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Il criterio della soglia minima di gravità

I diritti inderogabili anche durante le emergenze

3. Il divieto di tortura

3.2 Il criterio della soglia minima di gravità

Il criterio della soglia minima di gravità è stato definito per la prima volta dalla Corte, in maniera chiara, nel caso Irlanda c. Regno Unito del 1978118.

Nel caso in esame la Corte era stata chiamata a giudicare alcuni episodi di violenza a cui erano stati sottoposti presunti appartenenti all’organizzazione indipendentista nord-irlandese dell’IRA (Irish

Republican Army) in alcuni centri speciali per la conduzione degli

interrogatori, istituiti in seguito all’emanazione della legislazione anti- terrorismo allora vigente.

In particolare, la polizia aveva estorto delle confessioni dai detenuti attraverso le cosiddette cinque tecniche di privazione sensoriale (consistenti nell’incappucciamento, nell’assoggettamento a continuo rumore, nella privazione del sonno, negazione di cibo e bevande, obbligo di rimanere in piedi per periodi di tempo molto prolungati).

Alcuni dei presunti membri dell’IRA erano anche stati percossi nel corso di tali interrogatori.

La Corte colse questa occasione per gerarchizzare le condotte vietate dall’art. 3: “per determinare quale delle cinque tecniche dovrebbe essere

qualificata come tortura, la Corte deve avere riguardo alla distinzione, contenuta nell’art. 3, tra questa nozione e la nozione di trattamento inumano o degradante. Nella visione della Corte, questa distinzione deriva principalmente da una differenza di intensità della sofferenza inflitta”.

Una volta stabilito che un determinato comportamento è riconducibile all’alveo dell’art. 3, il grado di intensità della sofferenza costituirà il criterio di distinzione tra un atto inumano o degradante da un atto di tortura.

Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che le tecniche di privazione sensoriale, eseguite con premeditazione e simultaneamente, costituivano

118 Varie volte, in ogni caso, la Corte ha richiamato la definizione di “tortura” contenuta

nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, pur avendo successivamente elaborato degli spunti interpretativi originali.

trattamenti inumani e degradanti: inumani perché avevano causato ai detenuti, se non delle vere e proprie lesioni, quanto meno delle sofferenze fisiche e morali, per non parlare di seri disturbi psichici; degradanti, perché avevano provocato nelle vittime sentimenti di paura, angoscia ed inferiorità tali da umiliarli e spezzare la loro resistenza fisica e morale.

Si può quindi affermare che la Corte, nel valutare un trattamento o una pena disumana, consideri maggiormente rilevanti le sofferenze fisiche, mentre nel valutare un trattamento o una pena degradante, ponga maggiore attenzione ai patimenti morali e psicologici.

Nella giurisprudenza della Corte la tortura non assurge a fattispecie autonoma, ma viene definita in relazione alle altre due categorie di reato. In particolare, la tortura è un trattamento disumano o degradante che causa sofferenze più intense.

Alla luce di quanto sopra esposto riguardo alla gerarchizzazione delle fattispecie previste dall’art. 3 operata dalla Corte, essa risulta essere la seguente.

Le pene o trattamenti degradanti occupano il livello inferiore119 , seguiti dalle pene o trattamenti inumani ed infine dalla tortura, che occupa il livello superiore della gerarchia.

Da ciò deriva che ogni atto di tortura è necessariamente anche un trattamento disumano o degradante, e che ogni trattamento disumano si sostanzia necessariamente anche in un trattamento degradante.

Il criterio della soglia minima di gravità è necessariamente suscettibile di una valutazione relativa.

Questo ovviamente non è sfuggito alla Corte, che ha optato per un metodo empirico, sostenendo come la valutazione della gravità delle violazioni vada effettuata caso per caso, basandosi sull’esame di fattori ben determinati (modalità dell’esecuzione del trattamento, età, sesso, stato di salute della vittima, eccetera).

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Il criterio della valutazione relativa venne formulato per la prima volta in occasione del caso Irlanda c. Regno Unito, per poi essere riesaminato ed approfondito nel caso Soering c. Regno Unito (v. supra, pag. 69).

Vien da sé che un approccio relativo si basa non solo sui fattori sopra enunciati e riguardanti più strettamente le modalità della violazione e la situazione soggettiva della vittima120, ma comporta anche che la valutazione della condotta che si presume criminosa passi da una interpretazione che sia fatta alla luce delle condizioni e della circostanze attuali, operando, quindi, una contestualizzazione del caso di specie121. Visto il crescente livello di sensibilizzazione nei confronti della materia, in alcuni casi la Corte sembra aver abbandonato il criterio di valutazione relativa, qualificando come atti di tortura dei comportamenti, a prescindere dalle caratteristiche soggettive della vittima122.

Ciò dimostra come, per la valutazione qualitativa dei comportamenti vietati ai sensi dell’art. 3, la Corte non sia ricorsa solo ai c.d. parametri “interni” (natura e durata del maltrattamento, condizione soggettiva della vittima…), ma anche a quelli c.d. “esterni”, come la sensibilità delle società degli Stati membri e le condizioni sociali e politiche che hanno fatto da sfondo al caso123.

120 “ill-treatment, including punishment, must attain a minimum level of severity if it is to

fall within the scope of Article 3. The assessment of this minimum is, in the nature of things, relative; it depends on all the circumstances of the case, such as the nature and context of the treatment or punishment, the manner and method of its execution, its duration, its physical or mental effects and, in some instances, the sex, age and state of health of the victim”.

121 “The Court must also recall that the Convention is a living instrument which, as the

Commission rightly stressed, must be interpreted in the light of present-day conditions. In the case now before it the Court cannot but influenced by the developments and commonlu accepted standards in the penal policy of the member States of the Council of Europe in this field” (caso Tyrer c. Regno Unito).

122 Si veda il caso Selmouni c. Francia: “Whatever a person’s state of health, in can be

presumed that such intensity of blows will cause substantial pain. […] besides the violent nature of the above acts, the Court is bound to observe that they would be heinous and humiliating for anyone, irrespective of their condition”.

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