• Non ci sono risultati.

Capitolo 3: Esempi di personal branding

3.4 Il caso The Jackal

Quest’ultimo esempio di personal branding ha delle caratteristiche differenti dai due precedenti casi analizzati.

La più importane differenza è che si ha a che fare con un gruppo di persone anziché con una sola identità, tuttavia è proprio quest’aspetto che ha reso i The Jackal un altro esempio rilevante di promozione del sé.

I The Jackal, infatti, sono riusciti a dare un’identità unica al loro gruppo, quindi, a far nascere un brand con caratteristiche proprie che, nato da un progetto personale iniziato senza pretese, ha saputo sfruttare la diffusione capillare possibile sui social media.

Nati nel 2006 come collettivo di videomaker con sede a Napoli, dal 2011 la The Jackal è una società di produzione s.r.l. (quindi dotata di diritti commerciali) che il 9 novembre 2017 vedrà uscire un proprio film sul grande schermo, la cui pubblicità è attualmente presente e insistente su qualunque loro account.

I membri del gruppo sono dieci, ognuno con abilità cinematografiche. Due membri si occupano di regia e montaggio, uno di scenografia, uno di musiche e suono, due di produzione, due recitano e due si occupano di post produzione ed effetti speciali. Tuttavia, al di là di questo, oggi chiunque utilizzi le piattaforme online saprà riconoscere il disegno dello sciacallo stilizzato che caratterizza il loro logo. I The Jackal con i loro video divertenti, le loro parodie e le loro pubblicità sono un brand conosciutissimo sviluppatosi intorno all’originalità e alla creatività di un gruppo di video makers.

L’elemento caratterizzante del collettivo, infatti, sono i video, in linea di massima riguardanti riletture ironiche e parodiche della realtà e di film e serie tv. Essi, infatti, si definiscono degli «sciacalli della realtà» (da cui il nome jackal, sciacallo in inglese) in quanto prendono spunto da qualsiasi cosa.

Dopo una serie di video pubblicazioni su YouTube, i The Jackal sono diventati famosi con la webserie Lost in Google nel 2011. Questa webserie, comica ma non demenziale, basò la sua forza e il suo successo principalmente sull’interazione con il pubblico. I commenti migliori di ogni puntata scritti sotto il video pubblicato su YouTube servivano, infatti, per definire la trama della puntata successiva.

La perenne interazione con i propri fans e la partecipazione del pubblico alla produzione dei contenuti è stata e continua a essere un elemento caratterizzante di questo brand. Soprattutto su Facebook, che come vedremo è la piattaforma digitale utilizzata più frequentemente, sono molti i post o i commenti con domande dirette ai propri fans o richieste di partecipazione alla produzione di contenuti.

La rivista digitale Sugar Pulp Magazine in un articolo pubblicato a giugno 2017 ha delineato la storia dei The Jackal partendo dagli esordi e associando la loro nascita a QBR, un social network italiano nato nel 2003.

Il sito nacque per coordinare gli eventi della movida partenopea e aveva caratteristiche identiche ai social network sites di oggi: iscrizione gratuita, homepage con news su notizie ed eventi, una community di profili con una fotogallery con un tasto mi piace (detto Colpo di Fulmine), una classifica di popolarità e una chat istantanea.

Nel 2007 questa community contava 500.000 utenti attivi e 2.500.000 visualizzazioni delle pagine e grazie a nuovi investitori divenne una s.r.l. con il nome di “CiaoPeople”, per molti il primo social network d’Italia.

I proprietari di Ciao People, dopo una ricerca online contattarono i The Jackal (che allora erano composti da due soli membri) per fare una pubblicità alla piattaforma. Nel giro di pochi mesi Ciao People andò in crisi e i The Jackal pubblicarono il loro primo video virale: “Lasciarsi su Facebook”.

Nel 2011 i vecchi proprietari di Ciao People, che nel frattempo avevano creato una società di pubblicità e il noto blog FanPage, comprano la neonata The Jackal s.r.l. che riesce così a produrre la fortunatissima serie Lost in Google, punto di partenza di tutto ciò che i The Jackal sono diventati oggi.

Oggi non solo i loro video, ma tutto ciò che viene pubblicato sulle loro pagine social è ironico, satirico, talvolta irriverente e critico, con un forte accento sull’essere napoletani e meridionali, diretto e senza filtri soprattutto per ciò che riguarda la relazione con il proprio pubblico, tutti elementi che contraddistinguono il brand- The Jackal.

Sui loro account, infatti, è possibile trovare non solo video di loro produzione, ma immagini, gif divertenti, post testuali con provocazioni o osservazioni su avvenimenti di attualità, proposte di giochi e interazione online con i propri fans o con altre celebrities che non fanno altro che aumentare la loro fama e l’apprezzamento del loro pubblico.

3.4.1 Risultati dell’analisi e conclusioni

I risultati scaturiti dall’osservazione degli account dei The Jackal mostrano una situazione ancora diversa.

L’utilizzo di tutte le piattaforme è, infatti, estremamente meno frequente rispetto ai due casi precedenti.

Anche in questo caso non è stato pubblicato nessun video su YouTube nella

settimana considerata nonostante sia proprio YouTube la piattaforma dove il gruppo di video makers ha iniziato il suo successo. Tuttavia anche quì è interessante notare comunque un aumento di 498 iscritti (Figura 21).

Anche i The Jackal, come Clio Make Up, utilizzano maggiormente Facebook ma si può immagine un futuro incremento dell’utilizzo di Instagram. Questo perché come didascalia a un video pubblicato su Facebook il 6 ottobre 2017 i The Jackal scrivono:

Figura 21. Incremento iscritti al canale YouTube.

437.313 437.313 437.412 437.542 437.597 437.700 437.811 437.000 437.100 437.200 437.300 437.400 437.500 437.600 437.700 437.800 437.900

30-set 01-ott 02-ott 03-ott 04-ott 05-ott 06-ott

YouTube

e nel corso della settimana l’incremento dei followers su Instagram è stato di 2000 utenti.

La piattaforma social più utilizzata Facebook ha una media di 0,53 post al giorno (4 in una settimana), contro lo 0,43 di Twitter (3 post) o lo 0,28 di Instagram (2 post). Facebook è al primo posto anche in termini di numero di fans con 1 milione e 200 mila like e ben 2.191 nuovi like in 7 giorni, come mostra il grafico della figura 22.

Figura 23. Incremento like della pagina Facebook.

L’ibridazione tra le piattaforme è molto alta. Come mostrato nella figura sottostante, infatti, lo stesso post viene spesso pubblicato su tutti e 3 i social network.

Nello specifico su Facebook è stato postato un video, mentre sugli altri due un’immagine, ma il tema è il medesimo.

1.625.474 1.625.511 1.626.021 1.626.644 1626869 1627331 1627665 1.624.000 1.624.500 1.625.000 1.625.500 1.626.000 1.626.500 1.627.000 1.627.500 1.628.000

30-set 01-ott 02-ott 03-ott 04-ott 05-ott 06-ott

Figura 24. Post Instagram, Twitter e Facebook del 2 ottobre 2017.

Il numero medio di like ai post è molto elevato soprattutto se si considera la scarsa frequenza di pubblicazione, su Facebook supera i 6 mila, su Instagram i 4 mila. Per quanto questi numeri siamo decisamente inferiori rispetto a quelli del caso Ferragni bisogna sempre tener presente che la visibilità di questo esempio di brand è soltanto italiana.

Diverso è l’utilizzo di Twitter in cui 2 post su 3 sono stati retweet, riguardanti l’uscita del loro nuovo film a novembre 2017.

Va specificato, inoltre, che tutto ciò che è stato pubblicato è stato considerato appartenente al gruppo “vita professionale” in quanto anche le pubblicazioni riguardanti il loro “backstage”, come il video in cui si vedono intenti a scrivere la sceneggiatura del film nei loro uffici, è comunque parte del loro brand fatto di video divertenti e montati ad hoc.

In ogni caso, l’aspetto che si ritiene essere più significativo è la continua interazione e richiesta di interazione con i propri seguaci, soprattutto per la produzione di contenuti.

Le puntate del loro primo successo, la webseries Lost in Google, nascevano grazie ai commenti alle puntate precedenti degli utenti e questa ricerca di interazione è

ancora molto presente, come dimostrano i post della figura 23 precedentemente menzionata, il cui testo è una domanda che incentiva a commentare il post.

Non a caso il numero medio di commenti ai post è molto alto, 637,57 solo su Facebook dove, come si vede nella figura 24 e 25, a volte sono loro stessi a commentare facendo altre domande o rispondendo agli utenti stessi. Se, è vero, infatti, che

l’interazione con i fans non raggiunge i numeri degli account di Clio Make Up è anche vero che è presente e attenta, sempre coerente con il brand comico e irriverente che li contraddistingue e soprattutto nonostante non sia elevatissima non influenza la voglia di interagire degli utenti che, anche senza ricevere risposta continuano a commentare con lo stesso stile dei The Jackal come se, si crede, sentissero così comunque una vicinanza e la sensazione di appartenere tutti a uno stesso gruppo.

Conclusioni

Si ritiene che i risultati emersi dall’osservazione condotta sugli account Facebook, Twitter, Instagram e Youtube dei tre casi di studio sopra approfonditi abbiano innanzitutto confermato le teorie sul personal branding e sulle nuove celebrità dei sociologi contemporanei descritte nel primo capitolo di questo lavoro.

Per ciò che riguarda il personal branding è evidente quanto l’abilità non sia il fattore più discriminante del successo, la quantità di like, per esempio, è stata addirittura maggior nel caso di contenuti privati piuttosto che per i contenuti riguardanti il settore professionale. Ciò che favorisce il successo, quindi, sembra effettivamente essere l’identità personale della celebrity e non le sue particolari abilità.

Inoltre i risultati confermano entrambi gli aspetti su cui i sociologi premono maggiormente nelle loro teorie sulla “celebrity’s culture” della società contemporanea: l’importanza della condivisione della vita privata per favorire la sensazione di autenticità e la relazione con la comunità di fans.

La definizione di micro-celebrity della Senft (2001) ripresa più volte da Marwick e boyd, infatti, ritiene che siano proprio la relazione con il pubblico reale e non illusoria (come accadeva con le vecchie celebrities del cinema o dei tabloid) e la scarsa distinzione tra pubblico e privato a contraddistinguere le nuove forme di celebrità nate sul web. Sia nel caso della Ferragni, che nel caso di Clio Make Up, che nel caso dei the Jackal queste caratteristiche sono risultate predominanti. La condivisione di aspetti riguardanti la vita personale è elevatissima seppure circoscritta ad alcune specifiche piattaforme.

La quantità e il tipo di pubblicazioni sui diversi SNS sembrano dimostrare, infatti, anche la presenza di una specifica strategia di utilizzo di essi. Sulla piattaforma Instagram, per esempio, la percentuale di pubblicazioni riguardanti gli aspetti intimi è maggiore per tutti i casi. Nel caso di Clio Make Up è stata totale, nel caso di Chiara Ferragni pari al 64% a differenza delle altre sue pagine in cui tutti i post sono stati condivisioni di link riguardanti il suo ambito professionale. Gli account Facebook,

invece, sono quelli meno personali. Questo potrebbe essere ricondotto al fatto che, come approfondito nel capitolo 2, l’utilizzo di Facebook tramite una pagina e non un profilo implica di per sé un utilizzo imprenditoriale e pubblicitario del social network sites, a differenza delle altre piattaforme in cui invece non esiste una distinzione specifica di utilizzo.

Anche per ciò che riguarda il secondo aspetto riguardante le celebrity-brand e cioè la relazione con il pubblico i risultati ne hanno confermato la forte presenza, anche in questo caso con alcune differenze.

Clio Make Up sembra che cerchi di instaurare una relazione diretta e “vera” con i propri followers, risponde spesso ai commenti con affetto e mostra una vita privata “normale” e riconoscibile da chiunque, pochi eccessi e lusso ma molta normalità. Come detto in precedenza, essa non si pone in una situazione di superiorità o di leadership nei confronti delle sue fans ma si mostra e viene percepita come appartenente allo stesso status sociale, come una persona “qualunque”. Questo favorisce lo sviluppo di un vero e proprio affetto, riscontrabile in tutti i commenti di ringraziamento e complimenti affettuosi.

Ben diverso, invece, è l’atteggiamento di Chiara Ferragni. Se Clio Make Up e “una tra le tante”, la Ferragni si mostra come “unica”. Clio Make Up può essere superficialmente descritta come “truccatrice simpatica con un bel marito o una figlia appena nata”, difficile è invece definire la Ferragni. Le condivisioni proposte mostrano contemporaneamente un’imprenditrice vissuta, una semplice edonista e una ragazza di 30 anni che esce con gli amici o con il suo fidanzato famoso. Tutto però è sempre circondato dall’ostentazione del lusso e del mondano. Le giornate di Clio Make Up sembrano essere simili a quelle di migliaia di donne, le giornate della Ferragni sono piene di pranzi e cene in ristoranti di lusso e impegni mondani. Se Clio punta molto sulla sua “ordinarietà”, Chiara punta sulla sua “straordinarietà” che è ben poco chiaro da cosa derivi se non dalla straordinarietà stessa.

Si può dire che ella incarni perfettamente il concetto di “famous for being famous” (famoso per essere famoso), concetto coniato dallo storico Boorstin (1962) e ormai diffusissimo nella cultura di massa. Questo può far immaginare che il sentimento

provato dal suo pubblico non sia l’affetto provato dalle fan di Clio ma un sentimento di ammirazione o semplice curiosità. Il suo successo di fashion influencer, infatti, nasce proprio dal “voler essere come Chiara Ferragni”, i suoi followers seguono la sua vita soprattutto per poi poterla imitare ma senza confronto e condivisione, a differenza delle fan di Clio Make Up che invece cercano lo scambio di opinioni. Ancora diversa, invece, è la relazione con il pubblico dei The Jackal i quali fondano il loro rapporto sullo scambio e la condivisione. Anche in questo caso senza porsi in una situazione di superiorità.

In tutti e tre i casi, quindi, anche nel rapporto con i fans è riscontrabile una coerenza interna e delle caratteristiche chiare e evidenti che contraddistinguono l’identità- brand, proprio come accade per i prodotti.

Questi aspetti potrebbero permettere, quindi, di immaginare il pubblico target a cui ognuno di loro. The Jackal in tutta probabilità ha come followers un pubblico di giovani che utilizzano i SNS in modo “attivo” e che produce molti contenuti, Clio Make Up probabilmente si rivolge soprattutto a donne e giovani donne (ma non giovanissime) con una vita simile a quella della blogger, quindi fatta di famiglia e lavoro, mentre il pubblico di Chiara Ferragni è probabilmente un pubblico di giovani aggiornati sulle nuove tendenze italiane e mondiali, che utilizzano la fashion blogger stessa come fulcro della conoscenza di queste nuove tendenze.

Anche in questo caso il parallelismo con il brand dei prodotti è evidente: ogni prodotto si rivolge a un pubblico ben preciso e si allinea con esso.

Si crede, a ogni modo, che in tutti e tre i casi si abbia avuto a che fare con esempi di persone che hanno deciso volontariamente e strategicamente di basare il proprio successo su un brand-identità prima che su delle precise abilità.

Inoltre si ritiene importante sottolineare che con questo lavoro ci si è voluti concentrare sul fenomeno del personal branding senza volerne dare una definizione precisa, si vuole infatti sottolineare proprio che ci si è occupati di un fenomeno in formazione e che ancora non ha delle “regole” che lo contraddistinguono ma che è necessario analizzare in relazione ad altri fenomeni, come la cultura delle celebrities o le piattaforme online. I casi descritti, non a caso, incarnano tre modi diversi di fare

personal branding e tre modi che hanno portato ugualmente a ottenere milioni di followers.

Non si è arrivati, quindi, a elencare il modo miglior per fare personal branding ma al contrario si è dimostrato che esistono diversi modi per metterlo in atto. Tuttavia senza dubbio alla base è necessario che ci sia un brand dinamico e che si relaziona. Si ritiene che le nuove piattaforme digitali, appartenendo alla nuova cultura partecipativa, hanno fatto sì che tutto, anche la fama, sia basata sullo scambio e sull’interazione.

Non sono più le celebrità “misteriose” ad avere successo quanto le celebrità che condividono e che danno a tutti la possibilità di entrare nella propria vita personale. Molto probabilmente la vita personale presentata è costruita ad hoc per non rischiare che non si allinei con la coerenza del brand personale che si è deciso di possedere, ma non sembra che questo aspetto susciti particolari conseguenze. La sensazione di autenticità sembra essere fortemente percepita anche qualora non fossero effettivamente le celebrità stesse a gestire i propri account. La condivisione di aspetti intimi, infatti, pare talmente profonda da non poter che essere interpretata come reale e di conseguenza riesce a favorire forti sentimenti di affezione.

Inoltre, tutti e tre i casi indicano persone che hanno saputo trasformare le proprie caratteristiche personali, le proprie abilità e il proprio carisma in un mestiere vero e proprio con fatturati elevatissimi.

Si è dell’opinione che in un mondo in evoluzione sempre più “globale” in cui i confini si abbassano sono molteplici le cose che cambiano, e tra queste c’è anche la possibilità di inventarsi un lavoro e la possibilità di traslare conoscenze da un ambito all’altro. Con l’avvento del digitale e dei social network site le “reti sociali” hanno acquistato ancora più importanza, essendo più facilmente creabili anche stando semplicemente seduti davanti a un computer, e questo si crede che sia alla base dello sviluppo del fenomeno del personal branding.

La società contemporanea pone sempre di più l’individuo al centro. Le due conclusioni principali riscontrabili in questo lavoro: 1) le conoscenze sul marketing dei prodotti possono essere utilizzate e ritrovate anche nelle persone e 2) mettendo

al centro l’identità più che l’abilità si riesce a vendere e produrre fatturati da milioni di euro, potrebbero essere considerate come conseguenze di questa tendenza individualista.

Sembra che i brand dei prodotti non siano più in grado di attirare l’attenzione se non associati a una identità personale, ma è proprio l’identità personale a diventare brand, il quale diffondendosi trasforma le persone in celebrità, con il conseguente rischio di mercificazione del sé. Una mercificazione del sé che, si ritiene, sia riduttivo considerare necessariamente negativa se basata su una strategia volontaria e consapevole del sé in questione.

Questi aspetti potrebbe essere considerati come una possibile sintesi del nuovo fenomeno del personal branding, ormai certamente presente anche nella realtà italiana.

A questo proposito si vuole concludere sottolineando proprio la mancanza di una letteratura italiana sull’argomento perché, anche se è vero che esistono meccanismi simili in tutte le società che si sono rivelati appropriati per l’analisi anche dei casi italiani, è anche vero che ogni realtà ha delle caratteristiche proprie che meritano il dovuto approfondimento. Oltretutto è in Italia che è nato un esempio di personal branding da 10 milioni di euro all’anno.

Bibliografia

Brown, Zoe, and Marika Tiggemann. 2016. “Attractive Celebrity and Peer Images on Instagram: Effect on Women’s Mood and Body Image.” Body Image 19: 37–43.

http://dx.doi.org/10.1016/j.bodyim.2016.08.007

Cha, Meeyoung, Hamed Haddai, Fabricio Benevenuto, and Krishna P Gummadi. 2010. “Measuring User Influence in Twitter: The Million Follower Fallacy.” International AAAI Conference on Weblogs and Social Media: 10– 17.

http://www.icwsm.org/2010/

Conole, Grainne, Rebecca Galley, and Juliette Culver. 2011. “Frameworks for Understanding the Nature of Interactions, Networking, and Community in a Social Networking Site for Academic Practice.” International Review of

Research in Open and Distance Learning 12(3): 119–38.

http://www.irrodl.org/index.php/irrodl/article/view/914/1666

Cosenza, V. 2017. “Instagram in Italia: 14 milioni di utenti donne e tra i 19 e i 24 anni.” VincosBlog.

http://vincos.it/2017/06/07/instagram-in-italia-14-milioni-di-utenti-donne-e-tra- i-19-e-i-24-anni

• Crespi Franco (2002) Il pensiero sociologico, Il Mulino.

Cui, Lishan et al. 2017. “CDS: Collaborative Distant Supervision for Twitter Account Classification.” Expert Systems with Applications 83: 94–103.

https://www.researchgate.net/publication/315969015_CDS_Collaborative_Dista nt_Supervision_for_Twitter_Account_Classification

Delisle, Marie-Pier, and Marie-Agnès Parmentier. 2016. “Navigating Person- Branding in the Fashion Blogosphere.” Journal of Global Fashion Marketing 7(3): 211–24.

https://www.academia.edu/25305386/Navigating_personbranding_in_the_fashio n_blogosphere

Driessens, O. 2013. “The Celebritization of Society and Culture: Understanding the Structural Dynamics of Celebrity Culture.” International

Journal of Cultural Studies 16(6): 641–57.

http://eprints.lse.ac.uk/55742/1/__lse.ac.uk_storage_LIBRARY_Secondary_libfil e_shared_repository_Content_Driessens%2C%20O_Celebritization%20of%20soc iety%20culture_Driessens_Celebritization%20society%20culture_2014.pdf

Driessens, Olivier, Karin Raeymaeckers, Hans Verstraeten, and Sarah Vandenbussche. 2010. “Personalization according to Politicians: A Practice Theoretical Analysis of Mediatization.” Communications 35(3): 309–26. http://eprints.lse.ac.uk/55748/1/__lse.ac.uk_storage_LIBRARY_Secondary_libfil e_shared_repository_Content_Driessens,%20O_Personalization%20according% 20to%20politicians_Driessens_Personalization%20according%20politicians_201 4.pdf

• Durkheim Emile (1912) Le forme elementari della vita religiosa, Booklet Milano.

Ellison, Nicole B., Charles Steinfield, and Cliff Lampe. 2007. “The Benefits of facebook ‘friends:’ Social Capital and College Students’ Use of Online Social

Documenti correlati