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La Politica Europea di Vicinato

CAPITOLO II: LE RELAZIONI DELL’UNIONE EUROPEA CON LE AREE LIMITROFE

3. La Politica mediterranea dell’UE

3.3 La Politica Europea di Vicinato

Dal Marzo del 2003, quindi, la Commissione ha iniziato a delineare i contorni di quello che sarebbe diventato il nuovo approccio dell’UE verso i Paesi confinanti: la Politica Europea di Vicinato (PEV).

A seguito della fine della Guerra Fredda, infatti, erano emersi nuovi bisogni nell’ambito delle relazioni Euro-mediterranee: rafforzare le frontiere esterne, stabilizzare quanto più possibile il bacino, permettere di far progredire le condizioni di sicurezza e benessere, contenere i flussi migratori verso l’Europa254.

Dopo aver portato a compimento con successo l’allargamento del 2004, l’Unione doveva creare un’area di pace, stabilità e prosperità a Sud ed ad Est dei propri confini ed era

252 Il 1° Maggio 2004 Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Slovenia, ed Ungheria hanno fatto ingresso nell’area comunitaria; la principale caratteristica in comune tra questi stati è quella di essere per lo più Paesi appartenenti all’ex area socialista. Il 1° Gennaio 2007 sono entrati a far parte dell’Unione altri due Paesi dell’Est: Bulgaria e Romania. Per un’analisi più approfondita sulle tappe storiche dell’allargamento dell’Unione Europea si può consultare A.M.Calamia-V.Vigiak,“Manuale breve di diritto dell’Unione Europea”,op.cit pag.11 o direttamente il sito ufficiale dell’UE www.europa.eu

253 Molti autori si sono soffermati su questo bilancio non lusinghiero: C. Gualco, “Balcani e Mediterraneo, due “confini” dell’Europa”,pag.5-6 e G.Bochicchio “Le relazioni euro-mediterranee tra il processo di Barcellona e la Politica di Vicinato”, pag. 28-30 entrambi in “I confini dell’Europa. Balcani e Mediterraneo”, in Centro in Europa, 2006, Anno XV, numero 1/2006; M.Comelli, “The EU and the Mediterranean basin: from regional multilateralism to bilateralism and… back?”, in Istituto Affari Internazionali, 2008, pag.6-11; Eu Border Regions “Regional dimension of change: the multi-level geopolitics of the EU’s relation with neighbouring countries”, Executive Summary 2.19 (WP2), 15 January 2013.

254 Come sottolineato da P.Wulzer, “A partire dai primi anni Novanta, l’area è divenuta progressivamente una fonte paradigmatica di insicurezza(…) questa nuova centralità mediterranea si è accompagnata ad un processo di ridefinizione politico-strategica della regione”. P.Wulzer, “La politica mediterranea dell’Unione Europea dal Processo di Barcellona all’Unione per il mediterraneo(1995-2009)”, Edizioni Nuova Cultura, nella rivista “Processi storici e politiche di pace”, Anno IV, num.7- Agosto 2009, pag.127.

64 esattamente questo lo scopo della PEV (come si evince da due Comunicazioni della Commissione Europea, rispettivamente del Marzo 2003 e del Maggio 2004 ed in vari documenti approvati dal Consiglio Europeo e dal Consiglio Affari Generali e Relazioni Esterne a partire dalla fine del 2002255).

Come è stato riscontrato, “La Politica Europea di Vicinato si configura perciò come una politica proattiva, in quanto reagisce in anticipo al nuovo quadro geopolitico europeo risultante dall’estensione geografica dell’UE e dell’acuirsi delle questioni legate alla sicurezza (…) In particolare, la PEV si propone di rimediare agli eventuali guasti derivanti dalla proliferazione di alcune aree e dalla disparità nello sviluppo di queste aree rispetto al nucleo forte dell’UE256”.

Ed è bene ricordare che, “L’idea alla base della PEV è che sicurezza e stabilità dell’UE sono legate a quelle dei propri vicini dell’Est, del Caucaso e del Sud. Se questi paesi saranno aiutati a diventare dei paesi “ben governati”, l’UE sarà più sicura nei confronti dei rischi che spesso provengono da questi ultimi”. In cambio della riforma politico-economica e dell’armonizzazione regolamentare con l’UE questi paesi ricevono assistenza finanziaria e la possibilità di partecipare ad alcuni aspetti del mercato unico257”.

Questa ambiziosa iniziativa politica venne lanciata l’11 Marzo 2003, quando la Commissione europea, in una Comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo, tracciò le linee guida di una nuova strategia258 per i rapporti con gli Stati a ridosso dei confini dell’UE ampliata a 25

Stati.

Già prima della pubblicazione della Comunicazione “Wider Europe”, la questione dei rapporti con i Paesi vicini era stata sollevata molte volte.

Anzi un interesse specifico nei confronti del Vicinato è databile dai primi anni Novanta, quando vennero identificati i tre fattori chiave delle aree geopolitiche di interesse prioritario dell’Unione

255 Communication from the Commission to the Council and the European Parliament, “Wider Europe- Neighbourhood: a new Framework for Relations with our Eastern and Southern Neighbours”, COM (2003), 104 final, Brussels, 11 March 2003. http://europa.eu.int/comm/world/enp/pdf/com03_104_en.pdf Communication from the Commision, “European Neighbourhood Policy. Strategy Paper”, COM (2004), 373 final, Brussels, 12 March 2004. http://europa.eu.int/comm/world/enp/pdf/strategy/Strategy_Paper_EN.pdf

256 S.Giusti, “Dall’Allargamento alla Politica Europea di Vicinato”, in S.Giusti A.Locatelli (a cura di), “L’Europa sicura”, op.cit.pag.209.

257 R.Aliboni e S.Colombo (a cura di), “Bilancio e prospettive della cooperazione euro-mediterranea”, Riquadro 2, op.cit.pag.8.

Gli autori sottolineano anche come ”La Politica Europea di Vicinato (PEV) è un’iniziativa lanciata dall’UE nel 2003 a seguito dell’allargamento realizzato poi nel 2004. Al fine di far fronte a questa sfida, l’UE ha proposto una forma di cooperazione politica e di integrazione economica che si spinge a “condividere tutto tranne le istituzioni”. 258 Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, “Wider Europe-Neighbour-hood: A new Framework for Relations with our Eastern and Southern Neighbours”, COM (2003) 104, 11 Marzo 2003, nota come “Comunicazione WIDER EUROPE”. Il testo integrale è disponibile sul sito http://europa.eu.int/comm/world/enp/pdf/com03_104_en.pdf.

65 Europea: le aree in questione dovevano essere geograficamente prossime, socialmente e politicamente stabili e liberi da minacce per gli Stati membri dell’UE.

I principi che hanno formato la Politica di Vicinato, quindi, sono emersi progressivamente da un dibattito che ha coinvolto una pluralità di attori politici.

La consapevolezza della necessità di una Politica ad hoc nei confronti dei nuovi vicini, che non avevano una prospettiva immediata di essere accettati quali candidati all’ingresso nell’Unione, si è andata affermando a partire dai primi mesi del 2002.

La preoccupazione principale era quella di evitare la creazione di nuove linee di divisione in Europa259.

È stato evidenziato come “I primi documenti che delineano le necessità che stavano alla base di una politica specifica nei confronti dei Paesi vicini sono stati : 1) le proposte di alcuni Stati

membri indirizzate alla Presidenza dell’Unione europea260, in quel momento detenuta dalla

Spagna; 2) il programma di lavoro della Commissione europea per il 2002261, ed un discorso

tenuto dal Presidente della Commissione europea R.Prodi alla fine del 2002262; 3) una lettera

scritta263 congiuntamente dal Commissario per le Relazioni esterne Chris Patten e dall’Alto

Rappresentante per la Politica europea di sicurezza e di difesa (Pesc) Javier Solana nell’Agosto del 2002264”.

259 Come sostenuto da F.Petito e E.Brighi, “Se durante la guerra fredda la regione rappresentava un “fronte secondario” della sicurezza internazionale e il settore meno problematico e rischioso per l’Alleanza Atlantica, (…)a partire dai primi anni Novanta, alle minacce di natura militare, si sono gradualmente affiancate nuove ma non meno insidiose sfide di carattere non militare, come l’immigrazione illegale, il sottosviluppo economico, le fragili basi di consenso dei regimi politici della sponda Sud”. F.Petito e E.Brighi, “Dalla Guerra Fredda alla minaccia asimmetrica. Geostrategia del Mare Nostrum”, in Politica Internazionale, anno XXXIV, numero 1/3 - 2009, pp.93-99.

260A riguardo può essere citata la lettera inviata alla Presidenza spagnola il 28 Gennaio 2002 dal Ministro degli Esteri inglese Jack Straw nella quale, esprimendo la sua preoccupazione per la situazione in Bielorussia, Ucraina e Moldavia, suggeriva l’offerta, da parte dell’Unione, di “incentivi chiari e pratici”, a questi paesi “in cambio di un progresso sulla via delle riforme politiche ed economiche”; oppure la lettera inviata dai ministri svedesi degli Affari esteri Anna Lindh e del Commercio Leif Pagrotski l’8 Marzo 2002 in cui proponevano di inquadrare le relazioni dell’Unione con tutti i vicini, “dalla Russia al Marocco”, in un’unica cornice, per “lanciare un forte messaggio politico” che riflettesse l’importanza assegnata ai Paesi vicini.

261 Il programma della Commissione per il 2002 proponeva un quadro unico in cui inserire le relazioni con i Paesi vicini. Per una disamina in materia si può fare riferimento a Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the Economic and Social Committee and the Committee of the Regions – The Commission’s Work Programme for 2002, COM (2001)620 final, Brussels, 5 December 2001.

262 Nel discorso pronunciato a Bruxelles nel Dicembre 2002, Prodi enunciava l’idea di una nuova Politica che rendesse possibile “condividere i vantaggi dell’allargamento con i nuovi vicini dell’Unione Europea”. R. Prodi, “A Wider Europe – A Proximity Policy as the key to stability”, discorso tenuto presso “The Sixth Ecsa World Conference on peace, stability and security”, Bruxelles, 5 dicembre 2002.

263 Nella lettera congiunta tra Patten-Solana, pubblicata su “Uniting Europe del 9 Settembre 2002, veniva suggerita una politica indirizzata a Moldavia, Ucraina, Bielorussia e i Paesi del sud del Mediterraneo, con lo scopo di evitare “nuove linee di divisione in Europa, rispondendo al contempo alle necessità derivanti dai nuovi confini dell’Unione”. Una copia n line di questo documento è disponibile in http://europa.eu.int/comm/world/enp/pdf/_0130163334_001_en.pdf

264 M.Comelli, “Le sfide della Politica europea di vicinato”, in R.Alcaro e M.Comelli “La politica europea di vicinato”, IAI, Quaderni n.22, Marzo 2005, pag.8.

66 Si può quindi asserire che “La PEV venne adottata dal Consiglio europeo di Salonnico del 19- 20 Giugno 2003, che ha ripreso le conclusioni del Consiglio le conclusioni del Consiglio Affari Generali e Relazioni Esterne (CAGRE) del 16 Giugno del 2003, che a sua volta approvava la

comunicazione della Commissione, (…) approvata l’11 Marzo 2003265”.

La Comunicazione della Commissione appena citata, individuava come scopo principale della PEV, la creazione di “un cerchio di amici266”, con i quali l’UE godesse di rapporti stretti e di

cooperazione, in funzione della “creazione di una zona di prosperità e di buon vicinato267”.

I Paesi che formavano questo “cerchio di amici” erano i vicini dell’Est e del Sud. I primi comprendevano Bielorussia268, Moldavia, Russia269, ed Ucraina. I secondi erano i Paesi del

Sud del Mediterraneo: Algeria, Egitto, Israele, Giordania Libano, Libia270, Marocco, Autorità

palestinese, Siria e Tunisia.271

Dal Giugno del 2004, il Consiglio europeo, ha deciso di includere anche Armenia, Azerbaijan e Georgia.

La Politica europea di vicinato, quindi, si applica ai Paesi confinanti con l’UE per mare o per terra.

265 M.Comelli, “Le relazioni di sicurezza dell’Unione Europea con le aree limitrofe: allargamento, partenariato e vicinato”, in G.Bovincini (a cura di), “L’Unione Europea attore di sicurezza regionale e globale”, op.cit.pag. 72. 266 Questa locuzione è stata usata dall’allora Presidente della Commissione R.Prodi nel 2002. Secondo la sua visione, tutti i Paesi situati ai confini dell’Unione, infatti, avrebbero dovuto costituire un “cerchio di amici”, piuttosto che una minaccia e, affinché questo si realizzasse, l’Unione avrebbe dovuto offrire loro prospettive concrete, giungendo a “condividere tutto, ma non le istituzioni”. R.Prodi, “A Wider Europe – A Proximity Policy as the key to stability”.

267 Comunicazione della Commissione “Wider Europe-Neighbours: A new Framwork for Relations with our Eastern and Southern Neighbours” COM (2003) 104 dell’11 Marzo 2002.

268 In realtà, l’Unione europea ha deciso di escludere la Bielorussia dalla Politica di vicinato poiché il Paese era retto da un regime autoritario. Tuttavia, l’UE ha attuato alcuni dei programmi della PEV focalizzati sulla società civile. Come ci ricorda R.Alcaro, “La Bielorussia potrà partecipare dei vantaggi offerti dalla Pev solo quando avrà avviato rilevanti riforme democratiche e allentato il cappio stretto attorno alle libertà civili e politiche”. R.Alcaro, “La politica europea di vicinato fra l’allargamento e la Politica Estera e di sicurezza comune”, op.cit pag.32 269 La Russia considerava la PEV come una relazione sbilanciata nella quale l’Unione Europea deteneva un ruolo guida, mentre le controparti disponevano di uno spazio di manovra limitato. Per questa ragione, mentre la prima comunicazione della Commissione sulla PEV menzionava esplicitamente la Russia fra i Paesi da includere in tale politica, le dichiarazioni seguenti contenevano l’affermazione secondo cui l’Unione Europea intendeva rafforzare il partenariato strategico con la Russia, mentre proseguiva il cammino verso la creazione della PEV con gli altri vicini. Attualmente, la Russia è da considerarsi al di fuori della PEV. Secondo R.Alcaro, “La base dei rapporti tra l’Ue e la Russia sarà la strategia comune decisa a S. Pietroburgo nella primavera del 2003 e articolata nei Quattro Spazi Comuni”. Ibidem.

270 Anche la Libia si trovava de facto esclusa dalla Politica di vicinato, poiché non aveva ancora sviluppato relazioni ufficiali con l’UE. Il primo passo che la Libia doveva intraprendere per essere ammessa alla Politica di vicinato era la piena accettazione degli obblighi richiesti per diventare membro del Partenariato Euro- mediterraneo.

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Figura 3: “I paesi coinvolti nella politica europea di vicinato” Fonte: http://eeas.europa.eu/enp/images/enpmap-web-big.gif

È stato sottolineato che, “Se per i paesi dell’ex-URSS, e specialmente per quelli caucasici, la PEV rappresenta un progresso nelle relazioni con l’UE, ciò non è necessariamente vero per i paesi mediterranei. Per questi ultimi la PEV si inserisce infatti in un quadro operante da quasi

un decennio, il Partenariato Europeo272”.

Per quanto riguarda i Paesi mediterranei, infatti, rispetto alla Dichiarazione di Barcellona la PEV non offriva rilevanti novità strategiche273.

La differenza tra le due iniziative dell’Unione pertanto, andava misurata non sui fini, ma sui mezzi per conseguirli: la PEV aveva privilegiato la collaborazione bilaterale rispetto all’approccio multilaterale tipico del Partenariato. Inoltre aveva fissato un obiettivo più

272 S.Giusti, “Dall’Allargamento alla Politica Europea di Vicinato”, in S.Giusti A.Locatelli (a cura di), “L’Europa sicura”, op.cit.pag.215.

273 Sull’impatto della PEV sul Partenariato Euro-Mediterraneo si vedano R.Del Sarto e T.Schumacher “From EMP to ENP: What’s at Stake with the European Neighbourhood Policy towards the Southern Mediterranean?”, European Foreign Affairs Review, vol.10, num1, pag. 17-26. E.Johansson-Nugues, “A ring of friends? The implicationsof the European Neighbourhood Policy for the Mediterranean”, in Mediterranean Politics, Vol.9, num 2, pag 240-247. E.Lannon e P.van Elsuwege, “The EU’s emerging Neighbourhood Policy and its potential impact on Euro-Mediterranean Partnership”, in P.G Xuereb (a cura di), “Euro-Med Integration and the “Ring of friends”: the Mediterranean’s European Challenge, vol.4 ,pag. 1-15 di cui si può aver visione sul sito dell’Archivio dell’integrazione europea http://aei.pitt.edu/1472/

68 ambizioso: non solo l’instaurazione di una zona di libero scambio, ma l’integrazione, seppure settoriale, delle economie dei Paesi vicini nel mercato unico274.

A partire dal 2004, pertanto, PEM e PEV si sono trovate affiancate nel Mediterraneo. Pur non avendo nella regione il suo unico scacchiere di applicazione, infatti, la Politica di Vicinato ha trovato nell’area mediterranea un ambito di intervento primario, sia per l’instabilità e l’arretratezza che contraddistinguono la regione, sia per i ritardi e le difficoltà palesate del Processo di Barcellona.

Nonostante la complementarietà tra i due processi costantemente ribadita dall’UE275, le

differenze emerse tra le due politiche hanno finito per strutturare la Politica mediterranea su un “doppio binario”, in cui l’approccio globale e multilaterale del PEM è stato affiancato da un indirizzo più tecnico e pragmatico, basato in primo luogo un rafforzamento e un ampliamento dei rapporti bilaterali276.

È stato notato che “La Politica di vicinato, infatti, rivolgendosi non solo al Mediterraneo, ma “anche” al Mediterraneo, ha una dimensione regionale molto più sfumata, in cui il traguardo dell’integrazione tra i paesi della sponda Sud, centrale nel PEM, rimane sullo sfondo a favore della finalità più generale di garantire sviluppo e stabilità in tutti i Paesi vicini277”.

La PEV, inoltre, non prevedendo il raggiungimento di risultati uguali per tutti i “vicini”, ha introdotto il “principio della cooperazione differenziata”.

La discontinuità regionale del Mediterraneo, i diversi interessi dei Paesi dell’area e il diverso grado del loro sviluppo socio-economico, avevano consentito infatti di mettere in campo una cooperazione a più velocità: in forma rapida ed avanzata con i partner capaci di adeguarsi velocemente agli standard dell’Unione Europea, senza legarne la sorte alle difficoltà e ai ritardi dei vicini più arretrati.

Dunque, “A partire dal 2004, la Politica mediterranea dell’Unione Europea si è strutturata seguendo più direzioni: la Politica Europea di Vicinato, a carattere bilaterale, che si occupava essenzialmente delle questioni comprese nel secondo “pilastro” (cooperazione economica e

274 Sul rapporto tra il Partenariato euro-mediterraneo e la PEV, si può vedere R.Aliboni, “Dove va il Partenariato Euromediterraneo? Vicinato, Medio Oriente allargato, strategia euro-araba”, in Italia-mondoarabo no. 2, 2004. 275 Nelle conclusioni della Presidenza del Consiglio Europeo di Bruxelles del 15/16 dicembre 2005 si faceva riferimento al processo di Barcellona come allo schema centrale delle relazioni tra l’Unione Europea e i Paesi del Mediterraneo, uno schema che poteva tuttavia essere rafforzato attraverso la Politica Europea di Vicinato. A tal proposito vedi Consiglio Europeo, “Conclusioni della Presidenza, 15/16 Dicembre 2005”, p. 23 (http://ue.eu.int/ue Docs/cms_Data/docs/pressData/en/ec/87642.pdf).

276 Per un sintetico confronto tra natura, obiettivi e strumenti del PEM e delle PEV cfr. la tabella in S.Panebianco, “La sicurezza nel Mediterraneo: attori e processi di cooperazione”, in F.Cassano e D.Zolo (a cura di), “L’alternativa mediterranea”, Milano, Feltrinelli, 2007, pag.18.

277 P.Wulzer, “La politica mediterranea dell’Unione Europea dal Processo di Barcellona all’Unione per il Mediterraneo(1995-2009)”, op.cit.pag143.

69 finanziaria) e il Partenariato Euro-Mediterraneo, a carattere multilaterale, competente per le materie del primo e del terzo “pilastro” (cooperazione politica e di sicurezza e sociale, culturale ed umana)278”.

È utile fare una precisazione anche sul rapporto esistente tra la strategia dell’allargamento e la Politica europea di vicinato.

La PEV ricalcava in termini di processi e strumenti la politica di allargamento, ma se ne distingueva in quanto la prospettiva della membership non era prevista.

E ciò era dovuto al fatto che “All’indomani del grande allargamento del 2004, non era possibile procedere indefinitamente a nuovi allargamenti dell’Unione Europea al fine di proiettare stabilità(…), si rischiava, infatti, un annacquamento dell’intero processo di integrazione europea, con ricadute negative in termini di coesione politico-istituzionale e di efficacia del processo decisionale. L’Unione Europea correva il rischio di non essere più in grado di fornire quei benefici in termini di stabilità e sicurezza che inducevano i Paesi terzi a cercarvi l’adesione. La Politica di vicinato doveva(...) fornire stabilità, sicurezza e benessere ai Paesi vicini (...) senza però ricorrere all'allargamento stesso. Anzi la Politica di vicinato può essere vista come una “pausa di riflessione” dell’UE prima di procedere ad altri allargamenti279”.

Nei documenti ufficiali della PEV, infatti, la questione dell’allargamento è sempre stata distinta da quella del vicinato.

Come espresso da R.Prodi, i Paesi vicini avrebbero condiviso con l’UE “tutto tranne le istituzioni” e nella Comunicazione della Commissione del 2003, “Europa ampliata”, veniva di fatto ribadito che “(…) in alcuni casi il problema delle prospettive di adesione è già stato risolto.(…) Qualsiasi decisione su un ulteriore espansione dell’Unione, sarà necessariamente influenzato dal dibattito sui suoi confini esterni280”.

È stato sottolineato anche che “Mentre i vicini orientali hanno una prospettiva potenziale di entrare nell’Unione, sebbene nel lungo periodo, quelli meridionali, non hanno titolo281 per

entrare a far parte dell’Unione, in quanto non sono paesi europei282”.

278 Ivi pag.144.

279 M.Comelli, “Le relazioni di sicurezza dell’Unione Europea con le aree limitrofe: allargamento, partenariato e vicinato”, in G.Bovincini (a cura di), “L’Unione Europea attore di sicurezza regionale e globale”, op.cit.pag.75. 280 Si fa riferimento alla Comunicazione della Commissione “Wider Europe-Neighbour-hood: A new Framework for Relations with our Eastern and Southern Neighbours”, COM (2003) 104, 11 Marzo 2003.

281 Infatti, nel 1987 la Commissione aveva respinto la richiesta del Marocco di diventare membro dell’Unione (allora Comunità europea), sulla scorta del fatto che non fosse un Paese europeo, condizione ora espressamente prevista dall’articolo 49 del Trattato sull’Unione europea.

282 M.Comelli, “Le sfide della Politica europea di vicinato”, in R.Alcaro e M.Comelli (a cura di), “La politica europea di vicinato”, op.cit.pag.73.

70 Innanzitutto è opportuno ricordare che, “la PEV non era stata concepita come un’alternativa all’allargamento, ma come la sua continuazione per perpetuare e portare i benefici prodotti da quel processo anche alle periferie del Sud e dell’Est della UE che pur essendo altamente