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LA RICEZIONE TEATRALE

III.3. Il lavoro dello spettatore

Grotowski (regista teatrale polacco, una delle figure di spicco dell’avanguardia teatrale del Novecento), nella sua opera Per un teatro povero, sonda quella che lui ritiene la radice più profonda dell’atto teatrale: l’attore di fronte allo spettatore. E così afferma:

Il numero delle definizioni di teatro è perciò praticamente illimitato. Allo scopo

12 Ivi, p. 174. 13 Ivi, p. 177.

di evitare questo circolo vizioso è senza dubbio necessario sottrarre e non aggiungere: bisogna cioè porsi il problema di che cosa sia indispensabile al teatro. […]

Ma può il teatro esistere senza attori? Non conosco esempi del genere. Si potrebbe ricordare il teatro delle marionette. Ma anche lì, abbiamo, dietro le quinte, un attore, anche se di tutt’altro genere.

Può esistere il teatro senza spettatori? Ce ne vuole almeno uno perché si possa parlare di spettacolo. E così non ci rimane che l’attore e lo spettatore. Possiamo perciò definire il teatro come “ciò che avviene tra lo spettatore e l’attore”. Tutto il resto è supplementare ‒ forse necessario, ma supplementare.14

Da questa definizione di teatro risulta evidente che il testo spettacolare (come il testo letterario) necessita di qualcuno che lo ‘legga’, lo analizzi e lo interpreti, esige un ricevente che ne attualizzi il senso. De Marinis constata, però, che fino a quel momento, la riflessione teatrologica non aveva prodotto delle vere e proprie teorie per studiare il processo psico- cognitivo che permette a uno spettatore di percepire, interpretare, memorizzare un testo spettacolare. Le proposte fatte, da Aristotele agli anni in cui scrive De Marinis, sono «ipotesi dogmatico-normative di poetiche dello spettatore e non ipotesi descrittivo-analitiche: esse si occupano di come lo spettatore dovrebbe comportarsi più che del suo comportamento effettivo».15 Lo spettatore è stato concepito sempre come “immaginario” e non come “reale”.

De Marinis auspica che avvenga un radicale cambiamento dell’oggetto dell’analisi semiotica: dallo spettacolo allo spettatore.16

In quegli anni un contributo importante per un cambio di prospettiva proviene dall’interesse che linguistica e semiotica del testo dimostrano nei confronti della pragmatica,

14 J.GROTOWSKI, Per un teatro povero, cit., pp. 40-41.

15 M.DE MARINIS, Semiotica del testo. L’analisi testuale dello spettacolo, cit., p. 181. Fino a quel momento le

teorie hanno riflettuto intorno agli effetti provocati dall’arte: si pensi alla katharsis aristotelica o all’apate nell’arte antica, all’Einfühlung, alla jouissance (il “godimento” di cui parla il filosofo Jacques Lacan) e allo

shock nell’arte moderna.

16 MARCO DE MARINIS, La ricezione teatrale. Una semiotica dell’esperienza?, in DANIELE BARBIERI et alii,

Semiotica: storia teoria interpretazione. Saggi intorno a Umberto Eco, a cura di Patrizia Magli, Giovanni

per cui gli enunciati verbali sono studiati in rapporto al loro contesto comunicativo e ai fattori che lo caratterizzano (l’orizzonte d’attesa, gli spazi vuoti, il lettore implicito o Lettore Modello e il lettore reale). Le ricerche effettuate in campo linguistico-letterario influenzano altri settori dell’analisi testuale, come quello teatrale. Anche in questo ambito De Marinis afferma sia possibile distinguere un livello intratestuale e uno extratestuale della ricezione. Al livello intratestuale appartiene quello che De Marinis chiama lo «Spettatore Modello» (denominazione che ammicca per analogia al Lettore Modello di Eco) che è «l’insieme delle condizioni di felicità da soddisfare affinché il testo spettacolare sia completamente realizzato come macro-atto linguistico»;17 inoltre lo Spettatore Modello è implicito perché è contenuto

nel testo ed è ideale per il carattere ottimale della sua competenza. Questa competenza il testo spettacolare contribuisce a crearla, filtrando, in tal modo, l’attività interpretativa dello Spettatore Modello e contrastando il possibile proliferare infinito di letture interpretative. Del livello extratestuale fa parte invece lo spettatore reale, empirico.

Riprendendo di nuovo Eco e i suoi studi attorno alla funzione lettore, anche De Marinis giunge alla distinzione fra “spettacoli aperti” e “spettacoli chiusi”,18 a seconda dei modi in

cui il testo spettacolare costruisce i suoi Spettatori Modello. Gli “spettacoli chiusi” prevedono un destinatario preciso e richiedono specifiche competenze per essere interpretati correttamente. Diversamente gli “spettacoli aperti” non delineano un tipo di spettatore puntuale, concedono maggiore libertà di interpretazione.19

17 M.DE MARINIS, Semiotica del testo. L’analisi testuale dello spettacolo, cit., p. 189. 18 Ivi, p. 191.

19 Ad esempio il Nātya-Sāstra, il più importante testo di poetica sul teatro classico indiano, lascia massima

libertà di fruizione nei confronti del teatro, nella consapevolezza che ciascuno cerca e trova ciò di cui ha bisogno nel teatro.

III.3.1. La competenza teatrale

Lo spettatore che si accinge a visionare un testo spettacolare può possedere livelli diversi di competenza teatrale, ovvero «quella somma di conoscenze, regole e abilità che rende conto sia della capacità di produrre TTSS che di comprenderli»;20 inoltre è importante

ricordare che esistono differenze fra la competenza dell’emittente e quella del destinatario. La competenza teatrale dello spettatore è il risultato di una “somma” di competenze diverse. Innanzitutto, si deve ricordare che ciascuno spettatore possiede una propria competenza enciclopedica e una propria competenza intertestuale. Poi, affinché si realizzi una buona attualizzazione delle potenzialità semantiche e comunicative del testo spettacolare, lo spettatore dovrebbe essere in possesso di altre due competenze: una “competenza generale” che gli permetta di distinguere un testo spettacolare da altri tipi testuali e dalla vita quotidiana e una “competenza particolare” che gli consenta di ricondurre un testo spettacolare a una categoria più ampia di genere o tipo teatrale. La prima competenza, detta anche contestuale, si basa sul saper riconoscere quei tratti specifici di un’occorrenza teatrale, cioè la compresenza fisica di emittente e destinatario e la simultaneità di produzione e comunicazione. La seconda competenza, detta anche testuale, è quella che autorizza lo spettatore ad attivare frames e inferenze da cui seguono ipotesi predittive, la creazione di un orizzonte di attesa, la comprensione del testo spettacolare e la constatazione della sua appropriatezza all’interno di un particolare tipo teatrale. Per ricondurre un testo spettacolare a un genere, lo spettatore si serve di “indizi contestuali” quali il nome del regista, dell’autore, quello degli attori, il titolo e l’eventuale sottotitolo dello spettacolo, i paratesti (locandine, programmi di sala, manifesti, annunci pubblicitari, critiche, presentazioni e recensioni giornalistiche), le reazioni degli altri membri del pubblico.21

20 Ivi, p. 194.

De Marinis giunge alla conclusione che la competenza teatrale, in quanto unione di diversi tipi di competenze (tra cui quelle testuale e contestuale), è da considerarsi come una competenza comunicativa.