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CAPITOLO II: LE RELAZIONI DELL’UNIONE EUROPEA CON LE AREE LIMITROFE

2. Il Partenariato orientale

Dopo gli anni Novanta, con la dissoluzione dell’Unione Sovietica, l’Unione Europea ha iniziato a cercare nuove basi su cui impostare le relazioni con i Paesi dello spazio post-sovietico. L’UE mirava a instaurare rapporti amichevoli e stabili non solo con la Russia, ma anche con gli altri Paesi della regione. Questi Stati, collocati sul confine esterno dell’UE, dovevano diventare i suoi alleati politici nelle questioni di sicurezza, in quelle energetiche e nella lotta al crimine organizzato.

Un interessamento verso quest’area aveva cominciato a manifestarsi con chiarezza a partire dal 2001133, quando in occasione del Consiglio degli Affari Generali del 26-27 Febbraio, l’UE

aveva espresso l’intenzione di giocare un ruolo più attivo nella regione attraverso il “rafforzamento del dialogo politico bilaterale e multilaterale con detti paesi, e intensificando il dialogo politico [...] con la Russia, la Turchia, l'Iran e gli Stati Uniti134”.

Al di là delle asserzioni ambiziose, tale decisione avveniva in un periodo in cui l’avvicinamento verso il Caucaso rientrava in un’ottica abbastanza graduale: il primo tentativo di spessore compiuto verso un concreto attivismo è venuto qualche anno dopo con l’Azione Comune del 7

133 A tal proposito si veda N.Ghazaryan, “The ENP and the Southern Caucasus: Meeting the Expectations?”, in Global Europe Papers 2008/5, University of Nottingham; pag. 7.

134 Comunicato Stampa del Consiglio dell’Unione Europea, 2331° sessione – Affari Generali, 26-27 febbraio

2001, 6506/01 (Presse 61).

34 Luglio del 2003, per mezzo della quale l’UE ha nominato un Rappresentate Speciale (RSUE) per il Caucaso meridionale135.

Secondo quanto sancito nel documento, l’azione di detto rappresentante avrebbe dovuto favorire “l’attuazione degli obiettivi politici dell’Unione136” nelle tre Repubbliche caucasiche,

come identificati dal Consiglio nei seguenti punti:

 fornendo assistenza nell’attuazione delle riforme politiche ed economiche  promuovendo la risoluzione pacifica dei conflitti e prevenirne l’emergere di nuovi  impegnandosi a cooperare con gli altri attori nazionali presenti nella regione

 incoraggiando e sostenendo la cooperazione tra le tre Repubbliche, in campo energetico, economico e dei trasporti

 potenziando l’efficacia e la visibilità dell’UE.

Se le volontà espresse nel 2001 sembravano in parte realizzarsi con la nomina del Rappresentante Speciale, dall’altra, il mancato conferimento dello status di Paesi vicino dell’Unione in “Europa Ampliata” pubblicata dalla Commissione a Marzo 2003 ed approvata dal Consiglio ad Ottobre del medesimo anno, appariva come una mossa in aperta contraddizione, sia con quanto antecedentemente dichiarato che con gli sviluppi stessi dell’allargamento.

Il concetto di Paese vicino era risultato piuttosto controverso ed aveva già generato numerose critiche137: mettere “sotto lo stesso ombrello uno Stato come il Marocco e uno come la

Moldavia, molto diversi tra loro tanto sotto l’aspetto economico che sotto quello culturale e politico, associandoli per il fatto di situarsi lungo un’estesa fascia periferica circondante l’Unione, rifletteva la visione dell’UE ma non rispondeva di certo alle peculiari esigenze delle altre parti contrattuali138”.

Come è stato fatto notare, “è stato l’avvio dell’UpM a fornire l’opportunità per la Polonia139 di

poter avanzare le proprie richieste ottenendone l’approvazione140”.

135 Per il testo integrale si veda Consiglio dell’Unione Europea, Azione Comune 2003/496/PESC relativa alla nomina di un rappresentante speciale dell’UE per il Caucaso meridionale, 7 Luglio 2003.

136 Ibidem

137 Come ci fa notare M.Comelli, “La coesistenza di entrambi I gruppi di Paesi all’interno del contesto della Politica di vicinato creava un’ambiguità rispetto alle finalità di tale Politica, che veniva percepita dai Paesi dell’Est come una stategia di tergiversazione rispetto alla richiesta che fosse almeno riconosciuta loro la prospettiva futura di adesione”. M.Comelli, “Le relazioni di sicurezza dell’Unione Europea con le aree limitrofe”, in G.Bovincini (a cura di), “L’Unione Europea attore di sicurezza regionale e globale”, op.cit.pag.75.

138 G.Bochiccio , “Stabilità e sicurezza ai confini dell’UE: la Politica europea di vicinato”, presente nella rivista “Italianieuropei”, 26 Giugno 2008, la cui copia on line è disponibile sul sito http://www.italianieuropei.it

139 Già precedentemente il Governo polacco era intervenuto in favore di un interessamento europeo all’area: nel 2002, infatti, il Ministro degli Affari Esteri aveva presentato un “non paper” in cui suggeriva di istituzionalizzare la Politica europea su tre pilastri di base: quello comunitario (della PESC); quello governativo (degli stati membri, comprendente accordi bilaterali da sviluppare all’interno di una cornice multilaterale); e quello non governativo (di

35 Il 26 Maggio 2008 il Ministro degli esteri polacco, Radoslaw Sikorski e quello svedese, Carl Bildt, hanno presentato ufficialmente al CAGRE la loro proposta141 per la creazione di un

Partenariato Orientale (PO).

I propositi del non-paper erano quelli di “offrire alle sei Repubbliche dell’Est la possibilità di approfondire il loro processo di integrazione con l’UE attraverso una cooperazione più intensa, che si sarebbe raggiunta da una parte, sostituendo del tutto i vecchi APC con degli accordi bilaterali di stampo nuovo e dall’altra, incoraggiando l’interazione fra i partner orientali stessi, grazie alla creazione di un format multilaterale permanente nel quale poter affrontare

congiuntamente le problematiche comuni142”.

Il Consiglio Europeo del 19-20 Giugno 2008 accoglieva favorevolmente il non-paper di Maggio e raccomandava il proseguimento dei lavori, invitando la Commissione a “presentare [...] nella primavera del 2009 una proposta riguardante le modalità per il “partenariato orientale”, in base alle pertinenti iniziative143”.

Sotto la spinta della guerra in Georgia144, l’8 Dicembre 2008, con una Comunicazione della

Commissione, i suggerimenti del non-paper di Maggio venivano a concretizzarsi in un progetto più dettagliato, con il quale l’UE si dichiarava pronta non solo a fornire l’assistenza necessaria a dar vita a una dimensione orientale specifica, ma altresì a offrire “quanto più possibile, nel rispetto della realtà politica ed economica del paese partner interessato e del relativo stato delle riforme145”.

La Commissione sollecitava inoltre i Capi di Stato e di Governo dei membri UE e dei vicini dell’Est a fissare un Vertice per il varo ufficiale dell’iniziativa già per la seguente primavera, al fine di poter adottare una dichiarazione Politica ad hoc per la sua istituzionalizzazione.

ONG e affini). L’ambiziosa proposta polacca non ottenne però il successo sperato e venne presto eclissata dal concetto Europa Ampliata e dalle nuove direttive della Commissione. È stato necessario attendere l’avvio dell’Upm e con essa una presa di coscienza dei limiti della PEV, prima che la proposta polacca potesse vedere la luce.

140 A.K.Cianciara, “The Union for the Mediterranean and the Eastern Partnership: Perspectives from Poland, Czech Republic and Hungary”, Report of the Institute of Public Affairs, Warsaw, Poland, Maggio 2009, pag.10- 13.

141 La proposta è reperibile in “Polish-Swedish proposal: Eastern Partnership” <http://www.tepsa.eu/docs/draft_proposal_eastern_partnership.pdf>

142 A tal proposito vedi “Polish-Swedish proposal: Eastern Partnership” disponibile sul sito ufficiale dell’UE. 143 Conclusioni della Presidenza, Consiglio Europeo di Bruxelles, 19-20 Giugno 2008, (11018/1/08) REV

1),Bruxelles, 17 Luglio 2008; pag..19.

http://www.consilium.europa.eu/ueDocs/cms_Data/docs/pressData/it/ec/101366.pdf

144 L’8 agosto 2008, l’ennesima crisi tra Russia e Georgia nelle province secessioniste di Abkhasia e Ossezia del Sud degenerava in guerra aperta, riportando il tema della sicurezza delle frontiere orientali, e in particolare di quelle del Caucaso meridionale, tra le priorità di massima urgenza dell’UE.

145 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio, Partenariato Orientale, COM (2008)823 definitivo, Bruxelles, 3 Dicembre 2008; pag.1.

36 Il Consiglio Europeo del 19-20 Marzo 2009, nell’accogliere con favore la Comunicazione, adottava, a sua volta, una propria Dichiarazione in merito146, invitando sia la Commissione,

che le due Presidenze di turno dell’anno (quella in carica della Repubblica Ceca e quella entrante della Svezia) a “progredire rapidamente nell’attuazione pratica del partenariato147”.

Il 7 Maggio 2009, sotto i buoni auspici del presidente del Consiglio Mirek Topolánek, del Presidente della Commissione José Manuel Barroso, e dell’Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza Comune Javier Solana, i rappresentanti dei membri dell’UE e quelli dei sei destinatari si riunivano a Praga per lanciare ufficialmente il Partenariato Orientale.

Dopo quasi un decennio di attesa dalle prime richieste della Polonia, e a cinque anni dall’allargamento, l’UE dava un’identità precisa ai suoi vicini148 dell’Est: Bielorussia, Moldavia,

Ucraina, Armenia, Azerbaigian e Georgia.

Figura 5: “I paesi coinvolti nel Partenariato orientale”

Fonte: https://nijatguluzade.wordpress.com/2012/02/01/eastern-partnership-program-of-european-union/

Per quanto si abbia avuto l’impressione che con il Vertice di Praga si stesse per dare inizio a una fase nuova, nella quale l’UE e i suoi partner si sarebbero adoperati di comune accordo a “portare le loro relazioni a un nuovo livello149”, alcuni sintomi di latente insoddisfazione

146 Per il testo completo della Dichiarazione adottata dal Consiglio si veda: Conclusioni della Presidenza, ConsiglioEuropeo di Bruxelles, 19-20 Marzo 2009, (7880/1/09) REV 1, Allegato 2, Bruxelles, 29 Aprile 2009; pp. 19-21.

<http://register.consilium.europa.eu/pdf/it/09/st07/st07880-re01.it09.pdf> 147 Ibidem.

148 Per una corretta distinzione sul concetto di “Paesi vicini” vedi M.Comelli, “Le relazioni di sicurezza dell’Unione Europea con le aree limitrofe”, in G.Bonvicini (a cura di), “L’Unione Europea attore di sicurezza regionale e globale”,op.cit.pag73.

149 Consiglio dell’Unione Europea, “Dichiarazione congiunta del vertice di Praga, per il partenariato orientale – Praga, 7 Maggio 2009”, 8435/09 (Presse 78), Bruxelles, 7 Maggio 2009; pag. 5.

37 avevano lasciato un certo margine di dubbio circa l’effettivo sostegno di cui il PO avrebbe goduto in futuro.

Come è stato fatto notare, infatti, “l’iniziativa era nata con gravi debolezze alla base”150 che si

erano manifestate da entrambe le parti: in primis al Summit di Praga erano attesi trentatré Capi di Stato e di Governo, ma se ne erano presentati invece solo ventuno.

Le assenze dalla parte europea erano state ben dieci: i leader europei avevano preferito subordinare l’impegno ai loro Primi ministri (Francia) o ai rispettivi Ministri degli esteri (Gran Bretagna e Spagna).

Nell’interpretare questa ampia diserzione, M.Comelli ha osservato come, “trattandosi di un’iniziativa lanciata soltanto da due paesi (Svezia e Polonia), gli altri membri UE vi si siano

affiliati senza troppa convinzione, non ritenendola di primaria importanza151”.

In secondo luogo, l’UE aveva provveduto a smorzare anche quei pochi entusiasmi di cui il PO godeva, deludendo le aspettative più ottimistiche di alcuni dei suoi partner. Era stato il caso dell’Ucraina, che si era vista negare nuovamente la promessa di una futura membership nell’UE, trovandosi a supportare un progetto che in fondo non le offriva più di quello che aveva già ottenuto con l’avvio delle negoziazioni per gli Accordi di Associazione152.

Infine, a completare questo quadro poco promettente andava ad aggiungersi la scarsa credibilità gravante sulla Presidenza di turno. Il PO veniva inaugurato dalla Repubblica Ceca al termine di un semestre piuttosto insoddisfacente, durante il quale il malcontento degli altri membri UE era stato piuttosto accentuato153.

L'obiettivo principale del Partenariato era il rafforzamento dei legami politici, economici e commerciali tra l’Unione Europea ed i partner orientali, mediante iniziative che favorivano la circolazione di beni, servizi, capitali e persone all'interno dell'area.

150 A riguardo si veda S.Giusti, T.Penkova, V.Talbot, “Il Partenariato Orientale dell’UE tra potenzialità e debolezze”, in “Approfondimenti”, n°5, analisi commissionata dall’Osservatorio di Politica Internazionale di Camera dei Deputati, Senato e Ministero degli Affari Esteri dell’Italia, ISPI, Milano, Italia, Dicembre 2009; pag. 3. <http://www.ispionline.it/it/documents/Approfondimento_%20Partenariato%20Orientale.pdf>

151 M.Comelli, “Partenariato Orientale:una falsa partenza?”, articolo pubblicato su Affari Internazionali l’11Maggio 2009. Disponibile in <http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=1134

152 Come emergeva dai Rapporti della Commissione del Dicembre del 2006 e da quelli successive dell’Aprile 2008 e 2009, “L’Ucraina era tra i Paesi più virtuosi nell’attuazione del Piano d’Azione. In particolare (…) ha dimostrato considerevoli progressi nell’approvazione legislativa e nell’attuazione di misure che consolidano il rispetto dei diritti umani e lo Stato di diritto, come ad esempio quelle che aboliscono precedenti limitazioni alla libertà di stampa” e tutto ciò era dovuto al fatto di una sua possibile inclusione nell’UE.

153 Per una disamina sulle cause di questo malcontento si veda A.K.Cianciara, “The Union for the Mediterranean and the Eastern Partnership: Perspectives from Poland,Czech Republic and Hungary”, op.cit pag.34-36. Nel testo vengono infatti elencate alcune vicende che avevano posto la Presidenza ceca sotto una cattiva luce: per esempio la crisi di Gaza, quella dei gasdotti tra Ucraina e Russia, senza contare la crisi politica interna del Governo ceco.

38 Innanzitutto è bene ricordare che “l’istituzionalizzazione del Partenariato Orientale (come anche quella dell’UpM) non significava la fine della PEV, ma bensì la messa in campo di uno

strumento aggiuntivo complementare154”.

I Piani d’Azione siglati con Moldavia e Ucraina nel 2005 e con Armenia, Azerbaigian e Georgia nel 2006, infatti, non venivano a cadere, ma fungevano da base alla nuova iniziativa. In tal senso, “il PO doveva essere interpretato come un potenziamento settoriale interno, che si prefiggeva di portare le relazioni tra l’UE e le sei Repubbliche verso un livello di cooperazione superiore al precedente, mediante il quale sarebbe stato possibile raggiungere non solo la progressiva convergenza tra l’aquis comunitario e la normativa interna dei Paesi aderenti, ma altresì una maggiore inter-relazione regionale tra gli stessi155”.

Il conseguimento degli obiettivi sarebbe dovuto avvenire secondo una road-map a doppio binario: da un lato il livello bilaterale e dall’altro quello multilaterale.

L’approccio bilaterale costituiva la base portante del PO; essa si proponeva di soppiantare i vecchi APC degli anni Novanta (che, avevano continuato ad esistere nella PEV fungendone da base giuridica) con dei nuovi Accordi di Associazione (AA)156 che venivano negoziati

bilateralmente dall’UE con ognuno dei Paesi partner, e attuati grazie anche alla stipulazione di versioni successive e aggiornate dei Piani d’Azione PEV in vigore.

Ogni AA era stato suddiviso in quattro sezioni, ognuna delle quali copriva un’area di cooperazione specifica, nella quale il Paese associato si impegnava a lavorare con l’UE per raggiungere un grado di convergenza sempre maggiore con la normativa dell’aquis in materia di dialogo politico e questioni di sicurezza, giustizia e diritti umani e cooperazione economica, per creare una zona di libero scambio globale e approfondita tra l’UE e il Paese partner. Un altro incentivo molto importate offerto dalla pista bilaterale erano i “Patti di Mobilità e Sicurezza157”.

154 S.Giusti, T.Penkova, V.Talbot, “Il Partenariato Orientale dell’UE tra potenzialità e debolezze”, op.cit.pag.4. 155 Ibidem.

156 Affinché il Paese interessato potesse considerarsi idoneo a sottoscrivere un Accordo di Associazione, alcuni prerequisiti dovevano essere soddisfatti. Lo Stato associato doveva in primo luogo, dimostrare di aver raggiunto un livello minimo di progresso in termini di democrazia, relativamente allo stato di diritto, ai diritti umani; aver adottato una legislazione e una prassi interna in materia elettorale conforme alla normativa prevista dagli standard internazionali e, in secondo luogo, doveva garantire la sua disponibilità a cooperare con il Consiglio d’Europa, l’OSCE, l’ODIHR, e le altre agenzie ONU che si occupavano di diritti umani.

157 Il patto costituisce la base per le politiche comuni in materia di immigrazione e di asilo per l'Unione europea (UE) e i suoi paesi. In uno spirito di reciproca responsabilità e solidarietà tra i paesi dell'UE e di partenariato con altri paesi del mondo, il patto dà un nuovo impulso al costante sviluppo di una politica comune sull'immigrazione e l'asilo, che tenga conto sia degli interessi collettivi dell'UE che delle esigenze specifiche dei suoi paesi. Per saperne di più si può leggere l’allegato, “Patto europeo sull’immigrazione e l’asilo”, del 24 Settembre 2008 [Non pubblicato nella Gazzetta ufficiale], disponibile on line sul sito http://europa.eu/

39 Si trattava di accordi che consentivano una maggiore mobilità tra i Paesi partner e i membri dell’UE per mezzo di una Politica di rilascio del visto più elastica rispetto a quella in vigore, che doveva tener conto della regolamentazione internazionale in materia di migrazione e di sicurezza.

Nel breve e medio periodo, l’UE bilanciava queste agevolazioni attraverso degli accordi di riammissione, mentre nel lungo periodo, si procedeva ad un vero e proprio dialogo sui visti con la prospettiva di un’esenzione totale in linea con le politiche vigenti nell’area Schengen. Inoltre con il PO, l’Unione ha voluto inoltre porre una certa enfasi sulla cooperazione e la sicurezza in campo energetico158. Per questo motivo, l’UE aveva deciso di inserire negli AA

delle disposizioni in materia che incoraggiassero l’integrazione e l’interrelazione dei mercati energetici delle sei Repubbliche.

Infine l’Accordo di Libero Scambio Globale e Approfondito, detto anche “Deep and

Comprehensive Free Trade Area” (DCFTA 159) rappresentava un vero passo in avanti nelle

relazioni con l’Unione, poiché non si trattava di un semplice accordo di libero scambio come quelli stipulati all’interno di altri casi, ma proponeva degli incentivi più allettanti.

Difatti, allo scopo di superare le forti disparità sociali ed economiche sia tra regioni che tra gruppi sociali, l’UE si era dichiarata “disponibile ad offrire la propria assistenza attraverso una serie di strumenti di sostegno: ovvero un memorandum di intesa sulla Politica regionale, programmi pilota di sviluppo regionale e, soprattutto, l’estensione della cooperazione transfrontaliera ai confini di questi Paesi160”.

L’approccio multilaterale rappresentava invece l’innovazione principale del PO; essa permetteva infatti di rafforzare la dimensione orientale dell’UE attraverso un vero e proprio processo di “region building”, con il quale veniva data la possibilità a questi Paesi di poter

158 Uno degli obiettivi del Partenariato orientale è quello di garantire un livello rafforzato di sicurezza energetica per l'Unione e per i Paesi partner orientali, da raggiungersi attraverso una serie di iniziative (per esempio prevedere degli accordi di associazione disposizioni in materia di “interdipendenza energetica”; e se era il caso, concludere memorandum d’intesa su questioni energetiche con Moldova, Georgia e Armenia quali strumenti flessibili supplementari per sostenere e controllare la sicurezza della fornitura e del transito di energia; sottoscrivere un maggior impegno politico con l’Azerbaigian, in quanto unico partner orientale che esporta idrocarburi nell’UE). Come previsto dalla Commissione, sono stati conclusi celermente i negoziati per la partecipazione dell’Ucraina e della Moldova alla Comunità dell’energia – che, istituita nell’Ottobre 2005, instaura un mercato integrato dell'energia elettricità e del gas tra l'Unione europea e gli Stati balcanici – mentre l’Armenia e la Georgia vi partecipano con lo status di osservatore. Un altro obiettivo della Commissione consiste nel fornire maggior sostegno alla piena integrazione del mercato energetico dell’Ucraina nel mercato UE, riconoscendo l’importanza di una valutazione soddisfacente del livello di sicurezza nucleare di tutte le centrali nucleari ucraine in funzione. Altre informazioni utili sono presenti su http://nuovo.camera.it/

159 È opportuno ricordare che il Trattato sulla zona di libero scambio globale (DCFTA) è stato siglato dall’Ucraina per la parte politica il 21 Marzo 2014, mentre il 27 Giugno 2014 è stata la volta della parte economica. Moldova e Georgia hanno firmato un accordo di associazione, così come l'accordo sulla zona di libero scambio globale e approfondita nello stesso giorno.

40 interagire all’interno di un contesto ad hoc ove affrontare congiuntamente, e con l’assistenza dell’UE, problemi e sfide comuni.

Il format multilaterale aveva fra i suoi obiettivi chiave la creazione di un forum per lo scambio di informazioni e di esperienze, lo sviluppo di posizioni comuni e di attività congiunte e la facilitazione dei legami tra i sei partner; esso rappresentava anche la sede in cui le normative comunitarie venivano illustrate e comparate con quelle degli ordinamenti interni dei partecipanti, allo scopo di poter studiarne la futura integrazione.

A livello operativo, le istituzioni su cui si strutturava la pista multilaterale si articolavano in quattro livelli, i primi due di ordine politico161 e gli altri due di ordine tecnico162.