentazioni seicente sche di Alessandro Baratta (1629, 1670), Pietro Miotte (1648) e Bastiaen Stopend al (165 3); (Gravag nuolo 2004, p. 16 0; Divenuto 20 04, p. 54).

399

De Seta 200 2, p. 67; S pinosa 198 9, p. 187 n. 9, p. 212 fig. 6; Di Mauro 19 89, p. 15; Tugban g 2004, p. 25.

400

Litta 182 8-1832, tavv. XXVIII-XXX; Di Resta 1989, p. 98; Tugba ng 2004, p. 24-25.

401

Litta 182 8-1832, tav. X XX; Tugbang 200 4, p. 26.

402

Petrini 17 18; Gravagnuolo 20 04, p. 151 fig. 7 5.

403

Mondillo Orsini (Solofra 1690-Napoli 1750), era lo zio di Domenico Amedeo Orsini in quanto fratello di seconde nozze del padre Filippo Orsini . Entrato nella Congregazione di S. Filippo Neri che operava nella Chiesa

intervent i di riadattamento del tetto, avvenuti nel 1734, sotto la direzione dell’ingegnere regio Gennaro Carola404; tali lavori si protrar ranno fino al 1738 con significative somme impieg ate405. I lavori citati sono documen tati in maniera gener ica e non permetton o di individuare chiaramente i vari interventi, impedendo di cogliere le eventual i modifiche apportate all’aspetto formale del palazzo. Altre opere di muratura sono testimo niate nel 1756 per vole re de l cardinale Domenico Orsin i, in base a documenti che menzionan o l’intervento di alcuni pipernie ri a pa lazzo Gravina, impegnati nella lavoraz ione di non meglio precisat i archi e pilastri406. È in questa occasione che nella bib liografia di riferimento viene nominata la figura del card inale in rapporto al palazzo di Napol i. L’interesse del cardina le nei riguardi della dimora napoletana viene attribuito, in alcuni studi, al fatto che l’immobile versa va in cattive condiz ioni a causa del la trascuratezza de i suoi predecessori407.

Le notiz ie fino ad ogg i conosciute re lative a questo intervento settecentesco, fann o riferimento ad un d ocumento con servato ne ll’Archiv io d i Stato di N apoli, datato 26 gennaio 1785, anno in cui il cardina le red ige il suo testame nto, corredan dolo della lista delle spese sosten ute per il “restauro” del suo palazzo, dal 1762 al 1783408. Dalla consultazione di questo documento409, gli studiosi deducevano l’iniziale e preminente presenza dell’architetto Mario Gioffredo dal

di S. Maria degli Afflitti di Solofra, Mondillo intraprese poi gli studi giuridici a Roma, dove dallo zio Benedetto

XIII Orsini fu nominato nel 1724 vescovo di Melfi e Rapolla e arcives covo titolare di Corint o. Nel 1728 fu nominato Arcivescovo di Capua ed insignito del Titolo di Patriarca di Costantinopoli dal 1743. Nonostante la Diocesi di Capua fosse cardinalizia, l’Orsi ni non fu mai nominato cardinale per volere dello zio pontefice, avverso alla politica del ne potismo perpetrata dai suoi predec essori (Granata 1766, p. 175; Moroni 1 859, p. 32 2).

404 Tugbang 2004, p. 28; Picone 2008, p. 57, p. 93 n. 27;

405 A questa data infatti Mondillo Orsini rinuncia al vitalizio datogli dal nipote Dome nico Amedeo, futur o

cardinale , per destin arlo ai lavori di manutenzione che si stavano svolgen do a palazzo Gravina di Napoli, Picone 2008, p. 93 n. 27.

406

Isabella Di Resta segnala la presenza nell’ Archivio Storico Capitolino, Fondo Orsini, I A XXV p. 53, anno 1756, una “

” (Di Resta 19 89, p. 98; cfr. a nche Tugba ng 2004 , p. 28, n. 17 3).

407

Divenuto 20 04, p. 58.

408

Archivio di Stato di Napoli, , Panetta corrente dei processi, fascio 38 23, fogli 1-36v, 44r-64v. Altre due copie dello stesso documento sono conservate all’ Archivio di Stato di Roma (Archivio di Stato di Roma, Trenta Notai Capitolini, ufficio n. 8, 1789, n. 451) e nel fondo Orsini conservato nell’Università della California di Los Angeles (Box 241). Il documento è stato in parte tra scritto e pubblicato in Loggia 1997, p. 55 e Tugba ng 2004, pp. 69-72.

409 Il documento è citato per la prim a volta da Giuseppe C eci nel sag gio su

palazzo Gravi na (Ceci 1897, p. 4). Ratif ica d’Ist rumen to in cui Domenico Dragone, Pasquale Cartaro e pipernieri di Napoli s’obbligarono a fare al Card. Domenico Orsini di loro spese proprie alcuni piastri, archi etc. nel Palazz o di

detto C ardinale in N apoli

1762 al 1782410, a cui attribuivano la direzione del cantier e nell’intero ventennio e la progettazione del portale marmoreo (fig. 58), datato al 1766, oggetto di accurate analisi stilistiche anche in rapport o all’econo mia formale del palazzo411. In realtà, come emergerà dal presente contribut o, il Gioffredo risulta attivo dal 1758 al 1767. La notiz ia che la sua prestazione sarebbe cessata nel 1782 era quindi frutto di un’erro nea interpretazione delle fonti, che r iferivano a ta le data l’anno in cui ven iva saldato il lavoro de l tecnico.

Dal docume nto preceden temente citato veniva inoltre rilevata la presenza di altri architett i: Vincenzo Di Bisogno, Pompeo Schiantarel li e Ferd inando Fuga. Ai prim i due era assegnato un ruolo di collaboraz ione nello svolgimento di mansioni tecnico-ingegner istiche, ma non sono chiari i tempi e gli interventi realmente effettuati; per quanto riguarda Ferdinando Fuga, invece , vengono a lui attribuite solo occasional i consulenze. Il ruolo del Fuga, tuttav ia non appare ben definito, limitandosi il documento a fornire prev alentemente riscontri

economici412.

Dalla stessa fonte413 emergono poi i nomi di alcuni artisti impegnati ne lla decoraz ione pittorica414 del piano nobile del palazzo, in particolare Francesco de Mura, Giuseppe Bonito, Fedele Fischetti; da questi documenti, consistenti preva lentemente in mandati di pagamento, non a ppare tuttavia con chiarez za l’interv ento specifi co di ogni singo lo artista.

Per quant o riguarda l’operato di Fedele Fischetti a palazzo Orsin i, recentemente è emersa una docu mentazione che permette di rafforza re l’attr ibuzione al pittore dei lacerti di affreschi scampati all’incendio divampato apalazzo ne l 1848, oggi conservat i su supporti lignei ne lla sala de lle riunioni de lla Biblioteca c entrale della faco ltà di Archit ettura415.

410

Divenuto 2004, p. 58; Tugbang 2004, pp. 28-29; Gravag nuolo 2008, p. 16 1; Picone 20 08, pp. 56-57.

411 Grava gnuolo 2008, p. 161; Picone 200 8, pp. 56

-57. L’analisi stilistica del portale ideato da Mario Gioffredo verrà affrontata nei ca pitoli successivi.

412

Tali d eduzioni erano leg ate prin cipalme nte alla s carsa entità d elle retribuzioni.

413 Cfr. Ceci 189 7, p. 29; Log gia 1997, p. 25; Divenuto 2 004, p. 58; Gravag nuolo 2 004, p. 16 0.

414 Tra questi, Francesco de Mura, Giuseppe Bonito, Fedele Fischetti, Jacopo Cestaro, Antonio Jolli, Francesco

Rossi, Gaetano Magri, Filippo Di Pasquale, Alfano, D’Elia, Gamba, Romualdo Formosa, Giuseppe Pesci e

Giovan Battista Rossi. 415

L’attribuzione al Fischetti già avanzata da France sco Divenuto e Ben edetto Grava gnuolo, nei rispettivi saggi su palazzo Orsini pubblicati nel 2004 (Divenuto 2004, p. 58; Gravagnuolo 2004, p. 160), è ora consolidata dal ritrovamento di docum enti che testimoniano il pagamento, nel 177 0, di 1000 ducati al pittore per aver eseguito a

palazzo Gravina le pitture sia della lamia della seconda antica mera che della cappella del piano nobile, e il quadro a olio per la stessa cappella. Sono stati inolt re pubblicati altri mandati di pagamento destinati ai pittori Crescenzo Gamb a e Antonio Jolli, rispettivamente nel 177 0 e nel 1775, all’indoratore Simone Girardi nel 1772 e

Un’altra importante fonte contemporanea vagliata dag li studiosi che si sono interessati di approfo ndire l’inter vento settecentesco a palazzo Gravina, sono le lettere che Lu igi Vanv itelli spediva da Napoli al fratello Urbano a Roma. In due missive risalenti al 1761, infatt i, Vanvite lli, invitato a Napol i da l card inale per espr imere un parere sul dissesto statico delle fonda menta dell’edif icio, riferisce de lla sua visita a Palazzo Gravina, cog liendo l’occasione per proporre un diversa sistemaz ione del portico del cort ile rispetto a quella avanzata e poi eseguita da l Gioffredo.

I mandati di pagamento posti a corredo del già ricordato testament o di Dome nico Orsini, pur essend o significativi, ne lla magg ior parte dei cas i non hann o fornito elementi atti a datare correttamente le varie fasi del lavoro, in quanto i pagamenti molto spesso venivano eseguiti in ritardo, anche di anni, rispetto alle prestazioni lavorat ive svolte da artisti e maestranze. Non risultano poi facilmente individuabi li le speci fiche responsa bilità de i singo li artisti e i loro intervent i, mancand o di questi dettag liate descr izioni. Nei saggi in cui si è preso in considerazione il rifacimento settecentesco di palazzo Ors ini, infatt i, gli studiosi discordano su date e respo nsabil ità attributive.

L’analis i del complesso carteggio posto alla base della presente trattazione, mira a chiarire anche i dubbi precedenteme nte sollevati, contribuendo al contempo ad una migliore lettura della vicenda architettonica e decorativa del palazzo, in particola re per l’inter vento effettuato nella seconda metà del Settecento per vole re del card inale Domenico Orsin i.

al fabbricatore Simone nel 177 4 (Picone 20 08, pp. 57 -58). Sulla questione si ritorn erà, per ulteri ori chiarimenti e considerazioni, n el ca pitolo del presente studio de dicato alla decorazione di palazzo Gravin a.

La sistemaz ione settecentesca del palazzo è frutto di una successione di architett i che diressero il cantie re dell’edificio per circa trentacinque anni, dal 1746 al 1782, guidat i dalla mente accorta del cardinale , l’intervento del quale si inserisce ne lla volontà di accrescere il prestig io personale e de l casato.

Come si è già detto, la prima fase dei lavori inizia nell’ottobre del 1746416, sotto la direzione dell’arch itetto don Ignazio De Blasio, il quale soprintende ad una serie di intervent i volti a