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Il gender gap nell’alfabetizzazione finanziaria

Capitolo 3 Scelte e stili di investimento

3.3 Il gender gap nell’alfabetizzazione finanziaria

Un’indagine condotta dall’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) nel 2012, il programma per la valutazione internazionale dell’allievo (Programme for International Student Assessment) meglio nota come PISA, si è rivolta all’alfabetizzazione finanziaria definendola come:

“La conoscenza e la comprensione dei concetti e dei rischi finanziari unite alle competenze, alla motivazione e alla fiducia in se stessi per utilizzare tale conoscenza e comprensione al fine di prendere decisioni efficaci in un insieme di contesti finanziari, per migliorare il benessere finanziario delle singole persone e della società e consentire la partecipazione alla vita economica”. L’indagine in questione, la cui mission consiste nel valutare le competenze degli studenti quindicenni in matematica, scienze, lettura e problem solving e che ha coinvolto più di 500.000 studenti provenienti da 65 paesi, nell’edizione 2012 ha allargato le competenze oggetto di valutazione includendo l’alfabetizzazione finanziaria. I dati raccolti oltre a mettere in evidenza che i giovani italiani non hanno le conoscenze finanziarie sufficienti per compiere le scelte rilevanti per il loro benessere economico, segnalano anche che in Italia sussistono significative differenze di genere per quanto riguarda proprio l’alfabetizzazione finanziaria. Uno studio condotto da S. Longobardi e M. Pagliuca (2015) ha analizzato le determinanti di questo gap, riscontrandole nei fattori di natura comportamentale e attitudinale; più nel dettaglio, «una parte rilevante del divario di genere è dovuto a come gli studenti “trasformano” le loro caratteristiche familiari, scolastiche e personali in competenze», e quindi a fattori prettamente cognitivi (percezione, ragionamento, pianificazione, memoria) ma un ruolo importante, sottolineano, «è svolto anche da alcuni “fattori attitudinali”», quali l’avversione al rischio, la fiducia, la motivazione. La capacità di comprendere i concetti e i prodotti finanziari è fondamentale per poter assumere decisioni finanziarie consapevoli; essere capaci di valutare il rischio, confrontare le diverse opzioni finanziarie, stabilire la propria capacità di indebitamento sono fattori indispensabili in quanto non incidono solo sulle

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singole famiglie ma anche in senso più ampio sulla salute economica della società. Tutto questo è ancora più importante per le donne, che con un’aspettativa di vita più elevata rispetto agli uomini, risultano ancora più esposte alla necessità di compiere in autonomia scelte economico-finanziarie rilevanti per il loro benessere (pensioni, investimenti, risparmi); inoltre, molte donne, dovendo interrompere la propria carriera per via della maternità, devono far fronte a minori risorse economiche disponibili: è molto importante quindi per loro essere in grado di prendere decisioni finanziarie più consapevoli, per garantirsi una sicurezza finanziaria nel corso del ciclo di vita. Gli autori infine suggeriscono la necessità di «intervenire con maggiore incisività con programmi di formazione in materia finanziaria, magari indirizzandoli in modo specifico alle studentesse», affinchè acquisiscano una maggiore fiducia e consapevolezza riguardo alle scelte finanziarie e la gestione del denaro, ed evitare che le differenze di genere si trasformino in disuguaglianze nella vita adulta.

Serena Boccardo, collaboratrice presso il CeRP (Center for Research on

Pensions and Welfare Policies) di Torino sottolinea come la scarsa conoscenza

in ambito finanziario che influenza negativamente la capacità di scegliere consapevolmente come impiegare i propri risparmi e intraprendere investimenti, sia particolarmente svantaggiosa per le donne, «che si trovano a vivere più a lungo degli uomini e hanno maggiori difficoltà a mantenere un adeguato tenore di vita durante la vecchiaia, a causa delle frequenti interruzioni di carriera e delle minori risorse accumulate durante la vita lavorativa». A tal proposito Boccardo riferisce di uno studio presentato presso il CeRP e condotto da Annamaria Lusardi, docente di Financial Literacy presso la George

Washington University School of Business, che ha valutato i livelli di financial literacy in diversi paesi, con un’attenzione particolare verso le donne, per

identificare i fattori alla base del gender gap. I risultati della ricerca non hanno rilevato differenze sostanziali tra i paesi coinvolti (Stati Uniti, Germania e Olanda) e sono in linea con quelli delle ricerche portate avanti in altri quatto paesi (Italia, Svezia, Giappone, Nuova Zelanda). Ai partecipanti sono state proposte tre domande riguardanti tre concetti base di economia: inflazione, tasso d’interesse e diversificazione del rischio. Solo il 38% delle donne ha

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risposto correttamente a due domande su tre (contro il 55% degli uomini) e soltanto il 22% ha risposto in maniera corretta a tutti e tre i quesiti (contro il 38% degli uomini); inoltre, la metà delle donne ha risposto “Non so” ad almeno una domanda. Questo ultimo dato mette in evidenza l’insicurezza femminile in materia di alfabetizzazione finanziaria. Un altro aspetto che è stato indagato, oltre al grado di conoscenza effettiva della materia, è anche il livello di conoscenza finanziaria che gli individui ritengono di possedere: agli intervistati è stato chiesto di auto valutare la propria conoscenza complessiva in ambito finanziario e i risultati hanno evidenziato che mediamente le donne statunitensi, tedesche e olandesi si ritengono meno preparate degli uomini. Per cercare di spiegare quali siano le determinanti di questa diversità attitudinale, bisogna considerare che il grado di alfabetizzazione finanziaria degli individui è collegato a caratteristiche socio-demografiche come lo stato di famiglia, l’età, l’educazione e il reddito (come già evidenziato nella prima parte del capitolo parlando delle scelte di investimento delle famiglie italiane), anche se, secondo lo studio in questione, il gender gap riflette solo in parte questi fattori; in particolare il reddito, l’educazione e lo stato di famiglia spiegherebbero solo il 25% del gender gap. Un’ipotesi per spiegare il restante 75% della disparità di genere potrebbe essere la suddivisione tradizionale dei ruoli all’interno della famiglia, secondo cui nella coppia la gestione delle finanze spetta agli uomini: finché vivono in coppia, le donne accumulano meno conoscenze in ambito finanziario rispetto agli uomini sposati. Ci si aspetterebbe però che essendo più longeve degli uomini, almeno nella fase della vecchiaia le donne abbiano maggiori incentivi a prestare attenzione alla gestione dei propri risparmi: invece, il divario tra donne e uomini è ancora maggiore se si osservano le risposte dei divorziati/e e dei vedovi/e, e quindi lo studio conclude che lo stato civile dei soggetti non è una determinante del gender gap. In particolare, sia le donne single che quelle che intraprendono decisioni di investimento in collaborazione con il partner, dimostrano livelli di alfabetizzazione finanziaria più bassi rispetto al loro equivalente maschile (uomini single o che intraprendono decisioni di investimento con la partner); inoltre, le donne single presentano livelli di financial literacy addirittura inferiori alle donne che vivono una relazione. Ciò, evidenzia lo studio, è allo stesso tempo preoccupante e sorprendente: proprio le categorie di donne che devono decidere

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autonomamente dei propri risparmi, ossia single e vedove, hanno conoscenze finanziarie minime. Un altro modo per valutare gli effetti della tradizionale suddivisione dei ruoli nella gestione delle finanze è confrontare le risposte date solo dalle giovani generazioni: anche in questo caso i risultati hanno mostrato che il gender gap è evidente già dall'inizio della carriera lavorativa e che in tutti e tre i paesi analizzati le donne giovani ne sanno meno degli uomini. In ultima analisi, un aspetto interessante emerso dallo studio è che il modo in cui le domande vengono poste provoca una diversa reazione tra uomini e donne: quando la stessa domanda viene espressa utilizzando termini tecnici le donne risultano più intimidite e tendono a rispondere più spesso "Non so". La diversità di genere si riscontra, quindi, anche nella sensibilità con cui vengono percepite le informazioni e nella reazione ad esse. Sarebbe interessante, perciò, studiare canali e forme comunicative diverse, che tengano conto delle differenti modalità con cui uomini e donne acquisiscono le informazioni e sviluppano la propria conoscenza.

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