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BOOKS FROM ITALY: l’internazionalizzazione del libro come chiave della ripresa editoriale italiana

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Academic year: 2021

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Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia D

IPARTIMENTO DI STUDI LINGUISTICI E CULTURALI

C ORSO DI L AUREA M AGISTRALE IN

LINGUE PER LA COMUNICAZIONE NELL IMPRESA E NELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI

BOOKS FROM ITALY:

l’internazionalizzazione del libro

come chiave della ripresa editoriale italiana

Prova finale di:

Giulia Zanichelli Relatore:

Professoressa Marina Bondi

Correlatore:

Professor Eugenio Caperchione

Anno Accademico 2014/2015

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Superata la crisi economica di pochi anni fa con notevoli difficoltà, l’editoria italiana si trova oggi in bilico tra tradizione e innovazione, tra ripresa delle tradizionali operazioni di produzione, distribuzione e marketing del prodotto libro e la ricerca di metodologie e approcci innovativi. Essa deve dunque fronteggiare l’ennesima rivoluzione della propria struttura, origine di un cambiamento che porterà all’ingresso in una nuova fase editoriale. E’ probabile che una tale transizione possa avvenire in modo qualitativamente e quantitativamente efficace ed efficiente solamente se supportata da due fenomeni complementari e paralleli: la digitalizzazione e l’internazionalizzazione.

In modo particolare, l’apertura delle frontiere editoriali italiane alla vendita dei diritti, alle traduzioni, alle coedizioni o acquisizione sull’estero - soprattutto quando tali pratiche risultano integrate da un conscio sfruttamento delle strutture e dei servizi tecnologici- è in grado di consentire la creazione di mercato più economicamente e culturalmente aperto. Non indifferente è inoltre il prestigio nazionale acquisibile tramite una promozione efficace del “Made in Italy” letterario.

Obiettivo di questa tesi è stato valutare la consapevolezza dell’importanza di questa apertura internazionale nelle percezioni degli operatori del settore. Nello sviluppo del lavoro si è partiti da un’analisi della letteratura pre-esistente al riguardo, per poi proseguire affrontando i dati raccolti dalle voci istituzionali disponibili -quali Istat, AIE, Fiere del Libro e Giornale della Libreria- e infine approfondire un percorso di ricerca. Quest’ultimo si è sviluppato attraverso due tipi complementari di analisi: quantitativa, tramite questionari rapidi compilati da un campione di case editrici , e qualitativa, per mezzo di interviste approfondite a case studies selezionati. I nuovi dati sono poi stati confrontati e posti in relazione con le informazioni raccolte in precedenza, al fine di creare uno sguardo il più possibile completo e oggettivo sulla situazione attuale e sugli sviluppi auspicabili e prevedibili del settore editoriale.

E’ stato così possibile evincere come la realtà editoriale si autodefinisca in un momento di passaggio e di come l’internazionalizzazione sia realmente vista come elemento centrale se non portante di tale fase. E’ inoltre emerso come ancora vi siano migliorie da effettuare nella sua gestione, soprattutto a livello di fondi stipulati e di concreto interessamento e assunzione di rischio da parte di pubblici e privati. Nonostante il latente pessimismo - eco della recente crisi- l’insieme dei dati raccolti conferma che la maggior parte delle case editrici è concorde nell’individuare nell’internazionalizzazione e nella digitalizzazione le risposte più efficaci ai problemi odierni.

E’ necessario dunque sostenere in modo sempre più concreto tali attività, fornendo a tutti gli interessati strumenti e conoscenze per poter sviluppare concrete e coerenti politiche internazionali e

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globali di gestione editoriale e stimolando una rivalutazione del patrimonio effettivo e potenziale italiano. Questo sarà possibile solamente realizzando una ottima integrazione e un dialogo aperto e funzionante tra tutti gli organismi coinvolti nel settore culturale e letterario – dal singolo editore/autore/ agente alle istituzioni statali, europee, pubbliche e private- e con l’ausilio dei nuovi strumenti digitali.

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Ever since the economic crisis that happened some years ago, the publishing sector is standing between tradition and innovation, between the preservation of old tested production activities and product marketing, and the research for new methodologies and approaches. The publishing sector has to therefore face another revolution in its structure, that it is probably going to mark the beginning of a new era in its history. In order to be quantitatively and qualitatively efficient, this transition has to be supported by two complementary and parallel actions: digitalization and internationalization.

In particular, the opening of Italian publishing to the purchase of rights, translations, co-editions or acquisitions abroad – namely when they are integrated with a conscious exploitation of structures and technological services- is the key for the creation of a more multicultural, multi-faced and global market. In addition, a good promotion of a literary Made in Italy might lead to a higher social status and economic advantage.

The aim of this dissertation is to evaluate whether Italian publishing is conscious of the importance of this international broadening. The work has started with a first analysis of the pre-existing literature on the topic, and then it has been developed with the study of the recent official data – coming from ISTAT, AIE, Giornale della Libreria and Bookfairs – and the final in-depth investigation of the specific research work. In this last part two types of analysis have been adopted:

a quantitative one, using fast questionnaires collected from a range of editors, and a qualitative one, with the involvement of specific publishing case studies through interviews. These new data subsequently have been compared and related to the institutional ones, aiming at producing an overview as objective and analytic as possible on the actual condition and future perspectives of the publishing sector.

It has therefore been possible to infer how the editorial system sees itself living in a transitional period where internationalization is a central element in this particular moment. Even if it appears clear that there is still a lot of work to do, in particular concerning concrete investments and management practices by both public and private institutions, and nonetheless the latent pessimism due to the recent critic period, the majority of publishers agrees in individualizing internationalization and digitalization as the most valuable answers to nowadays problems.

It is then necessary to sustain these two activities in tangible ways, giving access to all the involved actors to instruments and knowledge that allow a development of concrete and coherent international and global politics of publishing management, and at the same time re-evaluating and empowering Italian potential and cultural recognition. This will only be possible if there are an open

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dialogue and a strong and virtuous collaboration between all the members of the cultural and publishing sector – from the single editor/ author/ agent to the public, private, European and Italian institutions – and with the help of the new digital tools.

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Après la grave crise économique qui a affectée l’édition il y a quelques années, le système éditorial italien se trouve aujourd’hui en équilibre instable entre tradition et innovation, entre la reprise de traditionnelles opérations de production, distribution et commercialisation des produits et la recherche de méthodologies et approches innovantes. Il doit donc affronter l’énième révolution de sa propre structure, un changement qui portera à l’entrée de l’édition dans une nouvelle phase. Il est fortement probable qu’une telle transition pourra se réaliser d’une manière qualitativement et quantitativement efficace seulement si elle est soutenue par deux phénomènes complémentaires et parallèles: la digitalisation et l’internationalisation.

En particulier, l’ouverture des frontières d’édition italiennes à la vente des droits, aux traductions, aux coéditions ou acquisitions sur le marché étranger est apte à permettre la création d’un marché économiquement et culturellement plus ouvert. Ce phénomène est particulièrement significatif en tant qu’il est complété d’une exploitation consciente des structures et des services technologiques. Il faut aussi souligner la possibilité d’acquérir un notable prestige national avec une promotion active du “ Made in Italy” littéraire.

L’objectif de cette mémoire de maitrise est celui d’évaluer la conscience, de la partie des opérateurs du secteur, de l’importance de cette ouverture internationale. Le travail a été développé à partir d’une analyse de la littérature préexistante à ce sujet, pour continuer ensuite en considérant les données sorties des voix institutionnelles –comme Istat, AIE, les Foires du Livre, Giornale della Libreria - et enfin pour conclure avec un parcours de recherche personnel. Ce dernier s’est développé à travers deux types différents d’analyse. D’une côté on a affronté une analyse quantitative, en utilisant des questionnaires rapides compilés par un champion d’éditeurs, de l’autre côté on a mené une analyse qualitative, à l’aide d’une série des entretiens avec des case studies sélectionnés.

Les nouvelles informations ainsi collectées ont été mises en relation avec les données officielles, afin de créer une panoramique la plus complète et objective possible pour ce qui concerne la situation actuelle et les développements prévisibles et souhaitables du secteur éditorial.

Il a été ainsi possible d’observer dans quelle manière le monde éditorial se voit dans un moment de transition et dans quelle manière l’internationalisation est réellement perçue comme un élément central de cette phase. On a pu aussi constater qu’il y a encore beaucoup d’améliorations à effectuer dans sa gestion, en particulier pour ce qui concerne le niveau de fonds stipulés e de intérêt et engagements concrets de la partie des entes publics et privés. Malgré le pessimisme latent – écho de

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la crise récente- l’ensemble des données montre que la plupart des éditeurs considère l’internationalisation et la digitalisation les réponses les plus efficaces aux problèmes éditoriaux.

Il est nécessaire donc de soutenir d’une manière concrète ce type d’activités, en fournissant à tous les intéressés les moyens et les connaissances nécessaires au développement de politiques internationales cohérentes et actives de gestion éditoriale et en stimulant une réévaluation du patrimoine effectif et potentiel italien. Ceci sera possible seulement avec la réalisation d’une excellente intégration et un dialogue ouvert parmi les organismes impliqués dans le secteur culturel et littéraire, à partir de chaque éditeur/agent/auteur jusqu’aux institutions italiennes, européennes, publiques et privées.

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INDICE

1. Introduzione………..1

2. L’editoria in Italia: cenni storici………...5

2.1 L’ Ottocento: l’editoria ai suoi albori………6

2.2 La prima metà del Novecento……….7

2.3 Editoria e fascismo………...10

2.4 L’epoca di transizione post fascista………..11

2.5 Il boom editoriale……….13

2.6 La creazione dell’ “apparato”………...15

2.7 La terza generazione editoriale……….16

3. L’industria editoriale oggi: struttura e situazione in Italia e all’estero………...19

3.1 La situazione editoriale internazionale……….19

3.2 L’ editoria in Europa………25

3.3 L’ industria editoriale italiana: caratteristiche e funzionamento………..29

3.4 La macchina editoriale oggi: rischi, difficoltà, cambiamenti necessari………..34

4. L’internazionalizzazione editoriale italiana………37

4.1 Come internazionalizzare………...40

4.1.1 La vendita dei diritti d’ autore………...41

4.1.2 Le traduzioni………..45

4.1.3 Le coedizioni e le acquisizioni………...49

4.1.4 La visibilità internazionale……….50

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4.2 Esempi di progetti di successo: Copy in Italy e il sito BooksinItaly……….53

5. Analisi: metodi e materiali……….55

6. Analisi quantitativa: questionari……….61

6.1 Risultati e discussione………..64

7. Analisi qualitativa: case studies………..71

7.1 Le grandi concentrazioni editoriali: Gruppo Editoriale Mauri Spagnol………..71

7.2 Le medie case editrici: Laterza……….76

7.3 Le piccole case editrici: Fernandel………..79

7.4 Il self-publishing e l’universo online………...80

8. Considerazioni conclusive………..83

8.1 Il futuro del libro……….84

8.2 La letteratura "Made in Italy” all’estero: prospettive, limiti e proposte………..86

8.3 Conclusioni………...92

Bibliografia……….95

Appendici………...98

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1 1. Introduzione

Reading is not yet dead. La lettura non è ancora morta. Il titolo di questo editoriale di Paul Berton (2014) sintetizza in modo efficace la situazione del mercato editoriale attuale.

In Italia come nel resto del mondo - seppur con diverse sfaccettature-, il mercato editoriale sta attraversando momenti di forte crisi economica e identitaria che ne stanno lentamente alterando i connotati, i limiti e le priorità. Non è la prima volta che nel sistema ci si trova a fronteggiare svolte di questo calibro: già nel passato le evoluzioni tecniche, sociali e culturali hanno portato in più occasioni a un ripensamento della struttura tradizionalmente radicata e standardizzata e all’

acquisizione di nuove metodologie, al rinnovamento degli schemi mentali pregressi e delle politiche e strategie utilizzate. Ciò è avvenuto con il primo storico passaggio dallo stampatore all’editore nella seconda metà del XIX secolo, poi con l’avvento dell’editore protagonista e intellettuale di inizio Novecento e infine con la scomparsa di quest’ultimo - dopo l’era fascista e la seconda guerra mondiale- a favore della figura dell’ editore imprenditore, creatasi grazie alla nascita della cultura di massa e dell’assimilazione del concetto di editoria a quello di industria moderna nel corso degli anni ‘80.

Oggi ci si trova di fronte all’ennesima svolta storica, con l’ingresso in quella che Giovanni Ragone (2005) chiama la fase della quarta generazione. L’editoria, la narrativa, la saggistica, il periodico, il gusto per la lettura, non sono spariti - e non devono essere destinati a farlo-, ma è pur vero che corrono il rischio di avvicinarsi lentamente e inesorabilmente all’estinzione: i mass media e il mondo del web stanno penetrando sempre maggiormente nei nostri bisogni informativi, educativi e di intrattenimento, ponendosi spesso come alternativa ed evoluzione della tradizionale carta stampata.

Ma è proprio in questa concezione di necessaria contrapposizione tra editoria tradizionale stampata e nuova editoria online che avviene il grande errore: i due sistemi non sono e non devono essere contrapposti, bensì devono compenetrarsi e integrarsi a vicenda. E’ necessario che il mercato si evolva considerando sempre più la lettura e il sistema editoriale al livello degli altri media, in modo da arrivare a vedere nella digitalizzazione una fonte di arricchimento per la cultura tradizionale, e non una minaccia. L’editoria si trova quindi a un punto di svolta, sta entrando in una nuova fase della sua storia. In questa fase, molte cose devono modificarsi e molte problematiche devono essere sviscerate.

Una di queste, di indubbia se non centrale rilevanza, è la perdita dei confini locali nazionali e l’apertura al contesto internazionale, europeo e mondiale, della letteratura italiana.

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L’internazionalizzazione della produzione nazionale deve ergersi a motore trainante dell’evoluzione e dell’ampliamento dell’industria editoriale italiana, in quanto fonte di nuove possibilità, mercato di sbocco di nuovi prodotti e sorgente di nuove idee organizzative, gestionali e promozionali.

L’Italia ha il potenziale letterario per resistere e superare la crisi e per avviarsi verso una presa di status e di dominio a livello internazionale. Ma ciò avverrà se e solo se si sarà in grado di adottare un giusto approccio verso la globalizzazione e la digitalizzazione, mantenendo contemporaneamente viva la diversificazione e le peculiarità editoriali e autoriali, in modo da creare così prodotti qualitativamente alti e proprio grazie a questo esportabili e eleggibili a esempio di buona lettura a livello mondiale. Dobbiamo infatti imparare a “pensare ai libri non più solo guardando al nostro cortile di casa, ma anche alle possibilità offerte da un mercato sempre più internazionale e in cui la libera circolazione dei diritti di edizione costituirà l’asse portante degli sviluppi futuri”(Sarno in Giornale della Libreria 2015, n 10 p 21) .

La mia analisi comincerà con il capitolo 2 dedicato alla storia e all’ evoluzione dell’ editoria in Italia e al ruolo giocato in essa dai suoi principali editori. Nel capitolo 3 passerò poi ad analizzare la situazione attuale dell’ editoria, gettando uno sguardo alla situazione mondiale, poi a quella europea e infine al contesto contemporaneo in cui si colloca il nostro Paese. Al termine di questi focus, verranno individuati punti di forza e punti di debolezza del sistema allo stato odierno, per poi evidenziarne le possibilità di miglioramento e crescita sia a livello qualitativo che economico – produttivo.

La mia ricerca andrà poi ad addentrarsi in modo più specifico nel campo dell’internazionalizzazione degli autori italiani, in quanto considerata chiave della ripresa editoriale italiana. Dapprima se ne osserveranno gli aspetti più tecnici e pratici, attraverso il capitolo 4: in esso si individueranno quindi le diverse modalità di internazionalizzazione editoriale all’ attivo oggigiorno, nonché quelle appena nati e in corso di sviluppo e crescita, destinate ad avere un ruolo sempre maggiore in un futuro molto prossimo. Si passerà poi ad osservarne da vicino le varie modalità di applicazione nelle diverse strutture in cui si articola l’ editoria in Italia, ovvero nelle grandi concentrazioni, nelle grandi case editrici, nelle medie e infine nelle piccole imprese, per poi dedicare una sezione al metodo del self publishing, il nuovo livello editoriale in via di acquisizione negli ultimi anni.

La seconda parte della dissertazione è dedicata a due tipi di analisi applicata alle case editrici, entrambe volti a individuare i tratti salienti e le potenzialità di internazionalizzazione italiana, nonché ad individuare pro e contro della situazione passata, presente e futura dell’ editoria

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nazionale. Dopo aver illustrato nel capitolo 5 le differenti metodologie utilizzate, il capitolo 6 verterà su un’ analisi di tipo quantitativo, effettuata tramite questionari a compilazione rapida sottoposti a numerose case editrici. A seguire, nel capitolo 7 verrà illustrata un’ altra tipologia di analisi, questa volta qualitativa, realizzata attraverso una serie di interviste a un case studies per ogni suddivisione di classe editoriale. L’ intera argomentazione arriverà poi alle sue conclusioni nel capitolo 8, delineando il futuro dell’editoria nei suoi possibili e probabili risvolti positivi e negativi e tracciando linee guida per gli anni a venire. I risultati ottenuti porteranno a confermare e avvalorare la tesi sostenuta inizialmente, ossia di come la capacità di sfruttare e governare sapientemente l’internazionalizzazione della produzione editoriale italiana possa essere elemento cardine e chiave nella ripresa economica e qualitativa del sistema editoriale in Italia, e di conseguenza del panorama culturale italiano e dell’ assunzione di un ruolo di prestigio e un esempio di alto spessore letterario a livello mondiale.

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5 2. L’editoria in Italia: cenni storici

L’analisi dello sviluppo editoriale in Italia è uno strumento efficace per comprendere al meglio la cultura e la società sui cui esso poggia e dentro il quale si muove. Le scelte editoriali sono uno dei modi di fare emergere un determinato modello da perseguire: esse difatti rappresentano l’immagine che una cultura ha di sé stessa. Per questo è importante considerare il rapporto editore-lettore in un quadro ampio di semiotica e teoria della comunicazione (Cadioli, 2000). Lo sviluppo storico editoriale è sempre andato dunque di pari passo a quello sociale e culturale, e questo binomio si ripropone fino ai giorni nostri. E’ per questo motivo che, al fine di comprendere appieno ciò che sta avvenendo nell’editoria negli ultimi anni, è necessario conoscere quello che è successo in precedenza e in che modo questo ha determinato nel settore svolte, scelte, evoluzioni e involuzioni che ancora si riflettono nel sistema editoriale contemporaneo.

I due problemi di fondo che hanno attraversato e tuttora attraversano l’editoria sono:

i) la presentazione di un’identità coerente dal punto di vista editorial-letterario, e ii) il rapporto tra editori e comunità di lettori -già esistente o potenziale-

Sono le risposte a queste questioni a fornire da sempre le linee guida delle politiche editoriali, volte ad instaurare un rapporto consapevole tra l’editore e i suoi collaboratori (redattori, consulenti..) e il progetto editoriale, facendo in modo che quest’ultimo si realizzi in sintonia con le politiche di autore, di collana e di prodotto, con l’autore stesso, con il catalogo, con le politiche di distribuzione e di commercializzazione e infine con i lettori (Ferretti, 2004).

A questo punto, è bene chiarire il significato delle parole editoria ed editore.

In Italia, con editore si intende “colui che trasforma un testo in un’entità materiale da esibire pubblicamente, dandogli una forma” (Cadioli,2000: 26). Nel nostro Paese, quindi, viene data una connotazione molto chiara a questo termine: l’editore è responsabile dell’interpretazione di un testo, della sua resa pubblica e della sua coerenza testuale e paratestuale. L’editore è quindi un iperlettore, ossia colui che agisce in nome del lettore al fine di trasformare un lettore ipotetico in un acquirente e in un lettore reale.

Il termine editoria intende “una configurazione ben definita del medium della scrittura/lettura, dove caratteri essenziali sono il ciclo industriale e un mercato strutturalmente non localizzato”

(Ragone 2005: 2). Esso designa di conseguenza sia l’insieme degli editori che l’industria produttiva in senso stretto. Questa doppia accezione morfologica è specifica solamente della

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lingua italiana: nelle altre lingue i due ruoli tendono a essere definiti separatamente. Ad esempio, in inglese esistono due termini: publisher – per indicare chi produce il libro materialmente- e editor – chi sceglie il testo e lo trasforma-.

Una volta acquisite queste importanti definizioni, è possibile addentrarsi in modo più consapevole nella storia dell’editoria italiana e dei suoi editori.

2.1 L’ Ottocento: l’editoria ai suoi albori

Agli inizi del diciannovesimo secolo, in Italia la figura dell’editore non aveva ancora un assetto definito né tantomeno un riconoscimento ufficiale. E’ solamente nel corso del secolo che viene a delinearsi meglio questa nuova figura, differente dal libraio-stampatore conosciuto fino a quel momento: a seguito della seconda rivoluzione industriale, inizia dunque ad affermarmi la figura di un editore-imprenditore, figura che già dominava il panorama europeo dal 1700.

Fino a metà 800 infatti, l’ Italia è ostacolata nella diffusione di una cultura editoriale uniforme dalla propria divisione interna in Stati, che porta ad una produzione e una tiratura limitate in funzione di un mercato ristretto e dalla forte connotazione territoriale. Inoltre, la scarsa propensione alla lettura da parte del popolo italiano e l’elevato analfabetismo costituiscono un ulteriore freno allo sviluppo editoriale. I poli culturali principali dell’epoca sono Milano, Firenze e in minor misura Torino, ed è proprio in queste città che nascono e si sviluppano le prime società tipografiche e di librai, e a seguire le prime case editrici.

I primi editori presentano alcuni tratti comuni: sono tutti autodidatti e con una forte volontà di autoaffermazione. Tra di essi, vi sono tipografi come Barbèra e Le Monnier, librai come Zanichelli, scrittori come Treves e anche uomini non italiani come Hoepli portatori di idee e sperimentazioni europee, tutti più o meno impegnati nella causa risorgimentale e più o meno propensi allo sviluppo e all’ apertura al nuovo genere del romanzo- in particolare quello storico- .

Il primo sviluppo significativo dell’industria editoriale avviene dal 1860 in poi. “ negli ultimi quaranta anni del secolo, sul piano della produzione, si sarebbero sviluppate … due linee diverse:

venuto meno, con l’unificazione politica, l ‘impulso risorgimentale, da un lato i programmi editoriali avrebbero raccolto sempre di più le richieste dei lettori per opere di narrativa italiana e straniera, e dall’altro avrebbero diffuso opere di divulgazione tecnico-scientifica, testi scolastici, libri di informazione varia” (Cadioli e Vigini, 2004: 22).

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In questo panorama, Milano si impone come capitale editoriale d’ Italia, promuovendo il bisogno di una maggiore accessibilità, quantità e qualità del lavoro editoriale. Ciò porta a un avvicinamento del mercato librario a quello del periodico e del quotidiano, in un’ottica di omogeneizzazione e apertura sociale. Esempio lampante di ciò è il fatto che spesso una casa editrice pubblicava sia libri che riviste o sia riviste che quotidiani. Treves, Sonzogno e Sommaruga sono poi i primi editori a proporre autori da best sellers, primo tra tutti Cuore di E. De Amicis, edito da Treves.

Mentre a Milano si sviluppa un modello rivolto al consumo e alla diffusione di un sapere più pratico e commerciabile -basti pensare ai manuali dei mestieri proposti da Hoepli nel 1871-, le altre città attive nel settore rimangono più legate alla tradizione: a Torino l’influenza della cultura positivista e dell’ateneo dominano le relazioni editoriali di Loescher, Bocca e Paravia, a Firenze la cultura umanistica e letteraria mantiene un ruolo centrale grazie a editori come Le Monnier – che da sempre pubblica i più grandi autori italiani,tra i quali Foscolo, Leopardi, Mazzini e Giordani- Barbèra, Sansoni e Olschki, mentre a Bologna il legame con il mondo accademico si fa sempre più forte tramite Zanichelli e Cappelli.

Nel centro sud, invece, l’unica importante realtà è costituita dall’editore Laterza di Bari, poi trasferitosi a Roma. Ciò ben sottolinea come l’editoria abbia attecchito all’interno del vecchio triangolo industriale pre-unitario del Paese e non si sia quindi inizialmente evoluta in parallelo alle trasformazioni territoriali risorgimentali (Tranfaglia e Vittoria: 2000).

E’ necessario ricordare infine l’avvio e lo sviluppo di alcune linee editoriali particolari: la produzione pedagogica volta alla “formazione del buon italiano” - Paravia e le numerose sigle di editoria politica e di propaganda socialista e popolare, ad esempio “I Quaderni della Voce”-, l’editoria scolastica -Paravia, Zanichelli, Le Monnier-, i libri e i giornali specifici per ragazzi – Barbèra-, la stampa religiosa -Libreria Salesiana a Torino- e l’editoria di saggistica positivista, basata sulla pubblicazione di studi filologici e storici e volta alla creazione di una sorta di editoria della cultura -Olschki, Loescher, Bocca-.

2.2 La prima metà del Novecento

Durante la prima metà del XX secolo “cominciano a porsi le premesse per l’evoluzione in senso industriale dell’editoria e la caratterizzazione del libro come oggetto di largo consumo non solo per il contenuto ma anche per il fatto di essere (…) maggiormente accessibile” (Tranfaglia e Vittoria, 2000: 135). Ne è prova la crescita delle pubblicazioni del 24% nel 1913, così come l’istituzione di

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un’associazione degli editori come categoria industriale nel 1906 e le battaglie volte alla tutela del diritto d’autore che porteranno alla costituzione della SIAE nel 1925.

Questo processo si interseca con una distinzione sempre più netta tra editoria di cultura ed editoria di consumo, aventi come rispettive capitali Firenze e Milano. Mentre l’editoria di cultura aumenta i propri sforzi volti a un rinnovamento culturale e politico e a una rinascita spirituale sulle ali dell’attivo dibattito intellettuale dell’epoca incentrato sull’idealismo , l’editoria di consumo sviluppa sempre più una produzione in direzione dei nuovi ceti sociali emergenti interessati alla lettura, borghesia in primis. Il rappresentante di maggiore successo di quest’ultima tipologia è Treves, che domina il settore della narrativa proponendo letture facili ma anche “bella letteratura” - come D’Annunzio o Pirandello -.

L’editoria fiorentina e di cultura, d’altro canto, intensifica le collaborazioni con intellettuali e imprenditori ai fini di uno svecchiamento della cultura accademica italiana e di un coinvolgimento nelle battaglie politico-culturali dell’epoca. Il migliore esempio di editoria impegnata è rappresentato però dall’unica casa non fiorentina, Laterza. Fondata a Bari nel 1901, si avvale fin dal principio della collaborazione del filosofo Benedetto Croce nelle scelte riguardanti i progetti editoriali e le collane, trovando in questo modo il modo di coniugare la cultura “grave” e impegnata con interessi più commerciali, tanto da diventare un punto di riferimento nazionalmente riconosciuto per la cultura italiana.

In questi anni precedenti la Grande Guerra – e in quelli che poi precederanno l’avvento del fascismo – si viene costituendo la figura dell’ editore protagonista. Si affermano cioè “alcuni intellettuali, singoli o collettivi non importa, che fondano o ridisegnano imprese editoriali per realizzare un progetto culturale” (Tranfaglia e Vittoria, 2000: 22). Seppure diversi tra di loro per orientamenti e strategie editoriali, gli editori principali di questa fase storica presentano molti tratti comuni:

personalizzazione di progetto e di strategia, politica di immagine fondata concretamente su una politica d’autore, amore per il libro ben fatto, senso del tempo e del momento – il cosiddetto fiuto editoriale, ossia la capacità di lettura ricettiva e anticipatrice dei cambiamenti sociali, della domanda latente o dichiarata- , lungimiranza e tempestività editoriale, convivenza tra paternalismo/mecenatismo e autoritarismo/aziendalismo e estesa rete di rapporti nazionali e internazionali (Ferretti, 2004).

Questi self-made men, capaci di connotare in modo personale la propria azienda nell’intero processo editoriale, sono Mondadori, Rizzoli, Einaudi e Bompiani.

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Arnoldo Mondadori, grazie al suo desiderio di emancipazione e alle sue aspirazioni editoriali, riesce a diventare, da garzone tipografo quale era, il più grande produttore di carta stampata ed editore in Italia. Autodidatta, riesce a fare della propria casa editrice omonima – fondata nel 1919 a Verona - e della sua stessa figura una vera e propria istituzione. La filosofia mondadoriana, lineare e severa, consiste nel proporre testi di qualità ma dal mercato sicuro e dalla forte possibilità o certezza di successo commerciale, concentrandosi su una produzione narrativa e di saggistica divulgativa adatta alle letture di un pubblico ampio. “Le scelte mondadoriane tra gli anni Venti e Trenta avevano come obiettivo privilegiato quello di interpretare e sollecitare una ristrutturazione complessiva dell’insieme dei libri” (Cadioli Vigini, 2004: 66-67), in risposta alle richieste di letteratura di intrattenimento -anche straniera- e di una saggistica non chiusa nella mera autodifesa culturale e intellettuale. La grande diversificazione del catalogo, suddiviso in una chiara ed equilibrata programmazione di collana e aperto a paraletteratura come fumetti e riviste, permette alla Mondadori di imporsi in breve tempo come maggiore casa editrice italiana: per evidenziare questa escalation basta considerare che dagli 80 titoli del 1930 si passa ai 287 titoli pubblicati nel 1933.

Angelo Rizzoli, giovane tipografo, fonda l’omonima casa editrice libraria – in precedenza si occupava solamente di stampa periodica- nel 1929 a Milano. Anch’egli privo di formazione culturale,si posiziona in modo diametralmente opposto al contemporaneo Mondadori. Al contrario di quest’ultimo difatti, che privilegia un atteggiamento governativo anche se mai fazioso, Rizzoli è profondamente reazionario, anticomunista e politicamente nostalgico. Inoltre, si pone come figura imprevedibile e piena di contraddizioni, rispecchiandolo in una produzione discontinua, dalle diversificazioni drammatiche. Punta molto inoltre sul settore dei periodici, che già da tempo utilizza per conquistarsi una fascia di pubblico, e sulla paraletteratura eterogenea – romanzo rosa, comico, umoristico, surreale, fantastico-. La spregiudicatezza e audacia editoriale di Rizzoli e dei suoi collaboratori rendono d’altra parte possibile l’evoluzione di una creatività esplosiva – come nel filone umoristico- e lo sviluppo di idee originali, una su tutte la creazione nel 1948 della BUR, Biblioteca Universale Rizzoli.

Giulio Einaudi fonda la sua casa editrice nel 1933 a Torino insieme ad un gruppo di giovani intellettuali. L’immagine e la strategia adottate sono quelle di un “cervello collettivo” all’interno di una casa-laboratorio, politicamente sensibile, intellettuale ma editorialmente concreta, legata alla tradizione ma aperta al presente, con una struttura redazionale conflittuale ma coesa. Ciò la rende un caso singolare nell’esperienza editoriale italiana, caratterizzato dalla figura atipica dell’intellettuale editore o editore- mecenate e in grado di individuare per prima “l’esistenza di una nuova generazione di intellettuali interessati a una rinnovata produzione di saggistica storica, filosofica, estetica, economica, con titoli non facilmente rintracciabili nei cataloghi delle case

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editrici maggiori” (Cadioli- Vigini, 2004: 79) Questo rigore intellettuale, questa fisionomia saggistica di alta cultura e democratica, questa integrazione tra durata e attualità, tra coerenza ed eclettismo e tra tradizione e novità riescono a costruire intorno alla casa una identità ben definita e duratura, che porta alla “einaudizzazione” di autori e titoli molto diversi tra loro.

Valentino Bompiani è invece di antiche e nobili origini romane. Essendo sia editore che letterato - seppur commediografo di poca fortuna-, le sue collane presentano un grande gusto e una competenza e sensibilità artistica signorile, nonché uno stile originale ed efficace. Il rapporto che instaura con i propri autori è di lettore, amico e consulente, fin troppo stretto. Pur essendo piccola, la Bompiani si avvale di una forte rete di collaborazioni internazionali – come emerge chiaramente nel dopoguerra dall’impresa del “Dizionario delle opere e dei personaggi di tutti i tempi e di tutte le letterature”, una delle più importanti iniziative del 900 svoltasi dal 1946 al 1950 e suddivisa in 20 volumi- e di sodalizi intellettuali – emblematico quello con Vittorini -. Essa vuole porsi come “una casa editrice innovatrice, controcorrente, lungimirante e al tempo stesso ben inserita nel mercato e nello stesso regime. Con un’area lettori, perciò, in un certo senso divisa anche in seguito tra la problematicità e l’anticonformismo delle nuove élite di tipo einaudiano, e la medietà del pubblico borghese di tipo mondadoriano” (Ferretti, 2004: 28).

2.3 Editoria e fascismo

Nel 1929 la crisi economica mondiale porta al definitivo tramonto delle case editrici ancora gestite in modo artigianale, con costi troppo alti e ricavi non adeguati e lenti: è il caso di molte imprese fiorentine di antica data quali Barbèra, Le Monnier, Sansoni e Bemporad. La fine degli anni ’20 porta anche ad un’espansione delle imprese – in particolare quelle del Nord come Mondadori e Rizzoli - in direzione di una crescente concentrazione editoriale. Questa grande editoria subisce un incremento notevole della produzione e si trova alle prese con la nascita di un nuovo genere, quello della “letteratura di consumo”, ossia rivolta ad un pubblico medio appassionato di storie verosimili e avventure romantiche e che vede nei romanzi rosa e gialli i due generi emblematici.

A questo fattore globale va poi aggiunto il peso sempre maggiore del regime fascista sull’editoria, tramite la realizzazione di una sorta di compromesso politico-culturale che coinvolge tutti gli editori, in primis i maggiori. Dopo il 1926, infatti, è praticamente impossibile manifestare un posizionamento culturale autonomo e men che meno contrario al regime, e le poche case editrici che tentano di mantenere una propria indipendenza critica – come Einaudi, Laterza o Guanda- si vedono infliggere pesanti sanzioni economiche e politiche che le danneggiano gravemente: nessuna

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facilitazione o finanziamento, censura, sequestri, persecuzioni. E’ così che “per almeno un decennio (…) i limiti e gli ostacoli al dibattito culturale, all’ingresso di interi filoni di pensiero, di letteratura o di storiografia n Italia furono, senza alcun dubbio, molti e pesanti e che il ritardo accumulato in questo senso dalla nostra editoria durante il ventennio fascista si farà sentire in tutta la sua estensione nel secondo dopoguerra” (Tranfaglia- Vittoria, 2000:27).

Durante l’epoca fascista, l’editoria viene inoltre usata come strumento per l’ottenimento del consenso: la censura, il controllo della stampa – con la creazione nel 1935 del Ministero per la Stampa e Propaganda-, il controllo della produzione scolastica e del sistema bibliotecario, le sovvenzioni e gli acquisti centralizzati la fascistizzazione delle associazioni, con la creazione nel 1926 della federazione Nazionale fascista dell’industria editoriale, e la politica riguardante il diritto d’autore (con importanti modifiche dei principi della SIAE tali per cui da quel momento in poi l’opera di ingegno deve essere considerata alla stregua di un bene personale) portano ad un allineamento del settore editoriale ai programmi politico-culturali fascisti. Alcuni uomini si rivelano strategici per l’attuazione di questo processo: in modo particolare, il filosofo Giovanni Gentile. Egli propone l’idea di una sorta di “imperialismo intellettuale” il cui apice è l’ Enciclopedia Italiana Treccani, finanziata dal 1933 dal governo e vera e propria opera di regime – seppure registri la presenza di alcune figure antifasciste-. Le posizioni fascistizzanti di Gentile vedono nel binomio Croce-Laterza, in Piero Gobetti e nel modenese Formiggini i più strenui oppositori, un tentativo di

“fronte di resistenza culturale” (Tranfaglia- Vittoria, 2000: 338) e di denuncia.

In sintesi, soprattutto nell’editoria di cultura molte sigle devono rispondere alle pressioni esercitate dal fascismo attraverso un ripensamento fisionomico, dettato anche dalla necessità di adeguarsi all’industria culturale moderna sempre più distante dalla loro visione familiare e artigianale (Cadioli- Vigini, 2004). Emblematico in questo senso è il fallimento della Treves, casa fiorentina culturalmente egemone nell’ Ottocento, che viene rilevata da Aldo Garzanti nel 1939 e subisce uno stravolgimento della propria politica in direzione di narrativa e saggistica di larga diffusione.

2.4 L’epoca di transizione post fascista

Tra il 1945 e il 1958 si assiste a un decennio circa di transizione, caratterizzato da grandi fervori intellettuali e attivismo. “Nella situazione generale del dopoguerra, tra le necessità pratiche dell’emergenza e le diffuse istanze sociali, il rapporto tra scrittori e stampa si realizza in firme nuove o comunque di nuovo significato” (Ferretti, 2004: 69). A ciò consegue una prevalenza della saggistica, un fiorire di piccole case editrici rinnovate o nuove, di riviste esplicitamente impegnate

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in politica, nonché un aumento vertiginoso dei titoli pubblicati: + 131,8% tra il 1945 e il 1949. Vi è una volontà di riprendere e ripercorrere in modo critico il passato e le memorie, di informare, di discutere e di attuare un progetto formativo ed educativo della coscienza italiana. Il movimento che si fa carico di questi sentimenti è il neorealismo, che si erge a manifesto di discontinuità e di rottura con il passato, attraverso opere fondamentali come “Uomini e no” di Vittorini e “ Il sentiero dei nidi di ragno” di Calvino, e di ritorno ad una produzione autonoma. Con questo movimento letterario avviene anche un parziale superamento della storica divisione tra cultura popolare e cultura di élite, ad esempio con la promulgazione di nuove collane economiche universali come la BUR.

Contemporaneamente si accentua sempre più lo scisma tra industria editoriale, rappresentata da Rizzoli, Mondadori, Bompiani, e editoria di cultura, con Laterza, Einaudi, e le case toscane e bolognesi. Gli spiriti dell’epoca possono essere ben riassunti dai valori guida della rivista “Il Politecnico” fondata da Vittorini nel 1945 e edita da Einaudi con l’appoggio del Partito Comunista Italiano: emancipazione sociale, spirito unitario di libertà e giustizia, formazione culturale, apertura tematica, europea e mondiale.

In opposizione a questo filone dominante si pone la milanese Longanesi, fondata da Leo Longanesi nel 1946, che alimenta al contrario spinte nostalgiche e conservatrici in modo provocatorio e aggressivo, caratterizzandosi per una filosofia aristocratica e raffinata ma dichiaratamente filofascista e insofferente verso il presente e l’establishment letterario.

Tuttavia, sul finire degli anni Quaranta, si assiste ad una ennesima inversione di direzione e prende piede una politica volta alla normalizzazione, conservatrice e di stampo cattolico, basata sull’ideologia del partito egemone dell’epoca Democrazia Cristiana, che procede lentamente all’occupazione dei principali apparati culturali statali. Questo segna la fine di una visione unitaria e il principio di una riorganizzazione delle medie e grandi case editrici, che provoca la scomparsa di quelle minori e la ricomposizione del tradizionale mercato e della separazione delle due culture.

L’eredità del regime fascista inizia ora a farsi sentire: la pessima istruzione pubblica e le carenze distributive restringono le possibilità di lettura della gente, che a letture più prettamente educative o saggistiche predilige i prodotti della società di massa: settimanali, fotoromanzi,romanzi d’appendice. La domanda si fa inoltre sempre più variegata, provocando una conseguente diversificazione di temi e forme dell’offerta: tascabili a basso prezzo, enciclopedie, collane settoriali, generali o disciplinari. Lo sviluppo del capitalismo infine, oltre a separare le culture, separa definitivamente le aree editoriali: quella di produzione saggistica specifica - Hoepli, Zanichelli, De Agostini- e quella ad indirizzo letterario e extra letterario popolare.

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Da sottolineare in quanto innovativo e singolare è l’esperimento culturale de “Il Saggiatore”, casa editrice nata a Milano ad opera di Alberto Mondadori, figlio di Arnoldo. Essa vuole essere un’esperienza totalmente autonoma in grado di coniugare cultura elitaria e di massa. Purtroppo, i limiti imprenditoriali, i troppi investimenti e la mancanza di una diffusione adeguata portano la casa alla crisi, ma resta produttrice di capolavori culturali grazie al fatto di avvalersi di consulenti specifici per le varie discipline. La storia de “il Saggiatore” è significativa in quanto specchio perfetto della situazione attuale: l’area letteraria costituita da alta produzione e settorializzazione occupa una posizione egemone sul mercato, evidenziando una ripresa e un’accentuazione dell’orientamento passato di binomio inconciliabile popolare/elitaria (Ferretti, 2004). Questa area letteraria di massa appare piena di contraddizioni: fondata su reti di relazioni, spesso porta a compromessi e ritualità che sacrificano la scoperta letteraria sull’altare della politica d’autore e del caso letterario, in conseguenza delle quali “le ragioni del successo di un titolo e l’affermazione di immagine di un autore recano in sé anche implicazioni intrinsecamente e fortemente extraletterarie”

(Ferretti, 2004:110). In questo paesaggio livellato, un ruolo fondamentale di reale alternativa viene giocato dalle piccole case editrici cresciute negli anni 50 e 60. Mentre i quattro giganti Mondadori, Rizzoli, Bompiani e Einaudi proseguono sostanzialmente le proprie politiche su larga scala – autori di qualità e di successo garantito ed ecumenismo per il primo, vena popolare e imprenditoriale extraletteraria per il secondo, quadro variegato collettivo il terzo e politica coerente di sinistra e saggistica l’ultimo- , le piccole case nascono con identità molto ben definite e selettive, producono in modo limitato ma coerente, fondano sodalizi intellettuali con le realtà locali, sono perlopiù laiche e critiche e mantengono una conduzione artigianale o familiare.

Con il finire degli anni Cinquanta si chiude anche quel periodo dell’editoria che Giovanni Ragone (2005) definisce “di prima generazione” industriale, ossia quella fase durante la quale la carta stampata ha un ruolo prevalente come mezzo di alfabetizzazione delle masse, di informazione e di intrattenimento, e dove l’opinione pubblica è al centro dei processi istituzionali, sociali e culturali.

2.5 Il boom editoriale

Dal 1958 in poi si assiste ad un rapido processo di modernizzazione editoriale che porta alla

“seconda generazione” dell’industria culturale, una fase matura caratterizzata dall’innovazione e dalla ristrutturazione delle maggiori case -ad esempio, l’integrazione di Mondadori con la collana degli Oscar tascabili, con periodici e con servizi vari-. Si assiste anche alla perdita dell’autonomia finanziaria dell’industria editoriale e all’avvento della cultura dei mass media che porta il libro ad essere sostituibile, ad esempio con la televisione (Ragone, 2005). E’ la nascita vera e propria

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dell’editoria di massa, in cui viene dimenticata la figura dell’ intellettuale- editore a favore del dirigente-manager, spesso di previa carriera extraeditoriale.

La trasformazione della società porta al consolidamento di “un articolato pubblico borghese e operaio, nel quale convivono consumismo medio e medio- alto, e vivacità di interessi, mentre rimangono tuttavia ai margini consistenti strati sociale subalterni” (Ferretti,2004: 161). La diversificazione sempre crescente porta ad una competitività più aggressiva a scapito delle piccole e medie case editrici. Il boom editoriale – evidente dal +43,4% dei titoli pubblicati dal 1956 al 1960 e dall’aumento di stampa periodica e giornaliera- è preparato dalla trasformazione del sistema di informazione dovuta all’avvento della televisione e dal nuovo assetto scolastico e sociale. Si avvertono i primi segnali della moderna cultura di massa, della sua settorializzazione e della concezione del libro come bene economico e industriale. Si delinea in modo definito la politica del caso editoriale con il conseguente distacco tra best sellers e le tirature medie tradizionali, e la creazione della figura sociale e culturale del personaggio e dell’autore -ora coinvolto anche nel teatro, cinema , televisione-. In questo nuovo assetto, le quattro grandi case si muovono diversamente: mentre Mondadori e Rizzoli rientrano alla perfezione nel nuovo sistema, l’ uno fedele alla visione di compromesso tra mercato e valore culturale e l’altro assumendo un comportamento sempre più variegato e decentrato, Bompiani ed Einaudi si trovano più in difficoltà nel nuovo panorama sempre più agguerrito. Bompiani si muove in direzione della narrativa straniera e di una italiana basata praticamente sulla produzione di Umberto Eco, mentre Einaudi spinge sul settore saggistica e sul mantenimento di nomi di autori consolidati sul fronte romanzo.

Lo spazio lasciato vuoto dalla crisi di queste due case viene immediatamente riempito da una nuova editoria giovane, di formazione imprenditoriale e ben presto protagonista a livello nazionale: quella di Garzanti e di Feltrinelli.

Livio Garzanti riporta in auge la ex-Treves – acquisita dal padre Aldo – attraverso una forte politica d’autore e un focus sulla sezione scolastica, volto alla ricerca del vasto pubblico. A differenza del padre, punta su opere di rottura e di discussione, eccentriche e di forte impatto, trasgressive e al tempo stesso ricercate, muovendosi con disinvoltura nelle scelte – dai gialli a Pasolini e Gadda - arrivando così ad avere una produzione simil-mondadoriana ma con punte di singolarità e spregiudicatezza, volta a colpire diverse fasce di gusto, di prezzo e di pubblico.

Giangiacomo Feltrinelli è a sua volta un personaggio eccentrico. Associabile ad Einaudi come livello di militanza politica e progettualità, è senza dubbio molto più aggressivo, aziendalistico e radicale, nonché più moderno e giovanile. Feltrinelli cerca fin dall’origine di coniugare ideali di sinistra marxista e anticolonialista con efficienza produttiva, creatività con organizzazione. In

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quest’ottica, la linea editoriale segue due direzioni: una volta alla novità e alla provocazione e l’altra indirizzata all’alta divulgazione, all’approfondimento. Tratto saliente è l’assenza di una struttura di collane, che da un lato lascia ampie libertà ma dall’altro non personalizza e non dà continuità al lavoro editoriale.

In questi anni inoltre continua a esercitare la sua influenza la Longanesi, contraddistinta ancora da un eclettismo disparato – anche se meno fazioso- e da un catalogo eterogeneo ma confuso, che le fa perdere pian piano la sua identità originaria permettendole di inserirsi meglio nel mercato. Sul fronte opposto si trova la vecchia editoria fiorentina, che mostra ormai tutti gli aspetti della crisi e della sua perdita di egemonia. Ne è simbolo l’inadeguatezza e la vecchiezza culturale di Vallecchi, che non riesce più a riprendersi nonostante tenti – evidentemente troppo tardi- la strada di una strategia parallela all’editoria elitaria fondata sulle collane per bambini, di attualità e di gialli.

In breve, tra gli Anni ‘50 e ‘60 gli editori tentano di innovare e innovarsi, seguendo diverse linee di pensiero ma con l’obiettivo comune di sopravvivere alla nascente cultura di massa e diventarne parte integrante se non dominante.

2.6 La creazione dell’ “apparato”

Gli Anni ’70 e ’80 del ventesimo secolo si contraddistinguono per una ristrutturazione e riorganizzazione industriale ed economica, che si avvale di “una crescente innovazione tecnologica e si articola in una marcata divisione e parcellizzazione, con una progressiva prevalenza dei dirigenti-manager e del marketing sui letterati-editori” (Ferretti, 2004: 226). Questo passaggio è ben rappresentato dalle crisi di due case tipicamente orientate alla politica del letterato, quali Il Saggiatore e Bompiani. La direzione è quella inesorabile della concentrazione editoriale come espressione di uno stadio avanzato del capitalismo: viene a costituirsi un nuovo “apparato”

editoriale, volto al profitto economico e con un’ indipendenza intellettuale e un peso culturale sempre minore. L’ingresso di capitale extraeditoriale favorisce un ampliamento dei mercati internazionali e della rete distributiva, una promozione più aggressiva, una politica del best seller incentrata sulle novità di stagione e sulla pubblicità tramite mass media. A ciò si accompagna – e ne è naturale conseguenza- una perdita di interesse verso la memoria storica delle case editrici, che verrà recuperata solo negli anni Novanta. Il risultato di questo approccio è una rete di condizionamenti che avvolge gli autori italiani, sempre più pressati dalle esigenze economiche dell’editore, dal rispetto dei tempi di produttività, dal loro coinvolgimento mediatico a fini promozionali e dal consumismo della società di massa. Le piccole e medie case editrici -bandiere

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dell’anticoncentrazione e del pluralismo- sono messe a dura prova dal nuovo sistema e dalla crisi libraria dovuta all’avvento dei nuovi mezzi informativi, mentre sul fronte opposto i maggiori gruppi estendono la propria egemonia, raffinano la propria strategia consumistica e di successo entrando nel campo delle testate giornalistiche e delle reti televisive, partecipando in modo attivo ai giochi economici e politici dei media e alla diffusione di una cultura extralibraria e libraria molto articolata (Ferretti, 2004). La divisione dei ruoli nella produzione letteraria dunque si intensifica ancora di più: da un lato si posiziona la piccola editoria specifica, ancora incentrata su politiche di collana e di sperimentazione culturale, mentre dall’altro vi è la grande editoria di massa, che si fonda su politiche di titolo e di mercato. E’ importante però sottolineare che la piccola editoria non si lascia scoraggiare dalla difficile situazione, anzi. “ Accanto all’editoria provinciale e di sottobosco, si afferma una piccola editoria di qualità favorita da due fattori: la crescita delle masse scolarizzate e politicizzate negli anni Sessanta, e il processo di concentrazione editoriale negli anni settanta. In particolare i piccoli editori appaiono in grado di rispondere a una domanda specifica e circoscritta che la grande editoria non riesce sempre a soddisfare, sia perché deve scontare l lentezza del proprio apparato, sia perché tende a non impegnarsi in una produzione meno remunerativa in termini di copie vendute” (Ferretti, 2004: 288).

A livello di titoli, a farla da padrone in questo quadro editoriale è la narrativa, che si posiziona come settore centrale della cultura di massa (nel 1974 rappresenta il 40,6% della produzione totale), privilegiando romanzi di media qualità e dalle formule ripetitive – seppure con importanti eccezioni di romanzi colti e specialistici quali “Il nome della rosa” di Eco e “Se un notte d’inverno un viaggiatore” di Calvino, che non fanno che evidenziare l’effettiva carenza di autori italiani liberi professionalmente-. La crisi di Einaudi, con il suo conseguente ingresso in Mondadori nel 1987- e di Feltrinelli – che deve modificare nettamente la propria linea editoriale- sono il segnale di un definitivo mutamento di scenario nel quale il rapido fenomeno della concentrazione, la nuova politica redazionale e di best seller e l’avvento della multimedialità stanno mettendo in difficoltà piccole e medie case editrici e stanno aprendo le porte a nuove imprese di altri comparti con capitale da investire (Tranfaglia, Vittoria: 2000).

2.7 La terza generazione editoriale

Giovanni Ragone (2005) identifica come terza generazione editoriale quel ventennio alla fine del XX secolo caratterizzato da un flusso multimediale continuo, complesso e in cui si integra la carta stampata, una concentrazione editoriale senza precedenti, una logica dominante del best seller, un nuovo ambiente comunicativo virtuale e un’apertura a continue possibilità per via della maggiore

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accessibilità e disponibilità editoriale – simboleggiata dallo sviluppo dei tascabili e delle collane in edicola-. A questo processo editoriale corrisponde una svolta nazionale in direzione della terziarizzazione dell’Italia, nella quale un ruolo chiave viene svolto dai media e dai servizi di informazione. E’ così che “ la specificità dei media editoriali viene inclusa e rimodellata in un sistema unificato di comunicazione e di consumo” (Ragone, 2005: 84).

Negli anni Ottanta si concludono le crisi strutturali delle case editrici non adeguatisi alle nuove logiche di produzione e di mercato, e la concentrazione editoriale – il 54,4% dei titoli pubblicati nel 1981 è edito da 74 editori- comporta l’uscita di scena definitiva dell’editore intellettuale e self made man. Si vengono a formare grandi gruppi di industria multimediale, che integrano editoria libraria, informazione, televisione, cinema e pubblicità: i due principali sono IFIL-FIAT e Fininvest. Mentre la prima include quotidiani – quali la Stampa e il Corriere della Sera- e case editrici – il gruppo RCS, a cui appartengono ad esempio Rizzoli,Fabbri e Bompiani, Adelphi, Marsilio-, la seconda ha le sue origini in campo multimediale e si apre al settore editoriale con l’acquisto dell’universo Mondadori. “All’ interno della Fininvest perciò si viene a completare un processo di concentrazione iniziato da tempo, fino a raggruppare televisione e giornali, cinema e libri, audiovisivi e pubblicità e altro ancora, cui si aggiungerà di fatto una vastissima zona della Rai in seguito alla duplice conquista della maggioranza e del governo da parte di Berlusconi(…). Ne deriva un ruolo dominante in tutti i processi multimediali con pesanti conseguenze sul pluralismo e sull’indipendenza dell’informazione” (Ferretti, 2004: 304).

La polarizzazione tra micro-imprese e sigle produttrici di best sellers è ormai totale nel settore librario, e le politiche adottate sono diametralmente opposte: le prime adottano logiche di nicchia, avviandosi verso funzionalità di servizio per specifici settori o verso la caratterizzazione intellettuale e di gusto raffinato; le seconde invece dominano la narrativa e il campo dell’intrattenimento, focalizzandosi su politiche stagionali, fatte di prodotti-leader e di lettori occasionali, spesso a scapito della qualità letteraria e della saggistica tradizionale.

Gli inizi degli anni Novanta si caratterizzano per una ripresa dell’iniziativa editoriale e della creatività, da una riscoperta della narrativa e della varietà di offerta anche da parte delle grandi case editrici. Nonostante un ritorno dei lettori di qualità, i lettori globali sono in calo – anche a causa del dominio della televisione come mezzo informativo e di intrattenimento di massa- , e ciò si può dedurre dalla crescita esponenziale della tascabilizzazione di tutti i generi e dal generale impoverimento della scrittura e dell’immagine del libro a favore di riviste e periodici. La medicalizzazione e informatizzazione degli anni ’90 è pervasiva di tutte le fasi della produzione, dalla scrittura all’editing alla vendita, ma il mutamento più evidente è quello che avviene in campo

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autoriale. Il letterato diventa ora personaggio pubblico polivalente, impiegato nel sistema dei mass media come luminare privilegiato e opinionista autorevole, personaggio interno alla macchina dell’informazione e alla moda.

“ L’editoria libraria tende dunque a fondersi nel flusso multimediale ma è un movimento che sviluppa simultaneamente processi di omogeneizzazione e movimenti di ripresa di autonomia dello spazio letterario” ( Ragone, 2005: 93), integrando ad esempio pratiche letterarie e pratiche giornalistiche per attirare maggiore attenzione ma al tempo stesso vedendo proliferare piccole e piccolissime case di qualità e fortemente connotate intellettualmente e territorialmente.

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3. L’industria editoriale oggi: struttura e situazione in Italia e all’estero

Un carattere essenziale da tenere in considerazione quando si discute riguardo all’editoria è la profonda personalizzazione del settore: non è possibile fare pronostici, valutazioni e deduzioni comuni a livello internazionale, e già si rivela complicato farlo a livello nazionale. L’industria del libro infatti è un’ industria culturale e umana, e in quanto tale si connota per forte caratterizzazione, grande radicamento socio-culturale e geografico e decisa impronta stilistica e ideologica che ogni Paese e ogni casa editrice cerca di dare al suo operato. Ciò significa che non esistono standard per mappare la filiera editoriale, non può essere creata una matrice comune che rappresenti tutti i Paesi sotto un qualsivoglia ambito investigativo.

A partire da questi limiti, nel capitolo seguente si offrono elementi della situazione attuale del settore editoriale nel mondo, per poi proseguire con un approfondimento più specifico del quadro europeo e infine di quello italiano.

3.1 La situazione editoriale internazionale

Le considerazioni sullo stato odierno dell’editoria partono dal prendere atto di un inizio millennio caratterizzato da una situazione stagnante, piatta, se non in declino, dei mercati della filiera, sottoposti a una pressione in continua crescita da parte dei settori simili – video games, risorse digitali gratuite educative e informative -, bisognosi di corposi investimenti nell’internazionale e nel digitale e costretti a riunirsi in gruppi editoriali per garantirsi la sopravvivenza.

Nonostante la situazione critica, l’editoria libraria è ancora il settore più potente della creazione di contenuti, con un giro d’affari di circa 151 miliardi di dollari nel 2014 – mentre industria dei periodici e settore cinema e televisione si fermano rispettivamente a 107 e 133 miliardi di dollari- . In occasione della Fiera del Libro di Francoforte, la più importante manifestazione del settore a livello mondiale, tenutasi dal 14 al 18 ottobre 2015, sono stati pubblicati gli ultimi dati e andamenti relativi al settore editoriale librario. Attraverso il Global Ranking of the Publishing Industry – il sistema di misurazione degli introiti dei 57 maggiori gruppi editoriali mondiali attivo dal 2007 su iniziativa di Livres Hebdo (Francia) e co- pubblicato da Bookdao (Cina), The Bookseller (Regno Unito), Buchreport (Germania), Publishers weekly (USA) e Publishnews Brazil- è possibile avere una panoramica degli incassi provenienti da ogni settore editoriale e della distribuzione libraria.

Basandosi principalmente su dati del 2014, il report mostra chiaramente il processo di concentrazione in corso, per il quale i dieci maggiori gruppi mondiali arrivano a rafforzare le loro

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posizioni fino a coprire il 54% del totale con 31.2 miliardi di euro (+ 12% dal 2013). A rendere ancora più chiaro questo trend è il fatto che i gruppi analizzati siano già il risultato di una selezione avvenuta in ciascun Paese.

Evoluzione degli introiti – in milioni di euro- dei 50 maggiori gruppi editoriali dal 2008 al 2014 Ogni gruppo editoriale adotta modelli differenti di sviluppo e si focalizza su diversi settori, a seconda del territorio in cui si sviluppa, del target e delle politiche editoriali che decide di adottare.

Un’altra importante rilevazione di questo ranking globale è la constatazione di come le economie emergenti dei paesi cosiddetti BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) stiano acquisendo un posizionamento sempre più importante a livello internazionale, in particolare la Cina. Quest’ultima infatti si inserisce nella top 10 mondiale con due gruppi editoriali, unendosi a Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Francia e Olanda. I Paesi BRIC rivelano quale sia il potenziale sentiero futuro del settore editoriale, in quanto -partendo da risorse più limitate- sono portati a trovare strategie differenti da quelle tradizionali, e quindi puntare sulla digitalizzazione e sull’innovazione.

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21 Immagine 3.1

Ranking dei 10 maggiori gruppi editoriali del 2015 – dati del 2014-

E’ importante tenere in considerazione il fatto che il Global Ranking manchi di molte imprese anche di grandi dimensioni per impossibilità di reperirne i dati – ad esempio Disney e Panini-, dei problemi di calcolo legati ai tassi di cambio e delle varie complessità nella definizione di “settore editoriale” – formato, canali di vendita, attività cross settoriali, attività extraeditoriali-. Ciò nonostante, esso è in grado di fornirci una panoramica se non esaustiva perlomeno interessante e trasparente della reale situazione mondiale dell’editoria.

Altri due documenti che aiutano nell’approfondimento di questa tematica sono The Business of books 2015, presentato dal Frankfurt Book Fair Business Club, e il white paper del Global Publishing Summit, tenutosi il 18 ottobre 2015 all’interno della Fiera del Libro di Francoforte con la collaborazione di Publishing Perspectives. Essi evidenziano le principali caratteristiche, evoluzioni e forze trainanti del settore e danno un’idea dello stato dell’editoria a livello globale.

In entrambi si affermano alcuni principi base concernenti la situazione attuale:

i) la crescente importanza dei Paesi BRIC nell’industria editoriale – e in quella dei mass media più generalmente- ;

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ii) la polarizzazione tra grandi acquisizioni – spesso da parte dei gruppi più imponenti – e nascita di nuove case editrici;

iii) la trasformazione globale del mercato del libro, spinta ma non creata dal mercato digitale e dall’espansione internazionale;

iv) la richiesta sempre più forte di investimenti, fonte di rischio ma anche di opportunità e innovazione, per poter soddisfare un’audience sempre più diversificata ed esigente;

v) la necessità di creare un efficace ed efficiente networking e sistema di cooperazione internazionale al fine di creare collegamenti tra Paesi dai mercati ormai maturi -se non saturi- e Paesi emergenti, attraverso iniziative di partenariato, condivisione di conoscenze e di risorse.

In sintesi, stiamo assistendo a un massiccio movimento dai maggiori gruppi editoriali e multimediali dai Paesi tradizionalmente consumatori di libri ai Paesi dai mercati emergenti e ancora poco toccati, e il digitale si rivela strumento di semplificazione di questo spostamento e di creazione di legami con i circuiti locali.

Una rete di connessioni globali è proprio l’obiettivo del Global Publishing Summit, all’interno del quale si sono potute confrontare diverse esperienze di mercato: da quello solido di Stati Uniti – leader nell’innovazione e nell’editoria digitale- e Cina – quello dal potenziale di pubblico maggiore e costellato da join venture e partenariati internazionali-, a quello leader specializzato di Germania – settore del business- e Corea del Sud – settore della letteratura per l’infanzia e dell’educazione -, per terminare con i mercati emergenti come Messico, Tunisia e Indonesia, caratterizzati dalla forte crescita sociale. Non solo i Paesi BRIC quindi, ma anche altre realtà si stanno presentando sul mercato mondiale. A seguito riportiamo alcuni esempi grafici.

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23 Immagine 3.2

Sviluppo dei mercati emergenti, in percentuale e in valuta locale (varie fonti locali) Immagine 3.3

Crescita del mercato coreano. Fonte: Korean Publishers’ Association ( KPA21) Immagine 3.4

Parametri chiave dell’editoria libraria turca dal 2008 al 2013. Fonte: Turkish Publishers’

association, Turkiye Yayincilar Birligi.

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24 Immagine 3.5

Parametri chiave del mercato librario russo dal 2006 al 2014. Fonti: Federal Agency for press and Mass Communication, Russian Book Industry magazine

Immagine 3.6

Il mercato del libro è inoltre ben lungi dall’essere equamente ripartito e distribuito. I sei mercati più ampi, infatti, incassano circa il 60% del fatturato totale. Ma anche per questi colossi, la situazione non è semplice, come è possibile vedere nella tabella a seguire:

Immagine 3.7

Crescita e contrazione dell’editoria nei sei maggiori mercati mondiali. Fonte: organizzazioni mondiali del commercio

A parte gli Stati Uniti, che costituiscono un’ importante eccezione, il ritorno al libro a seguito della crisi del 2008 è un cammino ancora disseminato di ostacoli. Questo vale in modo particolare per l’Europa, come sarà possibile evidenziare nel paragrafo a seguire.

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