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2. Arte indiana: storia di un dialogo

2.4 Il corpo nella pratica artistica indiana contemporanea

Il corpo ricopre un ruolo fondamentale nella produzione artistica indiana. Se si dovesse nominare un solo contributo dell’arte indiana alla creazione di un immaginario universale, basterebbe pensare alla figura umana, sia essa maschio, femmina, gay, bisessuale o ermafrodita, nella sua corporeità, capace di sopportare con passione le asprezze a cui è sottoposta96. Superando il mero figurativismo, il corpo viene messo in primo piano come concetto e gesto attraverso cui i giovani artisti indiani adattano la questione dell’identità, non più dettata da canoni socio-economici, ma personali e soggettivi. La rappresentazione del corpo si offre alle più varie letture: può essere letta a livello biografico, come supporto alla narrazione della vicenda dell’artista oppure come mezzo per illustrare la storia comune. Il corpo può rappresentare il luogo in cui si manifesta il conflitto, sia religioso, politico, sociale che sessuale, perché è su di esso che si ritrovano i segni di questi scontri; spesso questo corpo è femminile, poiché soggetto storico della trasformazione sociale97. La figura del corpo può anche essere considerata come traccia, segno lasciato nello spazio e nel tempo attraverso dei frammenti narrativi che puntano a marcare dei riferimenti per chi volesse leggere la storia dell’India attraverso i suoi abitanti. La relazione tra l’India e il resto del mondo è assai complessa perché si basa sulla comprensione che l’India stessa ha dei propri confini, della propria geografia, delle frequenti riletture della propria storia che ha operato e soprattutto della coscienza frammentaria che i suoi abitanti hanno di loro stessi. È in questo caso che il corpo diventa anche assenza, quando non si ha più un vero potere su di esso ma diventa sinonimo di omologazione culturale e sociale, o peggio, quando non è più considerato di proprietà esclusiva dell’individuo che lo anima.

96 KAPUR, 2007, p. 287.

Il movimento femminista dell’arte degli anni Settanta decise di rivelare quel corpo, o insieme di corpi, che per troppo tempo erano stati ignorati: chi è stato tenuto a margine vuole ora svelare la propria essenza98. Il corpo femminile è stato per molto tempo uno strumento che creava allegorie; ora, mostrandone la nudità, il corpo umano ritorna a essere vulnerabile e l’arte contemporanea sceglie di presentarsi come vulnerabile: specialmente le donne offrono il proprio corpo esposto come simbolo e oltraggio contro la colonizzazione, la violenza contro le donne e contro la terra.

Come il Modernismo anche il Femminismo giunse in India in un secondo momento. Eccezion fatta per Amrita Sher-Gil, le artiste donne non hanno preso parte all’evoluzione modernista dell’arte indiana, non avevano interesse per la battaglia per la costruzione di un concetto di “Indianità” ma si preoccupavano di trovare nuove strade di espressione del proprio io- artistico99. L’arte femminista riconosce che il “sé” può diventare portavoce di istanze comuni, e non è solo una voce autoreferenziale.

Un’artista che fa del suo corpo una vera e propria tela è Reena Saini Kallat. Nata nel 1973 a new Delhi e diplomatasi alla Sir J.J. School of Art di Mumbai, la sua pratica artistica spazia dal disegno, alla fotografia, alla scultura alla video arte e coinvolge diversi materiali. È interessata al ruolo che gioca la memoria, sia quando scegliamo cosa ricordare, sia quando facciamo riferimenti indistinti al passato in generale100.

La pelle è un supporto molto potente nell’opera di Kallat. Questa, oltre a offrire una trama simile all’intreccio del tessuto della tela, è sempre e necessariamente diversa da tutte le altre. Nella sua opera Blueprints: Birthmarks and Tattoos del 2004 (Fig. 10), Kallat si serve del gusto indiano per la decorazione, alamkara, ribaltandolo per creare un’opera di aspra critica sociale. Nelle 64 stampe fotografiche che compongono l’opera, l’artista ritrae parti del corpo umano segnate da un timbro blu101, onnipresente nella burocrazia indiana. Ecco che i timbri e marche di approvazione dello Stato indiano, si confondono con tecniche dell’abbellimento del corpo tramite la

98 SEID, 2007, p. 14. 99 Ibidem, p. 15.

100http://naturemorte.com/artists/reenasainikallat/ (consultato in data 10 ottobre 2018).

101 Nel vocabolario inglese il termine “blueprint” crea un gioco di parole sta a significare sia la cianografia, sia un modello comune valido e standard per tutti.

decorazione all’henné e kumkuma, il pigmento rosso usato per segnare per esempio il bindi102 sulla fronte. Così il timbro sulla pancia di una donna incinta

indica che il nascituro sta già sopportando il peso del suo lignaggio e del suo karma; il timbro su un seno indica che il latte materno è più sano di quelli industriali. Alcuni marchi sono stampati su parti del corpo normalmente nascoste, permettendo a colui o colei che li porta di passare inosservato; questi segni però sono indelebili, e non possono essere lavati via, saranno visibili solo al momento di massima vulnerabilità, la nudità. Altri invece sono molto evidenti: si incontrano marche da bollo governative dove si dovrebbe trovare il tilaka103 portato dai devoti a Shiva, oppure un timbro calligrafico che

imita una perfetta linea di sopracciglia. Per uno spettatore occidentale, è facile scorgere con macabra ironia la somiglianza fra questo genere di timbri istituzionali marcati sul corpo umano e la marchiatura degli animali da allevamento e pronti per la macellazione104.

Ogni corpo individuale fa parte del più ampio corpo politico di cui è membro, e come i timbri sul passaporto, la narrazione della vita di un singolo, come evidenziato da Kallat, è definita dai vari bolli che permettono il libero passaggio di chi li possiede in una successiva fase dell’esistenza.