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8. Considerazioni conclusive

8.1 Il futuro del libro

8.1 Il futuro del libro

Un libro è “una raccolta di almeno 50 pagine non periodiche che ospita contenuti organizzati sotto forma di testo (in una specifica lingua) e immagini, certificati e definitivi a un tempo T” (Dubini, 2013: 3). Esso è identificabile come prodotto chiuso – in quanto contiene solamente ciò che autore, editore e curatore hanno deciso di inserirvi, assumendosi la responsabilità delle scelte contenutistiche-. Nonostante tale definizione, l’avvento della tecnologia caratterizzante gli ultimi anni favorisce la separazione tra contenuto e supporto – inscindibile invece nel cartaceo -, e rende la chiusura più malleabile e suscettibile di cambiamenti: basti pensare alle possibilità di interattività degli e- book, di aggiornamento e correzione, nonché a quelle di feedback da parte del lettore. Senza dubbio però, in qualunque forma esso si presenti, il libro è portatore di un valore, di natura sia economica – in quanto bene culturale riproducibile su scala industriale e come tale bene di consumo - che non – esso è anche un bene esperienziale, ossia valutabile appieno solo dopo la lettura e un bene di merito, al quale la comunità attribuisce un valore utile allo sviluppo morale e sociale della stessa-. Possiamo dunque concludere che il libro è portatore di valore culturale fortemente identitario, all’interno del quale il lettore costituisce parte fondante e contribuisce alla costruzione del senso e dello status.

Per quanto riguarda la domanda e l’offerta libraria, essa sono influenzate da tre aspetti principali: le logiche, gli attori, i prodotti e i canali del settore; il tasso di introduzione di novità e l’attività di lettura. Il risultato della loro somma al giorno d’oggi è una forte polarizzazione tra moltissimi titoli letti da pochi lettori e pochissimi libri letti da un grande gruppo di persone.

Come può quindi il libro, questo prodotto poc’anzi connotato, integrarsi e sopravvivere nel contesto attuale, dove i mass media prevalgono, il tempo e l’attenzione per la lettura diminuiscono costantemente e la società e i governi sembrano ignorare la situazione? Come si connota realmente il mercato librario nel presente, e come può strutturarsi nel futuro?

La situazione effettiva non coincide con il pensiero stereotipato dominante: a livello globale, infatti, il settore editoriale librario (immagine 8.1) è ancora quello che produce la maggior parte di prodotti di intrattenimento.

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Immagine 8.1

L’ editoria come settore principale di creazione di contenuti. Fonte: www.wischenbart.com

Guardare da un punto di vista globale il futuro del libro significa però anche riconoscere che esso sarà inevitabilmente diverso dal passato e dal presente. La frammentazione e le mescolanza letterarie saranno l’ emblema del prossimo mercato. Ciò fornirà molte più possibilità a una vasta fetta editoriale fino ad ora schiacciata dai tradizionali protagonisti della stampa, e permetterà anche di superare l’ insensato divario e contrasto creatosi tra cartaceo e digitale. La definizione stessa di libro sarà dunque da ripensare, procedendo per tentativi ed errori, ma in maniera attiva e propositiva.

La fase di transizione universalmente riconosciuta che ci si trova a fronteggiare può dirsi perciò condotta da due elementi chiave: globalizzazione e digitalizzazione. Le conseguenze che ne derivano sono:

i. La tendenza all’accorpamento in concentrazioni da parte delle grandi case editrici, con conseguente consolidamento del proprio posizionamento sul mercato. Ne sono esempi le grandi fusioni avvenute tra il 2014 e il 2015 (Random House e Penguin, HarpeCollins e CanadianHarlequin, hachette e Perseus Books Group);

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ii. L’evoluzione e innovazione nell’approccio all’editoria come reazione e difesa dal crescente monopolio delle grandi concentrazioni, canale di ingresso di nuovi attori nel mercato editoriale;

iii. L’importanza delle differenziazioni e delle ricadute locali dei movimenti internazionali. Ad esempio, la presenza di grandi e innovativi attori globali – come Amazon e Apple – ha impatti importanti sulla competitività di soggetti regionali;

iv. Il declino della carta stampata, che non è sinonimo di morte progressiva ma piuttosto di integrazione con le nuove tecnologie e con l’editoria digitale

v. La prevedibile compenetrazione sempre più profonda dell’editoria con gli altri settori legati all’industria dei contenuti e dei media.

8.2 La letteratura "Made in Italy” all’estero: prospettive, limiti e proposte

Focalizzandosi ora sull’Italia, come affermava Marco Gambaro già nel 2008 (Tirature 2008) e come l’analisi effettuata ha confermato, il libro italiano non è poi così debole come si tende pessimisticamente a pensare.

Immagine 8.2

Mercato del libro per i primi otto mesi del 2015. Fonte: AIE

Ad esempio, l’Italia sta colmando man mano il divario relativo al tasso di lettura che la distanziava dagli altri Paesi sviluppati. Basti pensare, ad esempio, che nel 2007 25 milioni di adulti italiani

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erano vicini all’illetteratismo, quasi il 65% del totale. Ciò, tra le altre, ha anche come causa il fatto che la lettura sia ritenuta esclusivamente uno svago, non un’ “utilità” – ad esempio i libri scientifici rappresentano il 16% del fatturato totale, a differenza del 36% tedesco e del 27% francese - . A questo si aggiunge la ristrettezza del club dei lettori forti e una distribuzione non omogenea del deficit della lettura, nonché dall’assenza di un forte sistema bibliotecario e dalla vendita dei libri insieme ai quotidiani, ottenendo un effetto di svalutazione del loro valore e qualificandoli come “accessori”. Non si può parlare quindi di un punto di arrivo,ma piuttosto di un sentiero appena intrapreso, da percorrere con impegno e intraprendenza.

Immagine 8.3

Fonte: IPA, World Bank e dati AIE per l’ Italia

I dati sono incoraggianti e mostrano un potenziale italiano in questo senso, pur non cancellando altri consistenti problemi del settore, quali le fusioni dei grandi gruppi con la conseguente monopolizzazione e costrizione mercato per i piccoli e medi imprenditori editoriali, la recente crisi economica con la successiva contrazione del potenziale d’ acquisto e di investimento da parte di privati e pubblici, e la crescita massiccia dell’ importanza dei mass media, del Web e della para-

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letteratura nell’ ambito dell’ intrattenimento e del tempo libero. Ciò coincide con quanto emerso nell’analisi condotta nella seconda parte del presente lavoro, che evidenzia uno spirito editoriale aperto e speranzoso verso il futuro seppur conscio di problemi strutturali reali.

Le possibili soluzioni identificate sia dai canali ufficiali che da quelli qui creati sono la digitalizzazione e l’ internazionalizzazione del patrimonio culturale e letterario italiano. In futuro quindi sarà proprio su questi due aspetti che sarà opportuno concentrarsi.

Per quanto concerne la digitalizzazione,è necessario una modifica nella catena del valore dell’industria editoriale.

Infatti, i processi di creazione del valore tradizionale cartaceo sono:

Immagine 8.4

EDITORE SELEZIONE ARRICCHIMENTO

AGGIORNAMENTO del contenuto MODIFICA

CERTIFICAZIONE

CONTENUTO

AUTORI + LETTORI AUTORE SUPPORTO LETTORE

L’ avvento della multimedialità ha invece portato ad una rivoluzione del processo di strutturazione valoriale:

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Immagine 8.5

EDITORE SELEZIONE ARRICCHIMENTO

MODIFICA del contenuto CERTIFICAZIONE della app AGGIORNAMENTO

MULTIMEDIALITA’

AUTORI LETTORI AUTORE CONTENUTO LETTORE

FISSI MOBILI

Produttori di supporti

Alla luce di questi sviluppi, e in aggiunta alla comprensione delle logiche dell’economia digitale, gli editori devono riuscire a riportare quel valore aggiunto creato dalla interrelazione e dalla fluidità che la filiera “ tradizionale” prima escludeva, costruendo sistemi di scambio più complessi e non più monopolizzati dalle sole case editrici. La digitalizzazione non deve essere dunque vista come fattore omologante e pericoloso per la cultura tradizionale, anzi al contrario deve acquisire lo status di mezzo per favorire la dispersione culturale e la frammentazione complessa della realtà culturale e letteraria mondiale, ridefinendo così la catena del valore che collega gli editori, gli autori e i distributori con i lettori e ponendo fine al modello unidirezionale sorgente- lettori.

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L’ormai avviato passaggio verso un’ editoria più “in rete” – ad esempio basti pensare alla creazione della Google Library- non deve e non vuole portare “verso l’obsolescenza del medium, ma verso nuove opportunità: l’editoria come offerta comunicativa di prodotti e servizi fra i quali vi sono le nuove versioni smaterializzate e materializzate della forma- libro” (Ragone, 2005: 112).

La digitalizzazione come elemento di sviluppo editoriale potrebbe essere oggetto di un eventuale ampliamento di raggio dell’indagine qui cominciata, che le dedica un’attenzione marginale in quanto mira a concentrarsi sul secondo strumento di crescita del settore: l’internazionalizzazione. Focalizzandosi su quest’ultima, Robertson afferma (in Giornale della Libreria 2010) che “è possibile promuovere l’editoria locale soltanto su base sempre più globale, il che mette in dubbio la saggezza e la correttezza della massima “pensa globalmente, agisci localmente”. E’ sempre più necessario agire – e pensare – globalmente per rendere possibile lo stesso concetto di localismo”. Ciò significa saper guardare alle sfide proposte dal mercato con l’estero in modo stimolante e costruttivo anche in vista di un miglioramento del mercato interno. Diversamente infatti da altre editorie, quella italiana fino ad oggi non ha saputo adeguatamente valorizzare il proprio flusso export. Nonostante le gravi lacune però, il dato della crescita nel numero di titoli di cui vengono venduti i diritti lasciano supporre una crescita anche nel valore e nel contributo che questa attività porta al conto economico del settore e al mercato domestico, che tende ormai a rappresentare sempre meno il solo e unico mercato di sbocco dell’editoria italiana. Il fenomeno dell’internazionalizzazione poi si accentua ulteriormente se si prendono in considerazione le coedizioni. Altro caso emblematico di benefici contratti nel locale tramite il globale è quello dell’editoria italiana per ragazzi: in essa infatti un numero crescente di titoli viene pensato già per un possibile uno sbocco internazionale di successo: erano il 31,5% nel 2003; nel 2014 sono stati l’89,0%.

Non sono solamente i dati ufficiali e le considerazioni estrapolate con questo lavoro di tesi a parlare: in una serie di interviste rilasciate al Giornale della Libreria tra la fine 2014 e inizio del 2015, grandi case e piccoli editori indipendenti hanno confermato i tratti finora sottolineati.

Per quanto riguarda le grandi concentrazioni editoriali, gli intervistati (Gianluca Fogli per Feltrinelli e Stefano Mauri per GeMS) evidenziano come passata la dura crisi ci si trovi ora in una fase di trasformazione, in cui è fondamentale tentare di offrire qualità e innovazione per continuare a detenere un ruolo di semplificazione, di mediazione culturale e di stimolo di riflessione verso i proprio pubblico. I quattro anni passati di crisi hanno certamente portato la preferenza per libri “facili”, best sellers assicurati dal breve ciclo vitale. Inoltre, ha messo le librerie in forte difficoltà. Ma hanno anche condotto all’ apprendimento di una ottima capacità di selezione e a un’attenzione

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per il mondo dell’e-book; proprio grazie a ciò oggi si vede una ripresa anche dal punto di vista delle librerie indipendenti che puntano sull’ innovazione e una capacità di affrontare un po’ più preparati e competenti i la concorrenza in aumento dell’e-commerce, Anche gli editori devono poi raccogliere la sfida digitale e “consentire ai propri autori di esprimersi con una pluralità di mezzi a seconda dei casi” ( Mauri in GdL gennaio 2015)

Le priorità imminenti del mondo editoriale devono poi essere la promozione e l’educazione alla lettura, a partire dalle scuole ma coinvolgendo la politica e gli attori della filiera stessi, e la battaglia per il diritto d’ autore, duramente messo alla prova con l’avvento di Internet.

Per quanto riguarda le case editrici indipendenti, i proprietari consultati ( Carlo Gallucci di Gallucci Editore, Sandro Ferri di E/O, Stefano Angeli di Franco Angeli Editore e Marco Zapparoli di Marcos y Marcos) evidenziano una crisi a più livelli, aggravata in Italia dalla debolezza del contesto economico e socio-culturale. In parallelo si sta assistendo a una trasformazione del mercato, delle abitudini e del modo di essere editori. Essa coinvolge sia il settore tecnologico-gestionale sia quello culturale. In questo contesto incerto l’editoria indipendente cerca di definire il proprio carattere, continuando a valorizzare la qualità autoriale , la struttura e la linea editoriale e le proprie proposte di catalogo. Il «modello Amazon» che punta sulla rinuncia all’editore favorendo il self-publishing, mettendo in comunicazione diretta autori e lettori, incoraggiando il drastico calo del prezzo del libro, deve stimolare la volontà di mostrare al pubblico il lavoro editoriale come valore aggiunto indispensabile.

I momenti di trasformazione hanno dunque anche un aspetto positivo: spingono a ripensarsi in meglio, a capire cosa non funziona e a rinnovarsi, a comprendere sempre meglio quel “bisogno fisico di assaporare a fondo è ciò che spinge le persone,sempre più numerose, a ricercare occasioni che mettono al centro l’esperienza diretta” (Zapparoli in GdL, dicembre 2014). Un altro tratto da sviluppare è la capacità editoriale di fare rete, creando un sistema e collaborando con lettori, librai e organizzatori di festival ed eventi. Le librerie indipendenti poi mostrano, anche negli Stati Uniti, di essere in grado di reggere la crisi: questo dato deve portare a valorizzarle al meglio integrandole e non sostituendole con l’e-commerce, creando ex novo combinazioni di servizi umani e personalizzati.

Per quanto infine concerne le priorità per il futuro, certamente vengono individuate nell’ aumento delle politiche pubbliche volte alla valorizzazione della lettura, delle biblioteche, delle fiere del libro, delle librerie e, in generale, della promozione della lettura. Inoltre è necessario “porre fine alla discriminazione tra libri cartacei e libri digitali perché, come recita il nostro slogan, «un libro è un

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libro» indipendentemente dal fatto che sia su carta o in formato digitale”. (Gallucci in GdL,dicembre 2014)

8.3 Conclusioni

A livello conclusivo, la tesi qui discussa evidenzia come sia necessario superare le -a volte comprensibili- resistenze degli editori tradizionali verso l’export digitale, intraprendendo fermamente la via della trasformazione digitale internazionale. Sebbene il sistema editoriale, come illustrato sia dalla stampa che dalle statistiche presentate nei capitoli precedenti, si sia appena trovato a un culmine di dipendenza da bestseller stagionali a scapito della costruzione di un ricco e qualitativamente alto catalogo, è sbagliato rinchiudersi in un circolo letterario per pochi eletti, così come abbandonarsi indiscriminatamente alle novità tecnologiche ed editoriali. La nuova rivoluzione editoriale avverrà in modo efficace nel momento in cui gli editori saranno in grado di guidare i proprio lettori verso il mondo globale e online, incoraggiando la diversità e una nuova gestione dei contenuti editoriali in più lingue e culture. Così facendo, “i diritti territoriali tradizionali diventeranno superflui e convenzioni di copyright uniformi e planetarie saranno essenziali” (Epstein,2010).

L’internazionalizzazione, in fondo, non è che un’attuazione dell’articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo stipulata nel 1948 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. In virtù di esso infatti,

<< ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere>>.

Ibridazione e integrazione a livello dapprima europeo e poi mondiale si sono dimostrati essere fattori essenziali per la resistenza del libro e della lettura, e soprattutto per l’assunzione da parte di esso di una funzione sempre più sociale. Dopo un primo traumatico impatto con il digitale, è giunto il momento di superare tale trauma senza deprimere il ruolo e il mercato del libro, anzi riaffermandone sempre più la centralità grazie ad un’integrazione tra new e old media e un’applicazione di politiche forti di formazione sociale e di diffusione capillare di tutto ciò, cartaceo o digitale, che può farsi strumento di dibattito e trasmissione culturale, affrontando in modo coeso e deciso gli interessi sempre più variegati e specifici dei lettori, l’imprevedibilità del mercato. L’Europa, ad esempio, può farsi grande forza dalle differenti realtà del territorio per la commistione di politiche e strategie; la creazione di un vero mercato sovranazionale non può che giovare a tutti i Paesi, sia a livello territoriale – in quanto diffondono la propria immagine e cultura- che a livello continentale – per contrastare in modo effettivo il modello statunitense-. L’analisi di queste

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dinamiche cooperanti in campo editoriale internazionale potrebbe dunque essere oggetto di sviluppo per un’eventuale successiva analisi.

E’ stato inoltre sottolineato sia dai dati ufficiali che da quelli qui elaborati come la filiera tradizionale sia in corso di parziale riconfigurazione, diventando punto di convergenza tra diverse filiere e modelli di business innovativi nella creazione di legami tra autore e lettore, autore ed editore, editore e lettore e editore e punto vendita. Inoltre, la comprovata creazione di una filiera editoriale digitale e la smaterializzazione del libro aprono un intero nuovo contesto competitivo, quello del web, e comportano variazioni anche della struttura del costo dei libri. Ciò mette a rischio la capacità di presidio del cartaceo editoriale e la possibilità di controllare prezzo, costo e domanda nel gioco competitivo con le piattaforme digitali e l’autopubblicazione. Si fa dunque sempre più necessario affinare le capacità editoriali: “la strategia di un editore si costruisce sulla scelta di uno o più settori di pubblico precisi cui indirizzare la propria offerta, sulle caratteristiche dei prodotti, sull’ eventualità che allo stesso settore di pubblico possano offrire due prodotti differenti e (…) su quale percentuale della produzione della casa editrice debba essere dedicata all’ uno e all’ altro tipo di libro” (Moretti, 2005: 18-19)

In un contesto in cui il libro è cambiato – il contenuto si è separato dalla pagina-, in cui il significato di pubblicazione si dilata, ovvero “ la digitalizzazione allarga le opportunità di rendere pubblico un testo e le modalità di circolazione” (Dubini, 2013: 166), dove le possibilità di fruizione si sono moltiplicate e l’ambito competitivo si è articolato, in cui il lettore gioca un nuovo ruolo all’interno della filiera, le conseguenze per gli editori sono molteplici. In primo luogo, vi è una perdita di centralità e un aumento della specializzazione nei vari settori di azione editoriale; ciò comporta un’intensificazione del rapporto con i propri lettori e “la necessità di arricchire e in parte modificare le competenze distintive per compensare la riduzione di efficacia delle tradizionali fonti di vantaggio competitivo” (Dubini, 2013: 182), quali ad esempio la gestione dei processi del business, il rapporto con gli autori e il marketing comunicativo. E’ qui che va a incastonarsi il tema “export” analizzato nel dettaglio in questo lavoro di ricerca:è necessario acquisire un distacco dal proprio localismo senza però perdere i legami con il proprio milieu culturale e del proprio pubblico di partenza. I confini nazionali non possono costituire più gli unici ambiti di azione economica degli attori della filiale editoriale, bensì devono costellarsi di strategie di intervento internazionale, tra le quali le principali, evidenziate dall’analisi svolta così come da Paola Dubini (2013) sono:

1. Vendita di libri di produzione italiana tradotti dall’editore italiano in altre lingue e venduti in Paesi diversi dall’ Italia;

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3. Cessione dei diritti di traduzione di un’opera in una lingua straniera;

4. Presidio di canali distributivi attraverso strategie di alleanza o acquisizione; 5. Vendita all’estero di libri in italiano.

La scarsa diffusione dell’italiano e le norme, come evidenziato in entrambe le tipologie di analisi perpetuate, rendono difficile gestire soli la propria presenza internazionale, ed è invece proprio qui che l’intervento degli editori deve farsi significativamente e collettivamente più pesante.

Umberto Eco (in Opera aperta, 1962: 26) parlando di un’opera d’arte, afferma che “l’autore produce una forma in sé conchiusa nel desiderio che tale forma venga compresa e fruita così com’egli l’ha prodotta; tuttavia nell’atto di reazione alla trama degli stimoli e di comprensione della loro relazione, ogni fruitore porta una concreta situazione esistenziale, una sensibilità particolarmente condizionata, una determinata cultura, gusti, propensioni, pregiudizi personali, in modo che la comprensione della forma originaria avviene secondo una determinata prospettiva individuale” .

Lo stessa tipologia di approccio si ritiene debba essere adottata dall’editoria nei confronti del libro e della sua esportazione: adattamento, sensibilità, impegno editoriale e sviluppo culturale devono essere alla guida di ogni politica di export letterario italiano, in modo da accrescere in maniera determinante il posizionamento e la fetta di mercato globale del “Made in Italy” editoriale.

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