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"Politiche, risorse e strumenti per l'azione esterna dell'Unione Europea"

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Academic year: 2021

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INDICE

LISTA DEGLI ACRONIMI………...

INTRODUZIONE………...1

CAPITOLO I: LA DIMENSIONE ESTERNA DELL’UNIONE EUROPEA...6

1. Nascita ed evoluzione della politica estera e di sicurezza europea……….7

1.1 Struttura della P.E.S.C dopo il Trattato di Lisbona…..…...17

CAPITOLO II: LE RELAZIONI DELL’UNIONE EUROPEA CON LE AREE LIMITROFE..….23

1. L’allargamento come politica di sicurezza: l’adesione dei PECO nel 2004………..27

2. Il Partenariato orientale………..33

3. La Politica mediterranea dell’UE…...………….……….…………45

3.1 La Politica Mediterranea ai suoi esordi….…...………..……47

3.2 Il Partenariato Euro-Mediterraneo………..…..………...55

3.3 La Politica Europea di Vicinato……….……….………..…63

3.4 L’ Unione per il Mediterraneo………...……….….83

CAPITOLO III: LE POLITICHE DI SVILUPPO DELL’UNIONE EUROPEA...97

1.L’evoluzione della politica di cooperazione allo sviluppo a livello europeo………98

1.1 Dalla cooperazione nelle ex-colonie ad una cooperazione “globale”: da Yaoundé al Vertice di Parigi del 1972………..……...…..104

1.2 Gli sviluppi apportati dalle Convenzioni di Lomè….…...…...107

1.3 L’accordo di Cotonou……...………...116

2. La cooperazione decentrata: brevi cenni e l’ufficio di cooperazione EuropeAid……….………127

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CAPITOLO IV: L’ARCHITETTURA DELLA COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO A LIVELLO

EUROPEO………134

1. Il quadro dei principi comuni europei per le politiche di sviluppo…………...137

2. Gestione, attuazione e dotazione finanziaria dei programmi di cooperazione europei………...144

3. Recenti sviluppi della disciplina in ambito europeo ed internazionale...150

CONCLUSIONI…..……….…………162

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LISTA DEGLI ACRONIMI

AA: Accordi di Associazione AAA: Agenda for Action

AAP: Annual Action Programme

ACP: Accordo di Partenariato e Cooperazione ACP: Africa, Caraibi e Pacifico

ADG: Autorità di Gestione Congiunta APS: Aiuto Pubblico allo Sviluppo AUE: Atto Unico Europeo

BEI: Banca Europea per gli Investimenti

BERS: Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo BRICS: Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa

CAE: Consiglio Affari Esteri

CAGRE: Consiglio Affari Generali e Relazioni Esterne

CARDS: Community Assistance for Reconstruction Development and Stabilization CBC: Cross-Border Cooperation

CED: Comunità Europea di Difesa CEE: Comunità Economica Europea COPS: Comitato Politico e di sicurezza

CORLEAP: Conferenza degli enti locali e regionali CPE: Cooperazione Politica Europea

CSP: Country Strategy Paper

DAC: Development Assistance Committee

DCFTA: Deep and Comprehensive Free Trade Area DCI: Development Cooperation Instrument

DG DEVCO: Direzione generale dello Sviluppo e della cooperazione

DG ECHO: European Commission’s Humanitarian aid Civil Protection Department DG RELEX: Directorate-General for the External Relations

DGCS: Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo DoL: Division of Labour

EFA: Education for All

EIDHR: European Instrument Democraty and Human Rights ENPI: European Neighbourhood and Partnership Instrument

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ERP: European Recovery Program Eyd: European’s year of development FES: Fondo Europeo per lo Sviluppo FPI: Foreign Policy Instrument FS: Supporting Facilitator FSC: Forum della Società Civile

FTI/DoL: Fast Track Initiative on Division of Labour GAI: Giustizia e Affari Interni

GP: Global Partnership for Effective Development Cooperation GUCE: Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea

HLPM: High Level Plenary Meeting

IBRD: International Bank for Reconstruction and Development ICI: Instrument for Industrialised Countries

IfS: Instrument for Stability IMF: International Monetary Fund

INSC: Instrument for Nuclear Safety Cooperation IPA: Pre-Accession Instrument

ISPA: Instrument for structural policy for pre-accession LDCs: Least Developed Countries

LF: Lead Facilitator

MDGs: Millennium Development Goals

MEDA: Mediterranean Economic Development Area NIC: Newly Industrialized Countries

NIP: National Indicative Programme

NUTS: Nomenclatura delle Unità Statistiche Territoriali

OCSE: Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ONG: Organizzazione Non Governativa

ONU: Organizzazione delle Nazioni Unite PAC: Politica Agricola Comune

PBIG: Post Busan Interim Group PCD: Policy Coherence for Development

PECO: Paesi dell’Europa Centrale e Orientale PEM: Partenariato Euro Mediterraneo

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PESD: La Politica Europea di Sicurezza e Difesa comune PEV: Politica Europea di Vicinato

PHARE: Poland and Hungary: Action for the restructuring of the economy PIN: Programmi Indicativi Nazionali

PMG: Politica Mediterranea Globale PMS: Paesi Meno Sviluppati PO: Partenariato Orientale PPM: Paesi Membri Mediterranei

PSDC: Politica di Sicurezza e di Difesa Comune PTM: Paesi Terzi Mediterranei

PTOM: Paesi e Territori Oltre Mare PVS: Paesi in Via di Sviluppo QFP: Quadro Finanziario Pluriennale RIP: Regional Indicative Programme RNL: Reddito Nazionale Lordo RSP: Regional Strategy Paper

RSUE: Rappresentante Speciale dell’Unione Europea SAMA: Stati Africani e Malgascio Associati

SAPARD: Special Accession Programme on Agricultural Rural Development SEAE: Servizio Europeo per l’Azione Esterna

SM: Stati Membri

TFUE: Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea TSP: Thematic Strategy Papers

TUE: Trattato dell’Unione Europea UE: Unione Europea

UEO: Unione Europea Occidentale

UNCTAD: United Nations Conference on Trade and Development UNDG: United Nations Development Group

UNRRA: United Nations Relief and Rehabilitation Administration UPM: Unione per il Mediterraneo

WoC: Whole of country approach

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1

INTRODUZIONE

Il presente lavoro intende analizzare lo sviluppo del ruolo dell’Unione Europea nelle relazioni internazionali e la sua crescente influenza a livello internazionale nelle molteplici dimensioni in cui si sviluppa la sua azione esterna.

È indubbio che il processo d’integrazione europea abbia costituito una novità significativa nel panorama internazionale: un soggetto “sui generis1”, che non basa la propria Politica estera

esclusivamente sulla diplomazia e sull’uso (o non uso) della forza, ma adotta una vasta gamma di strumenti legislativi2, economici e culturali per condizionare e, a volte, influenzare le

scelte degli altri attori internazionali con cui coopera.

Come osservato, “Da semplice insieme di regimi intergovernativi, l’Unione Europea si è evoluta storicamente verso uno status di entità politica multilaterale, e quindi di attore internazionale, che possiamo definire con le caratteristiche di una “potenza civile3”, che si

serve del suo rilevante peso economico e dei diversi aspetti della sua Politica estera per divenire un modello, identificabile e responsabile nelle relazioni internazionali4”.

Per affermarsi nell’attuale scenario internazionale, tuttavia, occorre confrontarsi con le nuove dinamiche sollevate dal fenomeno della globalizzazione. Sebbene l’azione esterna dell’Unione Europea sia senza dubbio multilaterale, occorre maggiore chiarezza nel delineare gli obiettivi strategici su cui intende potenziare le proprie risorse e gli strumenti che mette a disposizione per realizzarli.

Valutare il peso dell’UE nell’economia globalizzata, studiarne i dati materiali5 e gli investimenti

che impiega nei vari settori, permette di chiarire non solo gli interrogativi circa la tipologia di

1 Per approfondire le cause per cui l’UE è considerata un “soggetto sui generis” vedi A.Panebianco, “Guerrieri democratici. Le democrazie e la politica di potenza”, Bologna, Il Mulino, 1997, pag.275-282. N.Nugent, “Governo e politiche dell’Unione Europea”, Bologna, Il Mulino, pag.554-555.

2 Si rimanda alle tesi di I.Manners, “Normative Power Europe: a contradiction in terms?” in “Journal of commons

market studies”, num.37,3, pag.239. e N.Tocci “Profiling normative foreign policy: the European Union and its global partners”, in CEPS, Working Document n. 279/Dicembre 2007 per quanto riguarda il dibattito che vorrebbe definire il ruolo, l’identità ed il profilo internazionale dell’UE attraverso la nozione di “normative power”(potenza normativa).

3 La nozione di “potenza civile” risale a F.Duchêne, “The European Community and the Uncertainties of Interdependence”, in M.Kohnstamm e W.Hager (a cura di), “A Nation Writ Large? Foreign Policy Problems before the European Community”, London, Macmillan, 1973, pp.1-21. Per potenza civile egli intende un’organizzazione politica che persegue l’internalizzazione (“domestication”) o “normalizzazione” delle relazioni internazionali attraverso la trasformazione delle controversie da internazionali ad interne.

4 M.Telò, “L’Unione Europea come potenza civile? La dimensione multidisciplinare del dibattito internazionale in corso”, in G.Laschi e M.Telò (a cura di), “Europa, potenza civile o entità in declino? Contributi ad una nuova stagione multidisciplinare degli studi europei”, Bologna, Il Mulino, 2007, pag. 44.

5 Per consultare i dati relative alle statistiche sull’Unione Europea si può consultare il sito ufficiale dell’UE www.europa.eu; qui sono presenti i dati ufficiali dei sondaggi di opinione e delle statistiche dell’Eurostat per confrontare a livello economico, e non solo, le “cifre dell’Unione Europea”.

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2 attore internazionale in cui si sta trasformando, ma anche di valutare se le risposte che si sono trovate siano sufficienti per adattarsi alle sfide socio-economiche del XXI secolo.

Ecco perché verranno dapprima analizzate le cause che portarono i Sei Paesi fondatori della Comunità a volerla dotare di una speciale “Dimensione esterna”, in grado di competere nell’economia mondiale fondata sulla cooperazione multilaterale.

Conoscere il contesto storico6, i personaggi che ne hanno fatto parte e le motivazioni alla

base della nascita della Politica estera e di sicurezza è sicuramente di grande aiuto per capire il tipo di cammino che l’Unione ha intrapreso e, soprattutto i possibili scenari che le si aprono davanti.

Con l’intento di chiarire quali strumenti e quali risorse l’Unione Europea possa utilizzare per promuovere il suo progetto di attore internazionale, è molto importante conoscere la cornice giuridica-istituzionale che si pone alla base del suo agire.

Attualmente è il “Trattato di Lisbona7” che indica all’Unione le coordinate entro cui muovere la

propria azione esterna.

Come evidenziato, “al momento dell’entrata in vigore del Trattato, molto si è scritto a proposito delle innovazioni che il nuovo testo avrebbe comportato per la politica estera europea, dando all’UE la capacità di agire nel mondo come un unico e coerente attore politico. L’Europa ne sarebbe uscita rafforzata, capace di parlare con una voce sola, dotata di un proprio braccio diplomatico (SEAE), e di un Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza8”.

Di certo però si può asserire che il Trattato di Lisbona abbia disposto per la politica estera europea importanti innovazioni a livello istituzionale9 che le hanno permesso, almeno a livello

teorico, di dare maggior continuità ed unitarietà alla sua azione esterna.

6 Il contesto storico può essere approfondito attraverso la lettura di S.Fabbrini (a cura di), “L’Unione Europea. Le istituzioni e gli attori di un sistema sovranazionale”, Roma-Bari, Laterza, 2002, pag39-72.; G.Bovincini (a cura di), “L’Unione Europea attore di sicurezza regionale e globale”,Quaderni del centro Altiero Spinelli, Milano, Franco Angeli, 2010; Marco Clementi, “L’Europa e il mondo. La politica estera, di sicurezza e di difesa comune”, Bologna, Il Mulino, 2004 e consultare B.Olivi e R.Santaniello, “Storia dell’integrazione europea dalla guerra fredda alla Costituzione dell’Unione”, Bologna, Il Mulino, 2005.

7 E stato affermato che “Il Trattato di Lisbona, approvato il 18 Ottobre del 2007, è stato firmato dai Capi di Stato e di Governo il 13 Dicembre del 2007 ed è entrato in vigore il 1° Dicembre del 2009”. A.M.Calamia-V.Vigiak, “Manuale breve di diritto dell’Unione Europea”, Milano, Giuffrè, 2010,pag. 25.

8 Davide D’Urso, “Europa fortezza di carta” in Osservatorio di politica internazionale, Agosto 2012. Il testo è disponibile anche on line al sito www.bloglobal.net/2012/08/europa-fortezza-di-carta.html.

9 Le innovazioni più significative apportate dal Trattato di Lisbona sono descritte in M.Comelli e N.Pirozzi, “La Politica estera dell’Unione Europea dopo Lisbona”, Osservatorio di politica internazionale, Istituto Affari Internazionali, n.72-Febbraio 2013, pag.5-7. È anche con consigliabile la lettura di A.M.Calamia-V.Vigiak, “Manuale breve di diritto dell’Unione Europea”, op.cit pag. 28-39, e lo stesso Trattato di Lisbona, la cui copia on line è consultabile su www.altalex.it.

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3 Se ciò sia veramente accaduto, tuttavia, resta ancora da chiarire: fare un bilancio ed individuare insuccessi ed aspetti positivi, rispetto alla nuova cornice giuridica, è ancora prematuro in questa sede.

Per quanto riguarda il piano empirico, se si volesse fare un’analisi complessiva sull’influenza a livello internazionale dell’azione esterna dell’Unione Europea, emergerebbero senz’altro i suoi punti di forza, come ad esempio la politica dell’allargamento, ma si manifesterebbero altresì i settori in cui il suo contributo è ancora poco non determinante o poco risolutivo, come la politica di cooperazione allo sviluppo con i PVS10 e quella mediterranea.

Tali risultati sono senz’altro il frutto della diversa modalità d’azione dell’Europa in quanto attore globale, ma anche l’esito del contesto multipolare in cui l’Unione Europea si propone di operare la sua politica estera multilaterale.

A causa delle differenti forme di intervento della sua Politica estera, però, l’azione esterna europea è stata spesso al centro di numerose critiche11, mosse verso l’incoerenza dei vari

progetti intrapresi.

Occorre quindi riflettere sugli strumenti utilizzati dall’Unione Europea per capire se questi possano davvero essere idonei a rispecchiare l’immagine che vorrebbe dare di sé nel mondo. Per fugare le perplessità circa la coerenza del suo operato e comprendere se quest’ultimo sia in linea col tipo di ruolo internazionale a cui l’Unione Europea vuole ambire, verrà analizzato come l’Unione intenda rapportarsi con gli altri paesi, siano essi vicini o lontani.

Infatti, “L’Unione Europea ha conosciuto da un lato, un successo interno attraverso la sua politica dell’allargamento e, dall’altro, uno straordinario sviluppo della sua influenza

mondiale12”, anche grazie al suo impegno nel definire politiche commerciali e di cooperazione

allo sviluppo con i Paesi in via di sviluppo (PVS).

Approfondire le politiche cooperazione allo sviluppo e soprattutto quelle che riguardano le aree limitrofe, sarà senz’altro fondamentale per capire se i suoi strumenti sono idonei e le sue risorse ben utilizzate.

10 Come scrive N. Pirozzi “Emergono comunque valutazioni chiare sia sui punti di forza dell’azione dell’Unione, sia sulle dinamiche dal risultato incerto e sulle zone d’ombra, soprattutto per quanto riguarda l’integrazione delle politiche di difesa e il settore dell’energia”. N.Pirozzi, “Unione Europea da potenza civile a soggetto di sicurezza globale?” nella rivista on-line Affari internazionali. wwww.affarinternazionali.it/libromese.asp?ID=25.

11 Si rimanda la lettura di M.Telò, “L’Unione Europea come potenza civile? La dimensione multidisciplinare del dibattito internazionale in corso”, in G.Laschi e M.Telò (a cura di), “Europa, potenza civile o entità in declino? Contributi ad una nuova stagione multidisciplinare degli studi europei”, op.cit pag 41-44, per analizzare il suo contributo al dibattito internazionale che problematizza il concetto di potere/potenza civile; questa sua riflessione è utile come punto di partenza per incorniciare con coordinate più specifiche il dibattito e fornisce anche delle precise indicazioni bibliografiche sull’argomento.

12 G.Laschi e M.Telò, “Prefazione e ringraziamenti”, in G.Laschi e M.Telò (a cura di), “Europa, potenza civile o entità in declino? Contributi ad una nuova stagione multidisciplinare degli studi europei”, op.cit pag.14.

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4 Per quanto riguarda i rapporti con il suo vicinato, verrà posto in evidenza la fitta rete di accordi e di relazioni internazionali intessuti, sia con i paesi del Mediterraneo, che con quelli dell’Europa Orientale.

Dapprima, infatti, sarà trattata la politica di allargamento verso i paesi dell’Europa centro-orientale, che ha portato la loro adesione al progetto europeo nel 2004; saranno altresì indagati i risvolti, sulla capacità di interazione dell’Unione Europea con gli altri partner, che si sono delineati successivamente a questo avvenimento.

Successivamente sarà posta sotto indagine la politica europea verso il Mediterraneo, dai suoi esordi fino alla proposta francese dell’Unione per il Mediterraneo.

È bene ricordare che, tramite queste politiche multisettoriali verso il vicinato, l’Unione Europea è arrivata ad essere percepita come un importante attore globale, tuttavia il carattere multidisciplinare della sua azione ha comportato un grosso impiego di risorse che spesso sono state impiegate in modo discontinuo ed hanno così avuto un impatto esterno diverso da quello desiderato.

Infine occorre sottolineare che, tramite le politiche di cooperazione allo sviluppo, l’Unione Europea è arrivata ad essere percepita come un attore molto influente in varie regioni del mondo.

Ecco perché, attraverso un parallelismo con le proposte e le azioni che sono nate in ambito internazionale, verrà indagata l’evoluzione di questa politica a livello europeo.

In definitiva si può asserire che in un mondo così complesso come quello contemporaneo l’Unione Europea potrebbe ambire a un ruolo di leadership a livello internazionale, tuttavia non riesce a tradurre le sue potenzialità in forza politica.

La multidisciplinarietà della sua azione esterna, infatti, le permetterebbe di agire in molti campi, ma tutte queste possibilità, nella realtà dei fatti, vengono disattese: in altre parole non riesce ad esprimersi in modo unitario in merito alle proprie risorse, ai propri obiettivi e sulle modalità di utilizzo dei propri strumenti: e ciò danneggia il suo status di attore internazionale. Inoltre le nuove e importanti sfide che mettono a rischio la tenuta di un processo di integrazione unico nella storia riguardano soprattutto la capacità di interazione dell’Unione Europea con l’ambiente esterno: basti pensare alla risposta alla gestione di crisi e guerre nel vicinato europeo, che mostrano un’UE frammentata e indecisa.

È stato notato che “la graduale trasformazione interna e il tentativo di rispondere a sfide esterne, spiega anche le specificità dell’Unione come attore internazionale: quelle che potrebbero risultare caratteristiche bizzarre di un animale bicefalo, con grandi risorse di potere

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5 in ambito economico e permanenti debolezze in ambito politico, sono il prodotto della sua storia13”.

Quindi l’Unione Europea, essendo un soggetto internazionale dalla forma così complessa e in continua trasformazione, a quale ruolo dovrebbe ambire nella politica internazionale?

In che modo , attraverso la sua azione esterna, riesce a influenzare lo sviluppo delle relazioni internazionali?

Innanzitutto sarebbe opportuno essere consapevoli che prima di decidere in che modo inserirsi nelle dinamiche dello scacchiere geo-politico, l’Unione Europea dovrebbe scegliere, coerentemente con i suoi scopi, la direzione da percorrere della sua dimensione esterna. Inoltre per ampliare la sua autorevolezza ad altri ambiti, oltre a quello prettamente economico e commerciale, dovrebbe porre maggiore impegno nelle sue politiche, senza scivolare nella frammentarietà di iniziative differenti.

Per ora si può solo dire che l’Unione Europea rappresenti un’esperienza unica ed utile per lo sviluppo delle relazioni internazionali: resta da scoprire se l’Unione Europa, in quanto attore globale unitario, sarà in grado di raccogliere questa sfida di leadership nello scacchiere geopolitico, oppure se le proposte europee alle dinamiche internazionali continueranno ad essere politiche di adattamento rispetto al contesto disposto.

13 Per una lettura approfondita dei limiti dell’azione esterna vedi S.Lucarelli, “L’Unione europea: laboratorio e attore nella politica globale”, in B. Biancheri, S. Lucarelli (a cura di) Istituto della Enciclopedia italiana e Ispi, Roma, 2011,pag. 18-37, consultabile on line nel sito dell’Enciclopedia Treccani

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CAPITOLO I

LA DIMENSIONE ESTERNA DELL’UNIONE EUROPEA

L’Unione Europea intrattiene relazioni diplomatiche con quasi tutti i paesi del mondo, ha avviato Partenariati strategici14 con i principali attori internazionali ed è impegnata in un

intenso dialogo con le potenze emergenti; svolge, dunque, un ruolo importante attraverso la sua diplomazia, il commercio, gli aiuti allo sviluppo e la collaborazione con le organizzazioni internazionali15.

Con il termine “dimensione esterna”, in questa sede, si intende quindi esaminare tutta quella rete di fitte relazioni internazionali che l’Unione Europea intrattiene con gli altri attori internazionali, sia di natura economica e commerciale, che quelle di tipo politico-sociale16.

La sua azione, infatti, è multidimensionale e le permette di spaziare in diversi ambiti e di proporsi sulla scena internazionale non solo come semplice entità regionale, ma anche come modello socio-economico-politico di avanguardia, in grado di influenzare le altre parti del mondo.

I mezzi con cui intende proporsi nella scena internazionale devono necessariamente essere coerenti con i fini che si propone di raggiungere, ed è per questo che la sua politica estera deve essere strutturata secondo più direttrici, differenti, ma comunque complementari tra di loro, per permetterle una rappresentazione esterna più visibile ed identificabile e di influire più efficacemente nelle dinamiche internazionali.

Per affrontare queste e altre sfide globali che attualmente la coinvolgono, l’UE dispone di una propria Politica Estera e di Sicurezza, che si è progressivamente sviluppata nel corso degli anni e che le consente di esprimersi con un’unica voce sulla scena mondiale17.

I principi e gli obiettivi generali dell’azione dell’Unione Europea nelle sue relazioni esterne sono indicati nel Titolo V del Trattato sull’UE18, contenente anche disposizioni specifiche in

14 Sono menzionabili in tal senso i partenariati con i Paesi del Mediterraneo ed il Partenariato Orientale.

15 Gli esempi più noti di collaborazione tra l’Unione Europea e le organizzazioni internazionali sono quelli economici: l’UE è ammessa all’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura nel 1991 e membro originario dell’Organizzazione mondiale del Commercio dal 1995. http://eeas.europa.eu/what_we_do/index_it.htm

16 Come scrivono A.M.Calamia-V.Vigiak, “L’Unione si pone sulla scena internazionale con una azione volta a promuovere i valori e gli interessi posti alla base della propria creazione e sviluppo; a tal fine sviluppa relazioni internazionali e ed istituisce rapporti con i paesi terzi e con le organizzazioni internazionali che ne condividono i principi fondanti la propria azione”. A.M.Calamia-V.Vigiak ,“Manuale breve di diritto dell’Unione Europea”, op. cit pag. 227.

17 A tal proposito è stato affermato che “ Agendo collettivamente come Unione Europea i ventotto paesi membri possono esercitare un maggiore peso e una maggiore influenza sulla scena internazionale che non agendo singolarmente con 28 politiche estere diverse”. http://europa.eu/pol/cfsp/index_it.htm

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7 materia di Politica estera e di sicurezza comune dell’Unione Europea, nonché in materia di Politica di sicurezza e difesa comune dell’Unione Europea.

I principi e gli obiettivi19 sono gli stessi che l’Unione applica e persegue al proprio interno e

che si propone di diffondere e consolidare nel resto del mondo.

Tra i principi, sono da menzionare: la democrazia, lo Stato di diritto, l’universalità dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, il rispetto dei principi posti dalla Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale; tra gli obiettivi, invece, figurano la salvaguardia dei valori e interessi fondamentali dell’UE, il sostegno alla democrazia, il rafforzamento della pace e della sicurezza internazionale, lo sviluppo dei paesi meno avanzati (attraverso la cooperazione allo sviluppo) e l’integrazione di tutti gli Stati nell’economia mondiale, in un sistema internazionale fondato sulla cooperazione multilaterale.

1.Nascita ed evoluzione della politica estera e di sicurezza europea

Il processo evolutivo che ha portato alla prima Politica estera e di sicurezza comune ha avuto avvio a partire dalla Cooperazione politica europea, ovvero da quella forma di cooperazione intergovernativa in materia di Affari Esteri posta in essere dagli Stati membri della Comunità economica europea sin dai primi anni Settanta20.

L’avvio del percorso verso una Politica estera europea risale invero, al Vertice dei capi di Stato e di governo dei Sei stati fondatori della Cee tenutosi all’Aia l’1 e 2 Dicembre del 1969, ad un anno dalla scomparsa del Generale de Gaulle21 e con l’avvento in Francia del

neopresidente G. Pompidou22. Nel comunicato finale di quello storico Vertice si decise l’avvio

della cooperazione fra i Sei anche nel campo della Politica estera, non prevista dal Trattato di Roma23.

18 Con il termine “Trattato sull’UE” si intende il Trattato di Lisbona (2009).

19 I principi e gli obiettivi sono enumerati nel Trattato di Lisbona nel TITOLO V (Disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione e disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune), Capo 1 (Disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione), Articolo 21.

20 È stato osservato che fu proprio in questa occasione che “ i Sei, prendendo atto delle potenzialità e delle responsabilità che la Comunità avrebbe avuto nell’arena internazionale, decisero di dare vita alla Cooperazione politica europea” A. Romano, “La CEE di fronte alla conferenza di Helsinki”, in A.Varsori, “Alle origini del presente. L’Europa occidentale nella crisi degli anni Settanta”, Milano, FrancoAngeli, 2009, pag. 123.

21 Per una disamina più approfondita sul periodo storico e le modalità con cui si mosse la politica de Gaulle si veda D.Caviglia, “De Gaulle e il tentativo di spostare l’asse politico europeo: il piano Fouchet”, Padova, Cedam, 2000.

22 Un ritratto di questo personaggio ed alcune indicazioni sulla sua politica sono disponibili in Aa. Vv, “George Pompidou et l’Europe”, Paris, Complexe, 1995 e E. Roussel, “George Pompidou 1911-1974”, Paris, Lattès,1994. 23 In realtà, come sostiene G.Laschi, “A mio avviso si può affermare che la Comunità ha sempre avuto una politica estera, benché sui generis, dato che utilizza incentivi economici e materiali per realizzare obiettivi economici, ma anche politici, creandosi un ruolo internazionale che il processo integrativo ha prodotto e

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8 Nelle intenzioni degli Stati membri, essa avrebbe dovuto preparare la “strada per un’Europa unita capace di assumersi le sue responsabilità nel mondo di domani e di fornire un contributo in linea con la sua tradizione e la sua missione24”.

In realtà, dopo il fallimento della CED25 nel 1954, il tema della Politica estera e di sicurezza

era riemerso per volontà del Generale de Gaulle che, in accordo col Cancelliere Adenauer, riuscì a convincere il primo “Vertice dei Sei26” ad affidare al diplomatico francese in

Danimarca, C.Fouchet, il compito di studiare un sistema di cooperazione nel campo della Politica estera e di difesa, che si distanziasse dalla struttura della CEE per il suo carattere prettamente intergovernativo, ma che comunque fosse in grado di affiancarsi ad essa. Il testo, noto come “Piano Fouchet”, fu presentato il 19 Ottobre 1961, ma venne ben presto sostituito nel Gennaio del 1962 dal “Piano Fouchet II27”.

Anche quest’ultimo, tuttavia, non vide la luce poiché l’opposizione decisa dei Paesi del Benelux28, sospettosi della leadership francese, convinse de Gaulle a ritirare il progetto.

Fino al Vertice dell’Aia del 1969, quindi, “non si parlò più di Politica estera europea29”.

Tuttavia, si può notare che “l’uscita di scena di de Gaulle nell’aprile 1969 e la vittoria di

rafforzato negli anni”. G.Laschi, “La nascita e lo sviluppo delle relazioni esterne della Comunità dalle colonie alla cooperazione allo sviluppo”, in G.Laschi e M.Telò (a cura di), “Europa, potenza civile o entità in declino? Contributi ad una nuova stagione multidisciplinare degli studi europei”, op.cit pag.53.

24 M.E.Guasconi, “L’Europa tra continuità e cambiamento. Il vertice dell’Aja del 1969 e il rilancio della costruzione europea”, Firenze, Polistampa, 2000; sul tema si veda anche “Jornal of European Integration History”, n.2,2003, D.Zampoli, “I primi passi della Cooperazione politica europea: problematiche ed evoluzione istituzionale”, in A.Varsori, “Alle origini del presente. L’Europa occidentale nella crisi degli anni Settanta”, Milano, FrancoAngeli, 2009, pag.169-192.

25 Con l’acronimo “CED” si intende la Comunità Europea di Difesa. Il Trattato che istituiva la CED non entrò in vigore a causa del veto francese nell’Agosto del 1954. Per un ulteriore approfondimento sulle cause e sulle conseguenze degli avvenimenti francesi tra 1952 e il 1958 consultare: S.Fabbrini (a cura di), “L’Unione Europea. Le istituzioni e gli attori di un sistema sovranazionale”, op. cit pag 46-51.

26 Il primo vertice si è riunito a Parigi il 10 e 11 Febbraio del 1961. G.Bovincini, “Nascita ed evoluzione della politica estera, di sicurezza e di difesa europea”, in G.Bonvicini, (a cura di), “L’Unione Europea attore di sicurezza regionale e globale”,op.cit pag. 18.

27 Come sostenuto da M.Clementi, “Nel 1961, con l’intento di creare un fronte anti-americano, fu presentato il Piano Fouchet I che mostrò un certo equilibrio ed una pronunciata voglia di cooperazione, nonché la riconoscenza delle istituzioni comunitarie già esistenti. Gli entusiasmi si placarono subito, poiché il Fouchet II, ridimensionò il potere dell’Assemblea Parlamentare ed eliminò ogni riferimento ai Trattati di Roma. De Gaulle si rese conto che dietro tutto ciò c’era lo zampino della Gran Bretagna che manipolava le decisioni comunitarie in suo favore”. M.Clementi, “L’Europa e il mondo”, op.cit pag. 51-54. Si può consultare questo testo anche per approfondire gli avvenimenti intercorsi tra il 1958 e il 1969 e gli obiettivi della politica francese sotto la presidenza di de Gaulle.

28 Le cause che spinsero l’opposizione in particolare dell’Olanda, al progetto di de Gaulle sono descritte in S.Fabbrini, (a cura di), “L’Unione Europea. Le istituzioni e gli attori di un sistema sovranazionale”,op.cit pag.53 e G.Laschi ”La nascita e lo sviluppo delle relazioni esterne della Comunità dalle colonie alla cooperazione allo sviluppo”, in G.Laschi e M.Telò (a cura di), “Europa, potenza civile o entità in declino? Contributi ad una nuova stagione multidisciplinare degli studi europei”, op.cit pag.99.

29 F. Pigliacelli, “Evoluzione delle politiche e delle istituzioni di sicurezza dell’Unione Europea”, in S.Giusti e A.Locatelli (a cura di), “L’Europa sicura”, Milano,Egea,2008,pag.33-54.

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9 Pompidou alle elezioni presidenziali in giugno erano le premesse per un rilancio della costruzione europea30”.

Ciononostante bisogna puntualizzare che all’Aja non si era registrato un rilancio del processo di integrazione in senso sovranazionale, ma era prevalsa” la tradizionale pratica intergovernativa del “do ut des”, a detrimento dell’esprit communautaire, consolidando il

binomio franco-tedesco come motore propulsivo della costruzione europea31”.

Come è stato sottolineato, infatti “nei suoi primi quindici anni, dal 1970 al 1986, il percorso della politica estera europea si configurò come una costruzione progressiva, a scatole cinesi, con l’aggiunta di organismi e procedure in fasi successive e per lungo tempo senza la formalizzazione in un Trattato32”.

Il compito di avviare il processo, venne affidato dal vertice dell’Aia a un diplomatico belga: il visconte Etienne Davignon; i lavori del Comitato (da lui presieduto33), portarono in breve

all’approvazione del cd. “Rapporto Davignon” nella riunione dei ministri degli esteri del 27 Ottobre del 1970 tenuta a Lussemburgo.

Nel testo34, partendo dalla constatazione del ruolo sempre più importante che i Paesi membri

ricoprivano nella Comunità, si auspicava una maggiore concentrazione nel campo della Politica estera, comprensiva, anche di alcune procedure leggere di consultazione in vista di una successiva unificazione politica generale.

Difatti “le divergenze tra i governi europei emerse nel corso della redazione del rapporto Davignon, dettero vita a un gentelman’s agreement non cogente, che si limitava a prevedere una riunione semestrale dei ministri degli Esteri, preparata dai direttori degli Affari Politici, riuniti in un Comitato, con un’agenda flessibile aperta a tutti i problemi di politica internazionale e la creazione di un Comitato composto dai direttori degli Affari Politici, che si sarebbe riunito

30 M.E.Guasconi, “Il vertice dell’Aja del 1-2 dicembre 1969: quale via per l’Europa degli anni’70?”, in A.Varsori, “Alle origini del presente. L’Europa occidentale nella crisi degli anni Settanta”, op.cit pag.152-153.

31 Ivi pag.156.

32 G.Bovincini, “L’Unione Europea attore di sicurezza regionale e globale”,op.cit pag.19.

33 Il Comitato citato è il Comitato Davignon. Edizioni giuridiche De Simone (a cura di),”Diritto dell’Unione Europea. Aspetti istituzionali e politiche comuni”, XVI edizione, 2008, pag.504.

34 Il testo è denominato “Rapporto di Lussemburgo”. Come ha notato anche G.Laschi,“A parte gli strumenti ipotizzati- la consultazione regolare e semestrale sulle questioni di politica estera tra i vari capi di governo- l’importanza del Rapporto va ricercata, non solo nel fatto di aver costituito la base della Cooperazione Politica Europea (CPE), ma soprattutto nella capacita di individuare quello che già all’epoca appariva essere il nodo principale della questione. La creazione di un consenso comune tra gli Stati membri sulle questioni di politica estera”. G.Laschi “ La nascita e lo sviluppo delle relazioni esterne della Comunità dalle colonie alla cooperazione allo sviluppo”, in G.Laschi e M.Telò (a cura di), “Europa, potenza civile o entità in declino? Contributi ad una nuova stagione multidisciplinare degli studi europei”, op.cit pag.100.

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10 almeno quattro volte l’anno per preparare le riunioni ministeriali e adempiere ai compiti affidati dai ministri35”.

Si può senz’altro asserire che “Il piano Davignon aveva prospettato delle scelte dal sapore minimalista”: veniva conferito l’incarico ai ministri degli Esteri di studiare il modo migliore per compiere progressi nel settore della cooperazione politica, nella prospettiva dell’allargamento entro il mese di Luglio del 197036.

Come hanno evidenziato, “Per quanto limitato nei contenuti, il “Rapporto Davignon” rappresentò probabilmente tutto ciò che gli europei potevano raggiungere in quel momento, come venne dimostrato nel successivo incontro dei ministri degli Esteri nel Luglio del 1973 a Copenaghen: anche in questa sede, infatti, i paesi della Comunità non riuscirono che a produrre un incremento del numero di incontri (da due a quattro) e a far nascere un Gruppo dei Corrispondenti europei37”.

Un’altra tappa importante del processo di creazione della Politica estera europea si ebbe con il “Rapporto di Londra”, nell’Ottobre del 1981; in questo documento venne codificata la prassi che si era consolidata per gestire gli incontri politici, ma furono anche presentate delle novità interessanti: per esempio, fu aumentato il supporto operativo del Presidente del Consiglio europeo che gestiva la CPE38, affiancandogli il presidente uscente e quello entrante; fu reso

permanente il coinvolgimento della Commissione nella CPE; fu istituita una procedura automatica per la consultazione in caso di crisi internazionali ed, infine, fu fatto cenno alla possibilità di discutere le questioni di Politica estera che avessero conseguenze sugli aspetti politici della sicurezza europea39.

Le novità del “Rapporto di Londra”, tuttavia, erano ben lontane dalle misure giudicate necessarie: in un clima in cui gli Stati europei si trovavano in difficoltà nel risolvere i loro problemi nazionali, sembrava controproducente cedere a istituzioni comuni le leve necessarie per affrontarli, a partire dal controllo cruciale sulla Politica estera.

35 M.E.Guasconi, “Il vertice dell’Aja del 1-2 dicembre 1969: quale via per l’Europa degli anni’70?”, in A.Varsori, “Alle origini del presente. L’Europa occidentale nella crisi degli anni Settanta”, op.cit pag160-161. Sulla cooperazione politica europea si veda anche D.Allen, R.Rummel e W.Wessels, “European Political Cooperation: towards a Foreign Policy and European Political Cooperation”, London, Allen & Unwin, 1983 e S.J.Nuttal, “European Political Cooperation”, Oxford, Clarendon Press,1992.

36 Archivi storici dell’Unione Europea (ASUE), Firenze, fondo Emile Noël (EN), fasc.1866, “Comunicato finale dell’Aja”.

37 Le riunioni portarono alla redazione del Rapporto di Copenaghen. A tal proposito vedi M.Clementi, “L’Europa e il mondo.”,op.cit pag.54-55.

38 Con l’acronimo “CPE” si fa riferimento alla Cooperazione Politica Europea

39 Per approfondire il periodo storico che portò alla stesura del Rapporto di Londra si può consultare B.Olivi e R.Santaniello, “Storia dell’integrazione europea dalla guerra fredda alla Costituzione dell’Unione”, Il Mulino, Bologna, 2005.

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11 Quanto ciò fosse vero, lo confermò la sorte del piano successivo, “Colombo-Genscher”: il progetto era finalizzato a rafforzare la Comunità in ogni settore ed ambiva a dare all’Europa un’effettiva politica estera, rendendola in grado di contribuire alla difesa dei Paesi Occidentali. Tuttavia, da più parti si sollevarono obiezioni40 e, dopo due anni di discussioni, si giunse non

alla stesura di un Trattato “ad hoc”, ma alla “Dichiarazione di Stoccarda” firmata il 19 Giugno del 198341.

Le linee essenziali della Dichiarazione furono essenzialmente individuate nella necessità di un coordinamento tra politiche comunitarie e cooperazione politica (anche se i due aspetti del processo d’integrazione dovevano rimanere in piani distinti), nel fatto che questo coordinamento dovesse essere affidato al Consiglio Europeo e al Consiglio dei Ministri, d’intesa con la Commissione e, infine, nel ripristino della procedura di votazione a maggioranza qualificata42.

I principi della “Dichiarazione di Stoccarda” furono in seguito recepiti dall’“Atto Unico Europeo” (AUE43), con il quale si è proceduto all’istituzionalizzazione della cooperazione politica.

Trattandosi di cooperazione internazionale, anche se attuata tra i soggetti appartenenti alle Comunità europee, la Cooperazione politica europea era rimasta al di fuori del quadro istituzionale comunitario fino al 1986 con la conclusione dell’Atto Unico Europeo in cui la cooperazione è stata istituzionalizzata e formalizzata, senza però mutarne la natura intergovernativa.

L’impegno assunto dagli Stati era di consultarsi su ogni problema di Politica estera che presentasse un interesse generale (compresa quindi la sicurezza) e di giungere alla definizione di obiettivi e principi comuni.

La generica formulazione dell’atto di Stoccarda, tuttavia, non aveva portato, ancora una volta, a grandi mutamenti nella cooperazione politica tra gli Stati membri della Comunità.

In tutti questi anni, infatti, la CPE era rimasta un metodo di cooperazione largamente informale, basata su protocolli d’intesa o su dichiarazioni d’intenti. I meccanismi di

40 L’Irlanda ostacolava l’integrazione nelle questioni di difesa per mantenere la propria neutralità; la Francia si opponeva all’istituzione di un segretariato; la Grecia (new entry all’epoca) voleva mantenere la sua libertà di azione in materia poiché aveva un contenzioso con la Turchia su Cipro e nessuna delle tre e la Danimarca volevano rinunciare al diritto di veto su questioni di vitale importanza come la politica estera. Per approfondire rimando a M.Clementi, “L’Europa e il mondo.”, op.cit pag.57.

41 Per quanto definita “solenne”, la Dichiarazione riproponeva essenzialmente i risultati del Rapporto di Londra in tema di sicurezza e difesa.

42 Come osservato nel manuale giuridico, “La procedura di votazione a maggioranza qualificata, era di fatti prevista dai Trattati comunitari e tacitamente abrogata con il compromesso di Lussemburgo del Gennaio 1966”. Edizioni giuridiche De Simone, ”Diritto dell’Unione Europea.”, op.cit pag.505.

43 L’Atto unico europeo (AUE) fu firmato il 17 Febbraio del 1986 ed entrò in vigore il 1° Luglio del 1987. A tal proposito vedi A.M.Calamia-V.Vigiak, “Manuale breve di diritto dell’Unione Europea”, op.cit pag.13.

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12 consultazione erano rimasti estremamente flessibili e gli accordi venivano presi su base consensuale, senza necessità di votazioni formali (se richieste, in ogni caso sarebbe stata adottata la regola dell’unanimità).

Anche la progressiva e crescente associazione della Commissione alle riunioni ministeriali o dei vari Comitati rimaneva un fatto volontaristico e soggetto all’assenso dei rappresentanti degli Stati membri. La CPE manteneva, quindi, intatti i suoi caratteri intergovernativi e si collocava nell’area della cooperazione confederale fino al 1986 con l’Atto Unico Europeo. L’Atto Unico Europeo, dunque, istituzionalizzava un’attività di cooperazione che fino ad allora era vissuta solamente sulla prassi.

Il fatto rappresentò un cambiamento interessante, non tanto sotto il profilo delle procedure e del metodo di cooperazione (che rimase pressoché inalterato), ma per il riconoscimento formale della necessaria convivenza delle attività di Politica estera con quelle comunitarie, soprattutto per gli aspetti di politica economica e commerciale esterna44.

Come sottolineato, ciò è dovuto alla fine del bipolarismo, “La fine della Guerra Fredda ridisegnò integralmente gli scenari internazionali e ciò aumentò gli incentivi affinché gli Stati Europei portassero a compimento il percorso iniziato con i “Trattati di Roma” e mutassero atteggiamento verso le questioni di politica estera.

Dopo la Guerra Fredda, insomma, mutando sia la natura che l’identità delle sfide in gioco, gli Stati membri furono incoraggiati a rivedere il loro percorso d’integrazione e ad assumersi più responsabilità dirette e in comune anche nei settori della politica estera e di sicurezza, fino allora trascurati45”.

Il primo passaggio del complesso processo di accrescimento istituzionale, necessario per rispondere a questi ambiziosi propositi, fu l’approvazione del “Trattato di Maastricht 46”.

Come è stato evidenziato ancora, “i nodi su cui i paesi europei si confrontarono prima di approvarlo, furono molti e di importanza cruciale, tra i più rilevanti senz’altro si ritrovarono le questioni circa la scelta degli organi che avrebbero dovuto essere responsabili della politica estera e la procedura di voto con cui essi avrebbero deciso sulle questioni di loro competenza47”.

44 Per analizzare più approfonditamente le modifiche dell’ AUE sulla cooperazione politica consultare: Ivi pag. 13 ed Edizioni giuridiche De Simone, op.cit pag.505.

45 M.Clementi, “L’Europa e il mondo.”, op.cit pag.54-55 e F.Pigliacelli, “Evoluzione delle politiche e delle istituzioni di sicurezza dell’Unione Europea” in S.Giusti e A.Locatelli (a cura di), “L’Europa sicura”,op cit. pag.37-42. 46 Il Trattato di Maastricht (TUE) è stato firmato il 7 Febbraio del 1992 ed è entrato in vigore il 1° Novembre del 1993 ed è stato soprannominato anche Trattato sull’Unione Europea. Per altre informazioni a riguardo, A.M.Calamia-V.Vigiak “Manuale breve di diritto dell’Unione Europea”, op.cit pag.14.

47 M.Clementi, ”L’Europa e il mondo.”. In questo volume, particolarmente nel II° capitolo (pag.43-74), vengono analizzate le origini storiche e l’evoluzione della Politica estera europea dal secondo dopoguerra fino agli inizi

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13 Il TUE armonizzò la struttura comunitaria, costruendo un nuovo quadro comunitario basato sull’esistenza di tre pilastri istituzionali: quello economico della CEE, quello degli Affari interni e giustizia (GAI) e il pilastro della Politica estera e di sicurezza comune (PESC) che sostituì la CPE.

La responsabilità della PESC fu affidata al Consiglio Europeo (affidando alla Commissione un diritto d’iniziativa sia pur condiviso con gli Stati), mentre la sua conduzione, ad opera della Presidenza di turno dell’Unione europea (affiancata da quella precedente e seguente), doveva mirare a tutelare gli interessi fondamentali dei Membri, nonché salvaguardare l’indipendenza e la sicurezza dell’Unione, promuovere la pace e la cooperazione internazionale tramite la diffusione dei suoi valori di democrazia, Stato di diritto e rispetto dei diritti umani.

Per rendere concretamente possibili questi obiettivi, il TUE indicò tre vie fondamentali: innanzitutto precisò che, oltre al coordinamento delle reciproche posizioni già prevista dalla CPE, i membri avrebbero potuto attuare assieme le azioni necessarie a realizzare “importanti interessi in comune”; in secondo luogo stabilì che l’UEO48 sarebbe divenuta parte integrante

dell’Unione, perché era, su di quest’ultima, che si sarebbero dovute elaborare le decisioni connesse alla questione della difesa; inoltre gli Stati membri avrebbero dovuto sostenere posizioni comuni e tutelare gli interessi collettivi anche in seno delle Organizzazioni internazionali dove erano presenti49.

Le novità introdotte furono molte e significative, ma restarono altrettanti ostacoli da definire per la costruzione di un’efficace Politica estera e di sicurezza: il voto all’unanimità, con il consequenziale potere di veto di uno degli Stati membri di bloccare il meccanismo decisionale, rimase inalterato, le sanzioni nei confronti dei membri che non avessero sostenuto le politiche comuni promosse dal Consiglio non furono previste, e le materie della PESC rimasero escluse dal giudizio della Corte di Giustizia europea.

Per quanto riguarda “l’efficacia decisionale” della PESC, il problema della frammentazione nel processo decisionale rimase, poiché conseguenza dell’azione di attori diversi: la Commissione, incaricata di gestire le relazioni esterne dell’UE e il Consiglio Europeo, responsabile della definizione della PESC e l’UEO, con il compito di elaborare e realizzare le azioni comuni espresse in materia di difesa.

degli Anni Novanta. Nel quarto capitolo “L’Europa in cerca di identità”(pag.99-138), invece, vengono ricostruite le cause dell’integrazione europea dopo la fine della Guerra Fredda.

48 Con la sigla “UEO” si fa riferimento all’Unione Europea Occidentale.

49 Le principali innovazioni del Trattato di Maastricht, sono descritte in P.S. Graglia, “L’Unione Europea”, Bologna, Il Mulino, 2005, pag.31-36.

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14 Le procedure in materia di Politica estera e di sicurezza comune che si fissarono a Maastricht rappresentarono soltanto le basi per sviluppare l’integrazione e la cooperazione degli Stati membri in questi settori in futuro poiché, come gli eventi successivi50 dimostrarono, la

debolezza dell’Unione si manifestò quasi immediatamente dopo.

Come sottolineato, “Già nel 1994, dunque, venne costituito un “Gruppo di Riflessione”, composto dai rappresentanti personali dei primi ministri, per individuare le riforme da proporre in un nuovo Trattato51”.

Il “Trattato di Amsterdam52”, con cui gli Stati Europei emendarono i precedenti Trattati, cercò

di rispondere alle difficoltà incontrate, introducendo novità di grande rilievo per quanto riguarda l’identità istituzionale dell’Europa.

La più importante fu senz’altro la creazione della figura dell’Alto Rappresentante dell’Unione Europea53 per la PESC, che assicurò continuità, visibilità ed efficacia all’Unione nei suoi

rapporti con l’esterno e una rappresentanza esterna verso gli altri Paesi.

Anche per quanto riguarda la procedura di voto vennero introdotti alcuni cambiamenti significativi, sia a livello di Consiglio Europeo, sia a livello di Consiglio dei Ministri; per quanto riguarda il primo, si decise che sui Principi e le Strategie le decisioni andassero prese all’unanimità (con l’eccezione della possibilità di astensione costruttiva da parte di alcuni Stati membri, purché la somma dei loro voti fosse inferiore a 1/3 dei voti complessivi). A livello del secondo, le decisioni su posizioni ed azioni comuni, continuarono ad essere prese a maggioranza qualificata, fermo restando la possibilità di un’opposizione da parte di uno Stato membro sulla base di interessi nazionali vitali54.

Il Trattato di Amsterdam aggiunse anche un nuovo strumento di Politica estera a quelli già esistenti (azione comune e posizione comune), ovvero le “Strategie comuni55”.

50 La missione umanitaria per la Bosnia-Erzegovina e l’amministrazione della città di Mostar tra il 1993 e il 1994, mostrarono le difficoltà tecniche e finanziarie d’intervento dell’Unione, nonostante la base giuridica della neonata PESC. Questa interpretazione dei fatti la si ritrova in M.Clementi, ”L’Europa e il mondo.”, op. cit pag. 109-114 e in “Atlante storico”, le Garzantine, 2003, pag.683.

51 G.Bovincini, “Nascita ed evoluzione della politica estera, di sicurezza e di difesa europea”, in G.Bonvicini (a cura di), “L’Unione Europea attore di sicurezza regionale e globale”, op.cit pag.23.

52 Il “Trattato di Amsterdam” è stato firmato il 02 Ottobre del 1997 ed è entrato in vigore il 1° Maggio del 1999. A riguardo si rimanda a A.M.Calamia-V.Vigiak, “Manuale breve di diritto dell’Unione Europea”, op.cit pag.16. 53 L’alto Rappresentante dell’Unione Europea è anche chiamato “Mr. Pesc”.www.europa.eu

54 Come notato da G.Bovincini, “In tal caso il Consiglio dei Ministri poteva richiedere, a maggioranza qualificata, al Consiglio Europeo di decidere all’unanimità su questo rifiuto a partecipare.” G.Bovincini, “Nascita ed evoluzione della politica estera, di sicurezza e di difesa europea”, in G.Bovincini (a cura di), “L’Unione Europea attore di sicurezza regionale e globale”, op.cit pag.24.

55 A proposito delle strategie comuni si rimanda agli Artt. 12 e 13 TUE. Il termine indica uno degli strumenti attraverso il quale viene attuata la politica estera e di sicurezza in comune. Spetta al Consiglio europeo definire le strategie comuni; si tratta di indicazioni molto dettagliate dal momento che vengono fissati gli obiettivi, la durata nonché i mezzi che devono essere messi a disposizione della strategia. Le strategie comuni non erano previste nell’originaria formulazione del Trattato sull’Unione europea, ma sono state introdotte dal Trattato di

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15 Il Consiglio europeo, l'organo incaricato di definire i principi e gli orientamenti generali della PESC, ottenne il diritto di stabilire, per consenso, strategie comuni nei settori in cui gli Stati membri avevano importanti interessi in comune.

Gli obiettivi, la durata, e mezzi per essere messi a disposizione dall'Unione per tali strategie comuni continuarono a dover essere specificati.

Per quanto riguarda l’ambito della Politica di sicurezza e di difesa, poi, fu proprio in questo Trattato che vennero incorporati nel Titolo V, le cosiddette "Missioni di Petersberg56” e venne

istituita una “Policy planning and Early Warning Unit57”.

L’esperienza del “Trattato di Amsterdam”, benché più incisiva sulla struttura della PESC, risultò tuttavia ancora poco adatta rispetto alle sfide che si proponeva di risolvere, perciò, le questioni controverse dovettero essere riviste dal successivo “Trattato di Nizza58”.

Occorre ad ogni modo notare che le modifiche introdotte da questo Trattato a quelli precedenti, furono prettamente di natura tecnica: l’obiettivo, infatti, fu essenzialmente quello di consentire un efficiente funzionamento delle istituzioni comunitarie in vista dell’allargamento ai Paesi dell’Europa orientale del 2004, perciò non stupisce il fatto che le novità introdotte nel campo della Politica estera non fossero molte, anche se piuttosto importanti59.

Amsterdam. Tale strumento è stato utilizzato per la prima volta nel corso del Consiglio europeo di Colonia del 2-3 Giugno 1999.

In quell’occasione è stata definita una strategia comune nei confronti della Russia, con la quale in pratica viene delineato il quadro generale delle azioni comunitarie verso questo Stato, vengono definiti gli obiettivi della collaborazione e sono individuate possibili linee di sviluppo del processo di collaborazione; la durata della strategia è stata fissata in quattro anni.

Nello stesso vertice il Consiglio dell’Unione è stato invitato a presentare altre proposte per l’adozione di strategie comuni, riguardanti l’Ucraina, il Mediterraneo e i Balcani occidentali. La strategia comune sull’Ucraina è stata definita nel corso del Consiglio europeo di Helsinki del 10-11 Dicembre 1999. Per questa definizione vedi www.simone.it

56 Una definizione delle Missioni può essere trovata on-line in www.simone.it. Le “Missioni di Petersberg” sono un elenco di compiti di sicurezza, difesa e di missioni per il ristabilimento della pace, originalmente definito dall’Unione Europea (UEO) nel Giugno 1992. Le missioni furono introdotte nel TUE nell’ambito del Trattato di Amsterdam come nuova competenza dell’UE, consentendo a quest’ultima di agire. Tali missioni non richiedevano un mandato specifico dell’ONU. Le missioni indicate dalla Dichiarazione di Petersberg sono ora esplicitamente richiamate all’art. 17, par. 2, del Trattato sull’Unione europea. Esse sono state anche citate da G.Bovincini: “Si tratta di missioni umanitarie e di soccorso, come per esempio l’evacuazione di cittadini membri dell’UE da aree di crisi; missioni di mantenimento della pace (peace-keeping) per prevenire l’erompere di un conflitto fra due Stati e le missioni di unità di combattimento nella gestione delle crisi, comprese le missioni tese al ristabilimento della pace (peace-enforcement).” G.Bovincini, “Nascita ed evoluzione della politica estera, di sicurezza e di difesa europea”, in G.Bovincini (a cura di), “L’Unione Europea attore di sicurezza regionale e globale”, op.cit pag.29.

57 Si tratta di una cellula di programmazione politica e di tempestivo allarme con il compito di preparare iniziative riguardo alla politica estera e di sicurezza. Definizione tratta da http://en.euabc.com/

58 Il “Trattato di Nizza” è stato firmato il 26 Febbraio del 2001 ed è entrato in vigore 1° Febbraio del 2003. Per altre informazioni consulta A.M.Calamia-V.Vigiak, “Manuale breve di diritto dell’Unione Europea”, op. cit pag.17. 59 P.S.Graglia, “L’Unione Europea”, op.cit pag.40-41. In questo testo sono riportate le modifiche istituzionali con cui il Trattato di Nizza intende rendere più efficienti le istituzioni comunitarie in vista dell’allargamento.

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16 Innanzitutto venne finalmente introdotto il meccanismo delle “Cooperazioni rafforzate60” nel II°

pilastro; in seguito venne data la possibilità alla Presidenza di concludere accordi internazionali e venne anche riconosciuto ufficialmente il Comitato politico e di sicurezza (COPS) presieduto dall’Alto Rappresentante.

Con l’entrata in vigore del “Trattato di Lisbona61”, invece, iniziò quella che venne definita da

G.Bovincini, la “terza fase dello sviluppo della Politica estera e di sicurezza62”.

I principali caposaldi del nuovo TUE furono l’affermazione e la promozione nel mondo dei valori europei63, la definizione dei principi fondamentali cui risponde l’azione esterna64 e l’

acquisizione della personalità giuridica dell’Unione65.

Le maggiori novità riguardarono anche la posizione dell’Alto Rappresentante, con poteri di cospicuo rilievo e l’istituzione di un servizio diplomatico a sostegno delle posizioni e delle azioni dell’Unione: il Servizio Europea per l’azione esterna (SEAE).

Sul resto il “Trattato di Lisbona” non si discostò in modo rilevante dai precedenti, sia per quanto riguarda le procedure di voto, che la tipologia delle varie decisioni da prendere; per di più permane l’impossibilità di adottare atti legislativi in questo settore, così come l’esclusione, in generale, della Corte di Giustizia per le materie in quest’ambito.

Il processo d’integrazione nei settori della Politica estera e di sicurezza ha prodotto pochi risultati in confronto a quelli raggiunti in altre sfere della cooperazione europea.

Sul versante politico, i Paesi Europei si sono impegnati a esprimere posizioni comuni, adottando nuove regole per rendere più agevoli le decisioni e istituendo organi per attuarle e difenderle verso l’esterno; hanno, inoltre, affermato la possibilità di far valere quelle posizioni svolgendo azioni comuni ed hanno contribuito con alterne fortune al controllo delle crisi internazionali.

60 La procedura della “Cooperazione rafforzata” era stata richiesta, in sede di revisione, anche nel “Trattato di Amsterdam”, ma venne lasciata cadere per l’opposizione di alcuni Stati membri.

61 Il “Trattato di Lisbona è stato firmato il 13 Dicembre del 2007 ed entrato in vigore il 1° Dicembre del 2009. Per ulteriori informazioni vedi A.M.Calamia-V.Vigiak, “Manuale breve di diritto dell’Unione Europea”, op.cit pag.26. 62 Come sostenuto da G.Bovincini, “La prima fase di sviluppo della politica estera è quella che si riferisce alla CPE (1970-1991) e alla sua cooperazione intergovernativa, con limitate contaminazioni degli organismi comunitari: la seconda va dal “Trattato di Maastricht” a quello di Nizza, ha reso più stretto il collegamento con il pilastro comunitario e ha portato ad adottare procedure tipiche del metodo di cooperazione sopranazionale.” G. Bonvicini, “Nascita ed evoluzione della politica estera, di sicurezza e di difesa europea”, in G.Bonvicini (a cura di), “L’Unione Europea attore di sicurezza regionale e globale” op.cit pag. 25.

63 Secondo l’Art.3 comma 5 TUE, il compito di promuovere questi valori sarà affidato al Servizio Europeo per l’Azione Esterna.

64 Nell’Art, 21 del Titolo V TUE, vengono definite le disposizioni generali sull’azione esterna e le disposizioni specifiche per la PESC.

65 La personalità giuridica dell’Unione Europea è disciplinata dall’ Art.47 TUE; acquisendo la “personalità giuridica”, all’UE è riconosciuta la possibilità di stipulare accordi internazionali vincolanti per sé e i suoi Stati membri e, inoltre, è soppressa la struttura in pilastri giacché ha rilevanza giuridica.

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17 Agli Stati membri, tuttavia, restano ancora molte scappatoie per bloccare le decisioni comuni che considerano “sgradite” e rimane sempre aperta la possibilità di non partecipare alle azioni comuni contrarie al loro interesse nazionale.

Quale percorso seguirà la PESC nei prossimi anni, se “comunitario” o “intergovernativo”, anche alla luce delle profonde innovazioni proposte, non è ancora possibile stabilirlo con certezza. Certo resta la speranza che una maggiore incisività nell’azione delle sue politiche e una maggiore chiarezza dei suoi obiettivi di Politica estera, possano aiutare a definire il ruolo dell’UE come attore internazionale e il Trattato di Lisbona mira proprio a questo.

1.1 Struttura della P.E.S.C dopo il Trattato di Lisbona

Il “Trattato di Lisbona”, entrato in vigore il 1° Dicembre del 2009, ha ripreso la gran parte delle innovazioni già previste dal “Trattato Costituzionale” firmato nel 200466. Benché le modalità

decisionali della Politica estera e di sicurezza comune (PESC) sono rimaste distinte da quelle generali, tali innovazioni sono state varie ed importanti.

Innanzitutto, il Trattato non ha sostituito, ma modificato il “Trattato sull’Unione Europea” (TUE) ed il “Trattato che istituisce la Comunità europea” (oggi TFUE67) perseguendo tre obiettivi

fondamentali: in primis ha reso la struttura istituzionale più efficiente e flessibile per affrontare le sfide derivanti dal processo dell’allargamento; in secondo luogo ha rafforzato maggiormente la legittimazione tra le istituzioni e i cittadini ed infine, ha accresciuto l’azione europea a livello internazionale tramite una PESC più coerente e visibile.

In linea con questi obiettivi, il Trattato ha eliminato la struttura “a pilastri” ed attribuito all’Unione personalità giuridica68, con cui poter negoziare e ratificare Trattati internazionali o

aderire a Convenzioni internazionali69.

È stato possibile individuare anche un “diverso approccio”, più ampio ed inclusivo, del modo di considerare l’azione esterna dell’Unione: essa comprendeva, infatti, oltre la Politica estera e di sicurezza come tradizionalmente intesa, anche la Politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC), la Politica commerciale, quella dell’allargamento, la Cooperazione allo sviluppo e la Politica di vicinato.

66 Il “Trattato costituzionale” è stato firmato il 29 Ottobre del 2004, ma non è mai entrato in vigore a causa della mancata ratifica da parte di alcuni Paesi membri: si sono registrati dei risultati negativi sulla sua entrata in vigore in occasione del referendum francese e di quello olandese del 2005. Per saperne di più rimando alla lettura di A.M.Calamia-V.Vigiak, “Manuale breve di diritto dell’Unione Europea”, op.cit pag.25-28.

67 La sigla “TFUE” è l’acronimo per “Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea”. 68 La personalità giuridica è disciplinata all’Articolo 47 TUE.

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18 Di rilevanza rispetto a questo nuovo modo di intendere l’azione esterna, è stata la formulazione del “principio di coerenza” che si è instaurato tra i vari settori che la componevano e le altre politiche: l’Art.21.3 del TUE, oltre a definirne l’ambito di intervento, ha attribuito la realizzazione di questo principio al Consiglio dell’Unione europea e alla Commissione, assistiti dall’Alto Rappresentante per gli Affari esteri.

Le norme principali che riguardano l’azione esterna sono contenute nel Titolo V del “Trattato sull’Unione europea” e nella Parte V del “Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea70.

Il Trattato, tuttavia, non si è limitato ad enunciare i principi, ma ha indicato anche il modo di operare in favore della loro attuazione: l’Art. 21.1 del TUE difatti, ha previsto che l’Unione si adoperi per sviluppare relazioni e istituire partenariati con i Paesi terzi e le organizzazioni che condividono gli stessi valori. I principi definiti dal “Trattato di Lisbona”, quindi, fanno da cornice ad un’azione esterna dell’UE più inclusiva, coerente e multilaterale.

Sul piano istituzionale le innovazioni più indicative hanno riguardato la figura del Presidente del Consiglio europeo e quella dell’Alto Rappresentante per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza.71

In particolare l’Unione si è dotata di un Presidente permanente del Consiglio europeo, eletto dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata, con un mandato di due anni e mezzo (rinnovabile una volta sola) che ha il compito di garantire continuità e coerenza all’azione internazionale dell’Unione Europea72.

Il Presidente del Consiglio europeo ha anche ottenuto un ruolo cruciale per ciò che riguarda la rappresentanza esterna dell’Unione al livello più alto, compito condiviso anche col Presidente della Commissione.

Dal Trattato è emerso chiaramente una divisione del lavoro tra il Presidente del Consiglio europeo e la figura dell’Alto Rappresentante.

Quest’ultimo è incaricato del coordinamento dell’azione esterna dell’esecutivo europeo, rappresenta l’Unione per le materie che rientrano nella Politica estera e di sicurezza e conduce il dialogo politico con i Paesi terzi, oltre ad esprimere la posizione dell’UE nelle Organizzazioni e nelle conferenze internazionali73.

70 Per una disamina più approfondita dei principi e degli obiettivi in tema di azione esterna vedi A.M.Calamia- V.Vigiak, “Manuale breve diritto dell’Unione Europea “, op.cit pag. 160-163.

71 M.Comelli e N.Pirozzi, “La Politica estera dell’Unione Europea dopo Lisbona”, op.cit pag.5-7.

72 Come sostiene M.Comelli, “Il ruolo del Presidente appare molto più rilevante se si analizza in connessione con l’eliminazione della presidenza a rotazione dell’Unione, assegnata ad uno Stato membro ogni sei mesi prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona.” Ivi pag.11.

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