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Il motivo del labirinto e la sua funzione

2.1 Zeiten in Cornwall e le sue strutture narrative

2.1.2 Il motivo del labirinto e la sua funzione

Il labirinto è uno dei simboli più antichi che si ritrova in tutti i campi del sapere, dalla letteratura all'arte figurativa, ma anche in filosofia e in ambiti scientifici. Fin dall'antichità egizia e greca, giungono storie di labirinti costruiti appositamente per celare o proteggere qualcosa, che sia un mostro, un tesoro o racconti di uomini perduti al loro interno84. Il labirinto da sempre attira, e allo stesso tempo terrorizza, l'animo umano in quanto è facilmente interpretabile come metafora della vita: un percorso non lineare, ricco di ostacoli e impedimenti, in cui è facile entrare ma dal quale non lo è altrettanto uscire. La configurazione del labirinto è cambiata attraverso i secoli, si è andata complicando seguendo i cambiamenti e l'evoluzione degli uomini, dato che è un concetto sì estremamente misterioso, ma intrinsecamente legato alla mente umana. Nella sua prefazione a Il Libro dei Labirinti di Paolo Santarcangeli, Umberto Eco85 individua tre modelli fondamentali di labirinto: quello

unicursale, ovvero il labirinto classico del Minotauro, che si presenta come un intrico di corridoi dai quali sembra impossibile uscire vivi, ma la sua unica via d'uscita è calcolabile attraverso un algoritmo. Il secondo modello è quello manieristico che si dirama secondo una struttura ad albero. Anche se più complesso rispetto al primo, la sua via d'uscita è calcolabile tramite algoritmi, dato che è sempre una struttura concepita con un interno e un esterno, quindi è regolata da un progetto concreto. Il terzo tipo è il rizoma o rete infinita, poiché ogni punto può collegarsi a qualunque altro punto e non è più pensabile come uno spazio concreto, dato che può espandersi in nuove vie all'infinito. Il

84 Cfr. P. Santarcangeli, Il libro dei labirinti, 2005, Milano, Sperling & Kupfer Editori. 85 Cfr. U. Eco, Prefazione a, P. Santarcangeli, Il libro dei labirinti, 2005, Milano, Sperling

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rizoma, anche se in principio può essere concepito da una mente umana, arriva a un punto in cui si espande senza più alcun controllo e senza possibilità di essere gestito da una qualche regola.

Hildesheimer dimostra di conoscere questa classificazione, poiché all'inizio del racconto viene detto che il labirinto di Zeiten in Cornwall non si può collocare in nessuna di queste categorie:

Ich bewege mich in einem Labyrinth vorwärts. [...] Wenigstens ist es nicht tödlich wie das des Minos, auch nicht tückisch wie die Ausgeburt einer Renaissance-Phantasie oder eine jener manieristische Marotten, hinter denen ein Weltbild steht, ─ hinter diesem Irrgelände stehet wahrhaftig kein Weltbild, eher der Wille von Zufällen in einer jahrhundertlangen Reihe.86

Questo dunque non è un luogo che segue la logica di un architetto, non c'è una mente umana che ha concepito questa rete di strade seguendo un progetto che avesse come scopo ultimo la realizzazione di un labirinto. Si tratta invece di un dedalo che si è sviluppato guidato dalla volontà del caso, senza uno schema e senza una facile possibilità di salvezza.

Inoltre, non "funziona" nemmeno come un vero e proprio labirinto, dato che le strade che il protagonista prende non lo riportano al punto di partenza, ma lo conducono in effetti verso vie d'uscita. In fondo si tratta proprio di una rete di strade che hanno lo scopo di condurre da qualche parte e sono costellate da cartelli con indicazioni stradali, ma anche questi ultimi sembrano ingannare il viaggiatore sperduto87. Nel testo si ha un'ulteriore conferma del fatto che la

struttura di queste strade non è stata pensata come un labirinto: «Als Irrgartenanlage wäre es von oben kaum erkenntlich: zuviel Fleisch zwischen den Adern der Gänge.»88 L'immagine aerea di un classico labirinto è abbastanza stereotipata e riconoscibile, invece in questo caso i corridoi sono separati da distese di terreni e non da siepi o muri, che lo caratterizzerebbero

86 W. Hildesheimer, Zeiten in Cornwall, 1998, Frankfurt am Main und Leipzig, Suhrkamp

Insel Verlag, cit. p. 9.

87 Cfr. ivi, p. 13. 88 Ivi, cit. p. 11.

42 come labirinto a tutti gli effetti.

Solo chi si trova a guidare tra le stradine di questa zona della Cornovaglia ha la sensazione di trovarsi in un labirinto, attorniato da pericoli rappresentati da altri guidatori disorientati.

Dunque si potrebbe dire che questo labirinto in cui si trova l'Io narrante ha la valenza più di uno stato d'animo che una struttura pensata e costruita come tale. Come afferma Jonathan Long nel suo saggio Time/Travel: Wolfgang

Hildesheimer's Zeiten in Cornwall89, con il termine labirinto non si intende in questo caso un'entità fisica collocabile nello spazio, bensì un'esperienza soggettiva di disorientamento. Infatti il narratore non è in una regione a lui sconosciuta pronto a esplorare il nuovo, ma sta ripercorrendo strade a lui note e luoghi che conosceva alla perfezione nel suo passato. Dunque questo senso di smarrimento all'interno di un territorio familiare può essere generato dallo straniamento causato dal passare del tempo e dai cambiamenti nello spazio che ne conseguono. Il professor Long afferma a tal proposito:

The foundational moment of Zeiten in Cornwall is thus not willed disorientation but assumed orientation: he already knows his way around, and seeks not an encounter with the new, but a confirmation of the old. [...] The narrative, however, does not bear out this statement, for what the narrator actually discovers is that the old no longer exists. He therefore moves from an initial assumption of orientation to a situation in which he is perpetually disorientated ─ not by losing his way in space, but by being confronted with the effects of time on the spatial environment.90

In questo contesto l'Io narrante compie un percorso al contrario rispetto a quello che si compierebbe normalmente pensando di entrare in un labirinto: invece di cercare l'uscita perso tra strade che non conosce, egli sì le conosce e le percorre di proposito, tornando a perdersi di nuovo all'interno del labirinto

89 Cfr. J. J. Long, Time/Travel: Wolfgang Hildesheimer's Zeiten in Cornwall, in R. Görner e

I. Wagner (a cura di), Wolfgang Hildesheimer und England. Zur Topologie eines literarischen

Transfers, 2012, Bern, Peter Lang AG, pp. 18-19.

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ogni volta che trova una possibile via di fuga. Questo perdersi e ritrovarsi per riperdersi è il motivo che caratterizza tutta la narrazione, in un cerchio di ripetizioni che solo alla fine trova la sua conclusione definitiva quando il narratore lascia per sempre le strade della Cornovaglia ed è salvo dal labirinto nel momento in cui viaggia verso il Devon.

L'unica effettiva via di fuga da questo dedalo di ricordi è lasciarli andare per sempre ed egli lo fa scrivendoli e trasformandoli nel testo di Zeiten in

Cornwall.

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