• Non ci sono risultati.

IV. Il dramma dei prigionieri austriaci all’Asinara

3. Il lavoro come arma di guerra: le rappresaglie

Nei campi di concentramento il sistema punitivo tendeva a demolire la resistenza individuale, la rappresaglia, invece, era una punizione collettiva contro i prigio- nieri di guerra per esercitare una pressione sullo Stato avversario.

Si trattava di un principio che all’epoca non era formalmente proibito dal costume o dal diritto internazionale e durante la prima guerra mondiale venne frequente- mente utilizzato in risposta a delle trasgressioni vere o presunte, reali o immagina- rie, commesse dalla parte avversa.

Tutti gli Stati utilizzarono la rappresaglia, in un momento o l’altro, adducendo motivi differenti: il maltrattamento dei prigionieri, gli alloggi non adatti o mal- sani, il cibo non adeguato, l’utilizzo dei prigionieri nelle vicinanze del fronte o sulle navi ospedale, il siluramento delle navi ospedale. Tutto ciò portava inevita- bilmente a delle contro-rappresaglie e i prigionieri diventarono le prime vittime di un cerchio vizioso della guerra totale perché vennero coinvolti anche i civili. Nel 1915 la Gran Bretagna segregò 39 membri di equipaggio dei sottomarini U8 e U12 in baracche navali invece che nei campi di concentramento, per rappresaglia contro la guerra sottomarina condotta dalla Germania, questa rispose rinchiudendo 39 ufficiali britannici in un solitario isolamento, forzando gli inglesi ad abbando- nare la politica di segregazione.

Il 21 giugno 1915, una lettera indirizzata alla Croce Rossa di Parigi da trasmettere a M. de Marval minacciava che il governo tedesco «laisserait ravitailler les pri- sonniers français» se quelli tedeschi trattenuti a Dahomey (odierno Benin) non fossero stati trasferiti in Francia. Il 1 luglio 1915 la Francia decise di rinviare in Marocco tutti i tedeschi internati a Dahomey.

Qualche mese più tardi le autorità francesi, per far pressione sul governo tedesco, sospesero il diritto di corrispondenza ai prigionieri di Dahomeny. Ritenendola un

168

attacco ingiustificato, la ritorsione fu immediata e le autorità tedesche sospese tutte le comunicazioni postali con la patria per i prigionieri civili e di guerra fran- cesi internati nei campi di Friedberg, di Ohrdruf e di Holzminden372.

Per rappresaglia, nella tarda primavera del 1915, le autorità tedesche inviarono soldati di buona famiglia e sottufficiali a lavorare nelle paludi di Hannover, di- stese sconfinate e tristi, oltre 80 mila ettari che si estendevano fino al mare del Nord, ricoperte di sfagni e con vaste pozze d’acqua qua e là. La rappresaglia ve- niva giustificata con il fatto che anche gli intellettuali tedeschi, commercianti e impiegati di banca erano costretti a lavori molto duri nei campi francesi. Succes- sivamente i “colletti bianchi” vennero inviati nelle miniere e, nell’estate del 1916, nei lavori di deforestazione delle regioni russe occupate, in condizioni durissime, al limite della sopravvivenza.

Come ha giustamente osservato Annette Becker, per i soldati prigionieri queste rappresaglie sono il risultato dell’orrore della loro condizione: «Ces prisonniers, exclus de la guerre par leur captation devenaient boucliers humains et monnaie d’échange dans les transactions entre belligérants capteurs»373.

Le rappresaglie collettive contro i prigionieri mostrano lo sviluppo di nuove forme di violenza e l'espansione delle pratiche violente di guerra al di là dei modelli tra- dizionali del combattimento vero e proprio al fronte. L’escalation indica come il lavoro dei prigionieri andasse al di là della gestione economica degli uomini e fosse diventato un’arma di ricatto, ma anche di distruzione creando un ciclo con- tinuo di violenza.

Nel maggio del 1916, con il pretesto che la Germania fin dal dicembre 1914 aveva impiegato i prigionieri di guerra in prossimità del fronte costringendoli a lavorare per le armate, il governo francese decise di impiegare a sua volta i prigionieri in lavori direttamente connessi con le operazioni militari, in aperta violazione della convenzione dell’Aja del 1907.

Il ministro francese della guerra approvò la richiesta dell’esercito e il 9 giugno 1916, i primi 10.600 prigionieri di guerra tedeschi furono strutturati in compagnie di lavoro, ognuna di 425 uomini e inviati in zona di guerra. Ma il 1 settembre 1916 il Quartier Generale dell’esercito francese scrisse al ministro della guerra a Parigi che non bastavano. Propose che una proporzione di tutti i prigionieri di

169

nuova cattura rimanesse presso l’esercito per formare nuove compagnie di lavo- ratori poiché il lavoro richiesto dalle esigenze delle operazioni militari e per lo sviluppo del sistema offensivo crescevano sempre più.

Non c’era altra soluzione per rimediare all’enorme scarto tra la richiesta di mano- dopera e le risorse disponibili se non utilizzare i prigionieri in numero sempre maggiore. Il 26 gennaio 1917, ben 22.915 prigionieri tedeschi stavano lavorando per l’esercito francese nei reparti di lavoro. Secondo lo studio di Heather Jones, tra le diverse compagnie c’erano considerevoli differenze nelle condizioni di vita dei prigionieri: nella zona della battaglia di Verdun e nei suoi dintorni, l’area con- trollata dal comando della seconda Armata, le condizioni erano veramente cattive in quanto, nell’agosto del 1916, la maggior parte dei prigionieri non aveva un gia- ciglio per dormire, alcuni erano sistemati in tende, ma senza protezione per il cat- tivo tempo, senza coperta, senza telo.

In aggiunta alle misere condizioni di vita, i prigionieri che si trovavano nell’area della seconda armata dovevano lavorare sotto il fuoco “nemico”. Molti prigionieri di guerra furono feriti e uccisi. Uno dei luoghi più pericolosi fu sicuramente Ba- leycourt dove il 29 luglio 1916 un prigioniero venne ucciso e un altro ferito e tra il 15 e il 25 ottobre sette furono uccisi da un bombardamento. Nell’area della batta- glia di Verdun, 100 prigionieri costruivano una carreggiata per Fort Douaumont e 1200 portavano materiale sia a Douaumont, che a Fort Vaux, sempre sotto il fuoco delle armi.

Le loro condizioni igieniche, poi, erano pessime con molti casi di dissenteria ed enteriti. Nel campo di Souilly i prigionieri lavoravano 11 ore e tra loro scoppiò un’epidemia di dissenteria nel dicembre 1916 con centinaia di colpiti374.

L’atteggiamento dell’esercito francese verso i prigionieri tedeschi andava di pari passo con il trattamento tedesco dei prigionieri francesi. A partire dagli ultimi mesi del 1916 vennero sistematicamente utilizzati prigionieri di guerra per la co- struzione della nuova linea difensiva Hindenburg/Siegfried arrivando a coinvol- gere oltre 26 mila prigionieri. Secondo la Jones potrebbe essere stato il bisogno sempre più imperioso di manodopera alla base della rappresaglia tedesca della primavera del 1917, quando il governo tedesco decise di tenere tutti i nuovi cattu- rati, non feriti, inglesi e francesi, come lavoratori dietro le linee del fronte, quale

170

ritorsione per il fatto che i francesi utilizzavano i prigionieri tedeschi nell’area della battaglia di Verdun in condizioni veramente molto difficili e pericolose e gli inglesi utilizzavano i prigionieri tedeschi nelle compagnie di lavoro sul fronte francese. Solo quando francesi ed inglesi si accordarono a rimuovere i prigionieri tedeschi ad una distanza di 30 chilometri dalla linea del fronte per tutti i lavori, il governo tedesco revocò le rappresaglie375.