Capitolo 1 - Schopenhauer
CONOSCENZE
Vero o falso
1. Il principio d’individuazione del soggetto conoscente è il corpo. V F
2. La verità che «il mondo è una mia rappresentazione» non può essere formulata a priori. V F
3. Le tre forme a priori del soggetto che costruiscono le rappresentazioni sono tempo, spazio e causalità. V F
4. Il principio di ragion sufficiente applicato al conoscere si manifesta come causalità. V F
5. L’essere umano non è in grado di dire che cosa sia la realtà noumenica delle cose. V F
6. La voluntas è una in quanto a essa non si applica il principio di ragion sufficiente. V F
7. La volontà si oggettivizza nelle idee, forme eterne o modelli. V F
8. L’amore porta all’annullamento della volontà. V F
Collega
A
Forme a prioriB
TempoC
CausalitàD
Principio di ragion sufficienteE
Legge naturaleF
GiustiziaG
AscesiH
Arte1
la continuità dell’apparire delle idee nei fenomeni.2
le tre funzioni di ordinamento dell’esperienza.3
la negazione della volontà.4
la conoscenza delle idee.5
la relazione di successione in cui le rappresentazioni si manifestano.6
la proprietà che le singole cose hanno di produrre effetti.7
il principio in base al quale nessun fatto può esistere senza una ragione.8
la negazione della sopraffazione dell’essere umano da parte di un altro.LESSICO
Definisci i seguenti termini Volontà, compassione, ascesi. Individua la definizione corretta 1. La rappresentazione è:
A
immagine della realtà, in quanto è oggetto di conoscenza, e proiezione soggettiva di quell’immagine, in cui si risolve l’intera realtà fenomenica.B
ciò che è oggetto di conoscenza, ma la cui esistenza non dipende da quella del soggetto che conosce.C
la consapevolezza che l’essere umano ha del proprio corpo, come fonte da cui provengono le sensazioni che sono alla base della costruzione della conoscenza oggettiva.COLLEGAMENTI
In un breve testo di massimo 15 righe, confronta la concezione dell’arte dei romantici, di Hegel e di Schopenhauer.
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Antologia
01
Il mondo come rappresentazione
Il mondo come volontà e rappresentazione è l’opera principale di Schopenhauer. In questo passo,
corrispondente al primo paragrafo dell’opera, Schopenhauer espone uno dei princìpi cardine del suo pensiero, ovvero la riduzione del mondo a rappresentazione. Egli riprende la dottrina kantiana del fenomeno, riduce la realtà al modo con cui il soggetto la rappresenta, ma, al contrario di Kant, intende tale rappresentazione soggettiva come velo di Maya, cioè illusione.
Che cosa vuol dire che «il mondo è una mia rappresentazione»? Qual è la relazione fra soggetto e oggetto del conoscere?
Qual è la funzione dell’intelletto?
«Il mondo è una mia rappresentazione»: ecco una verità valida per ogni essere vivente e pensante, benché solo l’uomo possa venirne a coscienza astratta e riflessa. E quando l’uo- mo sia venuto di fatto a tale coscienza, è entrato lo spirito filosofico. Allora, egli sa con chia- ra certezza di non conoscere né il Sole né la Terra, ma soltanto un occhio che vede un sole, e una mano che sente il contatto d’una Terra; egli sa che il mondo circostante non esiste se non come rappresentazione, cioè sempre e soltanto in relazione con un altro essere, con il percipiente, con lui medesimo. Se c’è una verità che si può affermare a priori, è proprio questa; essa, infatti, esprime la forma di ogni esperienza possibile ed immaginabile: e que- sta forma è più universale di tutte le altre, e cioè del tempo, dello spazio e della causalità, perché tutte queste implicano già la prima.
E mentre ciascuna di tali forme, riconosciute da noi come altrettante particolari determina- zioni del principio di ragione, ha valore soltanto per una singola classe di rappresentazioni, la distinzione in oggetto e soggetto è, invece, la forma comune a tutte le classi, la sola con cui si possa concepire una rappresentazione di qualsiasi specie, astratta o intuitiva, pura o empirica. Nessuna verità è, dunque, più certa, più assoluta, più lampante di questa: tutto ciò che esiste per la conoscenza, e cioè il mondo intero, non è altro che l’oggetto in rapporto al soggetto, la percezione per lo spirito percipiente; in una parola: rappresentazione. [...] Il mondo come rappresentazione, cioè sotto l’unico punto di vista da cui ora lo consideria- mo, ha due metà essenziali, necessarie ed inseparabili. La prima è l’oggetto, le cui forme sono lo spazio e il tempo, mediante i quali, come si è detto, si ha la pluralità. La seconda metà, il soggetto, sfugge, però, alla legge del tempo e dello spazio, poiché esiste intera e indivisa in ogni essere capace di rappresentazione; quindi, anche uno solo di questi esse- ri, insieme con l’oggetto, basta a costituire il mondo come rappresentazione con la stessa completezza di milioni d’esseri esistenti; lo svanire, invece, di quest’unico soggetto por-
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terebbe con sé lo svanire del mondo come rappresentazione. Le due metà sono dunque inseparabili, anche per il pensiero; ciascuna delle due, infatti, non ha senso, né esistenza se non per mezzo dell’altra e in ordine all’altra, ovvero ciascuna esiste con l’altra e con essa si dilegua. Esse inoltre, si limitano tra loro direttamente: il soggetto finisce dove comincia l’oggetto. [...]
Come, in genere, l’oggetto non esiste che per il soggetto, quale sua rappresentazione, così ogni singola classe di rappresentazioni si riferisce ad una funzione determinata del sog- getto, che si chiama facoltà conoscitiva. Il correlato soggettivo del tempo e dello spazio in sé, considerati, cioè, come pure forme, venne chiamato da Kant sensibilità pura; tale denominazione può essere conservata, in onore di chi apriva questa via nuova al problema gnoseologico: tuttavia, non è del tutto esatta, poiché sensibilità presuppone già materia. Il correlato soggettivo della materia o della causalità (i due concetti sono equivalenti) è l’intelletto, il quale non è nulla di più. Conoscere la causalità: ecco l’unica sua funzione, la sua unica potenza; ma questa potenza è grande: abbraccia un vasto orizzonte ed ha innu- merevoli applicazioni, quantunque non si possa disconoscere l’identità fondamentale di tutte le sue estrinsecazioni. Viceversa, ogni causalità, ogni materia, e quindi l’intera realtà, non esiste che per l’intelletto, in virtù dell’intelletto e nell’intelletto. La prima, la più sem- plice, la continua funzione dell’intelletto, è l’intuizione del mondo reale, la quale consiste unicamente nel conoscere la causa dall’effetto: quindi, ogni intuizione è intellettuale. Ad una tale intuizione noi mai, però, potremmo pervenire, se non avessimo la conoscenza di un’azione immediata come punto di partenza. Tale è l’azione sui corpi animati: oggetti im- mediati del soggetto, sono questi gl’intermediari dell’intuizione di ogni altro oggetto.
A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, a cura di G. Riconda, trad. di N. Palanga, Mursia, Milano 1991 Rispondi, con parole tue, alle domande iniziali.
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1-10 Schopenhauer interpreta in modo radicale la
“rivoluzione copernicana” della Critica della ragion
pura di Kant, sostenendo che il mondo esiste solo in
quanto rappresentazione di un soggetto che lo perce- pisca, dunque unicamente in relazione con tale sog- getto. L’oggettività della conoscenza si risolve intera- mente nella relazione di soggetto e oggetto. L’enigma di Kant, sull’essere della cosa in sé, viene respinto al di fuori dell’orizzonte della conoscenza: le cose sono, alla luce del conoscere, sempre puri fenomeni, che hanno esistenza puramente relativa e di cui non si può mai dare spiegazione ulteriore.
11-29 La conoscenza è relazione tra soggetto e og-
getto. Il soggetto vi ha una posizione di preminenza, perché è solo grazie ad esso che il fenomeno (in quanto rappresentato) esiste. Le forme a priori che il soggetto conferisce a ogni oggetto sono, innanzitutto, lo spazio e il tempo, senza i quali nessun oggetto sarebbe per-
cepibile. Il soggetto, invece, attraverso cui tutto viene rappresentato, dunque conosciuto, non è a sua volta conoscibile poiché sfugge alle leggi dello spazio e del tempo, cioè alle leggi della sensibilità, di cui il soggetto stesso è fondamento, condizione trascendentale.
30-46 Schopenhauer semplifica l’articolazione del-
le forme kantiane descritte nella Critica della ragion
pura: infatti, mentre in Kant il rapporto tra soggetto e
oggetto è mediato da un complesso apparato di for- me, qui solo la causalità viene considerata funzione essenziale alla conoscenza del mondo, principio or- dinatore del mondo esterno.
In altri termini, gli oggetti della percezione acquisi- scono un senso solo attraverso la causalità, mediante la quale gli oggetti, ordinati spazio-temporalmente, sono posti in una relazione dinamica di determinan- te e determinato; così qualsiasi esperienza sensibile presuppone sempre la causalità.