• Non ci sono risultati.

1.8 I fondamentali dei sistemi di innovazione: agenti e dinamiche

1.8.2 Imprese e concetto di capacità

La letteratura relativa ai sistemi d’innovazione ha rivolto la propria attenzione principalmente sulla funzione del sistema a supporto dell’evoluzione innovativa delle imprese e del loro miglioramento tecnologico120. Gli studi

empirici, basati soprattutto sul percorso storico di singole realtà nazionali, suggerisce che le caratteristiche strutturali di un’economia, come la sua produzione di beni e servizi, la struttura e l’infrastruttura tecnica di cui è dotata e altri fattori istituzionali influenzano fortemente la performance innovativa delle imprese121. In breve, la crescita delle imprese non dipende solamente da una buona

gestione, ma anche dalle caratteristiche strutturali dei paesi in cui operano. Uno dei problemi incontrato inizialmente dagli studiosi dei sistemi d’innovazione riguardava l’approccio analitico da utilizzare per spiegare i processi e i mutamenti che coinvolgevano le imprese all’interno delle istituzioni.

Emerse dai vari tentativi l’approccio settoriale il quale evidenziava che le caratteristiche dell’innovazione possono essere differenti a seconda del settore preso in considerazione, poiché i processi di cambiamento tendono a variare tra i settori tecnologici a seconda delle diverse condizioni di opportunità, cumulazione e appropriazione122. Tra le caratteristiche strutturali di maggior peso è

fondamentale evidenziare quella di “capacità” che le imprese, i settori e in generale i sistemi devono creare e al fine di svilupparsi e raggiungere obiettivi di crescita nel lungo periodo e che verrà affrontata nel corso di questo paragrafo più nel dettaglio.

120 H. Barnard, T. Bromfield, J. Cantwell, The role of indigenous firms in innovation systems in

developing countries: the developmental implications of national champion firms’ response to underdeveloped national innovation systems, in Lundvall, B.-A (a cura di) Handbook of Innovation Systems and Development Countries, Bulding Domestic Capabilities in a Global Setting, Edward Elgar, Cheltenham e Northampton, 2009, pp. 241-280.

121 R.R. Nelson, A Retrospective, in R.R. Nelson (a cura di), National Innovation Systems: A Comparative

Analysis, cit., pp. 503-525.

122 K. Pavitt, Sectoral patterns of technical change: Towards a taxonomy and a theory, in «Research

51 Il quadro analitico che andò consolidandosi prevede, dunque, tre principali dimensioni settoriali:

1. Conoscenza e dominio tecnologico. Ogni settore produttivo e le relative imprese potevano essere caratterizzate da basi di conoscenza, tecnologie e fattori specifici. Allo stesso modo esistono dei limiti per ogni settore che tipicamente non sono fissi, ma possono evolversi durante il tempo;

2. Agenti economici e reti di relazioni. I settori sono composti da agenti eterogenei che sono di due tipologie: organizzazioni o individui. Tra le organizzazioni rientrano le imprese (trasformatrici, utilizzatrici, produttrici) o altri soggetti come associazioni di esperti, università e anche agenzie governative. Ognuno di questi agenti presenta diversi processi di apprendimento, organizzazione strutturale, comportamenti e competenze che interagiscono attraverso attività di comunicazione, scambio cooperazione o competizione. Le reti di relazioni che si creano posso essere di mercato o attivarsi al di fuori di esso;

3. Interazioni istituzionali. La cognizione, le azioni pratiche e le connessioni tra gli agenti vengono generate all’interno delle istituzioni, come esaminato anche nel paragrafo precedente, dando vita a tipologie differenti di interazioni123.

In letteratura è possibile individuare diversi tipi di legami tra gli attori che operano all’interno di un sistema d’innovazione124. Interessante da questo punto di

123 F. Malerba, Sectoral Systems of Innovation, in J. Fagerberger, D.E. Mowery, R.R. Nelson (a cura di),

The Oxford Handbook of Innovation, cit., pp. 380-407.

124 S. Metcalfe, The diffusion of innovations: an interpretative survey, in G. Dosi et al. (a cura di).,

Technology and economic theory, Pinter, Londra, 1988, pp. 560–589; R.R. Nelson, A retrospective, cit, pp. 505-523; J. Fagerberger, M. Shrolec, B. Verspagen, The Role of Innovation in Development, in «Review of Economic and Institutions», vol. 1, n. 2, 2010, pp. 1-29.

52 vista sono le conclusioni cui giunge Maria Eggink che distingue 3 macro-categorie diverse di legami e collegamenti distinguibili come segue:

1) Formali / Informali. Le connessioni formali vengono create in modo concordato (consapevole) e includono accordi e contratti di cooperazione tra le parti. I legami informali invece emergono spontaneamente e includono, ad esempio, gli effetti derivanti dalla mobilità del capitale umani, trasferimenti tecnologici per mezzo dello scambio di macchinari o altri equipaggiamenti (beni intermedi), conferenze e occasioni di scambio di informazioni scientifiche o tecniche.

2) Diretti / Indiretti. Nella prima categoria si tratta di connessioni create in modo deliberato e volontario. Eggink ne fornisce un esempio efficace facendo riferimento ai Governi che, attraverso agevolazioni fiscali e trasferimenti, supportano l’attività di ricerca e sviluppo delle aziende. Nel caso degli “indiretti”, essi si verificano quando dalle connessioni tra soggetti appartenenti a diverse organizzazioni vengono generati effetti di spillover della conoscenza tecnologica o tecnica che favoriscono indirettamente le terze parti coinvolte, come centri di ricerca, università o altri soggetti inclusi nei progetti di cooperazione.

3) Orizzontali / Verticali. Con orizzontali si intendono quei legami che coinvolgono attori appartenenti alla medesima categoria organizzativa ossia rapporti tra aziende, in special modo operanti nella medesima filiera o in filiere a stretto contatto. Le interazioni verticali, invece, avvengono tra soggetti di diversa estrazione organizzativa e hanno effetti di tipo trasversale tra i loro componenti. L’esempio classico è rappresentato dalle partnership tra aziende e università o centri di ricerca che a partire dalla seconda metà del XX secolo hanno vissuto uno sviluppo incrementale anche sulla spinta delle istituzioni internazionali e sono state incoraggiate

53 da agenzie, Governi e organismi sovranazionali con politiche mirate (Unione Europea, OECD, accordi quadro regionali)125.

Come queste interazioni, che coinvolgono i diversi agenti tra cui le imprese, siano in grado di produrre e diffondere innovazione e, conseguentemente, generare processi di cambiamento tecnologico è stato affrontato a più riprese dagli esponenti della teoria evoluzionista. In particolare verrà qui illustrato il concetto di “capacità” che è centrale nella teoria dei sistemi di innovazione e sarà al centro di questa ricerca.

Il primo a utilizzare il termine capacità fu Abramovitz, nel suo lavoro relativo ai processi storici di cathing up. Egli mise in evidenza alcune differenze nelle capacità di alcuni paesi arretrati, come la Russia e la Germania nell’Ottocento, di sfruttare il potenziale tecnologico inespresso per avviare un percorso di sviluppo e crescita che avrebbe permesso loro di competere con altre potenze mondiali126. Gli aspetti ritenuti di maggior rilievo per raggiungere questa

capacità furono individuati nei seguenti fattori:

 competenza tecnica (livello di istruzione),

 esperienza nell'organizzazione e nella gestione di larga scala delle aziende,

 istituzioni e mercati finanziari in grado di mobilitare capitali su larga scala,

 la stabilità del governo e la sua efficacia nella definizione delle regole a sostegno alla crescita economica,

 onestà e fiducia.

Un concetto correlato che è diventato popolare nella letteratura applicata sulla crescita e lo sviluppo è quello di “capacità di assorbimento” definito da

125 M. Eggink, The Components of an Innovation System: A Conceptual Innovation System Framework, in

«Journal of Innovation and Business Best Practices», vol. 2013, 2013, pp. 1-12.

54 Wesley Cohen e Daniel Levinthal, come la “capacità di un’impresa di riconoscere il valore di nuove informazioni esterne, assimilarle e applicarle a fini commerciali127. Cohen e Levinthal ritenevano che la capacità di assorbimento

dipendesse dalle precedenti relazioni dell’azienda con la conoscenza, che veniva creata attraverso le attività di ricerca e sviluppo.

Linsu Kim utilizzò una simile costruzione teorica per interpretare le dinamiche di crescita della Corea nel Secondo Dopoguerra denominandola “capacità tecnologica” e definendola “l’abilità di rendere efficace l’uso della conoscenza tecnologia nello sforzo di assimilare, utilizzare e cambiare le tecnologie esistenti. Inoltre essa permette la costruzione di nuove tecnologie e di sviluppare nuovi prodotti e processi”128. Nella descrizione che fa Kim di questa

capacità non sono però incluse solamente le iniziative di ricerca e sviluppo, bensì sono ricomprese altre attività necessarie per lo sfruttamento commerciale della tecnologia: capacità di produzione, di investimento e di innovazione.

Una prospettiva più strutturata e completa deriva dalla ricerca comparata svolta da Sanjaya Lall dalla quale scaturiscono tre aspetti di capacità tecnologica nazionale intesa dall’autrice come la capacità di raccogliere le risorse (finanziarie) necessarie e utilizzarle in modo efficiente129. L’abilità di innovare di un sistema,

comprendeva non solo la presenza di alti livelli di istruzione in generale, ma anche una formazione manageriale e specializzata dotata di elevate competenze tecniche. Inoltre, in quello che chiamava "sforzo tecnologico nazionale", Lall ricomprendeva le attività di ricerca e sviluppo, la capacità brevettuale e lo sviluppo di personale tecnico. Inoltre, la capacità tecnologica nazionale non era determinata solamente dallo sforzo innovativo domestico. La tecnologia straniera acquisita attraverso le

127 W.M. Cohen, D.A. Levinthal, Absorptive Capacity: a New Perspective on Learning and Innovation, in

«Administrative Science Quarterly», vol. 35, n. 1, 1990, pp. 128-152.

128 L. Kim, Stages of Development of Industrial Technology in a Developing Country: a Model, cit., pp. 254-

277.

129 S. Lall, Technological Capabilities and Industrialization, in «World Development», vol. 20, n. 2, 1990,

pp. 165-188; A. Krueger, M. Lindahl, Education for Growth: Why and for Whom?, in «Journal of Economic Literature», vol. 39, n. 4, 2001, pp. 1101-1136.

55 importazioni o gli investimenti diretti esteri erano altrettanto importanti130. Infine,

è necessario sottolineare la distinzione tra capacità tecnologiche proprie (in sé) e i loro effetti economici. Quest’ultimi dipendevano anche dagli incentivi che gli agenti economici ricevevano che si distinguevano tra incentivi forniti dal processo decisionale politico (policy e governance) o da alcune caratteristiche delle istituzioni (normativa, regole, stabilità)131.

È quindi possibile definire la capacità come la condizione necessaria, se non obbligatorio, di un sistema per poter produrre innovazione, attivare dinamiche di cambiamento tecnologico e poter raggiungere un certo tasso di crescita economica nel tempo. Le imprese sono gli agenti economici fondamentali che operano e interagiscono con altre organizzazioni all’interno dei confini istituzionali. Tuttavia sarebbe concettualmente errato ricondurre il tutto alle sole imprese e al loro sforzo produttivo. Ciò che contribuisce alla formazione di una capacità tecnologica è un insieme di componenti, fattori, esperienze, connessioni e movimenti che risentono dell’evoluzione storica di un determinato sistema, sia esso nazionale sia esso inserito in un contesto più ampio.