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Il contesto fa la differenza: i sistemi d’innovazione

Dall’approccio storicista deriva un concetto fondamentale per comprendere il legame tra il cambiamento tecnologico, la crescita e le istituzioni in senso ampio: il sistema di innovazione. Nel caso italiano ed europeo del secondo dopoguerra, lo sviluppo di sistemi di innovazione a livello nazionale o settoriale/locale ha giocato un ruolo fondamentale nell’incentivare ed impostare il cambiamento tecnologico e

35 conseguentemente nel favorire la crescita economica80. La maggior parte dei

governi indirizzarono parte delle loro risorse verso attività di ricerca e sviluppo nei settori considerati strategici per l’interesse nazionale o politico e lo fecero in modo diverso da nazione a nazione, creando così differenti modelli di sistemi nazionali d’innovazione e conferendo direzioni diverse all’innovazione tecnologica a seconda delle caratteristiche proprie di ogni sistema economico, sociale e politico cui facevano riferimento81. Sono individuabili diversi modelli

nell’Europa del Novecento: quello tedesco dove il ruolo dello Stato è molto forte nel produrre ricerca e trasferirla all’ecosistema imprenditoriale; quello scandinavo, simile a quello tedesco, ma maggiormente orientato al mercato e alla sua regolamentazione in modo flessibile; quello italiano dove il sistema nazionale ha assunto caratteristiche peculiari e non omogenee, che verranno affrontate in modo dettagliato nel successivo capitolo.

La letteratura riguardante questo concetto si è sviluppata in particolar modo alla fine degli anni ’80 e, allo stesso modo, l’interesse accademico verso questo tema in concomitanza con la crescente attenzione verso il tema generale dell’innovazione quale fattore fondamentale per la crescita economica. Il primo ad usarlo espressamente fu Christopher Freeman in un volume concentrato sulle dinamiche storiche della crescita economica giapponese: The ‘National System of Innovation’ in historical perspective82. Partendo da una prospettiva schumpeteriana,

Freeman osserva l’impatto derivante dall’innovazione e dalla diffusione della tecnologia sullo sviluppo dello stato levantino83. La sua ricerca è focalizzata

soprattutto sulla capacità delle diverse nazioni di sfruttare tali processi in modo

80 R. Giannetti, S. Pastorelli, Il sistema nazionale di innovazione negli anni Cinquanta e Sessanta, in C.

Antonelli, F. Barbiellini Amidei (a cura di), Innovazione tecnologica e sviluppo industriale nel secondo dopoguerra, Laterza, Bari, 2007, pp. 595-791.

81 Nelson R., National Innovation Systems. A Comparative Analysis, Oxford University Press, New

York, 1993, pp. 357-369.

82 C. Freeman, Technology Policy and Economic Performance: Lessons from Japan, Pinter, Londra, 1987,

pp. 57-62.

83 J. Fagerberg, K. Sapprasert, National innovation systems: the emergence of a new approach, in «Science

36 vantaggioso e sulle modalità con cui le politiche pubbliche contribuiscono all’espansione dei medesimi. Considerando un ampio intervallo cronologico, Freeman individua policy assai diverse nel tempo con conseguenze altrettanto differenti sui vari settori economici e sulle dinamiche macroeconomiche e microeconomiche.

Sebbene riconosciuto ex post da molti come il primo pionieristico contributo allo studio dei sistemi nazionali d’innovazione, il lavoro di Freeman è passato in secondo piano, per lo meno da un punto di vista accademico, rispetto a quello degli altri due teorici di riferimento, Bengt-åke Lundvall e Richard R. Nelson, come dimostra anche una statistica delle citazioni accademiche sui principali volumi relativi a questo tema (si veda la Figura 2)84.

L’emergere, sia negli ambienti accademici che politici, della nozione di sistema nazionale d’innovazione è infatti avvenuto con i volumi National Systems of Innovation: Towards a Theory of Innovation and Interactive Learning di Lundvall e National Innovation Systems: A Comparative Analysis di Nelson.

84 L. Soete, B. Verspagen, B. ter Weel, Systems of Innovation, CPB Discussion Paper, n. 138, 2010, pp.

37 Figura 2 – Citazioni scientifiche dei 3 principali volumi sui sistemi nazionali d’innovazione

Fonte: rielaborazione su dati Google Scholar e WebScience (per Freeman)

Lundvall nei suoi studi ha enfatizzato, in una prospettiva simile a Freeman, le modalità in cui gli attori interagiscono all’interno dei sistemi nazionali, enfatizzando l’importanza della velocità, dell’estensione e del successo con cui le innovazioni vengono introdotte e diffuse nell’economia. Egli si distacca dalla visione più settoriale di Freeman, ma ne recepisce e include gli elementi fondamentali.

L’opera di Nelson si caratterizza, invece, per gli aspetti empirici e storici dei casi studio esaminati. Come suggerisce anche il titolo, National Innovation Systems: A Comparative Analysis, essa contiene analisi di singoli sistemi nazionali con l’obiettivo di descriverne le caratteristiche principali ed evidenziare similitudini e differenze tra i singoli casi. In particolare, grazie anche all’influenza di Rosemberg

0 200 400 600 800 1000 1200 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018

38 che partecipò alla stesura di alcuni capitoli85, questa ricerca fondamentale sul tema

è molto concentrata sul ruolo delle istituzioni e delle attività di ricerca e sviluppo. Una particolare menzione merita il cosiddetto gruppo IKE (Gruppo Internazionale sulla Competitività) che iniziò la propria attività di ricerca nel 1977 presso il Centro Universitario di Aalborg su impulso di Bengt-Åke Lundvall. Grazie agli sforzi del suo principale animatore le direttrici di studio furono portate sempre più verso l’analisi delle dinamiche dell’innovazione e del cambiamento tecnologico a livello sistemico. Precedentemente, infatti, il concetto di competitività applicato a una nazione era ancora legato alle mere dinamiche costi- prezzi più che all’impatto dell’avanzamento delle tecnologie. Se, infatti, queste ultime erano state considerate un mero riflesso degli investimenti in ricerca e sviluppo, i ricercatori del gruppo IKE spostarono l’attenzione verso i più ampi concetti di apprendimento e assimilazione che coinvolgono attori istituzionali e non. L’obiettivo non era negare o ridimensionare l’importanza delle attività di ricerca, quanto collegare queste ultime, rendendole parzialmente endogene, ai processi di diffusione dei risultati delle medesime86. Una delle conclusioni di

maggior rilievo raggiunta dall’IKE fu che apprendimento e innovazione avvengono contemporaneamente attraverso le interazioni tra coloro che sono in possesso (holder) di diverse tipologie di conoscenze87. L’esempio più rilevante è

quello delle relazioni intercorrenti tra utilizzatori e produttori di tecnologia che sono condizionate non solo dalle dinamiche costi-prezzi, ma anche da fattori storici e istituzionali. Emerge, dunque, un primordiale concetto di sistema come insieme di attori, interazioni, dinamiche e contenitori in grado di determinare

85 R.R. Nelson, N. Rosenberg, Technical Innovation and National Systems, in Nelson, R., (a cura di),

National Innovation Systems. A Comparative Analysis, Oxford University Press, New York, 1993, pp. 3-23.

86 E.S. Andersen et al., Industriel udvikling og international konkurranseevne. Forskningsprogram, in

«Serie om industriell udvikling», n. 6, Aalborg University Press, Aalborg, 1979, pp. 1-77.

87 B-Å. Lundvall, Product innovation and user-producer interaction, in «Industrial Development

39 l’avanzamento tecnologico e le traiettorie dell’innovazione di un intero paese e, di conseguenza, di determinarne lo sviluppo economico.

L’esperienza del gruppo IKE fu successivamente trasporta all’interno di un ambito più vasto e istituzionale, come quello della Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), anche grazie al ruolo assunto dallo stesso Lundvall di deputy director del Directorate for Science, Technology and Industry (DSTI) a partire dal 199288. L’obiettivo di concentrare parte delle

ricerche relative all’innovazione sui sistemi nazionali avrebbe dovuto avere come obiettivo finale la creazione di policy mirate e condivise dai membri dell’organizzazione. Secondo Benoit Godin questo non avvenne per due ordini di motivi: il lavoro del Directorate si concentrò soprattutto sulla raccolta di statistiche, tralasciando gli aspetti qualitativi e storico-culturali89, e la comunità dei

policy maker coinvolti giudicò le raccomandazioni scaturite dai report realizzati troppo difficili da implementare a livello nazionale vista la complessità dei processi di conoscenza e le diverse caratteristiche dei singoli stati membri90. In

ogni caso, per quanto riguarda la misurazione dell’innovazione e del cambiamento tecnologico nonché dell’impatto di entrambi sull’economia, la definizione di alcuni parametri e strumenti di base si è rivelata piuttosto utile, anche se ritenuta da alcuni insufficiente a misurare l’impatto complessivo della diffusione della conoscenza sulla tecnologia.

La letteratura riguardante i sistemi di innovazione, grazie anche all’attenzione posta dall’OCSE e dai vari legislatori, è stata successivamente ampliata e integrata con altre discipline. Come puntualizzano Fagerberg e Sapprasert91, il relativo successo con cui questo nuovo filone scientifico ha

contribuito allo studio dell’innovazione ha avuto molto a che fare con il suo essere

88 B. Godin, The Making of Science, Technology and Innovation Policy: Conceptual Frameworks as

Narratives, cit., pp. 130-135,

89 Ibidem.

90 OECD, Dynamising National Innovation Systems, Parigi, 2002, pp. 10-13.

91 J. Fagerberg, K. Sapprasert, National innovation systems: the emergence of a new approach, cit., pp.

40 orientata verso le politiche pubbliche e l’approccio olistico. Ciò ha permesso di attrarre l’attenzione di numerosi studiosi, centri di ricerca e istituzioni contribuendo ad integrare diversi campi e settori scientifici tra di loro ed allargare le prospettive di ricerca sull’impatto economico dell’innovazione e dei fattori storici ad essa collegati.

La letteratura che verrà qui esaminata pone, quindi, solide basi per comprendere le relazioni tra istituzioni e attori economici privati (aziende, settori industriali) sia nel contesto nazionale sia in quello internazionale che è l’oggetto dell’indagine di questa ricerca: l’Italia nel secondo dopoguerra durante il miracolo economico.