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Il Partenariato Euro-Mediterraneo

CAPITOLO II: LE RELAZIONI DELL’UNIONE EUROPEA CON LE AREE LIMITROFE

3. La Politica mediterranea dell’UE

3.2 Il Partenariato Euro-Mediterraneo

La fine del bipolarismo e il nuovo assetto internazionale, hanno in seguito portato l’UE a progettare, per quest’area, un disegno ambizioso di cooperazione regionale: il Partenariato Euro-mediterraneo220.

La Politica di Partenariato nasceva proprio dal riconoscimento che gli obiettivi della stabilità e della realizzazione di una zona di libero scambio nell’area, non potevano essere raggiunti semplicemente limitandosi agli aggiornamenti dei protocolli finanziari e degli accordi.

Il Consiglio europeo di Essen affermò infatti che, “La pace, la stabilità e la prosperità della

regione mediterranea figurano tra le principali priorità dell’Europa221” e perciò era necessario

provvedere a riorientare i propri interventi in tale regione in funzione di queste finalità.

La Conferenza intergovernativa Euro-mediterranea di Barcellona del 27 e 28 Novembre del 1995 ha segnato l’avvio di una svolta storica nei rapporti tra l’Unione Europea e i Paesi mediterranei.

Per la prima volta, infatti, si era parlato di co-sviluppo, superando il tradizionale modello di aiuto allo sviluppo che aveva dominato tutto il periodo precedente.

Nonostante ciò, almeno inizialmente, la Conferenza non aveva suscitato un eccessivo entusiasmo e le critiche e i timori erano stati numerosi, dal momento che molti commentatori arabi avevano pensato che il Partenariato Euro-Mediterraneo contenesse la volontà di diluire i rapporti euro-arabi222. Altri pensavano che la questione della sicurezza del Mediterraneo

220 Come ci ricorda R.Aliboni, “Il Partenariato Euro-Mediterraneo (PEM) è stato lanciato nella città di Barcellona nel Novembre 1995, quale quadro di riferimento delle relazioni euro-mediterranee. Promosso dall’Unione Europea, vi parteciparono i ventisette paesi membri dell’UE dopo l’allargamento del 2007 e i dodici paesi non membri dell’UE: Albania, Algeria, Egitto, Giordania, Israele, Libano, Marocco, Mauritania, Siria, Tunisia e Turchia più l’Autorità Nazionale Palestinese. La Libia vi partecipa in qualità di osservatore. Le tre aree di intervento prioritarie o “pilastri”, attorno alle quali è articolato il progetto di cooperazione euro-mediterranea del PEM sono: le questioni politiche di sicurezza, le relazioni economiche e quelle socio-culturali. L’obiettivo del PEM è di creare un’area di pace e stabilità, prosperità e sicurezza condivise nel Mediterraneo attraverso il rafforzamento del dialogo politico e una sempre più stretta collaborazione sociale, culturale ed umana.” R.Aliboni e S.Colombo (a cura di), “Bilancio e prospettive della cooperazione euro-mediterranea”, Roma, Osservatorio di Politica Internazionale, Giugno 2010, Riquadro 1, pag.6.

221 Come convenuto dallla Commissione, “Come convenuto dal Consiglio europeo di Essen, la pace, la stabilità e la prosperità della regione mediterranea figurano tra le massime priorità dell'Europa. Si tratta ora di orientare gli interventi della Comunità europea nella regione in funzione di queste priorità e di rispondere, attraverso iniziative concrete, alle sfide politiche, economiche, sociali e ambientali che si pongono ai paesi della regione e quindi alla Comunità stessa.” European Commission - IP/95/219 08/03/1995.

222 Paesi come la Siria ed il Libano, hanno espresso il timore che la Conferenza potesse diventare di fatto il quadro di una “negoziazione multilaterale simulata”, rifiutandosi di incontrare la delegazione israeliana al di fuori delle negoziazioni bilaterali ed esigendo che il documento preparatorio facesse esplicito riferimento al fatto che la Conferenza stessa non avesse nulla a che vedere con la negoziazione multilaterale, boicottata infatti da questi due Stati. Per una disamina più approfondita sulla storia dei paesi menzionati consultare F.Tamburini e M.Vernassa, “Lineamenti di storia ed istituzioni dei paesi del Maghreb post-coloniale”, Pisa, Plus, 2005, pag.57

56 venisse tradotta nell’equazione Mediterraneo=area da tenere sotto controllo e non Mediterraneo come risorsa223.

Come sostenuto da M.Cini, “Alla base del Partenariato si trovano esplicitamente le ragioni di sicurezza collettiva dall’UE: dalla fine della guerra fredda, per l’Europa si è rivelato sempre più necessario disinnescare i conflitti interregionali, attuali e potenziali, che caratterizzavano l’area mediterranea (come, per esempio, lo scontro tra Algeria e Marocco per il controllo del Sahara

occidentale) in modo da creare una condizione di stabilità ai propri confini meridionali224”.

Tale tesi è sostenuta anche da V.Talbot, quando sottolinea che “il processo di Barcellona ha preso le mosse dall’esigenza europea di stabilizzare la sua periferia meridionale e di sviluppare una più ampia Politica mediterranea che andasse al di là della tradizionale

cooperazione bilaterale in campo economico225”.

La Conferenza di Barcellona del 1995 lanciava ufficialmente il “Partenariato Euro- mediterraneo (PEM)”; i Paesi che vi parteciparono erano i quindici membri dell’Unione Europea226 e dodici Paesi mediterranei227: Algeria, Cipro, Egitto, Giordania, Israele, Libano,

Malta, Marocco, Siria, Tunisia, Turchia e l’Autorità Palestinese.

La Dichiarazione finale della Conferenza ha ripreso la parte essenziale delle proposte fatte dalla Commissione e fissato degli obiettivi comuni nei campi della stabilità interna ed esterna con la finalità di realizzare per l’anno 2010228 un vero e proprio partenariato. Nel documento

emergevano i legami fra pace, democrazia e integrazione economica internazionale che sorreggono la nuova Politica mediterranea dell’UE229.

223 M.Cini, “Il Mediterraneo in costruzione”,op.cit pag.83. 224 Ivi, pag.84.

225 V.Talbot, “L’Unione Europea e la sicurezza nel Mediterraneo”, op.cit pag.227.

226 L’Unione europea partecipava attraverso la Commissione (rappresentata dall'allora vice presidente Manuel Marin), il Consiglio (rappresentato dall’allora rappresentante di turno Javier Solana) ed i ministri degli Esteri dei quindici Stati membri e dei dodici Paesi mediterranei.

227 C’è da sottolineare che alcune significative esclusioni portarono alcuni commentatori a definire lo spazio mediterraneo come “inventato”: per esempio, la Libia che nel 1995 era in una condizione di isolamento internazionale in seguito alle sanzioni ONU per il suo coinvolgimento in attentati terroristici e i Paesi dei Balcani, teatro dei conflitti che accompagnarono il crollo della Jugoslavia; a tal riguardo si veda S.C.Calleya, “Evaluating Euro-Mediterranean Relation”, Londra, 2005.

228 Il riferimento al 2010 va inteso come indicativo di una volontà politica che dovrebbe disciplinare la condotta delle parti. In effetti, i protocolli allegati agli accordi di associazione euro-mediterranei, sembrano mostrare una diversa tempistica.

229 I tre ambiti di azione del Processo di Barcellona (che corrispondono ai tre capitoli della Dichiarazione di Barcellona) sono collegati tra loro in base al presupposto che stabilità politica e sviluppo delle risorse umane sono necessari per gli investimenti economici.

57 Il Partenariato Euro-mediterraneo operava su tre livelli: politico e di sicurezza230, economico

finanziario e culturale-sociale231 e, almeno in teoria, segnava il superamento delle precedenti

Politiche comunitarie.

Per il primo ambito, l’UE agiva promuovendo l’affermazione dei diritti umani, il rispetto delle libertà fondamentali e la creazione di uno Stato di diritto; per il settore economico, aveva istituito una cooperazione finanziaria che, progressivamente, avrebbe portato ad uno spazio di libero scambio232; ed infine per l’ultimo settore aveva promosso il rispetto delle diversità

culturali e religiose attraverso l’istruzione e la formazione dei giovani233.

I principali strumenti della cooperazione erano gli “Accordi Euro-mediterranei234”, una tipologia

particolare di accordo di associazione stipulati a seguito della Conferenza Euro-mediterranea di Barcellona235, che sostituivano i vecchi accordi di cooperazione firmati negli anni Settanta.

La nuova impostazione era desumibile già dalla terminologia usata: non si trattava più di PVS, o di Paesi terzi mediterranei, bensì di “partner”. Si delineava quindi il concetto di “Partenariato”, che operava in ambito multiculturale, nel rispetto delle caratteristiche, dei valori e delle specificità di ogni paese, riconoscendo pari dignità ai partners e, soprattutto, mettendo in luce i reali squilibri

230 Come sottolinea V.M.Donini,“Obiettivi fondamentali di questo settore erano la garanzia dello Stato di diritto, il pluralismo religioso politico, la tolleranza e l’uguaglianza tra i popoli e l’autodeterminazione. Inoltre la cooperazione si proponeva di prevenire il terrorismo e la criminalità organizzata, attraverso la ratifica di strumenti specifici.” V.M.Donini, “La conferenza di Barcellona: una vera svolta nei rapporti euro-mediterranei?”, in Jura Gentium, V (2007), op.cit pag.4.

231V.M.Donini sottolinea anche che “Il terzo livello, che rappresenta forse la principale innovazione della Dichiarazione di Barcellona, considera il dialogo e il rispetto tra culture e religioni differenti come le condizioni necessarie affinché i popoli si possano avvicinare. Appare quindi evidente il ruolo dell’educazione, della formazione e delle mobilità delle persone in una cooperazione che assume un aspetto decentralizzato, coinvolgendo i responsabili della società politica, civile e culturale”. Ibidem

232 Come analizzato da J.aoudia Ould, “Sotto il profilo economico, il testo di Barcellona prevede la creazione di una zona di libero scambio80 da realizzare entro il 2010 tramite una rete di accordi bilaterali tra UE e Paesi terzi mediterranei e tra gli stessi Paesi mediterraneI”. J. Aoudia Ould, “Les enjeux économiques de la nouvelle politique méditerranéenne de l‟Europe”, in Monde Arabe: Maghreb-Machrek, 1996, pp. 24 e ss..

233 Per approfondire le tre aree tematiche in cui l’UE ha suddiviso il suo intervento nel Mediterraneo: Ivi, pag. 3- 23.

234 Gli Accordi euro-mediterranei di associazione sono accordi bilaterali di nuova generazione, conclusi tra Paesi Unione europea e i Paesi aderenti al Partenariato Euro-Mediterraneo. Sono stati istituiti con Algeria, Egitto, Giordania, Libano, Marocco, Siria, Tunisia e Territori palestinesi (Cisgiordania e Gaza). Essi sostituiscono gli accordi di prima generazione, ovvero gli accordi di cooperazione conclusi negli anni Settanta. Questi accordi conferiscono un’adeguata disciplina al dialogo politico tra Nord e Sud, fungono da base alla progressiva liberalizzazione degli scambi nello spazio mediterraneo e stabiliscono infine le condizioni della cooperazione in ambito economico, sociale e culturale tra l’Unione Europea e i Paesi membri del Partenariato. Sono quindi integrati all’interno dei tre “pilastri” (la pace, la stabilità, la prosperità) del Partenariato Euro-Mediterraneo. 235 Come sottolinea C.Secchi, “La conferenza di Barcellona del 27-28 Novembre 1995, produce, con voto all’unanimità dei 27 Paesi partecipanti, la Dichiarazione sul Partenariato Euro-mediterraneo, ed un relativo programma di lavoro centrato sui temi dell’allargamento del mercato, dell’assistenza ed integrazione reciproca nei settori della sicurezza, della tutela dei diritti umani e del rispetto delle diversità culturali e religiose.” C.Secchi, “La politica di cooperazione dell’UE nel Mediterraneo e il ruolo dell’Italia” http://www.sussidiarieta.net/files/Pdf/022005/Secchi.pdf

58 Sempre M.Cini ha sottolineato che, “In altre parole, la politica del Partenariato non è concepita come una somma di relazioni unilaterali, ma come “sistema”, per cui si riconosce che non può esserci pace nell’area senza che i regimi locali non si aprano a processi di democratizzazione e, contemporaneamente, questo non può accadere senza una concreta integrazione

economica interregionale e fra l’area mediterranea e l’Europa236”.

Con il processo inaugurato a Barcellona, perciò, l’UE aveva varato una politica in cui gli obiettivi di pacificazione, di democratizzazione e di stabilizzazione dell’area erano intimamente intrecciati, e il cui conseguimento non poteva essere realizzato senza che l’intero processo progredisse complessivamente.

Infatti, “Il PEM si basa sul binomio costituito da sviluppo economico e democrazia: liberalizzazione economica come primo passo per rimuovere le cause socio-economiche dell’instabilità e favorire nel lungo periodo un processo di liberalizzazione politica237”.

Istituzionalmente il Partenariato era strutturato sulla base di una Conferenza interministeriale nella quale erano rappresentati tutti i Paesi coinvolti ed un Comitato Euro-Med di Alti funzionari, incaricato di preparare i temi da discutere e, successivamente, eseguire i gli orientamenti dettati dai ministri.

Le materie riguardanti la sicurezza, però, erano sottratte a tali organismi, essendo demandate ad un Comitato esclusivamente intergovernativo.

Il funzionamento concreto del Partenariato rifletteva le logiche dell’UE: venivano rispettati i settori di competenza, come l’agricoltura ed il commercio, su cui l’UE aveva piena autonomia, mentre per tutte le altre questioni le decisioni venivano prese da gruppi in cui erano rappresentate le diverse istanze dei partecipanti; così impostato, il Partenariato aveva una chiara impronta euro-centrica, che sollevava numerose critiche, sia dai partner mediterranei, sia dai soggetti sociali e politici europei.

Sotto il profilo economico, il testo di Barcellona prevedeva la creazione di una zona di libero scambio, da realizzare entro il 2010, tramite una rete di accordi bilaterali tra UE e paesi mediterranei e tra gli stessi paesi mediterranei: gli accordi, di natura commerciale e tariffaria, puntavano a rimuovere gli ostacoli alla libera circolazione delle merci.

Inoltre, il Processo di Barcellona avviava un quadro di cooperazione regionale innovativo rispetto alle precedenti politiche comunitarie per il Mediterraneo, perché si basava al tempo

236 M.Cini, “Il Mediterraneo in costruzione: la zona di libero scambio euro-mediterranea”, in AA, “Mercati, Territorio, Istituzioni. Temi di geografia economica”, op.cit pag.85.

59 stesso sulla cooperazione multilaterale238, sulla cooperazione bilaterale sancita dagli Accordi

euro-mediterranei di associazione, che legavano i Paesi Mediterranei con l’Unione europea, e sulla cooperazione sub-regionale (ad esempio gli Accordi di Agadir239).

Anche i finanziamenti che venivano erogati erano più consistenti e distribuiti in base ad un nuovo meccanismo: non più protocolli finanziari bilaterali, ma una nuova linea di bilancio: linea MEDA.

Il bilancio MEDA subordinava l’erogazione dei finanziamenti al rispetto di determinate condizioni di natura politica a cui i Paesi mediterranei dovevano adeguarsi, pena la sospensione dei finanziamenti, come il mantenimento dei principi democratici e la tutela dei diritti umani.

Nel corso del 1997 veniva approvato il Programma MEDA240, avente lo scopo di rafforzare il

potenziale di sviluppo endogeno, mediante interventi di liberalizzazione e ristrutturazione economica.

I Paesi beneficiari dell’intervento erano: Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Palestina, Israele, Giordania, Siria, Libano, Turchia, Malta e Cipro.

Il Programma MEDA individuava alcune grandi aree di intervento e degli obiettivi prioritari per i quali erano messi a disposizione consulenze, assistenza tecnica e sovvenzioni. Come si evince dalla tabella241 sottostante, le principali aree d’intervento erano: il sostegno

238 La cooperazione a livello multilaterale è una delle novità più significative del Partenariato Euro-Mediterraneo, frutto della consapevolezza dell’impossibilità di progredire nelle relazioni euro-mediterranee se non attraverso un contatto più stretto con tutti i Paesi terzi mediterranei, considerati globalmente e con i quali agire in sinergia. 239 Il processo di Agadir è un’importante iniziativa sub-regionale ed è stato avviato nel maggio 2001 ad Agadir da quattro partner, Marocco, Tunisia, Egitto e Giordania, che hanno espresso in una dichiarazione l’intenzione di istituire tra loro una zona di libero scambio. L’iniziativa è stata molto significativa perché ha riunito Paesi del Maghreb e del Machrek e non a caso i partner più avanzati nel processo di associazione. L’Accordo è entrato in vigore nel 2006 creando una Zona di Libero Scambio tra l’Egitto, la Giordania, il Marocco e la Tunisia. L’accordo nasce dal tentativo di armonizzare varie regolamentazioni settoriali e si è posto l’obiettivo di promuovere gli investimenti e di sviluppare gli scambi.

240 La sigla MEDA è l’acronimo per “Mediterranean Economic Development Area”, programma deciso dal Consiglio europeo di Cannes del Giugno del 1995. Il programma è il principale strumento finanziario del Partenariato mediterraneo. Gli obiettivi sono il sostegno al processo di transizione economica mediante l’incentivazione all’apertura dei mercati e, parallelamente, il rafforzamento degli equilibri socioeconomici messi in discussione dalle riforme macroeconomiche.

Il regolamento di riferimento è MEDA EC/1488/96, emendato poi nel Novembre 2000 (2698/2000), il cosiddetto regolamento MEDA II. Nel periodo 1995-1999 MEDA ha stanziato 3.435 milioni di euro sui 4,422 milioni di budget. Per il periodo 2000-2006 (MEDA II) sono stati assegnati 5.350 milioni di euro, ma questi fondi sono incrementati da prestiti dalla Banca Europea per gli Investimenti: per il 1995-1999, i prestiti ammontavano a 4.808 milioni, per il 2000-2007 invece il mandato è di 6.400 milioni. Per ulteriori approfondimenti vedi R. Pepicelli, “2010 un nuovo ordine mediterraneo?”, Messina, Mesogea, 2004, p. 54.

Dal 1° Gennaio 2007 i fondi MEDA sono stati inglobati nel nuovo strumento finanziario ENPI (European Neighbourhood and Partnerhip Instrument), che è diventato il principale canale di finanziamento per i Paesi del Mediterraneo che, nella nuova terminologia dell’Unione europea, ormai fanno parte del “vicinato europeo”. 241 La tabella in questione è stata presa da M.Cini, “Il Mediterraneo in costruzione: la zona di libero scambio euro- mediterranea”, in AA, “Mercati, Territorio, Istituzioni. Temi di geografia economica”, op.cit pag.151; l’autore scrive

60 all’economia che si concretizza in azioni volte a favorire l’ammodernamento dell’apparato industriale all’economia (a cui andava il 79% del budget), il rafforzamento all’equilibrio socioeconomico, consistente nel miglioramento dei servizi sociali e dell’istruzione, nella tutela dell’ambiente e lo sviluppo del mondo rurale (a cui andava il 3% del budget). Infine, il 18% del budget, era destinato al Dispositivo di adeguamento strutturale.

Tabella 1: “I progetti MEDA I impiegati nel 1996-1999 e nel 2000 (milioni di Euro)”

Settore/Progetto Ammontare Ripartizione

A.Sostegno alla transizione economica 129,00 79% B.Dispositivo di adeguamento strutturale/settoriale 30,00 18% C.Rafforzamento dell’equilibrio socioeconomico 5,00 3% TOATALE A+B+C 164,00 100%

Fonte: M.Cini, “Il Mediterraneo in costruzione: la zona di libero scambio euro-mediterranea”, in AA, “Mercati, Territorio, Istituzioni. Temi di geografia economica”,op.cit pag.151.

Occorre analizzare il PEM anche da un differente punto di vista: quello dei Paesi mediterranei. Per questi ultimi, gli obiettivi di stabilizzazione sono stati percepiti come unilaterali, poiché fanno riferimento alla sicurezza europea242 e non a quella araba, che dipendeva invece

dall’evolversi della questione arabo israeliana.

Se la Conferenza di Barcellona era partita sulla scia degli accordi di Oslo del 1993243,

l’inasprimento delle relazioni israelo-palestinesi aveva scandito le scadenze del dialogo euro- mediterraneo: venivano così vanificati gli sforzi dell’UE di tenere separato il processo di

che la sua fonte è stata la “Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo – Bruxelles COM (2001”).

242 Asse portante del Partenariato Euro-Mediterraneo, espressamente sancito nella dichiarazione finale adottata a Barcellona, è il capitolo politico e sui temi della sicurezza. “L’obiettivo è ambizioso ma fondamentale per il pacifico confronto nel Mediterraneo: creare un’area comune di pace e stabilità, basata sul rispetto della Carta delle Nazioni Unite, della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e di tutti i principi del Diritto Internazionale.” 243 In relazione a questi ultimi occorre ricordare che essi avevano aperto uno spiraglio di pace nel conflitto arabo- israeliano; per una ricostruzione più esaustiva si veda A.Marzano, “Israele e Palestina. Un conflitto lungo un secolo”, Pisa, Plus, 2004.

61 Barcellona da quello di pace in Medio Oriente e venne anzi messo in evidenza l’incapacità europea di giocare un ruolo di primo piano nella complessa scacchiera del sistema internazionale.

Difatti è stato notato che, “(…)il PEM ha risentito negativamente dell’impasse del processo di pace in Medio Oriente. Nonostante le intenzioni europee di mantenere i due processi separati, il blocco del processo di pace e successivamente lo scoppio della seconda intifada hanno avuto gravi ripercussioni sulla cooperazione politica e di sicurezza nell’ambito del

Partenariato, mettendo in luce l’inadeguatezza dei presupposti della Politica della UE244”.

Inoltre è stato anche evidenziato come, “i partners arabi (a parte i paesi del Maghreb che sono comunque attratti da un rapporto privilegiato con l’Unione Europea), non hanno sempre visto di buon occhio l’europartenariato, ma l’hanno considerato piuttosto come un tentativo di normalizzare i rapporti con Israele e di dividere il mondo arabo tra paesi ammessi e paesi esclusi al partenariato, nonché di controllare e monitorare l’area mediterranea per proteggere gli interessi e promuovere i valori politici ed economici occidentali, mantenendo così incontrastato il predominio occidentale245”.

Accanto all’importanza di instaurare nella regione mediterranea una forte cooperazione economica con l’Unione Europea, il Partenariato costituiva, per i partner mediterranei, la possibilità di condividere con l’UE istituzioni di cooperazione internazionale, al fine di poter avere voce in capitolo nei processi politici europei ed atlantici da cui dipendeva lo sviluppo futuro della regione.

Tuttavia, è stato sottolineato che la situazione di debolezza politica, alternativamente dell’ UE o degli altri Paesi del Mediterraneo e l’ eccessiva fragilità economica dei Paesi partner che non sono riusciti a produrre le riforme necessarie per procedere verso la modernizzazione, sono tra le cause più citate per giustificare i cambiamenti di rotta, o le nuove iniziative lanciate con sempre maggiore frequenza.

A riguardo è stato infatti notato che “la stessa eterogeneità del mondo arabo, misurata in termini di scelte politiche, economiche e sociali, ma anche di alleanze strategiche (…) ha impedito la formulazione di progetti di integrazione regionale246”.

Inoltre alle prevedibili difficoltà iniziali si sono aggiunti ostacoli inerenti agli aspetti strutturali del partenariato stesso ed anche fattori esterni: oltre alla già citata impasse dovuta al

244 V.Talbot, “L’Unione Europea e la sicurezza nel Mediterraneo”, op.cit pag.235.

245 V.M.Donini, “La conferenza di Barcellona: una vera svolta nei rapporti euro-mediterranei?”, in Jura Gentium, V (2007), op.cit pag 137.

246 Questo ed altri nodi della politica mediterranea dell’UE sono messi in evidenza da E.M.Guasconi, “L’Unione