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Il principio della doppia protezione

Il controllo operato dalla Corte di Strasburgo sulle misure di deroga

2. Il sistema di controllo convenzionale

2.1 Il principio della doppia protezione

Il sistema di garanzia della CEDU è fondato sul principio della doppia protezione.

La previsione sostanziale dei diritti non si sostituisce, ma si aggiunge, al sistema di protezione già fornita dagli Stati, che possono quindi integrarla. Il controllo internazionale ha funzione sussidiaria: è infatti agli Stati che, in prima istanza, sono demandate la prevenzione e la repressione delle violazioni dei diritti, nonché la predisposizione del sistema risarcitorio conseguente alle violazioni medesime.

L’art. 13 CEDU riconosce il diritto, per qualunque persona che abbia subito una violazione di un proprio diritto o libertà, di fare ricorso di fronte ad un’autorità nazionale44

, e ciò anche nel caso in cui a commettere la violazione siano state persone esercenti funzioni ufficiali: la qual cosa implica, a contrario, che lo Stato debba prevedere rimedi effettivi anche di fronte a violazioni commesse da persone che non ricoprono alcuna funzione ufficiale45.

Perché il ricorso sia effettivo è necessario che l’autorità investita di esso assicuri le garanzie di indipendenza ed imparzialità, e che sia in grado di produrre effetti sospensivi della violazione o, nel caso in cui sia troppo tardi per intervenire in tal senso, risarcire in maniera adeguata la vittima. I ricorsi al giudice (o istanza) nazionale di cui si parlava al precedente paragrafo potrebbero non risultare efficienti per l’individuo che assuma una violazione di un proprio diritto: è solo in questo caso che gli strumenti internazionali di garanzia predisposti dalla Convenzione (i quali hanno, per l’appunto, natura sussidiaria) trovano spazio e applicazione.

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Si noti, non necessariamente davanti ad un giudice: il ricorso davanti al giudice è invece espressamente previsto dagli artt. 5.3, 5.4 e 6.1 CEDU.

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PEDRAZZI, La Convenzione europea sui diritti umani e il suo sistema di controllo, in La

È possibile evitare la sentenza nel caso di raggiungimento di una soluzione amichevole della vicenda46, purché anch’essa risponda a principi di rispetto dei diritti fondamentali, s’intende.

Nel caso in cui tale tentativo dovesse invece fallire, la Corte procede nell’esame della questione rispettando il principio del contraddittorio (in una procedura solo eventualmente orale, oltre che scritta47).

La sentenza, motivata, viene votata a maggioranza, con possibilità per i giudici in dissenso di allegare la propria opinione.

Sono immediatamente definitive solo le sentenze della Grande Camera, la quale invece potrebbe essere chiamata a pronunciarsi su una decisione presa da una camera ordinaria (in casi eccezionali48 e comunque non oltre tre mesi).

Prima della sentenza è poi possibile che la Corte adotti misure provvisorie. Allo Stato accertato responsabile è imposto di cessare le pratiche illecite e di effettuare la restituito ad integrum nei confronti della vittima. Se questa non fosse del tutto o in parte possibile, la Corte accorda alla parte lesa un risarcimento in denaro (fuori da questo caso specifico è in generale lo Stato a scegliere le misure riparatorie da adottare).

Al di là delle misure strettamente connesse alla sentenza, è ovvio che allo Stato è altresì richiesto di adottare modifiche generali che evitino di ripetere analoghe violazioni nei confronti di persone diverse.

È al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa che spetta il compito di vigilare sulla corretta esecuzione delle sentenze della Corte: per garantire l’efficienza e l’effettività di tale ruolo di controllo, al Comitato è permesso di fissare un termine entro il quale lo Stato interessato debba provvedere al

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Compito in precedenza affidato alla Commissione.

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Sono previste inoltre delle garanzie comuni alla maggioranza dei Paesi democratici, quali la pubblicità delle udienze, derogabile per motivi ben precisi, ed il gratuito patrocinio.

48 La valutazione dell’eccezionalità è affidata ad un collegio di cinque giudici della Grande

Camera.

La ratio del meccanismo di riesame è di preservare la coerenza e l’armonia della giurisprudenza della Corte.

Diverso è poi l’istituto della revisione, prevista solo allorché sia scoperto da una delle parti un fatto nuovo di importanza decisiva.

risarcimento della vittima o all’adozione di quelle riforme strutturali di cui si parlava poc’anzi, oltre che di adottare risoluzioni che analizzino la situazione, eventualmente segnalando le carenze dell’operato statale medesimo49, offrendo una pubblicità negativa che, a sua volta, dovrebbe avere una funzione di deterrenza verso comportamenti negligenti50.

Il primo giugno 2010 è entrato in vigore il Protocollo n. 14 CEDU.

Le modifiche da esso introdotte sono state indirizzate, soprattutto, al miglioramento del sistema di filtraggio dei ricorsi, il cui numero, sempre crescente51, rischiava di minare la credibilità del sistema giurisdizionale creato dalla Convenzione52.

Il Protocollo n. 14 ha proseguito nel solco creato dal Protocollo 11, modificando il funzionamento, l’organizzazione e la configurazione del sistema CEDU, tramite il miglioramento delle vie di ricorso interne, il filtraggio dei ricorsi, e l’esecuzione delle sentenze della Corte.

Ciò rispondeva ai seguenti scopi: prevenire le violazioni a livello nazionale e migliorare le procedure giudiziarie interne dei Paesi (i rimedi interni); rendere il più efficiente possibile il filtraggio e l’esame delle istanze; infine, migliorare e rendere più rapida l’esecuzione delle sentenze della Corte. È stata introdotta una nuova formazione all’interno della Corte, il giudice unico, che può sostituire il comitato di tre giudici nel compito di filtraggio

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Un esempio emblematico in tal senso è costituito dalle numerose risoluzioni riguardanti la cronicizzazione della problematica italiana di irragionevole durata dei processi.

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Solo per completezza, vista la scarsa possibilità di tale eventualità nella prassi, si rileva che l’art. 8 dello Statuto del Consiglio d’Europa prevede anche l’espulsione per gli Stati che contravvengano a certi obblighi.

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Tale ampliamento è stato, come si è visto in precedenza, da una serie di fattori: la possibilità di presentare ricorsi individuali introdotta dal Protocollo n. 11, l’adesione alla CEDU di nuovi Stati Parte, la rapidità del processo di allargamento, l’ampliamento dei diritti protetti, mediante l’utilizzo, da parte della Corte, del decalogo di diritti tutelati interpretati “in the light of present-day conditions”.

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Il bisogno di interventi migliorativi sulla efficienza del funzionamento della Corte era già emerso nel corso della Conferenza interministeriale europea sui diritti dell’uomo del 2000 (in occasione del 50esimo anno dalla nascita della CEDU), in cui il Comitato dei Ministri era stato invitato a promuovere, nel più breve tempo possibile, uno studio approfondito circa le diverse possibilità di intervento al fine di salvaguardare l’efficacia del meccanismo di tutela fino a quel momento sempre offerto dalla Corte, ma la cui tenuta diventava ogni giorno più precaria a causa dell’eccessivo carico di lavoro gravante su di essa.

preliminare, che assume un’importanza fondamentale oggi più che mai, a causa della problematica dei c.d. ricorsi ripetitivi.

I ricorsi ripetitivi, nella nomenclatura della Corte e della prassi, sono quelli costituiti dai ricorsi individuali palesemente fondati sui quali la Corte EDU si è già espressa a favore dei ricorrenti, ma che, a causa di carenze strutturali concernenti un determinato Stato parte, continuano ad essere imperversante oggetto delle domande presentate alla Corte, creando motivo di “ingolfamento” e di ritardi nel lavoro della Corte stessa53

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Essi si ripresentano regolarmente poiché derivano da violazioni di carattere sistemico della Convenzione, che non dipendono dalle anomalie verificatesi nel singolo caso concreto, ma sono dovute al fatto che alcuni Stati non hanno eliminato delle irregolarità legislative (o amministrative) o non le hanno eliminate in maniera adeguata, non adattando la legislazione interna al giudicato della Corte EDU. Il novellato articolo 28, rubricato “competenza dei Comitati”, come modificato dall’art. 8 del Protocollo, prevede che, nel caso di un ricorso individuale, non deciso dal Giudice unico, un Comitato possa

- dichiararlo irricevibile o radiarlo dal ruolo quando una siffatta decisione può essere adottata senza esame preliminare;

- dichiararlo ricevibile e pronunziare contestualmente una decisione in merito quando la questione relativa all’interpretazione o all’applicazione della Convenzione o dei suoi Protocolli che è all’origine del caso, è oggetto della giurisprudenza consolidata della Corte.

Il Protocollo n. 14 amplia i poteri dei tre giudici del Comitato i quali, mentre in passato potevano, all’unanimità, solo dichiarare un ricorso inammissibile, oggi possono dichiarare (sempre all’unanimità) ricevibile il ricorso stesso e rendere congiuntamente una sentenza sul merito della controversia sulla base di una procedura semplificata ed accelerata, ma solo quando la questione relativa all’interpretazione o all’applicazione della

53 D’ANNA, Ricorsi ripetitivi e violazioni strutturali alla luce delle modifiche apportate dal

Convenzione o dei suoi Protocolli, all’origine della causa, sia stata oggetto di una giurisprudenza consolidata della Corte.

La nuova procedura descritta all’art. 28 richiede però l’unanimità dei tre giudici per ogni aspetto (l’ammissibilità, il merito ed, eventualmente, l’equa soddisfazione) della controversia, altrimenti il caso passerà alla competenza di una Camera54.

Nell’ambito dello svolgimento della procedura, invece, lo Stato convenuto, informato obbligatoriamente dalla Corte, seppure non può impedire lo svolgimento del procedimento innanzi al Comitato, può contestare la scelta della Corte, sia negando l’esistenza di una giurisprudenza consolidata, sia dimostrando che il caso in esame differisce da quelli in cui vi sia un determinato orientamento giuridico della Corte, che eccependo, infine, l’assenza di condizioni di ricevibilità.

A differenza di quanto avviene nella Gran Camera o nelle Camere, nel Comitato non è obbligatoria la presenza del giudice “nazionale”.

Inoltre il Protocollo n. 14 ha introdotto una nuova condizione di ricevibilità, in base alla quale un ricorso è considerato inammissibile se il ricorrente non abbia subìto un pregiudizio significativo55 (a meno che l’esame del ricorso non sia imposto dal rispetto dei diritti umani, ed a meno che il caso non sia stato debitamente considerato da un tribunale interno).

La scelta di attribuire ai Comitati una ulteriore funzione di filtraggio si è inoltre riverberata nell’articolo 41 del Regolamento di procedura della Corte che ha abbandonato il criterio cronologico nella trattazione dei casi, prevedendo che i giudici possano fissare un’agenda che tenga conto non più della data di deposito dei ricorsi, ma dell’importanza e dell’urgenza delle questioni sollevate nei ricorsi. In questo modo si riserva la precedenza ai casi più gravi, che, di converso, seguendo l’ordine

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Il mancato raggiungimento di una decisione unanime, infatti, vale come se non fosse stata presa alcuna decisione, nel qual caso si applica in pieno la procedura prevista dall’articolo 29 della Convenzione.

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Tale requisito non è stato avulso di critiche, vista, in primis, la vaghezza del termine, nonché la difficoltà di concepire una violazione insignificante in un campo quale è quello dei diritti fondamentali dell’individuo.

cronologico, verrebbero trattati con troppo ritardo, e si dà invece bassa priorità ai casi di violazioni seriali.

Il Protocollo n. 14 ha poi inciso sul controllo sull’esecuzione delle sentenze da parte del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, attribuendo ad esso la possibilità di adìre la Corte nei seguenti casi:

- per risolvere problemi interpretativi di una sentenza, nel caso in cui questi dovessero rendere problematica la sua esecuzione;

- per far accertare la violazione dell’art. 1 CEDU commessa da uno Stato che rifiuti di conformarsi ad una sentenza pronunciata nei suoi confronti56.

Nonostante le modifiche di cui si è parlato, è apparso chiaro che esse non sarebbero bastate a risolvere i problemi legati all’efficienza del funzionamento della Corte EDU.

Così sono state formulate nuove proposte, confluite nelle dichiarazioni successive alla non lontana Conferenza di Interlaken del 18 e 19 febbraio 2010. Essa ha invitato gli Stati a facilitare l’adozione di componimenti amichevoli, a collaborare con il Comitato dei Ministri al fine di adottare e applicare misure di carattere generale in grado di porre rimedio in modo efficace ai problemi strutturali all’origine delle violazioni seriali57

ed ha proposto una ulteriore riforma di snellimento delle procedure, invitando il Comitato dei Ministri a considerare la possibilità di rimettere direttamente ai giudici la decisione circa la ricevibilità di tutti i ricorsi, facendo decidere loro a maggioranza e non più all’unanimità.

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In entrambi i casi il Comitato decide a maggioranza dei due terzi.

57 La prima definizione di “violazione strutturale” fu fornita, nella sentenza Broniowski,

dalla Corte, che l’ha individuata nell’esistenza “within the legal order, of a shortcoming as a consequence of which a whole class of individuals have been or are still denied ”e “the deficiencies in national law and practice identified . . . may give rise to numerous subsequent well-founded applications”.

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