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2.2 La cancelleria principesca (ecc XIV-XVIII)

2.2.3 Il consolidamento nei primi decenni del XVI secolo

di regolamentazione dell’attività della cancelleria e del Consiglio aulico (sec. XVIII). - 2.3. L’organizzazione dell’Officium

spirituale (secc. XVI-XVIII).

Nel presente capitolo si tenterà di ripercorrere l’iter di formazione ed evoluzione tra i secoli XIV e XVIII delle strutture burocratiche centrali del principato vescovile preposte all’amministra- zione del principato e della diocesi: la cancelleria principesca e l’Officium spirituale. Entrambi gli or- ganismi si andarono costituendo, sulla base di diversificati processi di formazione, nel corso del XIV secolo. Tuttavia, per cogliere la complessità di tali distinti percorsi sarà necessario ampliare lo sguardo, principiando dall’analisi dei rapporti che si instaurarono tra i vescovi di Trento e i pubblici notai a partire dalla fine del Duecento e dal progressivo strutturarsi della curia vescovile, che in ambiente trentino si evidenzia a partire dai decenni posti a cavaliere dei secoli XIII-XIV.

2.1 Alle origini della ‘burocrazia’ vescovile

L’attenzione allo studio dei rapporti tra istituzioni ecclesiastiche e notariato fece un sostanziale passo in avanti quasi trent’anni or sono a seguito del noto articolo di Giorgio Chittolini sugli episco- palis curie notarii1. Da allora diversi contributi, articolati in diversi filoni di ricerca, sono stati dedicati all’approfondimento delle carriere, delle reti di relazioni e dei ruoli ricoperti dai notai all’interno delle curie vescovili2, nonché all’organizzazione stessa di tali strutture di governo in diverse diocesi

1 G.CHITTOLINI, “Episcopalis curie notarius”. Cenni sui notai di curie vescovili nell’Italia centro-settentrionale alla fine del medioevo, in

Società, istituzioni, spiritualità. Studi in onore di Cinzio Violante, Spoleto, Centro italiano di studi sull’alto Medioevo, 1994, pp.

221-232.

2 G.G.FISSORE, Vescovi e notai: forme documentarie e rappresentazione del potere, in Storia della Chiesa di Ivrea dalle origini al XV

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situate, in particolare, nelle aree centro-settentrionali della penisola, ai rapporti tra vicari vescovili e curie notarii, alla produzione documentaria e al processo di formazione di una ‘burocrazia’ episco- pale3.

In tale panorama di studi il caso trentino appare scarsamente indagato, risultando quasi del tutto sprovvisto di contributi dedicati a tali temi, se si eccettuano alcuni significativi apporti, che comunque non spingono l’analisi oltre la prima metà del secolo XIV e affrontano solo indiretta- mente l’ambito di interesse qui evidenziato4. Una carenza imputabile, in parte, alla situazione di oggettiva debolezza delle fonti superstiti, che ci consentono solo in maniera parziale e disarticolata di tracciare, per il periodo che si snoda tra i secoli XIII e XIV, un profilo di quell’insieme eterogeneo di collaboratori che operarono nella gestione del principato e coadiuvarono il presule nell’azione pastorale ― soprattutto nei casi di suo impedimento e nei periodi di sede vacanza ―, i ruoli da questi rivestiti, le loro competenze e le relazioni che intrattennero con la realtà sociale nella quale furono inseriti o in cui andarono gradualmente radicandosi.

Sarrachus notaio del vicario vescovile (1309-1316), a cura di A.M.COTTO MELUCCIO,G.G.FISSORE,L.FRANCO, Torino, Depu-

tazione subalpina di storia patria, 2002; G.G.FISSORE, Iacobus Sarrachus notarius et scopolanus Astensis Ecclesie: i chierici notai

nella documentazione capitolare e vescovile ad Asti fra XIII e XIV secolo, in Studi in onore di Giorgio Costamagna, «Atti della Società

ligure di storia patria», 43 (2003), 1, pp. 365-414; P.MAJOCCHI, I notai del vescovo di Pavia nei secoli XIV e XV, in Chiese e notai

(secoli XII-XV), Verona, Cierre, 2004, pp. 181-218; I notai della Curia arcivescovile di Milano (secoli XIV-XV). Repertorio, a cura

di C.BELLONI,M.LUNARI, Roma, Ministero per i beni e le attività culturali. Direzione generale per gli archivi, 2004; La

rubrica degli atti di Albertolo Griffi notaio e cancelliere episcopale di Pavia (1372-1420), a cura di R.CROTTI,P.MAJOCCHI, Milano,

Unicopli, 2005; I protocolli di Gabriele da Cremona: notaio della Curia patriarcale di Aquileia (1324-1336, 1334, 1350), a cura di A. TILATTI, Roma, Istituto storico italiano per il Medio Evo, 2006; L.PANI, Cancelleria patriarcale e notariato nel XIII secolo, in «Atti dell’Accademia udinese di scienze, lettere e arti», 102 (2009), pp. 65-82; S.BLANCATO, I notai del Patriarcato di Aquileia.

Uomini delle istituzioni patriarchine (seconda metà del XIII secolo), tesi di dottorato, Università degli Studi di Udine, XXVIII ciclo,

a.a. 2015-2016; S.BLANCATO,E.VITTOR, Nicolò da Cividale e Francesco di Nasutto da Udine. Notai patriarcali, Roma, Istituto

storico italiano per il Medio Evo, 2018

3 Sulla struttura delle curie vescovili, sui vicari episcopali e i loro rapporti con i notai nell’ambito della produzione

documentaria vescovile si vedano, in particolare, M.C.ROSSI, I notai di curia e la nascita di una burocrazia vescovile. Il caso veronese, in Vescovi medievali, a cura di G.G.MERLO, Milano, Edizioni Biblioteca Francescana, 2003, pp. 73-164 (già in «Società e

storia», 95 (2002), pp. 1-33); M.DELLA MISERICORDIA, L’ordine flessibile. Le scritture della Mensa vescovile presso l’archivio storico

della diocesi di Como (prima metà del XV secolo), in «Archivio storico della diocesi di Como», 11 (2000), pp. 23-71; ID., Le

ambiguità dell'innovazione. La produzione e la conservazione dei registri della chiesa vescovile di Como (prima metà del XV secolo), in I registri vescovili dell'Italia settentrionale (secoli XII-XV), Atti del Convegno di studi (Monselice, 24-25 novembre 2000), Roma,

Herder, 2003, pp. 85-139; G.G.FISSORE, Prassi autenticatoria e prospettive di organizzazione burocratica nella documentazione episco-

pale torinese alle soglie del Trecento, in In uno volumine. Studi in onore di Cesare Scalon, a cura di L.PANI, Udine, Forum, 2009, pp.

229-256; A.OLIVIERI, ‘Notai del vescovo’ e ‘notai per il vescovo’. Il caso del vescovo di Vercelli Aimone di Challant (1273-1303) nel

quadro dell’evoluzione delle cancellerie tardo duecentesche nell’Italia settentrionale, in In uno volumine, cit., pp. 473-502; P.MAJOCCHI, I

notai del vescovo di Pavia, cit.; G.GARDONI, Notai e scritture vescovili a Mantova fra XII e XIV secolo. Una ricerca in corso, in Chiese

e notai (secoli XII-XV), Verona, Cierre, 2004, pp. 51-85; ID., Un ‘officiale’ episcopale del primo Duecento: Uberto da Parma delegato

e vicario dei vescovi di Mantova, in Chiese, vita religiosa, società nel medioevo italiano. Studi offerti a Giuseppina De Sandre Gasparini, a

cura di M.ROSSI,G.M.VARANINI, Roma, Herder, 2005, pp. 399-413; F.MAGNONI, Episcopalis curie notarii: appunti sul

caso bergamasco, in Medioevo dei poteri. Studi di storia per Giorgio Chittolini, a cura di M.N.COVINI,M.DELLA MISERICORDIA,A.

GAMBERINI,F.SOMAINI, Roma, Viella, 2012, pp. 97-117; M.MANGINI, Al servizio dell’arcivescovo di Milano: «scribe curie»,

«scribe archiepiscopi» e «notarii fratres» (secolo XIII), in Le edizioni milanesi dei documenti dei secoli X-XIII, a cura DI G.G.MERLO, Milano, Edizioni Biblioteca Francescana, 2011, pp. 39-80; A.LUONGO, I notai della curia vescovile di Gubbio nel Trecento. Prime

considerazioni, in «Bollettino della Deputazione di storia patria per l’Umbria», CX (2013), fasc. I-II, pp. 37-57.

4 I.RICCI, Aspetti della società e della Chiesa trentina nella seconda metà del Trecento, dal protocollo del notaio Pietro Paolo (1376), tesi

di laurea, Università degli Studi di Trento, a.a. 1991-1992; A.TITA, Amministrazione episcopale, comunità, economia rurale nel

territorio trentino agli inizi del Trecento (con l’edizione di 49 documenti della cancelleria vescovile), tesi di laurea, Università degli Studi

di Trento, a.a. 1993-1994; Il «Quaternus rogacionum» del notaio Bongiovanni di Bonandrea (1308-1320), a cura di D.RANDO,M.

MOTTER, Bologna, Il Mulino, 1997; La documentazione dei vescovi di Trento (XI secolo-1218), a cura di E.CURZEL,G.M.VARA- NINI, Bologna, Il Mulino, 2011.

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In questo paragrafo si tenterà di fornire, in maniera cursoria, almeno una panoramica generale del ruolo assunto da notai e vicari generali dalla fine del Duecento alla prima metà del Trecento, con un focus sull’organizzazione che la curia episcopale – intesa quale tribunale vescovile – gradual- mente andò assumendo.

2.1.1 Gli antefatti: il rapporto tra vescovi e notai nel Duecento

Da oltre un decennio la ricerca storica ha dedicato particolare attenzione allo studio del rap- porto tra notai e istituzione vescovile e all’analisi della produzione documentaria dei secoli XII-XIII di un territorio circoscritto entro i confini del principato vescovile di Trento, sito all’estremità set- tentrionale dell’area geografica di diffusione del notariato5.

La Chiesa di Trento, in linea con quanto avvenne nella maggior parte delle sedi episcopali dell’Italia centro-settentrionale, affidò l’elaborazione della propria documentazione ― le prime te- stimonianze trentine conservatesi non datano anteriormente al XII secolo ― a professionisti della scrittura, i notai, interlocutori privilegiati in quanto provvisti di autonoma capacità di conferire forza probatoria alla documentazione prodotta con validità erga omnes6.

In particolare, a Trento, città vescovile che non conobbe se non in epoca molto più tarda forme di governo comunale propriamente indipendenti, priva di un ceto notarile cittadino auto- nomo e organizzato7, ove l’episcopio fu il maggior centro di produzione documentaria, la cultura notarile fu alimentata, a partire dalla seconda metà del XII secolo, da notai provenienti principal- mente da sud, dall’Italia padana (Bologna e Padova) e dai territori meridionali limitrofi al principato,

5 Codex Wangianus. I cartulari della Chiesa trentina (secoli XIII-XIV), a cura di E.CURZEL,G.M.VARANINI, con la collabo-

razione di D.FRIOLI, I, Bologna, Il Mulino, 2007, in particolare pp. 56-79; E.CURZEL, Vescovi e documenti a Trento tra XII e

XIII secolo, in La documentazione dei vescovi di Trento (XI secolo – 1218), a cura di E.CURZEL,G.M.VARANINI, Bologna, Il

Mulino, 2011, pp. 11-96, in particolare pp. 11-58; F.CAGOL, Il ruolo dei notai nella produzione e conservazione della documentazione

giudiziaria nella città di Trento (secoli XIII-XVI), in La documentazione degli organi giudiziari nell’Italia tardo medievale e moderna, Atti

del convegno di studi (Siena, 15-17 settembre 2008), a cura di A.GIORGI,S.MOSCADELLI,C.ZARRILLI, I, Roma, Ministero per i beni e le attività culturali. Direzione generale per gli archivi, 2012, pp.139-190; E.CURZEL, Notai di nomina vescovile a

Trento tra XII e XIII secolo, in Il notariato nell’arco alpino. Produzione e conservazione delle carte notarili tra medioevo et età moderna, Atti

del Convegno di studi (Trento, 24-26 febbraio 2011), a cura di A.GIORGI,S.MOSCADELLI,D.QUAGLIONI,G.M.VARA- NINI, Milano, Giuffrè, 2014, pp. 463-482; cenni sul notariato trentino nel Duecento e nel Trecento si trovano anche in

G.M.VARANINI, Il collegio notarile di Trento nella seconda metà del Quattrocento, in Il notariato nell’arco alpino, cit., pp. 485-513, in particolare pp. 490-497.

6 Secondo la nota definizione di Rolandino: «Notarius est persona privilegiata ad negotia hominum authentice conscri-

benda. Dicitur persona privilegiata, quia notarius habet istud privilegium, quod non habet aliqua alia persona de mundo: quia creditur suis scripturis publicis per totum Romanum imperium. Datur extra literam alia diffinitio: notarius est persona privilegiata ad cuius fidem hodie plenarie recurritur ut scribat et rescribat et ad perpetuam memoriam reducat ea quae ab hominibus fiunt» (ROLANDINI, Summa artis notariae […], Lugduni 1565, p. 789).

7 G.M.VARANINI, Il documento notarile nel territorio del principato vescovile trentino nel tardo medioevo. Brevi note, in Costruire memoria.

Istituzioni, archivi e religiosità in Val di Sole e nelle valli alpine, a cura di U.FANTELLI [et al.], Malé, Centro studi per la Val di

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in particolare dalle città di Verona e Brescia8, sebbene apporti marginali, come è stato ipotizzato dagli studi di Clavadetscher9, possano essere giunti in territorio trentino anche da nord-ovest tramite la Val Venosta.

Nel corso della prima metà del Duecento il ricorso dei vescovi di Trento e dei loro più stretti collaboratori all’assistenza di notai occasionali10 cui affidare la redazione presso il palazzo vescovile della documentazione afferente alla propria attività nei settori politico, giurisdizionale o più pretta- mente spirituale ― liberi professionisti sprovvisti di legami stabili con l’istituzione vescovile, ma operanti altresì per una committenza diversificata, laica ed ecclesiastica ― è l’effetto di quanto sin dal 1215 era stato prescritto dal IV Concilio Lateranense nel canone 38 («De scribendis actis, ut probari possint»)11. Tale norma prevedeva la presenza nei tribunali ecclesiastici di una publica persona, o comunque di due elementi professionalmente idonei, destinati alla scrittura e conservazione degli acta iudiciaria12; prescrizioni che, sebbene si riferiscano alla sola documentazione giudiziaria, si este- sero ben presto anche al resto dei documenti prodotti dall’autorità vescovile passibili di essere pro- dotti in giudizio.

8 Durante l’episcopato di Adelpreto (1156-1172) è attestata, in particolare, la presenza a Trento di notai operanti nel

contempo anche per importanti enti ecclesiastici veronesi, il Capitolo cattedrale e il monastero di San Giorgio in Braida (v. Codex Wangianus, cit., pp. 67-68); da Brescia giunse invece a Trento, nel 1178, al tempo del vescovo Salomone (1173- 1183), il notaio bresciano «Guido qui et Bracius», «uno dei più auterovoli professionisti della città lombarda, che aveva rogato nei precedenti cruciali decenni per il vescovo e il comune della città lombarda atti pubblici di primaria importanza», il quale si stabilì a Trento per una decina d’anni, operando anche per il successore del vescovo Salomone, Alberto da Campo, facendo ritorno solo al termine della sua carriera nella città da cui era partito (G.M.VARANINI,G.GARDONI,

Notai vescovili del Duecento tra curia e città (Italia centro-settentrionale), in Il notaio e la città. Essere notaio: i tempi e i luoghi (secc. XII- XV), Atti del Convegno di studi storici (Genova, 9-10 novembre 2007), a cura di V.PIERGIOVANNI, Milano, Giuffrè,

2009, pp. 239-272, in particolare p. 245; si veda anche Codex Wangianus, cit., pp. 68-70).

9 O.P.CLAVADETSCHER, Zum Notariat in mittelalterlichen Rätien, in ID., Rätien im Mittelalter. Verfassung, Verkehr, Recht, No-

tariat: ausgewählte Aufsätze. Festgabe zum 75. Geburtstag, hrsg. von U.BRUNOLD,L.DEPLAZES, Sigmaringen, Thorbecke, 1994

pp. 81-92; ID., I documenti notarili in cammino da Sud a Nord, in Comunicazione e mobilità nel medioevo. Incontri fra il Sud e il Centro

dell’Europa (secoli XI-XIV), a cura di S. DE RACHEWILTZ,J.RIEDMANN, Bologna, Il Mulino, 1997, pp. 381-396; ID., Notariat

und Notare im westlichen Vinschgau im 13. und 14. Jahrhundert, in Rätien im Mittelalter, cit., pp. 574-584.

10 Sulle figure di tali notai, operanti anche all’allestimento del Codex Wangianus ― da «Ercetus domini Federici Romano-

rum imperatoris notarius» (1183-1226) sino a notai di fine Duecento, «Zacheus sacri palatii notarius» (1264-1291), «Mar- tinus domini Conradi regis notarius» (1274-1298) e «Trintinus notarius domini Egnonis episcopi Tridentini» (1274-1278) ― si rinvia a Codex Wangianus, cit., pp. 169-194.

11 «Quoniam contra falsam assertionem iniqui iudicis innocens litigator quandoque non potest veram negationem pro-

bare, cum negantis factum per rerum naturam nulla sit directa probatio ne falsitas veritati praeiudicet aut iniquitas prae- valeat aequitati, statuimus ut tam in ordinario iudicio quam extraordinario, iudex semper adhibeat aut publicam, si potest habere,

personam, aut duos viros idoneos, qui fideliter universa acta conscribant [il corsivo è mio], videlicet citationes, dilationes, recusationes

et exceptiones, petitiones et responsiones, interrogationes, confessiones, testium depositiones, instrumentorum produc- tiones, interlocutiones, appellationes, renunciationes, conclusiones et caetera quae occurrunt competenti ordine conscri- benda, designando loca, tempora et personas, et omnia conscripta partibus tribuantur, ita quod originalia penes scriptores

remaneant, ut si super processu iudicis fuerit suborta contentio, per haec possit veritas declarari» (Conciliorum Oecumenicorum Decreta, a cura di G.ALBERIGO [et al.], Bologna, Istituto per le scienze religiose, 1973, p. 252).

12 Sul tema v. M.MACCARONE, “Cura animarum” e “parochialis sacerdos” nelle costituzioni del IV Concilio lateranense (1215).

Applicazioni in Italia nel sec. XIII, in Pievi e parrocchie in Italia nel basso medioevo (sec. XIII-XV), atti del VI Congresso di storia

della Chiesa in Italia (Firenze, 21-25 settembre 1981), Roma, Herder, 1984, pp. 81-195, in particolare p. 104; CHIRONI, La

mitra e il calamo, cit., p. 53 ss; A.GIORGI,S.MOSCADELLI, Ut ipsa acta illesa serventur. Produzione documentaria e archivi di

comunità nell’alta e media Italia tra medioevo ed età moderna, in Archivi e comunità tra medioevo ed età moderna, a cura di A.BARTOLI

LANGELI,A.GIORGI,S.MOSCADELLI, Trento, Dipartimento di Filosofia, Storia e Beni Culturali, 2009, pp. 1-110, in

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L’attività dei notai al servizio dell’episcopio è attestata nel Duecento dalla documentazione sciolta tràdita in forma originale e dalle numerose redactiones del notaio Zaccheo di Giacomo «de Dosso»13, al servizio dei vescovi Egnone ed Enrico II tra il 1264 e il 1291, esemplate dalle imbre- viature contenute nei protocolli appartenuti a notai che collaborarono con i presuli, di cui il profes- sionista riuscì ad entrare in possesso14.

Se le vicende politico-militari che coinvolsero i vescovi trentini per gran parte del XIII secolo impedirono, di fatto, nell’ambito della produzione e gestione documentaria l’organizzazione di uno stabile apparato – reso forse superfluo dal ricorso da parte dei vescovi a notai che dichiaravano di agire iussu o de mandato domini episcopi15 – nella seconda metà del Duecento, proprio con gli episcopati di Egnone di Appiano (1250-1273) e di Enrico II (1274-1289), si instaurarono legami preferenziali con alcuni professionisti. In particolare, frequenti appaiono gli apporti dei notai Tridentinus, Aicardo de Amichis de Dosso e Zaccheo de Dosso. Tali collaborazioni, sebbene non vengano esplicitate dall’as- sunzione di specifiche qualifiche, evidenziano tuttavia la propensione di quegli stessi notai ad ope- rare con una certa continuità e a garantire la loro attiva presenza presso il palazzo vescovile.

Una maggiore stabilità nelle relazioni tra vescovi e notai ebbe probabili ripercussioni anche sulla produzione documentaria. Si attesta, infatti, a partire dagli ultimi decenni del secolo XIII con il presule Enrico II, e poi viepiù con i successori al seggio vescovile attivi nei primi decenni del Trecento, la presenza di documentazione su registro e di quaterni dedicati a specifiche materie rela- tive all’amministrazione del territorio o all’esercizio della giurisdizione civile e criminale16.

Il rapporto tra i vescovi e un sempre più ristretto numero di professionisti, ma provvisti di ampie competenze declinate nel contesto di un sistema di collaborazione reso stabile nel tempo,

13 Molte di tali redactiones in mundum di Zaccheo sono ancora conservate nelle capsae della Sezione latina dell’Archivio

principesco vescovile e nelle Urkundenreihen del Tiroler Landesarchiv di Innsbruck; alcune di queste riportano note dorsali tracciate da mani diverse ― «Scripta in libro», «Scripta in memoriali», «Scripta in memoriale de papiro» ― databili al tardo Duecento o al primo Trecento, attestanti l’attività di diversificata registrazione su supporti alternativi alla pergamena sciolta, di cui non è rimasta memoria (Codex Wangianus, cit., pp. 130-133; si veda anche Documenti trentini negli archivi di

Innsbruck (1145-1284), a cura di C.BELLONI, Trento, Provincia autonoma di Trento. Soprintendenza per i beni librari e

archivistici, 2004, pp. XXXIV-XXXIX).

14 Il notaio Zaccheo ebbe a disposizione i protocolli notarili di Erceto, notaio di fiducia dei vescovi Corrado di Beseno

e Federico Wanga, di Nicolò, figlio di Erceto, di Corradino (1202-1223), spesso attivo per il presule Federico Wanga, nonché quelli dei notai Giovanni (1208-1227), Olvradino (1225-1235) e Mazorente (CAGOL, Il ruolo dei notai, p. 152). Nelle

mani di Zaccheo inoltre pervennero, tramite la cessione dei diritti da parte degli eredi, i registri di imbreviature dei notai Matteo da Piacenza, dei suoi figli, Arnoldo, Corradino e Bonifacio, nonché del notaio Oberto da Piacenza (l’atto di ces- sione è edito in Die Südtiroler Notariats-Imbreviaturen des 13. Jahrhundert, II, hrsg. von H. VON VOLTELINI (Acta Tirolensia, 4), Innsbruck, Universitätsverlag Wagner, 1951, n. 486 (1272 marzo 6, Bolzano)). Di tutto questo materiale oggi si con- serva nell’archivio principesco vescovile solo il protocollo del notaio Oberto da Piacenza e quello dello stesso Zaccheo (ASTn, APV, Codici, nn. 18 e 20). Sulla conservazione delle imbreviature si veda Codex Wangianus, cit., pp. 78-79.

15 Ivi, p. 74.

16 Si vedano M.MOTTER, Il notaio Bongiovanni di Bonandrea e il suo protocollo, in Il «Quaternus rogacionum», pp. 29-67, in

particolare pp. 56-63; E.CURZEL, Registri vescovili trentini (fino al 1360), in Registri vescovili nell’Italia settentrionale, pp. 189-198; G.M.VARANINI, Le fonti per la storia locale in età medievale e moderna: omogeneità e scarti fra il caso trentino e altri contesti, in Le vesti

del ricordo, atti del Convegno di studi (Trento, Palazzo Geremia, 3-4 dicembre 1996), a cura di R.TAIANI, Trento, Comune

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tese quindi a configurarsi ben presto in senso che potremmo definire “funzionariale” lato sensu17: notai pubblici prevalentemente di autorità imperiale ― sebbene i vescovi trentini fossero provvisti della prerogativa di creare notai18 ―, nell’atto di rogare per i presuli cominciarono ad esplicitare nelle sottoscrizioni apposte alla documentazione tale loro rapporto con la committenza vescovile me- diante l’adozione della specifica qualifica, accanto a quella di notarius, di scriba episcopi.

2.1.2 Lo scriba domini episcopi

L’assunzione da parte dei notai della qualifica di scriba episcopi sembra quindi sancire la forma- lizzazione del rapporto tra vescovi e notai con il passaggio da collaborazioni di tipo occasionale all’instaurazione di legami più stabili.

Dai primi decenni del Trecento, infatti, in particolare con l’ingresso in sede nel 1306 del presule Bartolomeo Querini e l’effettiva presa di possesso del principato dopo quasi vent’anni di assenza dei vescovi titolari, nonché viepiù durante l’episcopato di Enrico III di Metz19, si assiste a una rin- novata attività nella produzione scrittoria vescovile e con essa alla presenza di un primo nucleo di scribae episcopi, esercitanti l’ars, seppure in modo non esclusivo, a servizio del vescovo e dei suoi più stretti collaboratori.

In tale contesto, uno dei primi notai a fregiarsi di tale qualifica fu il professionista di origine bolognese, Bongiovanni di Bonandrea20, già attivo a Verona a partire dalla fine degli anni Settanta del secolo XIII ove, dal 1280, comparve nella veste di scriba episcopalis curie Veronensis21. Nei primis- simi anni del Trecento, espulso dalla città a seguito di probabili rancori covati all’interno degli am- bienti della corte scaligera22, Bongiovanni trovò ospitalità presso il vescovo Bonacolsi. Nel 1303, infatti, il notaio risulta essere a Trento, ove acquisì il titolo di magister divenendo stretto collaboratore