• Non ci sono risultati.

Il concetto di “relatività semiotica”

3.7 The Scope of Linguistic Relativity: An Analysis and Review of Empirical Research

3.8 Il concetto di “relatività semiotica”

Partendo dal dato di fatto che l’essere umano sia stato l’unico ad aver sviluppato un sistema strutturato ed organizzato tale da essere chiamato “linguaggio”, Lucy ci mostra un’altra angolatura da cui guardare ed analizzare la questione della relatività linguistica. Il linguaggio infatti è un sistema semiotico, ovverosia un sistema di segni, ed è senza dubbio il più saliente

284 John A. Lucy, The Scope of Linguistic Relativity: An Analysis and Review of Empirical Research, in John J. Gumperz, Stephen C. Levinson (eds.), Rethinking Linguistics Relativity, Cambridge, Cambridge University Press, 1996, pp. 37-69.

285Ivi, p. 37.

fra i sistemi semiotici esistenti nell’interazione dei membri di una data comunità. Come afferma anche Giorgio Raimondo Cardona:

In tutti questi processi mentali, vitali per la nostra stessa sopravvivenza come individui e come gruppo sociale, la lingua ha un posto eminente. Gran parte di queste informazioni può infatti – anche se non necessariamente – essere codificata nelle forme che ci offre la lingua. Si può cioè far corrispondere ai nuclei noetici e alle loro relazioni logiche singoli segni di una qualche lingua, o sequenze di essi. […] L’utilità di questo – per un verso, ulteriore – processo di codificazione è evidente; ai miei contenuti messi in segni avrò più facilmente accesso e più facilmente potrò comunicarli ad altri287.

E poco più avanti:

La lingua dunque non è che una delle modalità in cui prendono forma il nostro pensiero e i nostri insiemi di conoscenze; e tuttavia essa ha rispetto alle altre una posizione privilegiata. È il sistema a cui più frequentemente si fa o si può far ricorso per modellare un altro sistema o per trasporlo, e questo è indubbiamente un punto di vantaggio; ma inoltre la lingua è fonte di modelli perché è essa stessa, innanzitutto, un modello288.

Essendo dunque l’uomo l’unico a possedere la capacità linguistica, la sua prospettiva sul mondo può essere peculiare:

As the only species with language, the human perspective on the world may differ not only in terms of such physical characteristics, but also as a function of the availability and use of this qualitatively different semiotic form. That is, in the human case, it is important to ask whether the use of the semiotic form we call language in and of itself fundamentally alters the vision of the world held by humans in contrast to other species. We can call this the hypothesis of semiotic relativity289.

Secondo l’ottica della relatività linguistica elaborata da Lucy, nel trattare la questione della relazione fra linguaggio e pensiero bisognerebbe innanzitutto partire dalla considerazione del linguaggio in quanto sistema semiotico e chiedersi se la capacità linguistica propria esclusivamente della specie umana possa in qualche misura incidere sulla visione del mondo che gli uomini sviluppano e possiedono. La questione, in questo modo, si sposta dal piano della diversità fra le lingue, tanto caro a Whorf e ad altri studiosi, concentrandosi su quello della dicotomia “possedere una lingua” vs. “non possedere una lingua”; il passaggio successivo sarà andare ad indagare quali tratti del linguaggio siano maggiormente rilevanti nell’influenza esercitata sul pensiero290.

287Giorgio Raimondo Cardona, I sei lati del mondo: linguaggio ed esperienza, Bari-Roma, Laterza, 1985, p. 8.

288 Ivi, pp. 10-11.

289 John A. Lucy, The Scope of Linguistic Relativity: An Analysis and Review of Empirical Research, in John J. Gumperz, Stephen C. Levinson (eds.), Rethinking Linguitic Relativity, Cambridge, Cambridge University Press, 1996, pp. 38-39.

Molti ritengono però che si possa registrare una sostanziale continuità fra l’assetto psicologico e sociale umano e quello di altre specie viventi; inoltre, se anche si dovesse riscontrare una diversità di pensiero fra gli uomini e gli altri esseri viventi, essa, secondo questa prospettiva, dovrebbe essere attribuita a differenze neuro-cognitive piuttosto che all’azione del linguaggio. Tuttavia, Lucy sottolinea come le scienze umane, a differenze delle scienze cognitive, della fisica e di molte altre branche della scienza, “cercano di includere un nuovo ordine di regolarità associato all’uso del medium simbolico del linguaggio naturale”291. Così:

This new medium not only adds a new level of regularity, it also transforms existing levels. Thus, where biologists operate with units such as individual organism and social group, the human sciences also explore questions of self and culture, the nature of reflective consciousness, and the significance of historically developed systems of meaning. All of the latter depend centrally on language. Further, the cultural creation of new technologies can neutralize the limits in our biological inheritance by augmenting our perceptual, intellectual and physical powers, and this, in turn, makes our symbolic world relatively more important. Overall, the new order of diversity and regularity characterizing human life requires new approaches to supplement those of the other sciences292.

La prospettiva semiotica, in altre parole, mette al centro dell’indagine non solo l’influenza che il linguaggio può esercitare sul pensiero, ma anche il rapporto del sistema semiotico-linguaggio con ogni altro tipo di sistema semiotico. L’aspetto che maggiormente caratterizza il sistema semiotico-linguaggio è la sua natura simbolica. Lucy, richiamando la nota tripartizione di Charles Sanders Peirce293, definisce un sistema simbolico come “quel sistema in cui il rapporto fra il segno ed il referente è regolato e stabilito convenzionalmente dalla comunità di parlanti”. Proprio la sua natura simbolica “rende il linguaggio una modalità di segnalazione estremamente flessibile e rende possibile l’ampia diversità formale e funzionale che [possiamo] notare fra le comunità linguistiche”294.

Il linguaggio possiede inoltre una capacità metasemiotica e riflessiva. Tale peculiarità è data dal fatto che i segni di cui il sistema linguistico si costituisce non devono necessariamente avere un rapporto di somiglianza con i loro referenti né tanto meno devono essere con essi co-presenti, di conseguenza possono potenzialmente abbracciare qualunque referente, ivi compreso il

291 Ibidem (traduzione in italiano mia).

292 Ibidem.

293 Charles Sanders Peirce (1839-1914), matematico, filosofo, semiologo, accademico statunitense. Autore della celebre classificazione dei segni entro la tripartizione: icona, indice e simbolo.

294 John A. Lucy, The Scope of Linguistic Relativity: An Analysis and Review of Empirical Research, in John J. Gumperz, Stephen C. Levinson (eds.), Rethinking Linguitic Relativity, Cambridge, Cambdridge University Press, 1996, p. 40 (traduzione in italiano mia).

sistema linguistico stesso, riproponendo, appunto, una riflessione metalinguistica, definita da Lucy metasemiotica295.

A proposito delle ricerche condotte a partire dagli anni Cinquanta, Lucy si sofferma ad affermare che i principali studi psicologici, linguistici ed afferenti alle scienze cognitive siano tutti unanimemente convinti nel perseguire l’idea che i processi cognitivi di base siano universali. Di fronte a questa pretesa di universalismo, tuttavia, linguisti ed antropologi non sono stati in grado di fornire una omogenea e forte contrapposizione. Nel loro atteggiamento restìo Lucy legge una spiegazione che non ha solo a che fare con la celebre dicotomia “universalismo” vs. “relativismo”, ma vi intravvede anche una ragione che potremmo definire “ideologica”. L’autore infatti sottolinea come molti linguisti ed antropologi in quegli anni non hanno voluto sfidare il presupposto universale dei processi cognitivi alla luce dell’esperienza avuta con le numerose interpretazioni, e distorsioni, in chiave evoluzionistica e razzista delle supposte differenze di mentalità. Ai loro occhi infatti l’universalismo è apparso come “eticamente corretto” e ben accetto. Così facendo, non riuscendo o non volendo contrapporsi nettamente a tali assunti, questi ultimi sono rimasti stabili nel corso del tempo, provocando effetti negativi tanto sul piano delle ricerche, quanto su quello del rispetto per le altre lingue e per le altre culture, mistificando o mal interpretando il concetto di “diversità linguistica/culturale”296.