1.1 Da Platone a Kant
Quali sono i principali punti di riferimento del pensiero filosofico di Schopenhauer?
Il pensiero di Schopenhauer affonda le proprie radici in quattro particolari ambiti. In primo luogo nella filosofia di Platone, da cui trae la dottrina delle idee come mo- delli di cui la realtà è soltanto una copia approssimativa: nel mito della caverna, il filo-
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affermazione per la scienza, perché c’è in esso un fondo non razionale, non riducibile alla trama di leggi che regolano la realtà naturale e fenomenica e alle possibilità stesse del sapere.
In Schopenhauer resta sospeso l’interrogativo
drammatico sul senso dell’esistenza dell’essere umano: egli si chiede se la vita sia qualcosa, rispetto alla cieca forza che domina il cosmo, o se invece, guardando al nulla da cui trae origine e al nulla a cui è destinata, essa non sia altro che un breve effimero episodio.
Camille Claudel, Donna
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Unità di
apprendimento
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La critica della ragionesofo greco aveva parlato di un mondo delle ombre, che è illusione, e di un mondo della realtà, che è rappresentato dal Sole.
In secondo luogo, nella filosofia indiana, il cui studio durante gli anni universitari è stato determinante. Proprio dalla lettura dal libro dei Veda (vedi Il pensiero che cambia
il mondo a p. 8), infatti, Schopenhauer trae ulteriore conferma della visione platonica
del mondo come incantesimo, illusione, «velo che copre la realtà».
In terzo luogo, nel materialismo illuminista, da cui riprende la perplessità circa l’e- sistenza di una divinità che sia interessata delle vicende umane.
Infine, nel criticismo kantiano, che è il riferimento principale della filosofia di Scho- penhauer, tanto da considerarsi come «l’unico, onesto e critico successore di Kant». Egli riconosce che Kant ha effettuato una grande rivoluzione in filosofia, avviando un’opera di «distruzione di quindici secoli di filosofia scolastica», in quanto ha provato l’indimostra- bilità di quei dogmi (della sostanzialità e immortalità dell’anima e dell’esistenza di Dio), che per lungo tempo si era presunto di poter dimostrare. A merito di Kant va, pertanto, l’aver dato inizio a «una terza epoca universale, interamente nuova, della filosofia». Il merito maggiore di Kant, tuttavia, è stato quello di aver posto in evidenza la di- stinzione del fenomeno (conoscibile) dalla cosa in sé (inconoscibile). Secondo Scho- penhauer, mentre fino a Kant la distinzione fra fenomeno e noumeno era stata sol- tanto intuita ed espressa poeticamente (come in Platone e nella filosofia indiana), è grazie a Kant che essa è stata dimostrata in modo incontestabile.
Il principale autore di riferimento di Schopenhauer è Kant, dal quale riprende la distinzione tra fenomeno e noumeno, già anticipata in qualche modo sia da Platone sia dalla filosofia indiana, parti essenziali della for- mazione del filosofo. Infine, anche il pensiero illuminista influenza la sua visione di una divinità disinteressata alle vicende umane.
1.2 La liberazione dalla volontà di vivere:
religiosità orientale o ateismo?
Che cos’è la volontà di vivere e perché si contrappone al dominante pensiero idealista e positivista?
La tesi principale di Schopenhauer è che la realtà sia costituita da una forza cieca e irresistibile, diffusa e presente ovunque, non riducibile alla ragione. È evidente la contrapposizione con la tesi (dominante nell’idealismo e, poi, nel positivismo) che la realtà sia razionale e che l’essere umano possa avanzare velocemente sulla via della conoscenza e del controllo della realtà.
Con Schopenhauer, il tema kantiano dei limiti della ragione è superato con quello del- la presenza di un principio infinito che si colloca al di là della ragione, che è irriducibile alla ragione e assai più forte di essa: la voluntas, la volontà di vivere.
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Veda
Letteralmente «conoscenza», «saggezza», i Veda sono una raccolta di testi della religione indiana, che contiene le ri-
velazioni delle divinità hindu ad antichi saggi. L’opera risale a un periodo compreso tra il 2000 e il 500 a.C.
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Capitolo 1 - Schopenhauer
Per il filosofo, è necessario lacerare il «velo di Maya», cioè il velo dell’illusione che ci imprigiona nella convinzione della razionalità del mondo, e cogliere la vera real- tà, ovvero la volontà oltre l’apparenza e l’inganno. La strada che conduce al mondo nascosto passa attraverso il corpo, tramite il quale possiamo avvertire in noi stessi la presenza della volontà. Si può dire che, con Schopenhauer, si avvia quella riscoperta del corpo e quell’intuizione di una sfera istintiva che tanta parte avranno nella cultura del secondo Ottocento e del Novecento.
Proprio la filosofia di Schopenhauer, che ha riconosciuto il ruolo centrale della volon- tà, dell’istinto e del corpo e che contribuirà a diffondere la loro nuova immagine nella cultura europea, si propone l’obiettivo di vincere tali realtà, sviluppando il modello della negazione della volontà di vivere nell’individuo. Egli, infatti, si domanda perché, se la vita dominata dalla volontà di vivere è un inferno che oscilla tra deside- rio, dolore e noia, l’essere umano non dovrebbe proporsi l’eliminazione della volontà di vivere. Dal momento che la vita è frutto dell’istinto sessuale, è proprio l’annulla- mento di tale istinto il primo e fondamentale obiettivo di un’ascesi che dovrebbe con- durre a eliminare nell’essere umano la volontà di vivere.
Nell’ascesi ma anche, più in generale, nella sua concezione del mondo come velo di Maya (dal termine sanscrito che significa sia «creazione» che «illusione») si manifesta un aspet- to originale dell’opera di Schopenhauer e cioè la sua apertura alla cultura dell’Orien- te, in particolare a quella indiana. È infatti anche attraverso Schopenhauer (e gli studi realizzati dal glottologo Friedrich Mayer) che la tradizione filosofico-religiosa dell’India, in particolare la sua idea di saggezza, si affaccia in Europa. La via della liberazione dalla volontà prospettata da Schopenhauer richiama, infatti, i contenuti, i modi e il linguaggio usati, oltre che dal misticismo cristiano, anche dalla religiosità dell’Oriente indiano. Da alcuni interpreti, quella di Schopenhauer è stata definita come una posizione di ateismo religioso, nella quale la voluntas è considerata alla stregua di una divinità oppressiva e pervasiva. L’essere umano deve proporsi di annientare questa divinità mediante l’ascesi, concepita non come mistico elevamento a Dio, ma come atto su- premo di annichilimento della volontà di vivere, come atto supremo di annichilimen- to, nell’essere umano, della volontà di vivere, quindi di Dio stesso.
Contro la diffusa tesi della razionalità della realtà, Schopenhauer vede una forza cieca e irrazionale dominare il mondo: la volontà di vivere, che non può essere ridotta alla ragione. Per cogliere la verità, l’uomo deve strappare il velo dell’illusione e negare la stessa volontà di vivere, che lo fa oscillare continuamente tra desiderio e dolore.
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Il pensiero di Schopenhauer si rifà a Platone, alla filosofia indiana, al materialismo illuminista e al criticismo kantiano.
La voluntas (volontà di vivere) è un principio infinito che va al di là della ragione.
La razionalità del mondo è un’illusione che l’uomo deve lacerare per comprendere la verità. L’istinto e il corpo dominano la vita dell’uomo: solo il loro annullamento (ascesi) condurrà
alla liberazione dalla volontà di vivere.