In che senso il mondo è una rappresentazione?
Il pensiero di Schopenhauer è un’interpretazione e uno sviluppo della teoria kantiana del mondo fenomenico: «il mondo è una mia rappresentazione», afferma.
Questa verità, l’unica che secondo il filosofo può essere pronunciata a priori, vale per ogni essere vivente e pensante, ma soltanto l’essere umano ne può fare oggetto di riflessione.
Il mondo fenomenico è il mondo della rappresentazione
■, di cui il soggetto è
l’unico autore:[…] il mondo che lo circonda esiste unicamente come rappresentazione, ossia sempre e solo in relazione a un altro essere, a colui che se lo rappresenta, il quale è poi lui stesso.
A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, a cura di G. Brianese, Einaudi, Torino 2013, p. 679
In realtà, ciò era stato affermato non da Kant, ma da Berkeley, di cui Schopenhauer cita ed elogia l’idealismo.
Kant aveva fatto sua questa tesi soltanto nella prima edizione della Critica della ragion
pura, mentre nella seconda edizione della Critica il fenomeno non era stato affatto
considerato come pura apparenza, ma descritto come avente una sua oggettività: era stato definito come la realtà a noi accessibile sul piano conoscitivo.
Schopenhauer riconosce in quell’idealismo il carattere essenziale della filosofia mo- derna, che descrive il mondo come rappresentazione, ossia come correlazione fra oggetto rappresentato e soggetto che lo rappresenta.
Per Schopenhauer il mondo è una rappresentazione che esiste esclu- sivamente all’interno del soggetto che ne è autore. Il mondo, quindi, esiste solo in relazione al soggetto che lo conosce.
2.2 Le funzioni a priori del rappresentare
Che cosa sono e a che cosa servono le forme a priori?
Come Kant, Schopenhauer afferma che, nel costruire rappresentazioni, il soggetto usa forme a priori, ovvero funzioni di ordinamento dell’esperienza, che egli (a diffe- renza di Kant) riduce a tre:
■ il tempo, che è la relazione di successione in cui le rappresentazioni si manifestano; ■ lo spazio, che è la relazione di posizione che ciascuna cosa rappresentata ha rispet-
to alle altre;
■ la causalità, che rappresenta la capacità delle cose di produrre eff etti le une sulle altre.
Tale concezione si distingue dalla teoria kantiana della conoscenza perché Scho- penhauer assegna le tre forme a priori (causalità, tempo e spazio) all’intelletto, re-
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D ■ Il lessico di Schopenhauer p. 25 01 p. 30 R D15
Capitolo 1 - Schopenhauer
spingendo dunque la distinzione kantiana fra la sensibilità come facoltà dell’intuizione (a cui Kant faceva risalire tempo e spazio) e l’intelletto come facoltà della conoscenza mediata (a cui faceva risalire la causalità).
Per Schopenhauer, l’intelletto è intuitivo, dotato di una particolare capacità di intuire il fondamento causale che sussiste fra le rappresentazioni. Poiché gli oggetti dell’espe- rienza si risolvono nelle loro relazioni causali, non sono un qualcosa che si colloca al di là della rappresentazione. Il mondo fenomenico è dominato da un rigido determi- nismo. Questo vale non soltanto per la natura, ma anche per l’essere umano, quando lo si consideri soltanto come rappresentazione, cioè come oggetto del rappresentare. Le tre forme a priori sono aspetti del principio leibniziano di ragion sufficien- te, in base al quale nessun fatto potrebbe esistere, nessuna enunciazione esser vera senza una ragion sufficiente perché sia così e non altrimenti. Tale principio, per Scho- penhauer, ha una quadruplice radice, cioè si articola in modo diverso, a seconda degli oggetti a cui si applica:
■ del divenire, ovvero in relazione agli oggetti della realtà naturale, e in questo caso
il principio si manifesta come causalità;
■ del conoscere, ovvero come relazione fra premesse e conseguenze nell’argomen-
tazione razionale;
■ dell’essere, ovvero come relazioni nel tempo e nello spazio; ■ dell’agire, ovvero come relazione fra un’azione e il suo movente.
Proprio questa funzione esplicativa della ragion sufficiente per ogni tipo e livello di realtà ne attesta l’universalità. L’essere umano, in quanto soggetto da cui dipendono tutte le rappresentazioni, è escluso dalla fenomenicità e illusorietà del mondo. Il sog- getto non è una rappresentazione, ma sempre e soltanto attività del rappresentare: è ciò che conosce, ma che non è a sua volta oggetto di conoscenza. Non esiste alcun oggetto senza un soggetto, ma non esiste neppure alcun soggetto senza un oggetto, perché un soggetto conoscente non sarebbe tale senza un oggetto da conoscere. In tal modo Schopenhauer ritiene di avere superato sia il materialismo, che aveva ri- dotto il soggetto all’oggetto e la materia, lo spazio e il tempo come esistenti indipenden- temente dal soggetto, sia l’idealismo, in particolare quello fichtiano, che aveva negato l’oggetto e lo aveva ridotto al soggetto. Egli riconosce comunque all’idealismo il merito di aver posto l’io come la condizione di possibilità della manifestazione del mondo.
Per Schopenhauer la realtà fenomenica si risolve in relazioni causali che il soggetto costruisce basandosi sulle forme a priori, cioè funzioni che ordinano l’esperienza. Queste sono spazio, tempo e causalità.
2.3
Il campo della scienza
Qual è la spiegazione che interessa la scienza e quali aspetti della real- tà restano inesplicabili?
Il campo della conoscenza delle cose particolari, definite da spazio, tempo e cau- salità, è quello proprio della scienza, che si limita a descrivere l’ordine causale in cui i fatti del mondo si presentano.
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Unità di
apprendimento
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La critica della ragioneLo scopo della scienza, secondo Schopenhauer, è pratico: consentire il dominio dell’uomo sulla natura per soddisfare i suoi bisogni. È inoltre un campo in cui ciò che interessa è soltanto la spiegazione di come due fenomeni siano tra loro correlati: lo scienziato è interessato solo a tale relazione.
Al di fuori di tale relazione non vi sono che qualità occulte di cui la scienza non può dare ragione. Eppure essa non può fare a meno di tali qualità, come dimostra il suo continuo parlare di forza di gravità, di coesione dei corpi, di qualità chimiche, dunque non può evitare di avvalersi di qualcosa di completamente oscuro.
Inoltre, due cose sono, secondo Schopenhauer, assolutamente inesplicabili per la scienza: da un lato i princìpi di ragione, cioè i modi in cui ordina l’esperienza (ad esempio le funzioni del tempo, dello spazio e della causalità); dall’altro la cosa in sé, la conoscenza della quale sfugge completamente alla ragione. Proprio ciò che sfug- ge alla scienza è invece oggetto e compito essenziale della filosofia. In questo senso Schopenhauer afferma che «la filosofia comincia dove le scienze finiscono».
La scienza ha una dimensione pratica, perché si limita a conoscere il mondo fenomenico (definito da spazio, tempo e causalità) al fine di sod- disfare i bisogni dell’uomo, ma non può dare ragione delle qualità occulte della realtà (come le stesse forme a priori) di cui, tuttavia, non può fare a meno. Di queste qualità occulte si occupa la filosofia.
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Il mondo è rappresentazione, ovvero esiste solo come relazione fra oggetto rappresentato e soggetto che lo rappresenta.
Il soggetto usa le forme a priori (spazio, tempo, causalità) per rappresentare l’oggetto. La conoscenza avviene tramite l’intelletto, che è in grado di intuire le relazioni causali. Il soggetto non è una rappresentazione, ma attività del rappresentare.